CARTE DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI - APPROFONDIMENTO

La Via Alpina è costituita da cinque grandi sentieri internazionali, per uno sviluppo complessivo di 5000 km., che attraversano gli otto paesi alpini, cioè Francia e Principato di Monaco, Italia, Svizzera, Germania, Liechtenstein, Austria e Slovenia. Essa concretizza il progetto di disegnare percorsi che uniscano le diverse regioni alpine, accomunandole per identità e vocazione, favorendo al contempo un tipo di turismo itinerante nel segno di una ben precisa filosofia della montagna e del camminare. Una filosofia lontana dagli stili della fruizione affrettata e legata piuttosto all’esperienza dell’osservare, vedere, sentire e pensare, nella dimensione della sobrietà. 2 delle 161 tappe dell'Itinerario Rosso, il più lungo, attraversano la Valle Spluga o Valle di San Giacomo (siglate da R82 a R83), dal passo di Niemet al passo di Baldiscio. Le piccole targhe della Via Alpina, con il caratteristico logo, disposte nei luoghi strategici, segnalano che stiamo percorrendo anche questa grande direttrice di respiro transnazionale. Le tappe non richiedono un impegno più che escursionistico e non propongono passaggi attrezzati, anche se in qualche punto si richiede una certa esperienza escursionistica. Tuttavia si tratta di tappe piuttosto lunghe nello sviluppo, anche se il dislivello in altezza non è mai eccessivo, e che quindi possono essere divise in due giornate. Ovviamente ciascuno può progettare percorsi che si adattino alle proprie necessità e disponibilità di tempo e di energie. In caso di cattivo tempo, infine, ci si espone, come sempre, alla triplice insidia del terreno bagnato ed infido, della scarsa visibilità e dei fulmini, per cui è meglio desistere dall'escursione.


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1. INNERFERRERA-ISOLA
Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Innerferrera-Passo di Niemet-Rif. Bertacchi-Cardinello-Isola
8-9 h
830 (1030 in discesa) - Sviluppo: 19,8 km
E

