CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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Ai rifugi costruiti
originariamente per fornire un necessario punto di appoggio alla
pratica escursionistica ed a quello che, in tempi più recenti, sono
sorti nei pressi di carrozzabili, come meta di semplici gite o
facili passeggiate, si è affiancata, soprattutto negli ultimi anni,
una terza categoria di rifugi, costituita da strutture pensate
soprattutto in funzione della pratica escursionistica.
Questi ultimi sorgono, grazie a lodevoli iniziative degli enti o
delle associazioni locali, in luoghi, generalmente alpeggi, nei cui
pressi non ci sono cime di particolare rilievo, ma che sono,
comunque, raggiungibili solo attraverso escursioni di un certo
impegno. La loro utilità è rilevante: si rivelano, infatti, preziosi
non solo come ricovero in caso di maltempo, ma anche come punto di
appoggio per escursioni su più giornate.
A quest’ultima famiglia di rifugi si è unito, dal 24 giugno 2001,
data della sua inaugurazione, il rifugio Fòrcola, posto a 1838 metri
fra le baite dell’alpe e nella valle che hanno il medesimo nome. |
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Per raggiungerlo dobbiamo
affrontare una camminata di un paio d’ore, partendo dalla più alta
delle frazioni di Menaròla raggiungibili con l’automobile, vale a
dire Voga (m. 1057).
Per raggiungere Menarola prendiamo come riferimento la rotonda di
Nuova Olonio: da qui iniziamo ad addentrarci, sulla ss. 36 dello
Spluga, in valchiavenna. Superate Verceia, Novate Mezzola e Somaggia,
raggiungiamo S. Cassiano, frazione di Prata Camportaccio, a 15 km da
Nuova Olonio. |
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Dopo aver attraversato
l’abitato, prestiamo attenzione alla nostra sinistra, per imboccare
lo svincolo per Gordona e Mese, che ci permette di congiungerci con
la strada provinciale 9, detta Trivulzia. Procedendo verso destra,
eccoci a Gordona: senza salire in paese, proseguiamo superando, su
un ponte, il torrente Crezza, che scende dalla valle della Fòrcola.
Subito dopo il ponte, imbocchiamo il primo svincolo a sinistra
(indicazioni per Menaròla), che ci porta alle case della frazione
Coloredo (m. 329), che appartiene ancora al comune di Gordona.
Rimanendo a sinistra del centro della frazione, dove si trova la
seicentesca chiesetta dedicata ai santi Anna e Francesco,
raggiungiamo la sua parte alta, dove la strada comincia a salire,
con diversi tornanti, sull’ampio fianco boscoso del lato
settentrionale della valle della Fòrcola.
Entriamo, così, nel territorio di quello che probabilmente è il più
singolare comune della provincia di Sondrio, Menaròla. La sua
singolarità consiste nel fatto che non esiste un centro del comune,
dal momento che questo è costituito da piccole frazioni e da
numerosi nuclei isolati di baite. A riprova di ciò, troviamo, a 784
metri, il Municipio, isolato rispetto agli altri nuclei di case.
Singolare è anche la storia di questo comune. La sua importanza
deriva dalla collocazione lungo la strada che, risalendo il fianco
nord-orientale della valle della Fòrcola, porta al passo omonimo (m.
2227), il più agevole valico fra Valchiavenna e Val Mesolcina, ben
visibile dal fondovalle. |
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Nel secolo XVIII questo
itinerario assunse, per iniziativa soprattutto di mercanti svizzeri
che commerciavano con la Valchiavenna, un rilievo primario, data la
pericolosità, per ragioni climatiche, della via che passava per lo
Spluga: le merci, caricate a Mese, venivano trasportate a Soazza, in
Val Mesolcìna. Dopo la costruzione di una strada carrozzabile per lo
Spluga, tuttavia, i traffici attraverso la Valle della Forcola
persero ben presto d’importanza. Il valico divenne, in tempi assai
più recenti, una delle vie sfruttate per la pratica del contrabbando
di merci dalla Confederazione Elvetica, fino a quando, a metà circa
degli anni settanta, essa cessò di essere remunerativa.
