Valle d'Arigna
ANELLO LUNGO DELLA BASSA VAL D'ARIGNA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Casacce-Sazzo-Albareda-Famlonga-Prestinè-Briotti-Centrale Armisa-S.Matteo-Fontaniva-Gerna-Bruga-Ponte Baghetto-Casacce |
5-6 h (a piedi); 2 h (in mountain-bike) |
690 |
E |
SINTESI. Questo anello può essere percorso, oltre che a piedi, anche in mountain-bike (anche se non è interamente ciclabile). Lasciamo la ss 38 dello Stelvio circa 5 km dopo Sondrio (per chi procede in direzione di Bormio). Dobbiamo prestare attenzione al cartello marrone che annuncia Ponte in Valtellina: poco più avanti, sempre sulla destra, vediamo il cartello marrone che segnala lo svincolo per Carolo, Sazzo, Arigna e Briotti, al quale svoltiamo a destra, passiamo per Casacce e scendiamo al ponte il fiume Adda. Sul versante opposto parcheggiamo e cominciamo a salire a piedi sulla carrozzabile verso destra (ovest). Ad un bivio andiamo a sinistra, iniziando a salire sul versante orobico, Una mulattiera accorcia la salita e porta per via più diretta a Sazzo (santuario di San Luigi). Poi proseguiamo sulla carozzabile, incontrando gli svincoli per le frazioni di Albareda e Tripolo. Raggiunta Fontaniva, non dobbiamo procedere diritti, ma piegare a destra, e ad un bivio successivo ancora a destra, seguendo le indicazioni per Briotti e Paiosa. Superate le deviazioni per Berniga e Famlonga, ad un bivio andiamo a sinistra e ci portiamo al parcheggio all’ingresso dell’abitato (m. 1060). Da qui prendiamo a sinistra (est): la
strada, che diventa pista, ci porta, in breve, ad attraversare, su un
ponticello, il torrente Trìpolo, raggiungendo la parte orientale
dei prati del maggengo e trovando un cartello che
ci conferma che si tratta di una pista ciclabile che sfrutta una ex-decauville. Prosegendo verso sud-est, lasciamo alle spalle
le ultime baite e ci addentriamo lungo il fianco occidentale della valle
d’Arigna. [ATTENZIONE: il testo seguente viene mantenuto per il suo valore "storico", ma UNA FRANA RENDE ATTUALMENTE IMPOSSIBILE PRATICARE LA DECAUVILLE E QUINDI PORTARE A TERMINE L'ANELLO - 2020]. La pista ha un fondo buono, erboso, e taglia il fianco montuoso e roccioso. Dopo avere
attraversato una brevissima galleria scavata nella viva roccia, percorriamo
l’ultimo tratto della pista, giungendo in vista della Centrale
dell’Armìsa (m. 1041), dove essa termina.
I cancelli della centrale sono chiusi, per cui, per portarci sull’altro
lato della valle, dobbiamo scendere lungo il fianco del versante montuoso,
raggiungere il torrente Armìsa e risalire dall’altra parte.
Per farlo, poco oltre l'ultimo ponte vediamo, sulla sinistra, una scaletta
in sasso che porta ad un sentierino il quale, tagliando i ripidi prati,
porta al fondovalle. Giunti ai prati
che guardano alle baite di Ca’ Pizzini, dobbiamo attraversare
il torrente, cercando il punto più agevole, per poi risalire,
facilmente, sul lato opposto, ad una pista sterrata che è posta,
più o meno, alla stessa altezza dell’ex-decauville. Dalla piazzola presso la centrale dell'Armisa scendiamo,
ora, lungo la pista che nel primo tratto si mantiene sul lato orientale
della valle, per poi passare, con un ponte, su quello occidentale da destra a sinistra per chi scende).
Raggiungiamo, così, la località di S. Matteo (m. 924). Scendiamo ancora e, dopo un tornante dx, troviamo, al
successivo tornante sx, un cartello della Comunità Montana
Valtellina di Sondrio, che segnala la mulattiera della valle d’Arigna,
che si stacca dalla pista sulla sinistra. La seguiamo raggiungendo Fontaniva (m. 814, segnata su alcune carte come Arigna). Scendiamo poi a Gerna (frazione
contigua a Fontaniva, e posta diverse decine di metri più in
basso), percorrendo la pista
per un tratto verso nord, per poi imboccare la deviazione, sulla destra,
che ci riporta, verso sud, alle case. Raggiungiamo, così, un
bel lavatoio coperto, presso le case più basse: di qui parte
un sentiero ben marcato, che scende, deciso, verso il cuore della valle.