SINTESI. Se vogliamo percorrere interamente le due tappe della Via Alpina che attraversano la Valle Spluga ci conviene salire in Val Chiavenna lungo la ss 36 dello Spluga. Alla seconda rotonda di Chiavenna prendiamo a sinistra e proseguiamo diritti salendo in Valle Spluga. Passiamo così per San Giacomo-Filippo e Campodolcino. All’uscita del paese prendiamo a destra (indicazioni per Madesimo) e saliamo lungo gli arditi tornanti che ci portano a Pianazzo. Appena oltre Pianazzo ignoriamo la strada che scende a sinistra verso Isola e quella che a destra (galleria) porta a Madesimo. Proseguiamo quindi diritti sulla strada per il passo dello Spluga, portandoci a Montespluga e di qui al passo. Entrati in territorio elvetico, scendiamo a Splügen, dove parcheggiamo. Prendiamo quindi i mezzi pubblici per Sufeers e Andeers. Dopo la fermata di Sufeers e prima di quella di Andeers scendiamo a Sofla e prendiamo il mezzo che sale in Val Ferreira, ad Ausferrera e prosegue per Innerferrera (m. 1481). Da qui parte la prima delle due tappe. Ci mettiamo in cammino passando sul lato opposto del Reno di Ferreira (Ragn da Ferreira) ed imbocchiamo la stradella segnalata che sale in Val Niemet. Dopo un breve tratto verso ovest, ad un bivio lasciamo a destra una pista che corre ad ovest del Reno e proseguiamo diritti, piegando poi a destra e superando un torrentello. Saliamo ancora per un tratto verso nord-ovest, poi pieghiamo bruscamente a sinistra (sud). Riattraversato il medesimo torrentello, pieghiamo a destra (m. 1600) e subito lo attraversiamo per la terza volta. Saliamo ancora verso nord-ovest e ad un bivio lasciamo a destra la pista che scende a Secs. Proseguiamo ancora diritti verso ovest-nord-ovest, scavalcando il dosso boscoso che si affaccia sulla bassa Val Niemet (Ual da Niemet). A quota 1775 pieghiamo a sinistra e saliamo gradualmente verso sud-ovest, attraversando a quota 1804 il torrentello dell’Ava Nera. Ci portiamo poi in piano alla riva del torrente Niemet, che seguiamo per breve tratto, fino al Punt da la Muttala (m. 1823). Non passiamo però sul lato opposto della valle, ma lasciamo il ponte alla nostra destra e proseguiamo diritti quasi in piano verso sud-sud-ovest, seguendo il torrente alla nostra destra. Guadagniamo quota solo molto gradualmente, passiamo a sinistra del cocuzzolo quotato 1891 e, procedendo sempre nei pressi del torrente raggiungiamo il ponte di quota 1899. Ci portiamo da sinistra a destra del torrente e siamo subito alle baite dell’alpe Niemet. Qui ignoriamo il sentiero che sale verso destra e proseguiamo verso sud-ovest, seguendo il bordo di destra della piana dell’alpe e superando tre piccoli corsi d’acqua. La pista termina e lascia il posto ad un marcato sentiero. Proseguiamo salendo gradualmente, un po’ alti rispetto al torrente Niemet alla nostra sinistra. A quota 1971 superiamo su un ponte il torrente della Val Ursaregls e guadagniamo quota fino a 2053 m. Qui ci raggiunge scendendo da destra il sentierino della Val Ursaregls. Proseguiamo diritti passando a ridosso di alcuni roccioni, poi in leggera discesa passiamo per la Cuort Viglia. Superato un dosso con roccette, scendiamo di nuovo alla riva del torrente e raggiungiamo il pianoro acquitrinoso dell’alp Sura (m. 2131). Attraversiamo il pianoro verso sud, poi piegando leggermente a sinistra cominciamo a risalire l’ampio corridoio erboso che ci porta al passo di Niemet (m. 2295), dove troviamo cippo di confine n. 4. Scendiamo ora in territorio italiano sul sentiero che dopo un breve tratto piega a destra e prosegue nella discesa fra facili balze erbose verso ovest. In breve giungiamo in vista dell’ampia conca che ospita il lago di Emet (m. 2144). Passiamo a destra del lago e raggiungiamo il rifugio Bertacchi (m. 2168), posto su un dosso erboso in posizione leggermente rialzata rispetto al lago. Proseguiamo la traversata dal bivio nei pressi del rifugio, segnalato da cartelli: qui imbocchiamo il sentiero che prende a destra (nord, C6), che porta a Montespluga in un’ora e mezza. Passiamo a sinistra di una caratteristica casa rosa e ci affacciamo all’ampio e ripido versante che scende a sud del pizzo Spadolazzo fino al fondo della Val Scalcoggia. Percorriamo un sentiero sempre largo, che attraversa però qualche tratto esposto. Proprio all’inizio, infatti, troviamo una targa che commemora Mauro, escursionista che qui perse la vita il 2 giugno del 1985. Iniziamo, dunque, la traversata, che ci porta al tratto più esposto, interamente servito da corde fisse (anche se la sede, larga e piana, è ampiamente rassicurante). Seguono alcuni saliscendi che ci portano, alla fine della traversata, sul limite settentrionale degli Andossi, dopo essere passati sotto il poderoso muraglione di una cava. Qui intercettiamo una pista che scende dal versante alla nostra destra (cava). Cominciamo a scendere lungo la pista, verso nord-ovest. Davanti a noi lo splendido scenario del lago di Montespluga. Dopo un tornante sx, raggiungiamo un bivio, segnalato da cartelli: mentre la pista che va a sinistra scende lungo l’ampio altipiano degli Andossi, fino a Madesimo, noi prendiamo a destra (indicazione per Suretta), proseguendo nella discesa al fondovalle. La pista inanella diversi tornanti (ma nella parte alta un ben visibile sentiero permette di scendere per via più diretta), prima di confluire nella ss 36 dello Spluga, all’altezza della località Suretta (m. 1906). Dobbiamo ora seguire per un buon tratto la strada statale, verso sinistra (sud), raggiungendo il limite dello sbarramento artificiale di Montespluga. Restiamo ancora sulla strada, che scende con un tornante dx. Al successivo tornante sx lasciamo la strada statale imboccando la pista che se ne stacca sulla destra (ovest). Passiamo così davanti al rifugio-ristorante Stuetta (m. 1900), nell’omonima località. Ora dobbiamo prestare attenzione ai cartelli (segnalazione della Via Spluga e del Cardinello): non percorriamo la pista che sale verso nord-ovest in direzione dell’immane muraglione della diga, ma il sentiero alla sua sinistra, che prosegue in piano verso ovest. Superate alcune case, proseguiamo diritti fra lembi di pascolo e roccioni ed imbocchiamo lo storico sentiero del Cardinello che scende verso sud-ovest della selvaggia ed incassata Valle del Cardinello. Si tratta dell’antica via bassa per il passo dello Spluga, che si affiancava alla via alta degli Andossi. Un percorso suggestivo e denso di storia. Il sentiero è quasi scavato nei roccioni del versante sinistro della valle del Cardinello. Supera alcuni tratti esposti, ma protetti e ben scalinati, seguendo l’intero corso della valle. Superata la gola terminale, con bel colpo d'occhio sul torrente Spluga alla nostra destra, il sentiero piega a sinistra e si affaccia al più gentile scenario della conca che ospita Isola ed il suo lago artificiale. Il sentiero piega a sinistra e prosegue nella discesa verso sud, tagliando un versante di prati (i prati dei Torni, disseminati di grandi massi). Passiamo così per la frazione di Torni (m. 1351), dove imbocchiamo la pista sterrata che scende fino al ponte sul torrente Spluga, sul quale passiamo andando a destra e raggiungendo il nucleo di Isola (m. 1283), dove la tappa della Via Alpina termina.