Saliamo, dunque, sulla carrozzabile asfaltata di Menarola,
incontrando dopo circa 4 km, il municipio, isolato, nella splendida
cornice di un fitto bosco di castagni; poco oltre, raggiungiamo il
nucleo di case e baite di Castanedi, incontrando, sulla nostra
sinistra, anche la bella chiesa dell’Addolorata, edificata nel 1758. |
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Proseguendo nella salita,
troviamo un secondo gruppo di case, il maggengo di Foppo (diviso in
Foppo di Dentro e di Fuori), ad una quota di 942 metri. |
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Lasciate alle spalle le
ultime case, incontriamo, sulla sinistra, un cartello che indica la
chiesa parrocchiale: vale la pensa effettuare una brevissima sosta e
scendere lungo una mulattiera che ci porta al piccolo sagrato della
chiesa della Visitazione, |
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costruita nel 1609, che
domina Foppo. Si tratta di un luogo veramente suggestivo, dove, nel
silenzio che ben raramente viene rotto, si fa strada la voce che
viene dal passato, la cui costante presenza è suggerita anche |
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dal piccolo cimitero che
sorge immediatamente a monte della chiesa.
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Ritorniamo all’automobile:
manca pochissimo alla conclusione della salita, che avviene |
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al maggengo di Voga, a circa
8,5 km dall’inizio della strada al limite alto di Coloredo. Qui, a
1057 metri, troviamo due spazi per parcheggiare l’automobile. La
carrozzabile, per la verità, prosegue per i maggenghi superiori, ma
il transito è riservato ai veicoli autorizzati. Prima di iniziare il
cammino, diamo un’occhiata alle baite di Voga: per gli amanti degli
aspetti architettonici va segnalata la presenza della struttura
denominata a “càrden”, nella quale il legno viene inserito ad
incastro nelle parti in muratura, con balconate in legno e travi
annerite poste in vista.
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La prima parte della salita |
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avviene |
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lungo i tornanti della
carrozzabile, finché incontriamo un cartello che segnala un sentiero
che se ne stacca sulla sinistra ed indica il maggengo di Dàrdano,
l’alpe Buglio ed il passo della Forcola (dato a 2 ore e 50 minuti). |
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Possiamo sfruttare il
sentierino, che sale nella splendida cornice di un bosco di larici e
betulle, oppure proseguire lungo la carrozzabile, |
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allungando i tempi ma
gustando altri gruppi di belle baite |
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ed alcuni scorci suggestivi
sulla Val Bregaglia e la piana di Chiavenna: |
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le due vie |
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si incontrano proprio in
corrispondenza del punto terminale della pista, al cui fondo in
asfalto si sostituisce dapprima quello in cemento, ed alla fine
quello sterrato. |
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Siamo ai prati di Dàrdano, a
1334 metri. Da qui partono due sentieri: quello che ci interessa,
per l’alpe ed il passo della Forcola, e quello che, tagliando il
cuore selvaggio e dirupato della media Valle della Forcola, porta
all’alpe Scima (m. 1875), sul versante opposto.
Il nostro sentiero parte nei pressi di una fontana, alla sua destra,
sul limite dei prati, ed è ben marcato. |
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Sale, deciso, in un bosco di
larici, |
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guadagnando rapidamente quota
ed uscendo di nuovo all’aperto nella parte bassa dei prati dell’alpe
Buglio (m. 1544). |
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Una sosta nei pressi delle
baite dell’alpe e della croce in legno può essere quanto mai
opportuna, non solo per riprendere fiato, |
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ma anche per ammirare lo
splendido panorama che si apre davanti ai nostri occhi. A destra, la
piana della bassa Valchiavenna, fino al lago di Mezzola; di fronte,
in secondo piano, le cime del crinale che separa la Val dei Ratti
dalla Val Codera, dal Sasso Manduino, a destra, al pizzo Ligoncio, a
sinistra; di fronte, in primo piano, la selvaggia Val Schiesone,
sopra Prata Camportaccio, con le sue aspre punte, fra le quali
spicca, sulla destra, il pizzo di Prata, o “Pizzàsc”. A sinistra, lo
splendido scenario delle cime del versante meridionale della Val
Bregaglia, fra le quali non è immediatamente riconoscibile, per chi
abbia negli occhi l’immagine della Val Porcellizzo, il pizzo Badile. |
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Riprendiamo a salire: il
sentiero punta a sinistra (un piccolo cartello infisso nel prato dà
il passo della Forcola a 3 ore, tempo calcolato, però, su un passo
davvero lento).