Caliamo, così, proprio
nel cuore della valle, raggiungendo l’antica mulattiera che serviva
come accesso alla stessa.
Procedendo verso sinistra (nord), raggiungiamo, dopo poche centinaia
di metri, un ponticello di pietra sul torrente Armisa (m. 600 circa), che
si aggrappa a due speroni di roccia sugli opposti versanti della valle.
Oltrepassato
il ponte, troviamo, alla nostra destra, un’impressionante forra
di rocce scure.
Poi, seguendo la mulattiera che scende dolcemente verso nord, guadagniamo
luoghi più rassicuranti. Poco meno di 150 metri a valle del ponte
incontriamo, sulla destra, la deviazione per Luviera: il sentiero sale
al bel terrazzo (m. 728) che ospita questa frazione di Castello dell’Acqua. Non prendiamo a destra seguendo la strada che porta a Castello dell'Acqua, ma proseguiamo a sinistra sulla mulattiera che passa a valle dei bei prati di Costabella (m. 615) e concludiamo la discesaalla frazione
di Bruga (m. 479), adagiata sui prati di un bel balcone posto allo sbocco
della valle d’Arigna, sul suo fianco orientale. Qui
termina la mulattiera, e la discesa prosegue su una comoda stradina
asfaltata che, dopo diversi tornanti all’ombra di una bella selva,
ci porta al piano, nei pressi del ponte del Baghetto (o ponte Baghetto,
m. 349).
Invece di dirigerci verso il ponte, prendiamo, però, subito a
sinistra, percorrendo una stradina che ci porta ad una pista ciclo-pedonale.
Tagliamo, così, i prati di Armisa.
Attraversato il torrente, percorriamo l’ultimo tratto della pista,
che ci conduce al ponte di Casacce, dove l’anello si chiude. |
La
valle d’Arigna (termine che deriva da “larigna” e, quindi, da “larix”, cioè larice) rappresenta un po’ il cuore della catena
orobica: qui si trova la sua cima più alta, il pizzo di Coca
(m. 3050, unica vetta orobica, insieme ai pizzi di Scais e Redorta,
a superare i 3000 metri), massima elevazione di una testata che, improvvisa,
aspra ed apparentemente inaccessibile, si presenta a chi si addentri
nella valle.
Arigna suona un po’ come arcigna, ed in effetti la valle, chiusa
com’è da questa muraglia di roccia, mostra un volto severo,
tipicamente alpinistico (il che giustifica la presenza di ben due bivacchi,
il Resnati ed il Corti, e di un rifugio, la capanna Donati). E’
chiusa ad est dalla costiera che, dalle cime del Druet (m. 2913) scende,
verso nord, al pizzo di Faila (m. 2491) ed al lungo dosso che va dalla
Motta (m. 1957) al dosso Segürèl (m. 932), digradando poi
dolcemente all’ameno terrazzo di Luviera (m. 726), in comune di
Castello dell’Acqua. La costiera occidentale, invece, scende dal
pizzo di Porola (m. 2981) al pizzo Biorco (m. 2749), alla punta di S.
Stefano (m. 2693) ed al pizzo Culdera (m. 2176), che si affaccia sull’ampia
conca dei laghetti di S. Stefano.