La Val Niemet (clicca qui per ingrandire)

La Via Alpina (R82) entra in Valle Spluga attraverso il passo di Niemet. Nella sua prima tappa in questa valle passa per il rifugio Bertacchi, scende alla diga di Montespluga e, attraverso lo storico percorso del Cardinello, ad Isola, frazione di Madesimo.
Se vogliamo percorrere interamente le due tappe della Via Alpina che attraversano la Valle Spluga ci conviene salire in Val Chiavenna lungo la ss 36 dello Spluga. Alla seconda rotonda di Chiavenna prendiamo a sinistra e proseguiamo diritti salendo in Valle Spluga. Passiamo così per San Giacomo-Filippo e Campodolcino. All’uscita del paese prendiamo a destra (indicazioni per Madesimo) e saliamo lungo gli arditi tornanti che ci portano a Pianazzo. Appena oltre Pianazzo ignoriamo la strada che scende a sinistra verso Isola e quella che a destra (galleria) porta a Madesimo. Proseguiamo quindi diritti sulla strada per il passo dello Spluga, portandoci a Montespluga e di qui al passo. Entrati in territorio elvetico, scendiamo a Splügen, dove parcheggiamo. Prendiamo quindi i mezzi pubblici per Sufeers e Andeers. Dopo la fermata di Sufeers e prima di quella di Andeers scendiamo a Sofla e prendiamo il mezzo che sale in Val Ferreira, ad Ausferrera e prosegue per Innerferrera (m. 1481). Da qui parte la prima delle due tappe.


Innerferrera

Ci mettiamo in cammino passando sul lato opposto del Reno di Ferreira (Ragn da Ferreira) ed imbocchiamo la stradella segnalata che sale in Val Niemet. Dopo un breve tratto verso ovest, ad un bivio lasciamo a destra una pista che corre ad ovest del Reno e proseguiamo diritti, piegando poi a destra e superando un torrentello. Saliamo ancora per un tratto verso nord-ovest, poi pieghiamo bruscamente a sinistra (sud). Riattraversato il medesimo torrentello, pieghiamo a destra (m. 1600) e subito lo attraversiamo per la terza volta. Saliamo ancora verso nord-ovest e ad un bivio lasciamo a destra la pista che scende a Secs. Proseguiamo ancora diritti verso ovest-nord-ovest, scavalcando il dosso boscoso che si affaccia sulla bassa Val Niemet (Ual da Niemet). A quota 1775 pieghiamo a sinistra e saliamo gradualmente verso sud-ovest, attraversando a quota 1804 il torrentello dell’Ava Nera.