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Dopo un ulteriore tratto nel
bosco, |
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cominciamo, dopo una breve
discesa, un traverso verso sinistra, introdotto da un primo
cancelletto che ha lo scopo di evitare che le bestie scendano verso
valle (lo si apre facilmente e lo si richiude gentilmente, come
chiede un cartello), oltre il quale è posta una piccola croce in
legno. |
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La mulattiera prosegue
all’aperto, e già vediamo, sul versante opposto della valle, più in
alto, la meta, l’ampio dosso erboso dell’alpe Forcola, sovrastata
dalla frastagliata costiera che culmina nella punta della Forcola
(m. 2620). Dopo un tratto, ci appare anche un primo scorcio del
passo, a destra dell’alpe. |
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Superato un secondo
cancelletto (presso il quale un cartello ci dà il benvenuto), ci
approssimiamo al centro dell’alta valle, dove scorre il torrente
Crezza, qui di modeste dimensioni. Ora il passo è proprio di fronte
a noi, pronunciato e ben visibile, dominato, a destra, dall’aspro ed
affilato profilo del Pizzaccio (m. 2588). Il valico, visto da qui,
sembra a portata di mano: apparenza ingannevole, perché la salita
dell’ampio canalone che conduce ad esso è più lunga di quanto si sia
indotti a credere. |
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Dopo un ulteriore tratto, il
sentiero, sempre segnalato da segnavia rosso-bianco-rossi, conduce
al torrentello. Qui troviamo un bivio: rimanendo sulla destra del
torrentello si prosegue nella salita al passo (che dista circa
un'ora di cammino), mentre prendendo a sinistra e superandolo ci si
incammina verso l’alpe. L’indicazione “Bivacco Forcola”, su un
masso, segnala la presenza della struttura che dobbiamo raggiungere. |
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Prendiamo, dunque, a
sinistra: dopo pochi minuti, sormontato un arrotondato dosso erboso,
guadagniamo le baite dell’alpe. La prima, riconoscibile anche per la
bandiera tricolore, è quella del rifugio. Lo troveremo, nella
stagione estiva, aperto, con tutto quanto serve per un eventuale
confortevole pernottamento. Nulla vieta, poi, che noi stessi
contribuiamo alla vita del rifugio, con un'offerta che può essere
direttamente lasciata nell'apposito contenitore oppure versata sul
c/c bancario del Credito Valtellinese di Chiavenna intestato a "Pro
Loco Menarola in Amicizia" (ABI 5216 CAB 52110).
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Dalla piana dell’alpe il
panorama è superbo: riconosciamo, da un punto di osservazione ancora
più suggestivo, le medesime cime ammirate dall’alpe Buglio. Il colpo
d’occhio sulla Val Bregaglia raggiunge anche il gruppo del Bernina,
e, insieme al senso di pace cui contribuiscono anche le miti mucche
che pascolano tranquille, ripaga ampiamente gli sforzi fatti in due
ore di cammino per giungere fin qui, sperando circa 780 metri di
dislivello. |
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La salita al
passo della Forcola
Si tratta della più facile e scontata escursione dal rifugio. Il
passo, che dà sulla Val di Forcola, in territorio svizzero, è a
circa un'ora di cammino. Raggiungerlo è facile: basta tornare al
bivio presso il torrente Crezza (o, seguendo un sentiero un po' più
alto, ad un bivio posto più a monte), passare sul lato opposto del
lungo canalone che adduce al passo (lasciando sulla sinistra il
torrente) ed iniziare la faticosa salita seguendo le bandierine
rosso-bianco-rosse. Guardando alla nostra destra, non potremo non
notare una grande spelonca che si apre, misteriosa ed inquietante,
su uno sperone di roccia dell'aspro versante montuoso, accendendo la
fantasia che la può immaginare popolata da chissà quali potenze
malefiche.