La valle, che appartiene al comune di Ponte in valtellina, riveste diversi motivi di interesse storico. La fama dei suoi abitanti, in particolare, era legata ad una non comune laboriosità. Ercole Bassi, ad esempio, nell’opera “La Valtellina (Provincia di Sondrio)”, (Milano, Tipografia degli Operai, 1890), riporta questo giudizio uscitoda una “brillante penna” di cui non cita il nome:
«In Arigna la donna tesse: questa è la professione alla quale è votata appena apre gli occhi alla luce; iniziata non appena è giovinetta o nella quale deve durare fìnché le dura la vita. L'Arignese è uno dei tipi più interessanti dell'uomo laborioso, o quindi dell'uomo sobrio. Dal solo lavoro della donna una famiglia potrebbe ritrarre tanto per vivere. Col telaio una donna sola fa de' bei metri di tela ogni giorno. La tela delle Arignesi è ricercata da per tutto. Date loro filo e cotone: vi restituiscono tanta bella tela, benché semplice, cioè, com'essi dicono, non operata, ma forte e l'esistente. Esse sono oneste a tutta prova; sono puntualissime, perché attivissime; non si lagnano mai, non sono troppo esigenti, né pretensive, né piagnucolone. Con queste rarissime doti potrebbero dall'arte loro ritrarre molto di più che non ritraggono. Ma esse si contentano dell'onesto. Orbene, in quanti luoghi non accade che, ricavando la donna dal suo lavoro frutto discreto, gli altri membri della famiglia non si curano più che di mangiare e bere e sopratutto bere? In Arigna ciò non avviene. Tutti della famiglia devono lavorare. «Chi non vuol faticare, non ha diritto di mangiare» dice san Paolo, ed essi questa massima la conoscono e l'ubbidiscono, senza che forse l'abbia loro detta il curato. Il lavoro è il solo scopo, il solo fine della loro vita; è per essi la seconda legge santa (la prima è la divina) che senza imprecazioni, senza sdegni, ma tenacemente, costantemente, con perseveranza filosofica osservano. Non sanno quindi cosa sia riposo; hanno avversione ed odio all'ozio. E dire che né il cappellano, né altri avrà ripetuto il detto di Burton «esser l'ozio il miglior capezzale del diavolo». Ma questa massima l'ha scolpito loro dentro la natura, la quale ha loro appreso «esser l'ozio il padre d'ogni vizio, ed il tempo esser moneta». Qualcuno vorrà osservare che questa è la vita che conducono quasi tutti gli abitanti della Valtellina. E ciò è infatti in grande parte vero. Ma se per tutti i Montanari la natura dei lavori cui devono dedicarsi vita natural durante è pressochè la stessa, non identico è il modo di occuparvicisi, nè uguale la costanza nel perdurarvi.»
I motivi per salire a conoscere questi luoghi, dunque, non mancano. In particolare,
esiste un interessantissimo anello di mountain-bike che, partendo dal
piano, permette, percorso in senso anti-orario, di tagliarne entrambi
i versanti, fino ad una quota di poco superiore ai 1000 metri. Punto
di partenza è il ponte sull’Adda (m. 352) che si raggiunge
staccandosi dalla ss. 38 dello Stelvio, in direzione sud (destra per
chi proviene da Sondrio) all’altezza del passaggio a livello di Casacce (lo troviamo dopo aver incontrato, sempre provenendo da Sondrio,
il cartello che indica l’inizio del comune di Ponte in Valtellina).
Qui possiamo lasciare l’automobile e cominciare la salita sulla
strada che porta ad Arigna e Briotti.
Dopo un chilometro e mezzo incontriamo Sazzo (m. 456), dove si impone
la chiesa parrocchiale di S. Michele, più conosciuta come santuario
di S. Luigi di Sazzo. Nel luogo in cui sorge la chiesa vi era, originariamente,
una cappella della famiglia Quadrio, che possedeva anche, nei suoi pressi,
un piccolo castello che dominava la rupe su cui poggia il paese. Nel
seicento, poi, la cappella lasciò il posto alla chiesa, progettata
dall’architetto ticinese Gaspare Aprile, consacrata nel 1664 e
ben presto legata al culto del beato (poi santo) Luigi Gonzaga.
Proseguiamo nella salita, circondati da freschi boschi di castagno,
e, ignorate le deviazioni per Albareda (termine che deriva probabilmente, come Albaredo, da “arboretum” e da “arbor”, pioppo) e Tripolo, raggiungiamo un trivio:
prendendo a destra si prosegue verso Briotti, imboccando la strada centrale
ci si dirige alla centrale dell’Armìsa, scendendo verso
sinistra si raggiunge, in breve, Fontaniva. Si tratta di luoghi che
toccheremo al ritorno: ora dobbiamo salire a Briotti, per cui impegniamo
il tornante destrorso, incontrando, nella salita successiva, le contrade
di Berniga (m. 835, ad 8 km dal ponte), Famlonga (m. 925, ad 8,5 km
dal ponte) e Prestinè (m. 956, a 9 km dal ponte).