Salendo in Val Niemet

Ci portiamo poi in piano alla riva del torrente Niemet, che seguiamo per breve tratto, fino al Punt da la Muttala (m. 1823). Non passiamo però sul lato opposto della valle, ma lasciamo il ponte alla nostra destra e proseguiamo diritti quasi in piano verso sud-sud-ovest, seguendo il torrente alla nostra destra. Guadagniamo quota solo molto gradualmente, passiamo a sinistra del cocuzzolo quotato 1891 e, procedendo sempre nei pressi del torrente raggiungiamo il ponte di quota 1899. Ci portiamo da sinistra a destra del torrente e siamo subito alle baite dell’alpe Niemet.


Passo di Niemet e pizzo di Emet

Qui ignoriamo il sentiero che sale verso destra e proseguiamo verso sud-ovest, seguendo il bordo di destra della piana dell’alpe e superando tre piccoli corsi d’acqua. La pista termina e lascia il posto ad un marcato sentiero.
Proseguiamo salendo gradualmente, un po’ alti rispetto al torrente Niemet alla nostra sinistra. A quota 1971 superiamo su un ponte il torrente della Val Ursaregls e guadagniamo quota fino a 2053 m. Qui ci raggiunge scendendo da destra il sentierino della Val Ursaregls. Proseguiamo diritti passando a ridosso di alcuni roccioni, poi in leggera discesa passiamo per la Cuort Viglia. Superato un dosso con roccette, scendiamo di nuovo alla riva del torrente e raggiungiamo il pianoro acquitrinoso dell’alp Sura (m. 2131). Attraversiamo il pianoro verso sud, poi piegando leggermente a sinistra cominciamo a risalire l’ampio corridoio erboso che ci porta al passo di Niemet (m. 2295), dove troviamo cippo di confine n. 4. Il passo fu in passato importante via di transito per armenti, commercianti e pellegrini. Di qui passarono, per esempio, nel Medio Evo quei Walser che dal Vallese si erano mossi per colonizzare le Alpi Centrali, portando, fra l'altro, la tecnica di costruzione detta del "Càrden" e caratterizzata dall'utilizzo di tronchi ad incastro sui lati delle pareti delle baite (ve ne sono diversi esempi in Valle Spluga).
Scendiamo ora in territorio italiano sul sentiero che dopo un breve tratto piega a destra e prosegue nella discesa fra facili balze erbose verso ovest. In breve giungiamo in vista dell’ampia conca che ospita il lago di Emet (m. 2144).


Val Niemet (clicca qui per ingrandire)

Passiamo a destra del lago e raggiungiamo il rifugio Bertacchi (m. 2168), posto su un dosso erboso in posizione leggermente rialzata rispetto al lago. Proseguiamo la traversata dal bivio nei pressi del rifugio, segnalato da cartelli: qui imbocchiamo il sentiero che prende a destra (nord, C6), che porta a Montespluga in un’ora e mezza. Passiamo a sinistra di una caratteristica casa rosa e ci affacciamo all’ampio e ripido versante che scende a sud del pizzo Spadolazzo fino al fondo della Val Scalcoggia. Percorriamo un sentiero sempre largo, che attraversa però qualche tratto esposto. Proprio all’inizio, infatti, troviamo una targa che commemora Mauro, escursionista che qui perse la vita il 2 giugno del 1985. Iniziamo, dunque, la traversata, che ci porta al tratto più esposto, interamente servito da corde fisse (anche se la sede, larga e piana, è ampiamente rassicurante). Seguono alcuni saliscendi che ci portano, alla fine della traversata, sul limite settentrionale degli Andossi, dopo essere passati sotto il poderoso muraglione di una cava.


