CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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Gli amanti
dell’escursionismo sono sempre alla ricerca di percorsi un po’ fuori
dai circuiti maggiormente battuti, che offrano scenari inconsueti,
selvaggi e nel contempo di grande fascino ed impatto visivo. La Val
Terzana |
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riunisce in sé tutti
questi elementi di interesse. |
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Si
tratta della valle che chiude, a nord-est, l’ampio arco delle
valli tributarie della Val Màsino, e che costituisce il ramo
di destra nel quale si divide la valle di Sasso Bisòlo (il
ramo di sinistra, più ampio, è la Valle di Preda Rossa).
La
valle, che si apre con l’alpe di Scermendone basso (m. 2032)
e si chiude con il passo di Scermendone (m. 2595), ha un
orientamento da ovest ad est; è chiusa a sud da un largo versante,
erboso sul crinale, |
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disseminato di pascoli e roccette sul fianco che guarda
alla valle stessa, che la separa dalla piana della media Valtellina
fra Ardenno e Berbenno, a nord, invece, dal tormentato ed aspro
crinale che, con un’impressionante susseguirsi di spigoli e rocce
rossastre, scende dai Corni Bruciati (m. 3097, cima settentrionale,
e m. 3114, cima meridionale), fino al Sasso Arso (m. 2314), per
poi concludersi fra i massi di una grande frana. |
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L’aspetto
della valle, infine, è davvero curioso: fin dall’ingresso
si presenta come una successione di pianori, avvallamenti, gobbe,
dossi, che conferiscono al suo aspetto complessivo una configurazione
non aspra, ma piuttosto atipica, simile a quella di qualche altipiano
asiatico.
L’accesso
alla valle avviene mediante un comodo sentiero, che si imbocca nei
pressi della chiesetta di san Quirico (m. 2131) e del bivacco Scermendone.
Per raggiungerlo, sono possibili tre percorsi. |
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Il più breve parte da Preda Rossa, anche
se ha l’inconveniente di imporre circa tre chilometri di una
pista non collaudata e dal fondo piuttosto dissestato (soprattutto
nel tratto successivo al ponte sul torrente della valle di Sasso
Bisolo). Si raggiunge la pista staccandosi sulla destra, a Filorera
(subito dopo Cataeggio), e salendo lungo una bella strada che raggiunge
la località Valbiore, caratterizzata da un’enorme frana.
La pista sale sul versante opposto della valle (il destro, per noi), |
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torna su quello sinistro dopo un tratto in galleria e si ricongiunge
con la strada asfaltata dopo il tratto sepolto dalla frana, proprio
all’ingresso della bellissima piana di Sasso Bisolo.
Attraversata
la piana, la strada sale, con diversi tornanti,fino
ai presso del limite della bellissima piana di Preda Rossa (m. 1908). |
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Qui,
invece di seguire le indicazioni per il rifugio Ponti, |
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cerchiamo, sulla sinistra, un ponticello che attraversa il torrente
e, valicato un valloncello, |
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effettua
una traversata che taglia la frana scesa dal Sasso Arso |
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e
porta a Scermendone Basso (m. 2032). |
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Qui,
superato il torrente su un nuovo ponticello, |
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puntiamo
a sud, cioè direttamente al versante del monte, |
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dove
troviamo una larga mulattiera che ci porta, in breve, |
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alla
chiesetta di San Quirico, dopo poco più di un’ora di cammino e 230
metri di dislivello superati. |
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Chi
volesse evitare di percorrere la pista dissestata, può lasciare
l’automobile a Valbiore, salire all’ingresso della piana
di Sasso Bisolo, percorrerla per un buon tratto e cercare, scendendo
sulla destra verso il torrente, un ponte che permette di superare
il torrente; |
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sul
lato opposto un sentiero che sale verso le baite della località
Corticelle e, attraversando qualche prato ed alcune macchie, conduce
al limite inferiore dell’alpe di Scermendone basso. In questo
caso le ore di cammino necessarie salgono a due, ed il dislivello
ad 850 metri circa. |
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Il
secondo percorso, quello panoramicamente più interessante,
parte da Our di cima, maggengo sopra Buglio, che
si raggiunge imboccando, all’ingresso del paese, la strada
segnalata “Per i maggenghi” e prendendo subito a sinistra
(indicazioni per Our e Merla); si sale su una strada assai stretta
verso la parte alta del paese (incrociamo le dita per non incrociare
altri veicoli…), fino a raggiungere, dopo una svolta a sinistra,