A 10 km dalla partenza, raggiungiamo i prati del bellissimo maggengo
di Briotti (m. 1060), località posta in una posizione climaticamente
e panoramicamente assai felice, che d’estate si anima per le diverse
iniziative, connesse soprattutto con le strutture dell’impianto
sportivo denominato Dosso del Grillo. Prima di raggiungere il centro
della località, troviamo, sulla sinistra, un cartello che segnala
una Pista Ciclabile (il medesimo che si trova anche presso il ponte
da cui siamo partiti), e
che indica un ripido tratturo: questo risale i prati e potrebbe essere
utilizzato, in discesa, da chi intendesse tornare al ponte per la medesima
via di salita.
Continuiamo, dunque, fino al parcheggio, prendendo poi a sinistra: la
strada, che diventa pista, ci porta, in breve, ad attraversare, su un
ponticello, il torrente Trìpolo, raggiungendo la parte orientale
dei prati del maggengo. Incontriamo così, sulla nostra destra,
un tratturo in cemento che si stacca dalla pista e risale, ripido i
prati, diventando poi sentiero che si inoltra nel bosco. Si tratta del
sentiero che raggiunge, dopo essere passato per la baita Spanone, il
bacino artificiale di S. Stefano (m. 1848).
[ATTENZIONE: il testo seguente viene mantenuto per il suo valore "storico", ma UNA FRANA RENDE ATTUALMENTE IMPOSSIBILE PRATICARE LA DECAUVILLE E QUINDI PORTARE A TERMINE L'ANELLO - 2020]
Noi, invece, proseguiamo sulla pista, trovando anche un cartello che
ci conferma che si tratta di una pista ciclabile che sfrutta una ex-decauville e che si sviluppa in entrambe le direzioni (cioè verso est e
verso ovest). Sfruttando la direzione sud-est, lasciamo alle spalle
le ultime baite e ci addentriamo lungo il fianco occidentale della valle
d’Arigna. La pista ha un fondo buono, erboso, e taglia il fianco montuoso che mostra, in diversi punti, il suo cuore di roccia. Dopo
un tratto tranquillo, ci troviamo di fronte ad una breve fascia di massi,
materiale franoso scaricato al versante della valle, che si va facendo
più aspro e scosceso. Dobbiamo,
quindi, per un breve tratto scendere di sella, per poi riprendere a
pedalare, facendo attenzione a rimanere sul lato destro della pista,
perché questa è esposta e priva di protezione. Dopo avere
attraversato una brevissima galleria scavata nella viva roccia, percorriamo
l’ultimo tratto della pista, giungendo in vista della Centrale
dell’Armìsa (m. 1041), dove essa termina.
I cancelli della centrale sono chiusi, per cui, per portarci sull’altro
lato della valle, dobbiamo scendere lungo il fianco del versante montuoso,
raggiungere il torrente Armìsa e risalire dall’altra parte.
Prestiamo, dunque, attenzione all’ultimo dei brevi ponti che incontriamo
sulla pista: poco oltre, infatti, troviamo, sulla sinistra, una scaletta
in sasso che porta ad un sentierino il quale, tagliando i ripidi prati,
porta al fondovalle. Lo percorriamo scesi di sella e, giunti ai prati
che guardano alle baite di Ca’ Pizzini, dobbiamo attraversare
il torrente, cercando il punto più agevole, per poi risalire,
facilmente, sul lato opposto, ad una pista sterrata che è posta,
più o meno, alla stessa altezza dell’ex-decauville. Teniamo
presente anche la soluzione più facile, ma non garantita, quella,
cioè, di portarsi al termine della pista e chiedere ai guardiani,
se ci sono e possono sentirci, di consentire il breve passaggio attraverso
il piazzale della centrale.
Sul
versante orientale della valle, in corrispondenza della piazzola che
fronteggia il cancello della centrale, parte una ripida pista che vi
si addentra, superando, con tratti piuttosto ripidi, un gradino di circa
200 metri e raggiungendo le Foppe (m. 1250), dalle quali si può
proseguire fino alla piana di Prataccio (m. 1458) ed alle baite Michelini
(m. 1499) o, con deviazione a sinistra, alle baite Moretti (m. 1459)
ed alle baite Campèi (m. 1647), poste sul limite di un bellissimo
bosco di conifere, alla Pesciöla (dal termine dialettale “pesc”,
abete): qui parte anche il sentiero che sale al rifugio
baita della Pesciöla, oltre il limite superiore del bosco,
a 2004 metri.