Il rifugio Bertacchi

Il rifugio Bertacchi (m. 2196) è dal 2011 di proprietà al CAI Valle Spluga (gestore: Daniele Gianera; tel.: 3347769683; sito web: www.rifugi.lombardia.it/sondrio/madesimo/rifugio-bertacchi.html; E-mail: rifugiobertacchi@caivallespluga.it; apertura: 15 giugno a 30 settembre - eventuali aperture parziali in periodi diversi sono da concordare con il gestore-), dedicato al grande poeta chiavennasco Giovanni Bertacchi. Lo raggiungiamo dopo circa un’ora e mezza di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 530 metri).


Il rifugio Bertacchi

La dedica al poeta è legata anche ad una lirica nella quale egli celebrava il rifugio, prima chiamato Capanna d’Emet. La si trova nella raccolta "Il perenne domani" (1929). Eccola:
"CERCANDO L'ALTO - LA CAPANNA DELL'EMET
Entra e riposa. C'è la mensa, il fuoco, il lettuccio, la lampada... Potrai
produr la sera, com'è tuo costume, sotto la luce placida, che veglia
come un'anima al lembo de' ghiacciai. Di sugli Andossi chiederà il pastore:
- Per chi stasera splenderà quel lume?
Mentre tu dorma, non inoperosa starà la notte. Il cirro che di prima sera vedesti, col suo fiocco lieve,

screziare il sereno all'orizzonte,
crescerà, crescerà da cima a cima coprendo il cielo. E tu domani, all'alba, sospinto l'uscio, incontrerai la neve.
Tutto candido intorno a te! Dai lenti ridossi ai balzi agli ultimi ciglioni, tutto un incanto sul creato alpino! Dimenticati i pascoli, i sentieri; una terra tornata al proprio inverno per rinnovare a te le sue stagioni, e rioffrirti intatto il tuo cammino."


Andossi e rifugio Bertacchi (clicca qui per ingrandire)

Il rifugio, infatti, è stato edificato sul bordo della grande conca glaciale che ospita il lago di Emet, che vediamo alla sua destra. Per illustrarne le caratteristiche, riportiamo le informazioni che ci vengono offerte dal bel volume "Laghi alpini di Valtellina e Valchiavenna", di Riccardo De Bernardi, Ivan Fassin, Rosario Mosello Rosario ed Enrico Pelucchi, edito dal CAI, sez. di Sondrio, nel 1993:


Il rifugio Bertacchi

"ll Lago d'Emet è un lago alpino di discrete dimensioni, certamente il più grande della zona, se si escludono quelli artificializzati. È situato in prossimità del Passo d'Emet, al limite estremo di un tratto sospeso della valle Scalcoggia, sotto il quale il torrente compie un salto, concascate e rapide. Si tratta di un lago di sbarramento morenico, come attestano le collinette verso valle: ovviamente le morene hanno occluso il bacino, che era stato precedentemente escavato dal ghiacciaio. La roccia, in gran parte nelle pendici sottostanti micascisto friabile, dal lago verso il passo e le erte montagne circostanti (Piz Timun, Pizzo della Palù, oltre 3000 m) si cambia in gneiss occhiadino, aspro quanto il granito anche se si sbreccia a lastroni e cenge anziché spaccarsi in blocchi multiformi e poi sbriciolarsi, o arrotondarsi.Si tratta di una meta frequente, per la non grande distanza da Madesimo e il bel sentiero che si sviluppa un po' in fondovalle (per un tratto è una strada carreggiabile), poi affronta un'erta salita su uno sperone con vegetazione arbustiva.


