Sulla via lunga di Val Venosta o Strada d'Alemagna, ripercorrendo le orme di soldati e mercanti del passato
CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI - VAL FRAELE
Fra le tante escursioni che hanno come base la Valle di Fraele la discesa nell'elvetica Val Mora per il passo di Val Mora è assai nota e praticata dai bikers, molto meno dagli escursionisti. A torto, perché gli scenari, luminosi, solitari e selvaggi, meritano sicuramente di essere visitati, anche perché ripercorre le orme dei mercanti e soldati che per secoli, dal Medioevo fino all'Ottocento, transitavano sulla cosiddetta Via lunga di Val Venosta (chiamata anche "Via Imperiale" e "Strada d'Alemagna"), asse fondamentale nelle comunicazioni fra Valtellina e Tirolo, quindi, in un orizzonte più ampio, fra bacino padano e territori di lingua tedesca. Il percorso partiva da Bormio, si portava a Pedenosso e, per la via ripida delle scale di Fraele, si affacciava alla Val Fraele, che veniva interamente percorsa fino al suo limite settentrionale, dove, per il passo di Val Mora, si scendeva lungo la Val Mora, che confluisce nella Valle di Monastero, raggiungendo Santa Maria di Monastero. Quando, dopo il Congresso di Vienna, la Valtellina passò sotto il dominio degli Asburgo d'Austria, questi, proprio per assicurarsi l'intero controllo di questo importante asse, proposero alla Confederazione Elvetica uno scambio: la Valle di Livigno in Cambio della Valle di Monastero. L'offerta venne cortesemente declinata.
Lasciata Bormio, ci si stacca sulla sinistra dalla ss. 38 dello Stelvio per immettersi sulla statale 301 per il passo del Foscagno. Dopo aver superato il ponte allo sbocco della Valle del Braulio, si giunge alla località di Fior d'Alpe Torripiano, dove, appena dopo la chiesa della Madonna della Pietà ed una semicurva a destra, si trova, segnalato, sulla destra lo svincolo (a 4,5 km da Bormio) per Pedenosso e Cancano. Si sale lungo la strada e ad un bivio si prende a destra (indicazioni per Cancano). Di qui in poi la strada, sempre abbastanza larga ed interamente asfaltata, attraversa la fascia di pini silvestri e mughi denominata Bosco di Arsiccio e sale ai bei prati del panoramico Piano di Prada (a 4 km dallo svincolo), chiamato così per la presenza di un grande masso che vi si è fermato dopo essersi staccato dalle pareti rocciose delle Scale. Qui si trova, notizia utile per chi sale in mountain-bike, un'area di sosta. La strada prosegue con pendenza regolare, e comincia ad inanellare una lunga serie di tornanti (in tutto, dal piano di Prada all'ingresso della Val Fraele, sono 19), che portano ai piedi della muraglia rocciosa sul cui ciglio si affacciano le torri di Fraele. Con un'ultima serrata serie di tornanti affronta il traverso finale, con tratto in galleria, che termina proprio alle celebri torri.
Raggiunta la sommità della gola, non si può non sostare alle celeberrime torri di Fraéle, il primo segno di una valle densa di storia, per la sua posizione strategica nell'antica Contea di Bormio. Queste torri sorvegliavano infatti gran parte della Magnifica Terra e permettevano di segnalare tempestivamente eventuali eserciti invasori. Oltrepassate le torri, la strada si fa pressoché pianeggiante, e conduce, in breve, al bellissimo laghetto delle Scale, l'unico naturale nella valle, legato ad un’antica leggenda che vuole le sue acque rifugio del pauroso mostro Ravan.
Più avanti la strada, superato il rifugio Monte Scale, raggiunge
e costeggia a sinistra il grande lago artificiale di Cancano (m. 1884):
quando le sue acque sono piuttosto basse, sono ancora ben visibili gli
edifici che ospitarono i moltissimi operai impiegati nell'edificazione
dell'enorme sbarramento (la cosiddetta "digòpoli").
Costeggiato l'intero bacino, ci ritroviamo di fronte al possente sbarramento
del secondo invaso, quello di San Giacomo (m. 1949). La costruzione
dei due giganteschi invasi (che hanno una capienza rispettivamente di
123 e 64 milioni di metri cubi d’acqua), fra il 1928 ed il 1956,
ha cancellato l’alpe pianeggiante con le sue baite ed il villaggio
di S. Giacomo.