Ma torniamo alla piazzola di fronte alla centrale dell’Armìsa,
dove troviamo il cartello che riporta alcune delle possibili mete escursionistiche
offerte dalla valle, vale a dire la località Forni, a 1300 metri,
data a 45 minuti, il Prataccio, a 1400 metri, dato ad un’ora,
l’alpe Druet, a 1800 metri, data a 2 ore, il rifugio (così
è definito, anche se è un bivacco) Resnati,
2000 metri, dato a 2 ore e 30 minuti, ed il rifugio
Corti, 2500 metri, dato a 4 ore e 30 minuti.
Comincia dalla piazzola, dopo una salita che ci ha permesso di superare
circa 690 metri di dislivello, la lunga discesa che ci porterà,
dapprima, di nuovo sul versante occidentale (sinistro) della valle,
per condurci, poi, ancora a quello orientale, più in basso. Prima
di raccontarla, segnaliamo che alla centrale si può anche giungere
sfruttando una via più breve e comoda, ma meno panoramica e suggestiva,
poiché taglia fuori Briotti e la decauville: per farlo, basta
prendere, al trivio prima delle contrade Berniga, Famlonga e Prestinè,
la strada di centro (segnalata con i cartelli per Armìsa ed i
rifugi Resnati e Corti), e percorrerla interamente, fino alla centrale.
In questo caso, dal ponte di Casacce alla centrale calcoliamo 10,5 km.
Scendiamo,
ora, lungo la pista che nel primo tratto si mantiene sul lato orientale
della valle, per poi passare, con un ponte, su quello occidentale (ignoriamo
una deviazione a destra: si tratta di una pista parallela che torna,
più in basso, a congiungersi con quella che stiamo percorrendo).
Raggiungiamo, in breve, la località S. Matteo (m. 924), dove si trova,
alla nostra destra, sotto il piano della strada, il rudere dell’omonima
chiesetta, sulla cui facciata si legge l’iscrizione “1651
B. M. F. F.”. Il luogo, abbandonato, suscita un senso di desolazione.
Eppure nei secoli passati si trattava di un centro assai importante:
nel 1589, quando il vescovo di Como Feliciano Ninguarda vi giunse nella
sua famosa visita pastorale, risiedevano qui 55 famiglie (il che significa,
secondo un calcolo approssimativo, circa 300 persone), e la chiesetta
era centro di una parrocchia, che solo tre secoli più tardi,
nel 1886, venne trasferita più in basso, nella vicina Fontaniva.
Ora questi luoghi sono immersi in un silenzio irreale.
Ma riprendiamo la discesa: dopo un tornante destrorso, troviamo, al
successivo tornante sinistrorso, un cartello della Comunità Montana
Valtellina di Sondrio, che segnala la mulattiera della valle d’Arigna,
che si stacca dalla pista sia in discesa, sulla sinistra (questo ramo
porta a Fontaniva), che in salita, sulla destra (questo secondo ramo
porta a San Matteo). Dobbiamo,
ora, scegliere se raggiungere Fontaniva rimanendo sulla più comoda
pista, oppure imboccare la mulattiera, che richiede più attenzione,
data l’irregolarità del fondo, ma, ovviamente, ci permette
una discesa in uno scenario più suggestivo. In entrambi i casi
non ci vorrà molto per raggiungere questa località (a
circa 3,5 km dalla centrale dell’Armisa), che, peraltro, su diverse
carte non si trova segnata con tale nome. Fontaniva, infatti, è
il termine corretto per designare il paesino, che però è
più conosciuto con il termine improprio di Arigna, toponimo che
dovrebbe riferirsi alla sola valle, ma che viene riportato da diverse
carte.