la strada che si stacca da quella principale sulla destra e, ignorata
una deviazione a destra, porta ai maggenghi di Our di fondo e di
cima (m. 1415). |
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Qui
ci si offrono diverse possibilità: il percorso più
lungo passa per l’alpe Granda (seguiamo le indicazioni e la
raggiungiamo in una quarantina di minuti), per poi piegare a destra, |
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passando
per il nuovo rifugio |
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ed
iniziare una lunga diagonale |
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fino
a Scermendone: |
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ci
sono due doppi tornantini; poco oltre il secondo un sentiero si
stacca sulla sinistra dalla pista e porta |
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al
limite di sud-ovest dell’alpe, |
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mentre
la pista esce dal bosco più o meno al suo centro, dove si
trova una baita ed una pozza d’acqua); quello intermedio taglia
fuori Granda, lasciando la nuova pista sterrata che la raggiunge
in corrispondenza di un cartello per la Merla, |
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e
che segnala l’inizio di un sentiero che sale diritto all’alpe Merla
(m. 1729) |
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e
di qui ad una croce sulla pista Granda-Scermendone; |
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quello
più breve, infine, si trova portandosi al limite orientale
di Our di cima: |
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il
sentiero, |
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superate
le ultime baite, |
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si
addentra nel bosco (rimaniamo sul sentiero principale, con andamento
quasi pianeggiante, evitando un paio di deviazioni che salgono a
sinistra), |
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raggiunge
il cuore della val Primaverta |
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e
comincia gradualmente a salire, |
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con un ultimo ripido tratto, |
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fino all’alpe Verdel (m. 1716), |
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dove,
seguendo le indicazioni, imbocchiamo, nella parte alta e di destra
dei prati, un sentiero che effettua una lunga traversata verso destra
(nord-est) |
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e,
intercettato a quota 1900 un sentiero gemello che sale dall’alpe
Oligna, volge a sinistra |
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e
sale al baitone dell’alpe Scermendone, |
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poco
a sinistra (est) |
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di
san Quirico. Teniamo presente che il tratto Our-Verdel non è
segnato sulla carta IGM, né su quella Kompass, né
sul terreno con segnavia, ma, ignorate le prime deviazioni, non
presenta ulteriori problemi, perché è sempre ben visibile. |
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Il
terzo percorso parte da Prato Maslino, incantevole
terrazzo panoramico posto a 1650 metri circa, sopra Berbenno. |
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Lo
si raggiunge facilmente dalla parte alta del paese prendendo a sinistra
ed attraversando la frazione di Regoledo; invece di proseguire verso
Monastero, ci si stacca poi dalla strada sulla destra (indicazione
per Prato Maslino) e, con una lunga salita, |
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si
raggiunge il limite inferiore dei prati, nei pressi del rifugio
Marinella. |
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Dal
limite superiore di sinistra del terrazzo parte una mulattiera che
sale, verso nord-ovest, all’alpe Vignone, |
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il
cui limite inferiore è posto a circa 1881 metri. |
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Dobbiamo
poi cercare, |
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nelle
baite poste più in alto, a circa 2000 metri, l’indicazione del Sentiero
Italia, |
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che
si stacca sulla sinistra da quello che sale all’alpe Baric, |
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si
inoltra in una macchia, |
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sale
ripido per un tratto, esce dal bosco sul suo limite superiore e,
attraversando alcuni valloni con qualche passaggio un po’ esposto
(qui la traccia è anche piuttosto debole), |
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raggiunge
il bivacco Scermendone e la chiesetta di san Quirico, dopo circa
un’ora e tre quarti di cammino (con un dislivello in salita di circa
530 metri). |
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Una
variante interessante, che ha il pregio di proporre un percorso
più sicuro, ma che taglia fuori San Quirico, è la
seguente. Dall’alpe Vignone continuiamo a salire, |