Il lago di Emet

È però raggiungibile anche da Montespluga, con minor dislivello, per un interessante percorso che attraversa la testata di una sorta di vallone abbandonato e arriva parimenti alla nota Capanna dell’Emet (cantata anche dal Bertacchi cui ora è intestato il rifugio), che sta proprio su cordoni morenici (ora verdi d'erba). Il lago è di colore nerazzurro, più cupo quando riflette la rossastra parete di un avancorpo del Piz Timun. Già ricordato nelle guide antiche per la pescosità (c'è sempre qualche pescatore), oggi forse è raggiunto per la vastità dei panorami, che spaziano sul lontano crinale divisorio con la Val Mesolcina (il Pizzo Quadro, la Cima di Verchenca, la costiera lineare Monte Bardan-Cima di Barna, e poi il Pizzo Ferrè col suo ghiacciaietto sospeso, via via fino al Tambò, grande massa vagamente piramidale)."


Il lago di Emet (clicca qui per ingrandire)

Molto bello il panorama. Alle spalle degli Andossi si elevano le eleganti cime del versante occidentale della Valle Spluga. Distinguiamo l’affilata cima del pizzo Ferrè (el farée, m. 3103), caratterizzata dal ghiacciaio che ne copre quasi interamente il versante settentrionale (vedrecc’ del farée). Alla sua sinistra, il pizzo dei Piani (o pizzi Piani, m. 3148 e 3158). Procedendo verso sinistra, godiamo di un ottimo colpo d’occhio su Madesimo; alle sue spalle riconosciamo la lunga striscia verde dell’altipiano del Pian dei Cavalli (pian di cavài), incorniciato dal pizzo della Sancia (m. 2861). Alla loro sinistra, infine, il pizzo Quadro (m. 3013). Dopo il quinto tornante dx spunta dagli Andossi, a destra del pizzo Ferrè, anche la massiccia mole del pizzo Tambò (el tambò, m. 3274). Infine, ecco apparire l’intera testata della Val Loga (vallöga) e della Val Schisarolo (sciüsaröö), che congiunge le due cime, e propone la poco pronunciata cima di Val Loga (m. 3004).


Panorama dal sentiero per il rifugio Bertacchi (clicca qui per ingrandire)

Proseguiamo la traversata dal bivio nei pressi del rifugio, segnalato da cartelli: il sentiero che prende a destra (nord, C6) porta a Montespluga in un’ora e mezza. Imbocchiamo, dunque, questo largo sentiero, che passa a sinistra di una caratteristica casa rosa, prima di affacciarsi all’ampio e ripido versante che scende a sud del pizzo Spadolazzo fino al fondo della Val Scalcoggia. Si tratta di un sentiero sempre largo, che attraversa però qualche tratto esposto. Proprio all’inizio, infatti, troviamo una targa che commemora Mauro, escursionista che qui perse la vita il 2 giugno del 1985. Iniziamo, dunque, la traversata, che ci porta al tratto più esposto, interamente servito da corde fisse (anche se la sede, larga e piana, è ampiamente rassicurante). Seguono alcuni saliscendi che ci portano, alla fine della traversata, sul limite settentrionale degli Andossi, dopo essere passati sotto il poderoso muraglione di una cava.


Apri qui una panoramica sul lago di Montespluga

Qui intercettiamo una pista che scende dal versante alla nostra destra (cava). Cominciamo a scendere lungo la pista, verso nord-ovest. Davanti a noi lo splendido scenario del lago di Montespluga. Dopo un tornante sx, raggiungiamo un bivio, segnalato da cartelli: mentre la pista che va a sinistra scende lungo l’ampio altipiano degli Andossi, fino a Madesimo, noi prendiamo a destra (indicazione per Suretta), proseguendo nella discesa al fondovalle. La pista inanella diversi tornanti (ma nella parte alta un ben visibile sentiero permette di scendere per via più diretta), prima di confluire nella ss 36 dello Spluga, all’altezza della località Suretta (m. 1906).


