La via Priula, tracciata nel Cinquecento per iniziativa della Repubblica di Venezia, che allora dominava su Bergamo e sul versante orobico bergamasco, divenne la principale arteria commerciale transorobica, sfruttando quella sorta di porta naturale fra i due versanti delle Orobie costituita dal passo di san Marco.
Percorrerla significa immergersi in una storia non lontana, che mostra ancora segni profondi nei luoghi che attraversiamo, ma anche porsi nella condizione di scoprire molte delle bellezze della valle del Bitto di Albaredo, che offre una varietà di possibilità escursionistiche molto più ampia di quanto si sospetterebbe.

L'intero percorso potrebbe anche essere coperto in una sola giornata, ma questo comporterebbe uno sforzo fisico notevolissimo e, soprattutto, l'impossibilità di fermarsi a gustare tutti gli aspetti di interesse storico e naturalistico offerti dall'itinerario.
In due giorni, invece, si può vivere un'esperienza ricca ed intensa, che, oltretutto, può anche essere scaglionata in tempi diversi: nulla vieta, infatti, che si scelga di effettuare solo la prima o la seconda tappa, riservandosi di completare il percorso in futuro.

Raggiungiamo allora la piazza S. Antonio di Morbegno (per chi vi accede da Colico, basta sfruttare l'ultima traversa a destra sulla strada statale, prima dell'uscita dal centro abitato), dove parte la strada per Albaredo - Passo di S. Marco, che si imbocca attraversando la piazza verso sud ed oltrepassando un grande complesso scolastico.
Dopo poco più di un chilometro, superato un tornante verso sinistra, troviamo subito una piazzola alla nostra destra ed il Sacrario degli Alpini a sinistra. Lasciamo qui l'automobile e, dopo una visita al tempietto, che ci regala anche un ottimo panorama su Morbegno e la bassa Valtellina, cominciamo a salire sulla strada che inizia proprio di fronte al suo ingresso.
Siamo già sulla via Priula, a circa 400 metri di altezza. In questo primo tratto la strada conserva intatto il suo bel fondo lastricato e sale dolcemente lungo il fianco della valle del Bitto di Albaredo, più in basso ed a destra rispetto alla strada asfaltata, attraversando baite e prati che regalano, d'estate, un intenso profumo di fieno.
Solo per un tratto, in località Valle, frazione di Morbegno, dobbiamo congiungerci con la strada asfaltata, e questo ci permette di ammirare la bella chiesa, collocata su un muraglione che sovrasta la carreggiata; poi ce ne stacchiamo ancora, sulla destra, giungendo fin nei pressi di Albaredo (m. 910).
In quest'ultimo tratto la via Priula ci permette di dominare con lo sguardo tutta la media ed alta valle di Albaredo, dove si distingue chiaramente, anche per la sequenza di tralicci che vi si avvicinano e lo valicano, l'ampia sella del passo di San Marco, meta conclusiva della seconda giornata.
Poco prima dell'ingresso in paese ci ritroviamo di nuovo sulla strada per San Marco, che però lasciamo subito per dirigerci verso la piazza San Marco, cuore del paese: la raggiungiamo dopo circa due ore di cammino e 500 metri di dislivello superati in salita.
Qui sono due le cose che ci sorprendono: da una parte l'arroccarsi delle case su un declivio piuttosto ripido, dall'altra i molteplici segni dei legami storici fra questo centro, in cui la memoria del passato è conservata con particolare gelosia, e Venezia.
Nella piazza fa infatti bella mostra di sé un dipinto che rappresenta la piazza stessa idealmente affacciata sulla laguna di Venezia e sulla più famosa piazza san Marco.
Una piccola statua del Leone di san Marco (vedi foto in alto, a sinistra) che tiene il mondo sotto la sua zampa, poi, sembra guardare fiera la bella chiesa parrocchiale, che testimonia, nella sua eleganza, la ricchezza di questa valle, legata ai transiti commerciali ed alle fiorenti attività connesse con l'allevamento.
Non dimentichiamo che questa valle è la patria del più conosciuto fra i formaggi valtellinesi, il Bitto, appunto.
Abbiamo tutto il tempo per visitare Albaredo, paese che merita di essere conosciuto in tutti i suoi angoli.
Risalendone la via principale, per esempio, scopriremo su un muro un interessante dipinto che rappresenta due mercanti veneziani che percorrono a cavallo la via Priula, passando accanto ai contadini intenti al lavoro nei campi.
Su un altro muro scopriremo una curiosa meridiana.
Nella parte alta del paese troveremo anche una palma che, curiosamente, sembra guardare un po' smarrita l'ombrosa e profonda forra del Bitto.
  Se poi abbiamo voglia di camminare un altro po', possiamo risalire, per qualche tratto, il bel sentiero che conduce ai maggenghi collocati proprio sopra Albaredo.
Potremo infine fermarci qui a pernottare, presso la Cooperativa Alboran Ca' Priula, in via Brasa 14 (tel.: 0342 616443),
per ripartire il giorno dopo, con la seconda giornata
.
Se abbiamo a disposizione quattro ore e vogliamo camminare ancora un po', suggerisco di impiegarle in questo modo.
Anticipiamo una parte del cammino che ci attende nella seconda giornata e raggiungiamo la chiesetta della Madonna delle Grazie e, di qui, la parte bassa del Dosso Chierico (vedi seconda giornata).

Troveremo subito un bivio: stacchiamoci dalla via Priula, che continua risalendo il dosso, ed imbocchiamo il bel sentiero a destra, che prosegue quasi pianeggiante nel primo tratto, poi salendo gradualmente, sempre nel bosco, lungo il fianco orientale della valle, poco sopra il torrente. Ignoriamo due deviazioni che scendono a destra verso il torrente Bitto: ci ritroveremo, dopo una lunga traversata, nell'ampia radura del fondovalle (vedi foto sopra, a sinistra), al cospetto della sua testata. raggiunto il torrente, lo potremo attraversare su un ponte di pietre, proseguendo poi in direzione dell'alpe di Vesenda bassa.
Dopo un breve tratto in un bel boschetto, ci ritroveremo sul limite inferiore dell'alpe (a circa 1370 metri). Invece di proseguire verso le baite, guardiamo a destra: scorgeremo, nel bel bosco di abeti, un albero che spicca per altezza sugli altri (vedi foto a destra). Entrati nel bosco, troveremo subito un'area di sosta con un bel tavolo ed un cartello che descrive le caratteristiche del grande abete bianco, famoso come "Abete di Vesenda", di oltre 38 metri di altezza, 5 metri di circonferenza e 300 anni di vita.
Se poi siamo ottimi camminatori ed abbiamo a disposizione ancora un paio d'ore, raggiungiamo le baite di Vesenda bassa ed imbocchiamo il sentiero che da qui sale all'alpe di Vesenda alta, dopo aver attraversato un bel bosco di abeti.

L'alpe rappresenta un bellissimo osservatorio non solo in direzione dell'alta valle del Bitto di Albaredo, ma anche del versante retico: da qui possiamo osservare tutte le cime del gruppo Masino-Disgrazia.
Se la risaliamo, seguendo la traccia di sentiero per non rovinare i pascoli, fino al poggio più alto, dove troviamo anche un cartello che indica il sentiero che permette di salire alla baita Aguc, sul crinale del dosso di Bema, il panorama che si aprirà di fronte ai nostri occhi sarà ancora più ampio e suggestivo.

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