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con
qualche diagonale, fino all’alpe Baric, nascosta dietro una
balza (m. 2261). |
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Alle
spalle della baita parte, salendo verso sinistra (nord-ovest, prima,
ovest poi) un evidente sentiero che taglia il ripido fianco che
scende a sud-ovest dalla cima di Vignone (m. 2608) e raggiunge il
crinale Val Terzana-Valtellina, |
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in
corrispondenza di un caratteristico ometto costituito da un sasso
a forma di punta di lancia, poco sopra della quota 2400. |
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Ora
dobbiamo scendere verso sinistra, senza percorso obbligato, all’ampia
e bella conca che si apre davanti ai nostri occhi (evitiamo la più
problematica traversata verso destra); qui troviamo una larga traccia
di sentiero che, |
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superata
un breve gradino, porta all’alpe Piano di Spini (m. 2198),
posta nel primo tratto della valle (la traccia di sentiero non è
continua, ma la discesa non presenta problemi). Questa variante
richiede circa due ore e mezza di cammino (dislivello in salita:
800 metri circa). |
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Bene:
in un modo o nell’altro abbiamo raggiunto San Quirico. |
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Vale
la pena, se non l’abbiamo già fatto salendo da Granda, percorrere
il lungo alpeggio, |
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di
una panoramicità |
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più
unica |
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che
rara. |
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Il
colpo d’occhio |
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sul monte Disgrazia ed i
Corni Bruciati, in particolare, |
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è di incomparabile bellezza. |
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La
chiesetta, poi, è un piccolo ed antichissimo gioiello, non
a caso posta qui, a testimonianza non solo dell’importanza
primaria dell’alpe, ma anche della sua posizione strategica,
come punto di passaggio dei pellegrini che, percorrendo poi proprio
la val Terzana, valicando il passo di Scermendone e quello di Caldenno,
scendevano in Valmalenco. Questa direttrice della traversata Val
Masino-Valmalenco corre più a sud di quella del Sentiero
Roma, che passa dal passo di Corna Rossa, e non sfigura nel confronto
con quest’ultima; anzi, dal punto di vista strettamente panoramico
si fa sicuramente preferire. Alle spalle della chiesetta, la Val
Terzana ci appare già in tutta la sua apertura, fino al passo
di Scermendone: uno spettacolo di grande suggestione. |
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Scendendo
da San Quirico ad una grande vasca in cemento per la raccolta dell’acqua,
posta poco ad est del baitone, |
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possiamo
trovare, in una nicchia, una sorgente, con una scritta non facile
da leggere. Si tratta della celebre “Acqua degli occhi”,
una sorgente di acqua che la tradizione popolare vuole terapeutica
per i malanni che toccano la vista. Per capire perché, dobbiamo
però risalire al bivacco Scermendone, dove, sulla porta,
è affisso un articolo di giornale nel quale si racconta la
leggenda cui quest’acqua è legata. Vale la pena di
raccontarla anche in questa sede, perché ci aiuta ad entrare
meglio nello spirito dell’aspro scenario settentrionale della
valle, con la sua sofferta compagine di rocce dalla tonalità
rossastra. |
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È
la celebre leggenda di Preda Rossa e dei Corni Bruciati. Un tempo
questi non erano, come ora, desolate torri di roccia rossastra,
ma bei pizzi alle cui falde si stendevano, nelle valli Preda Rossa
e Terzana, splendide pinete e pascoli rigogliosi. Vi giunse, un
giorno, un mendicante lacero ed affamato, che si rivolse, per essere
ristorato, a due pastori, l’uno di animo buono, il secondo
di animo gretto e malvagio. Quest’ultimo lo schernì e gli
disse che poteva offrirgli solo gli avanzi del cane, mentre il primo
ne ebbe pietà, lo rifocillò e gli cedette il giaciglio per la notte. |
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Il
mattino seguente il mendicante prese in disparte il pastore buono
e gli ordinò di lasciare subito Preda Rossa per salire a
Scermendone e tornare a Buglio, senza mai voltarsi, qualunque cosa
avesse sentito alle sue spalle. Il pastore vide il suo aspetto trasfigurarsi,
divenendo luminoso e maestoso, e capì che si trattava del
Signore, per cui obbedì senza indugio. Lasciata Preda Rossa,
cominciò a sentire alle proprie spalle un gran fragore, grida,
rumore di piante e massi che rovinavano a valle, ma proseguì
il cammino, ricordandosi dell’ingiunzione del Signore. Quando,
però, ebbe raggiunto il crinale di Scermendone alto, e si
accingeva a scendere verso Buglio, non resistette, volse lo sguardo.