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Il percorso, fra magri pascoli e pietraie, è
abbastanza ripido, |
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anche se nell'ultimo tratto la pendenza si
addolcisce un po'. |
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Alla fine compare il sospirato ometto posto sul
passo, |
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a 2227 metri, cioè 381 metri più in alto |
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rispetto al rifugio. |
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Siamo sul confine italo-svizzero, come mostra
anche l'indicazione su un masso, |
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Guardando sul versante italiano, possiamo
riconoscere il pizzo di Prata e, a sinistra, il pizzo Badile. |
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La traversata
Forcola-Lendine
Questa escursione costituisce uno sviluppo della semplice salita al
passo della Forcola, e rappresenta un'interessante ipotesi di anello
escursionistico per chi scelga di pernottare al rifugio. Raggiunto il
passo della Forcola, procediamo in direzione nord (piegando, cioè, a
destra), a ridosso del versante occidentale del Pizzaccio, fino a
raggiungere il passo di Lendine, che permette di tornare in territorio
italiano, scendendo all'alpe omonima nella Valle del Drogo. Anche
questo passo era legato alle attività del contrabbando, ed era spesso
preferito a quello più facile della Forcola perché meno sorvegliato.
Nella sua traversata invernale persero la vita tre contrabbandieri,
ricordati con altrettante croci di ferro presso la chiesetta di S.
Antonio, nella bassa Valle del Drogo. Dal passo si scende, sempre
procedendo verso nord, al ben visibile lago di Caprara (m. 2288), per
poi piegare leggermente a destra (nord-est ed est), proseguendo la
discesa fino all'alpe di Léndine (m. 1710), caratterizzata da un gran
numero di baite, disposte in bell'ordine, segno della sua importanza
passata. Dal limite settentrionale delle baite parte il sentiero C26,
che scende in prossimità del fondovalle (quota 1400 circa) e ne taglia
il fianco meridionale, passando per Corseca (m. 1381) e Zecca (m.
1167), prima di raggiungere Olmo (m. 1056). Ora dobbiamo scendere per
un tratto sulla strada asfaltata che porta a S. Giacomo-Filippo, fino
ad incontrare, ad un tornante sinistrorso, la partenza della pista che
porta a Sommarovina (m. 956), attraversando la Val Genasca. Saliti
alle baite alte, proseguiamo verso, ignorando la deviazione a destra
per Calones, alla volta di Cigolìno (m. 1100), per terminare, poi, la
traversata imboccando il sentiero segnalato che, puntando a sud-ovest,
ci riporta a Voga, dove, il primo gorno, abbiamo lasciato
l'automobile. Dal rifugio a Voga questo anello comporta un dislivello
di circa 800 metri e richiede approssimativamente 6/7 ore di cammino.
L'anello Voga-Forcola-Voga
Se abbiamo, invece, a disposizione una sola giornata e non
vogliamo tornare a Voga per la medesima via di salita, possiamo
effettuare la bella traversata dall'alpe Forcola all'alpe Scima (m.
1875). Il sentiero, ben visibile, parte sul lato opposto dell'alpe
(meridionale) rispetto a quello dal quale l'abbiamo raggiunta. L'alpe
Scima merita davvero di essere visitata, per la sua bellezza. Il
sentiero (D9) prosegue perdendo gradualmente quota sul fianco
sud-occidentale della Valle della Forcola, fino all'alpe Cèrmine (m.
1346), dove invertiamo bruscamente la direzione e, invece di
proseguire la discesa fino all'alpe Orlo, pieghiamo a sinistra
(nord-nord-ovest), scendiamo sul fondovalle per risalire, sul lato
opposto, fino a Voga (sentiero D5). Il ritorno a Voga per questa via
comporta un dislivello in salita di circa 150 metri ed un tempo
approssimativo di un'ora e 45 minuti.
GALLERIA DI IMMAGINI
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