Rifugio-ristorante Stuetta

Dobbiamo ora seguire per un buon tratto la strada statale, verso sinistra (sud), raggiungendo il limite dello sbarramento artificiale di Montespluga. Restiamo ancora sulla strada, che scende con un tornante dx. Al successivo tornante sx lasciamo la strada statale imboccando la pista che se ne stacca sulla destra (ovest). Passiamo così davanti al rifugio-ristorante Stuetta (m. 1900), nell’omonima località. Ora dobbiamo prestare attenzione ai cartelli (segnalazione della Via Spluga e del Cardinello): non percorriamo la pista che sale verso nord-ovest in direzione dell’immane muraglione della diga, ma il sentiero alla sua sinistra, che prosegue in piano verso ovest. Superate alcune case, proseguiamo diritti fra lembi di pascolo e roccioni ed imbocchiamo lo storico sentiero del Cardinello che scende verso sud-ovest della selvaggia ed incassata Valle del Cardinello. Si tratta dell’antica via bassa per il passo dello Spluga, che si affiancava alla via alta degli Andossi. Un percorso suggestivo e denso di storia.


Il sentiero del Cardinello

Anno 1800: il XIX secolo si apre sotto la stella di Napoleone, il cui splendore si impone in Europa dopo la folgorante battaglia di Marengo, con la quale sbaraglia gli Austriaci riprendendosi la Lombardia. Il geniale stratega è deciso a chiudere la partita con gli Asburgo ed i loro alleati Russi, imponendo la Francia come potenza egemone nel continente europeo, e sa che solamente minacciando una manovra a tenaglia su Vienna potrà piegarli.
Le condizioni sembrano maturare: il 5 dicembre, infatti, il suo generale Moreau sconfigge i Russi ad Hohenlinden, creando i presupposti per una manovra contro l’Austria che parta dalla Baviera. La seconda direttrice deve essere il Tirolo, e Napoleone decide di raccogliere le truppe necessarie richiamando anche l’armata dei Grigioni, al comando del generale MacDonald, costituita da circa 15.000 uomini. Il maresciallo conta di raggiungere Chiavenna passando per il passo dello Spluga, per poi ricongiungersi all’armata d’Italia.


Il torrente Spluga nella gola terminale del Cardinello

Per guadagnare tempo, sceglie di sfruttare la mulattiera che da Montespluga scende ad Isola calandosi nella gola del Cardinello. Una scelta rischiosa, a dicembre inoltrato, pagata con un alto tributo di vite umane. Uomini, animali e pezzi di artiglieria cominciano, quindi, a scendere lungo il tracciato intagliato, in molti punti, nella viva roccia ed esposto su strapiombi che cadono a picco sul fondo della stretta valle scavata dal torrente Liro. Le vibrazioni provocate dal passaggio dell’armata provocano ben presto alcune slavine, che travolgono diversi soldati ed animali. Il panico fa il resto: cavalli e muli si spaventano, i soldati cercano come possono di calmarli, senza però riuscire ad evitare che altre bestie precipitino scivolando nei tratti esposti. Alla fine Isola è raggiunta, a prezzo, però, di numerose perdite.


In vista di Isola

Nel 1800 la mulattiera del Cardinello era una delle due vie praticate per raggiungere il passo dello Spluga da Campdolcino: si trattava della strada di sotto, la più antica, di origine romana, cui si affiancò, a partire dal 1226, la strada di sopra, che passava per gli Andossi (termine che significa “ai dossi”) di Medesimo e che aveva finito quasi interamente per soppiantare, all’inizio dell’età moderna, la prima. Fu nel secolo XVI che quest’ultima riprese importanza, in quando, per volontà dei Grigioni, che estendevano il loro dominio su Valtellina e Valchiavenna, fu allargata ed adattata al transito dei carri, con numerose opere che contribuirono a porne in sicurezza i tratti più esposti. Essa si inseriva, poi, nella storica Via dello Spluga, che da Como conduceva al passo.
Il sentiero è quasi scavato nei roccioni del versante sinistro della valle del Cardinello. Supera alcuni tratti esposti, ma protetti e ben scalinati, seguendo l’intero corso della valle. Superata la gola terminale, con bel colpo d'occhio sul torrente Spluga alla nostra destra, il sentiero piega a sinistra e si affaccia al più gentile scenario della conca che ospita Isola ed il suo lago artificiale. Il sentiero piega a sinistra e prosegue nella discesa verso sud, tagliando un versante di prati (i prati dei Torni, disseminati di grandi massi). Passiamo così per la frazione di Torni (m. 1351), dove imbocchiamo la pista sterrata che scende fino al ponte sul torrente Spluga, sul quale passiamo andando a destra e raggiungendo il nucleo di Isola (m. 1283), dove la tappa della Via Alpina termina.