Siamo ad 814 metri, nel cuore della valle, dove possiamo ancora percepire
il ritmo di un respiro antico. La valle d’Arigna è, infatti,
fra le più ricche di tradizioni nel versante orobico. Basti ricordare,
per tutte, la tessitura dei pezzotti,
tappeti dai colori vivaci ottenuti utilizzando la canapa e scarti di
cotone, lino e lana (attività che ha qui uno dei centri storici
più importanti), e la cropa, un tipo di polenta cucinata nella
panna, con farina di grano
saraceno, cui vanno aggiunti un po’ di farina di granturco,
una schiacciata di patate lessate e cubetti di formaggio magro. A Fontaniva
possiamo anche osservare alcuni esempi di dimora tradizionale permanente,
caratterizzata da mura di pietra e malta di calce, tetto sporgente a
due spioventi, per proteggere scala e ballatoio, ed assenza della stalla-fienile,
di solito separata ed anche distante dall’abitazione stessa. Motivo
d’interesse è anche, infine, la chiesetta dedicata ai santi
Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola, costruita nel 1623. Nei suoi pressi
si trova anche un interessante oratorio che risale al secolo successivo.
Sostiamo qualche attimo appena a monte della chiesetta, volgendo lo
sguardo in direzione del versante retico: potremo ammirare, sulla sinistra,
il gruppo di cime che culmina nella vetta di Rhon e, più a destra,
l’ampio solco della Val Fontana.
Per proseguire nel circuito, dobbiamo, ora, raggiungere Gerna, frazione
contigua a Fontaniva, e posta diverse decine di metri più in
basso. Per farlo, possiamo sfruttare la comoda pista, percorrendola
per un tratto verso nord, per poi imboccare la deviazione, sulla destra,
che ci riporta, verso sud, alle case. Raggiungiamo, così, un
bel lavatoio coperto, presso le case più basse: di qui parte
un sentiero ben marcato, che scende, deciso, verso il cuore della valle.
Nel primo tratto un po’ ripido, per cui è consigliabile
scendere, per pochissimo tempo, di sella. Caliamo, così, proprio
nel cuore della valle, raggiungendo l’antica mulattiera che serviva
come accesso alla stessa.
Procedendo verso sinistra (nord), raggiungiamo, dopo poche centinaia
di metri, in uno scenario un po’ cupo, ma di sicuro impatto emotivo,
per la selvaggia bellezza, un ponticello di pietra (m. 600 circa), che
si aggrappa a due speroni di roccia sugli opposti versanti della valle.
Qui alla suggestione si sostituisce, forse, la paura: se, infatti, al
ponte guardiamo in basso, cercando il torrente Armìsa, noteremo
un salto impressionante. Il torrente scorre seminascosto e rinserrato
da impressionanti forre, e crea anche diverse marmitte dei giganti. La
solitudine e l’aspetto orrido del luogo non mancheranno di impressionarci,
ma cerchiamo di immaginare che un tempo qui passavano diversi contadini,
che, scendendo da Fontaniva, si recavano a lavorare i prati di Costabella,
sul versante opposto della valle, più in basso. Oltrepassato
il ponte, troviamo, alla nostra destra, un’impressionante forra
di rocce scure, che sembra una specie di porta di accesso al cuore oscuro
della terra.
Poi, seguendo la mulattiera che scende dolcemente verso nord, guadagniamo
luoghi più rassicuranti. Poco meno di 150 metri a valle del ponte
incontriamo, sulla destra, la deviazione per Luviera: il sentiero sale
al bel terrazzo (m. 728) che ospita questa frazione di Castello dell’Acqua
(oltrepassando il ponte, anche se non ce ne siamo accorti perché
rapiti dall’orrida bellezza dei luoghi, siamo passati dal territorio
del comune di Ponte in Valtellina a quello del Comune di Castello).
Questa deviazione può essere sfruttata da chi voglia percorrere
un più ampio circuito: scendendo di sella ed affrontando una
salita con un dislivello di circa 140 metri, si può, poi, riprendere
a pedalare, a Luviera (m. 728), seguendo la comoda strada che porta,
in leggera discesa, al centro di Castello dell’Acqua (m. 664),
e successivamente, prendendo a sinistra al cimitero posto poco sotto,
scendere comodamente al ponte del Baghetto.