Ma non fu, questa, l’ultima né la più tragica circostanza che macchiò di rosso le acque dell’Adda all’inizio del suo corso. Il fatto d’armi più sanguinoso avvenne qualche decennio dopo, rispetto al periodo nel quale il von Weineck scriveva, e fu la battaglia di S. Giacomo, combattuta il 31 ottobre del 1635, durante la guerra dei Trent’anni: i Francesi, comandati dall’abile duca di Rohan, irruppero in valle di Fraele dalle valli Alpisella e Pettini, e vi sorpresero gli Imperiali del generale Fernamont, giunto dalla val Mora lungo la cosiddetta via Imperiale (che collegava il Tirolo alla Valtellina), facendone strage (rimasero sul campo circa 2000 imperiali, ed il Rohan, per impedire che la valle potesse in futuro divenire base per nuove incursioni dei nemici, fece poi incendiare oltre 70 case, con i relativi fienili).
La Val Alpisella, dunque, insieme alla Val Pettini, fu calcata dalle
truppe francesi, che si accingevano a sorprendere i nemici ed a farne
strage. Noi ripercorreremo
le loro orme, con ben diverso intento: la ricerca dei primi timidi segni
del nobile fiume Adda, che certamente non ha dimenticato, nella sua
memoria millenaria, l’affronto del sangue che ha dovuto accogliere.
Dal parcheggio di San Giacomo di Fraele (m. 1952), dove lasciamo l'automobile, ci incamminiamo sulla sterrata n. 182, verso nord, lasciando a destra la bella chiesetta di San Giacomo. Seguiamo le indicazioni della "Strada del vino e del sale" e del sentiero 1999 (un cartello dà il passo di Val Mora a 45 minuti, l'Alp Sprella a 2 ore e 50 minuti e Santa Maria Val Mustair a 7 ore). Senza accorgercene, valichiamo così il passo di Fraele (m. 1958) e perdiamo leggermente quota, fino alla piana dell'Acqua del Gallo (m. 1925), segnalata da un cartello. Altri cartelli indicano un bivio, segnalando che la pista di destra si porta al passo di Val Mora, scende in Val Mora (Svizzera) ed a Santa Maria di Monastero, mentre quella di sinistra si dirige alla Valle del Gallo, per la quale si può passare in Valle di Livigno.
Andiamo a destra e procediamo in un piano segnato dall'ampia presenza di materiale alluvionale scaricato dalla Val Paolaccia, che ha parzialmente distrutto i bei boschi di pini mughi. Superato il conoide della Val Casina, giungiamo al bivio di quota 1937, al quale ignoriamo la deviazione di sinistra e proseguiamo diritti per circa un km., sempre circondati da fitti boschi di pino mugo, fino al passo di Val Mora (o Cruschetta, m. 1936), segnalato da un cartello della Strada del Vino e del Sale, che dà l'Alp Sprella a 2 ore e Santa Maria di Monastero a 6 ore e 20 minuti e dal cippo di confine n. 23.
Lo oltrepassiamo entrando interritorio elvetico (muniti di documento di identità) e proseguiamo sulla pista che imbocca la parte alta della Val Mora, sul suo lato destro, e si restringe a sentierino che taglia il ripido versante di terriccio e pietrame, contrappuntato da macchie di pini mighi. Procediamo quasi in piano sul lato destro (per noi) della valle, delimitata a sinistra dal ripido versante della cima del Serraglio ed a destra dal Piz Mon'Ata. Prestiamo attenzione ad eventuali bikers che in buon numero percorrono questo itinerario.
Il sentiero piega gradualmente a destra, seguendo l'andamento della valle, e ci porta ad una strettoria della valle, che assume qui l'aspetto di un ardito canyon, ed al ponte di quota 1978 m. che ci fa passare a sinistra dell'acqua di Val Mora. Qui si allarga a pista sterrata e prosegue sempre piegando gradualmente a destra, passando dal ripiano della Paluetta e superando il torrente che scende dal Doss del Termel. Poco più avanti ci affacciamo all'ampio ripiano dell'Alp Mora e, proseguendo diritti, ci immettiamo, a quota 2062 m., sulla strada principale della valle che, percorsa verso sinistra, sale gradualmente alle baite dell'Alp Mora (m. 2080), dove l'escursione termina.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line |
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