Isola

Ci accoglie, a 1268 metri, la bella chiesa dei Santi Martino e Giorgio, di origine probabilmente quattrocentesca. Il paese è chiuso fra la duplice muraglia del versante delle alpi Lepontine ad ovest, presso lo sbocco dell’ampia val Febbraro, e delle alpi Retiche ad est, che presentano l’impressionante versante scosceso e dirupato sul quale si inerpica una strada che porta a Pianazzo, a poca distanza dal bivio Medesimo-Passo dello Spluga.


Isola

#inizio

APPROFONDIMENTO

Luigi Brasca, nella monografia “Le montagne di Val San Giacomo” (CAI Torino, 1907), scrive: “Oggi la strada dello Spluga è percorsa ogni estate da una fiumana di turisti: ma quanti di costoro pensano alle memorie del passato, pur così rudemente vive negli avanzi delle strade romane e medioevali, che il tempo rispetta, ancora e più di quello che non abbian voluto gli uomini? Qua, là, tra le verdi erbe dei pianori al fondo della valle, o per entro le gole oscure, o sotto i macigni di una frana, appaiono ancora vestigia di muraglioni, di selciati, di torri; lì passavano le antiche mulattiere storiche, che videro le orde barbariche forse, le legioni di Stilicone, il livore di Barbarossa dopo il ricordo di Legnano, e il coraggio di Macdonald, … precursore dell’alpinismo invernale.


Sentiero del Cardinello

Certo che nessuno di quei condottieri famosi pensò che i posteri mattoidi avrebbero avuto la temerità di misurarsi con quei gioghi paurosi che incutevano tanto sacro terrore, … e men che meno poi che ci avrebbero trovato tanto gusto. Né la descrizione d’un passaggio come quello della Divisione Macdonald, compiuta dal 27 novembre al 4 dicembre del 1800, sotto una tormenta furiosa, doveva servire d’incoraggiamento. “Salendo da Tusizio” l’avanguardia condotta dal generale Laboissière, giunta “con penosi passi ed infinito anelito” quasi alla sommità del passo, è colta dalla bufera; “la quale, furiosamente soffiando sul dorso delle nevi ammonticchiate sopra quegli sdrucciolevoli gioghi, levava una orribile smossa di neve che con indicibile velocità e fracasso nelle sottostanti valli piombando, portò con sé a precipizio quanto le si era parato davanti”… i superstiti scapparono giù di nuovo a Splügen. Arrivato Macdonald, si ritenta la prova; passano tre squadre; ma, all’ultimo giorno, mentre deve passare la retroguardia, col Macdonald stesso, altra bufera come sopra; … “le guide, uomini del paese, atterrite, attestavano l’impossibilità di passare e l’opera loro ricusavano” … ma il Macdonald non cede, e si va avanti; … “le guide, piene di un alto terrore, tornavano indietro; spesso gli uomini sepolti, spesso dispersi…; si aggiungeva un freddo intensissimo, maggiore quanto più si saliva e che gli animi attristava e prostrava, e le membra con renderle, aggrezzava”. Finalmente, superato il passo, “rallegravansi dell’acquistata vita l’uno coll’altro, poiché si erano creduti morti…” … che il percorso seguito dall’antica mulattiera fosse pericoloso, e pericolosissimo poi d’inverno, è facile vedere, pensando che essa seguiva le due gole del Cardinello e del Liro, battute da frane e valanghe, ed ogni tanto devastate dalle piene del fiume.”


Sentiero del Cardinello

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