Fece appena in tempo a vedere uno spettacolo apocalittico, un rogo
immane che divorava i boschi, ma, ancora di più, la stessa montagna,
che si sgretolava e perdeva enormi massi, i quali precipitavano,
incandescenti, a valle. |
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Vide
solo per un istante, perché fu subito accecato da due scintille,
che lo avevano seguito. Pregò, allora, il Signore che lo
perdonasse per la disobbedienza, e questi lo esaudì, chiedendogli
di battere il piede contro il terreno e di bagnare gli occhi all’acqua
della sorgente che sarebbe da lì scaturita. Fece così,
e riebbe la vista, tornando a Buglio a raccontare i fatti tremendi
di cui era stato testimone. Da allora il fianco di sud-est della
Valle di Preda Rossa e quello settentrionale della Val Terzana restano
come desolato monito che ricorda agli uomini l’inesorabilità della
punizione divina per la loro malvagità. |
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Anche
i nomi parlano di una remota e terribile vicenda che ha segnato
quest’angolo di Val Masino: il Monte Disgrazia, prima, si
chiamava Pizzo Bello, denominazione, poi, trasferita alla meno maestosa
cima che, con i suoi 2743 metri, presidia l’angolo di sud-est
della Val Terzana. |
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In
cammino, ora: a noi sarà, però, concessa la libertà
di volgerci indietro, talora per ammirare ottimi scorci panoramici
sulle cime della Valle dell’Oro (dove spicca, con il suo profilo
tondeggiante e un po’ tozzo, il pizzo Ligoncio). |
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A
poche decine di metri da San Quirico parte una pista che si addentra
in Val Terzana, |
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tagliandone il fianco meridionale, |
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fino
alla già citata alpe Piano di Spini (m. 2198). |
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Alle
spalle della baita di sinistra dell’alpe comincia, poi, un
sentiero (segnavia rosso-bianco-rossi), che sale per un tratto verso
sinistra, sormonta un dosso e prosegue verso nord-est, fino ad un
breve corridoio nella roccia, |
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che
ci porta qualche metro sopra il laghetto di Scermendone (m. 2339). |
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Si
tratta di uno specchio d’acqua non ampio, |
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ma
pur sempre considerevole, sia per la sua bellezza, |
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sia
per il fatto che, insieme ai laghetti della Valle di Spluga e ad
uno specchio ancor più modesto al centro della val Cameraccio, |
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è
ciò che resta di una presenza di laghi alpini che, in Val Masino,
dovette essere, in tempi remoti, ben più consistente. Una sosta
sulle sue rive permette di osservare il Sasso Arso ed i Corni Bruciati:
viste da qui, queste formazioni montuose mostrano bene la ragione
della loro denominazione. |
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Il
sentiero comincia, poi, a piegare gradualmente a sinistra: passiamo
così a monte di un pianoro, . |
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che
lasciamo alla nostra destra, superiamo qualche modesta roccetta
e superiamo il torrentello della valle, portandoci alla sua sinistra |
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Il
passo è sempre là, visibile quasi per l’intero percorso, e si fa,
poco a poco, più grande. |
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In
questo tratto passiamo a destra di uno sperone di roccia, ovviamente
dalla tonalità rossastra, non molto alto (m. 2621), che però, visto
da qui, fa la sua bella figura. Alle sue spalle i Corni Bruciati,
di cui però è difficile distinguere la cima, perché, da questo angolo
visuale, si mostrano assai meno pronunciati di quanto non appaiano
dalla Valle di Preda Rossa. |
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Lo
scenario alla nostra destra è, invece, diverso: a sinistra
della tondeggiante cima di Vignone, un largo canalone, quasi interamente
occupato da sfasciumi, sale, con pendenza modesta, fino ad una depressione
sul crinale. |
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La
salita parrebbe agevole, |
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ma
la discesa sull’opposto versante erboso, che guarda all’alpe Baric,
è piuttosto difficoltosa nel primo tratto, ripido ed esposto. |
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A
sinistra del canalone, ecco, poi, la cima quotata 2643 metri, che
una modesta sella separa dal pizzo Bello, di cento metri più
alto. Per la verità quest’ultima cima si mostra, da
qui, niente affatto bella: anzi, il suo versante di nord-ovest è
costituito da una parete verticale di scura roccia, ben diversa
dal ripido ma erboso versante opposto. Ancora più a sinistra,
una serie di guglie rocciose segna il crinale fino al passo, sorvegliato
da due torri guardiane. |
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Dai
suoi |
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2595
metri |
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ci
affacciamo, |
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alla
fine, dopo un’ora e mezza circa di cammino da San Quirico (460 metri
di dislivello in salita), |
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sull’alta
Valle di Postalesio, e vediamo subito il meno pronunciato passo
gemello (quello di Caldenno), che permette di scendere al rifugio
Bosio, in Val Torreggio (Val del Turéc') (Valmalenco). Oltre il crinale orientale
della valle, possiamo individuare alcune cime assai distanti fra
di loro: i corni di Airale, in Val Torreggio (Val del Turéc'), a sinistra, poi il
lontano pizzo Varuna (o Verona), sulla testata della Valmalenco,
ed ancora la cima Viola, fra Valle d’Avedo (val Grosina) e
Valle Cantone di Dosdè, ed infine, sulla destra, il pizzo
Scalino e la punta Painale. |
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Volgendoci
verso la Val Terzana, la dominiamo interamente, e scorgiamo il laghetto
di Scermendone ed un bel tratto dell’omonima alpe, da cui
siamo partiti. |
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Se
siamo partiti da Prato Maslino, o se disponiamo di due automobili,
vale la pena di chiudere l’escursione scendendo in alta Valle
di Postalesio, su un bel sentierino, ripido e molto marcato, che
scende diritto |
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per
un tratto, |
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piega
a sinistra, |
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scende
di nuovo diritto |
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prima
di puntare a destra, verso il pianoro dell’alta valle, |
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duecento
metri circa più in basso rispetto al passo. Dal passo in poi i segnavia
sono bolli rossi con bordo giallo. |
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Nell’ultima parte della discesa, |
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lasciamo
alla nostra sinistra una grande ganda, costituita da massi rossatri,
così come rossastre sono le cime che, sulla testata della
valle, ci nascondono la vista del monte Disgrazia. L’incendio
di Preda Rossa è giunto fin qui? La leggenda non lo dice.
C’è però un’altra leggenda, che parla
dei “cunfinàa”, cioè delle anime che, per le loro colpe,
sono state condannate a scalpellare eternamente questi innumerevoli
massi (e, se prestiamo attenzione, ne vediamo, effettivamente, di
tutte le dimensioni). |
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Tuttavia
il loro lavoro disperato inizia solo sul far del tramonto: |
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solo
allora si possono udire i colpi sordi e sconsolati del metallo sulla
pietra. |
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Prima
che ciò accada, portiamoci |
|
al
solco del torrente e valichiamolo, |
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lasciando
poi alla nostra sinistra i segnavia che indicano il sentiero, il
quale riprende quota e, dopo un traverso a sinistra, punta a destra,
in direzione |
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del
passo di Caldenno (dal quale, finalmente, il monte Disgrazia si
mostra); |
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noi
dobbiamo, invece, passare vicino ad un masso ciclopico |
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e
sfruttare il sentiero che scende all’alpe Palù (m. 1099),
tagliando il ripido fianco erboso dell’ultimo gradino della
valle. |
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Al
termine del pianoro dell’alpe Palù, |
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sulla
sinistra (per noi) del torrente troviamo, poi, un largo sentiero
che conduce alle numerose baite |
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dell’alpe
Caldenno (m. 1811), |
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dove,
sulla nostra destra, giunge una pista che parte da Prato Isio. Raggiunto
quest’ultimo alpeggio, lo attraversiamo verso ovest, cioè
ci portiamo sul limite alto dei prati, al lato opposto rispetto
a quello cui giunge la pista: |
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qui,
presso una fontana, |
|
troviamo
il sentiero che si inoltra in una bella pineta. |
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Ad
un bivio, prendiamo la traccia che sale e, con qualche saliscendi,
rimanendo sempre intorno a quota 1700, |
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varca
l’ombrosa |
|
val
Finale: |
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raggiungiamo
così |
|
il
limite orientale di Prato Maslino, nei pressi del rifugio Marinella, |
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chiudendo
un anello che richiede 6-7 ore di cammino (dislivello in salita:
1000 metri circa seguendo il Sentiero Italia per raggiungere
Scermendone, 1200 circa passando per la sella dell’alpe
Baric).
Un consiglio, per finire: data la posizione della Val Terzana,
dalle prime nevicate fino a tarda primavera la neve costituisce
un ostacolo da tener presente se si vuole programmare l'escursione.
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