Noi scendiamo, invece, al medesimo ponte per una via più diretta:
proseguendo, infatti, sulla mulattiera (con fondo discreto, che richiede
però, sempre, attenzione), passiamo a valle dei bei prati di Costabella (m. 615) e concludiamo la discesa sulla mulattiera alla frazione
di Bruga (m. 479), adagiata sui prati di un bel balcone posto allo sbocco
della valle d’Arigna, sul suo fianco orientale. Qui
termina la mulattiera, e la discesa prosegue su una comoda stradina
asfaltata che, dopo diversi tornanti all’ombra di una bella selva,
ci porta al piano, nei pressi del ponte del Baghetto (o ponte Baghetto,
m. 349).
Invece di dirigerci verso il ponte, prendiamo, però, subito a
sinistra, percorrendo una stradina che ci porta ad una pista ciclo-pedonale.
Tagliamo, così, i prati di Armisa, dai quali, volgendo lo sguardo
a sinistra (sud), possiamo dominare lo sbocco della valle di Arigna.
Attraversato il torrente, percorriamo l’ultimo tratto della pista,
che ci conduce al ponte di Casacce, dove l’anello, dopo circa
due ore di pedalata, si chiude. Lo stesso anello, ovviamente, può
essere percorso, in un tempo approssimativamente doppio, a piedi.
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ANELLO BREVE DELLA BASSA VAL D'ARIGNA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Casacce-Sazzo-Fontaniva-Gerna-Bruga-Ponte Baghetto-Casacce |
3-4 h (a piedi); 1 h (in mountain-bike) |
490 |
E |
SINTESI. Questo anello può essere percorso, oltre che a piedi, anche in mountain-bike (anche se non è interamente ciclabile). Lasciamo la ss 38 dello Stelvio circa 5 km dopo Sondrio (per chi procede in direzione di Bormio). Dobbiamo prestare attenzione al cartello marrone che annuncia Ponte in Valtellina: poco più avanti, sempre sulla destra, vediamo il cartello marrone che segnala lo svincolo per Carolo, Sazzo, Arigna e Briotti, al quale svoltiamo a destra, passiamo per Casacce e scendiamo al ponte il fiume Adda. Sul versante opposto parcheggiamo e cominciamo a salire a piedi sulla carrozzabile verso destra (ovest). Ad un bivio andiamo a sinistra, iniziando a salire sul versante orobico, Una mulattiera accorcia la salita e porta per via più diretta a Sazzo (santuario di San Luigi). Poi proseguiamo sulla carozzabile, incontrando gli svincoli per le frazioni di Albareda e Tripolo. Raggiunta Fontaniva, proseguiamo diritti e scendiamo a sinistra alle case di Gerna (frazione
contigua a Fontaniva, e posta diverse decine di metri più in
basso, m. 790). Raggiungiamo, così, un
bel lavatoio coperto, presso le case più basse: di qui parte
un sentiero ben marcato, che scende, deciso, verso il cuore della valle.
Caliamo, così, proprio
nel cuore della valle, raggiungendo l’antica mulattiera che serviva
come accesso alla stessa.
Procedendo verso sinistra (nord), raggiungiamo, dopo poche centinaia
di metri, un ponticello di pietra sul torrente Armisa (m. 600 circa), che
si aggrappa a due speroni di roccia sugli opposti versanti della valle.
Oltrepassato
il ponte, troviamo, alla nostra destra, un’impressionante forra
di rocce scure.
Poi, seguendo la mulattiera che scende dolcemente verso nord, guadagniamo
luoghi più rassicuranti. Poco meno di 150 metri a valle del ponte
incontriamo, sulla destra, la deviazione per Luviera: il sentiero sale
al bel terrazzo (m. 728) che ospita questa frazione di Castello dell’Acqua. Non prendiamo a destra seguendo la strada che porta a Castello dell'Acqua, ma proseguiamo a sinistra sulla mulattiera che passa a valle dei bei prati di Costabella (m. 615) e concludiamo la discesaalla frazione
di Bruga (m. 479), adagiata sui prati di un bel balcone posto allo sbocco
della valle d’Arigna, sul suo fianco orientale. Qui
termina la mulattiera, e la discesa prosegue su una comoda stradina
asfaltata che, dopo diversi tornanti all’ombra di una bella selva,
ci porta al piano, nei pressi del ponte del Baghetto (o ponte Baghetto,
m. 349).
Invece di dirigerci verso il ponte, prendiamo, però, subito a
sinistra, percorrendo una stradina che ci porta ad una pista ciclo-pedonale.
Tagliamo, così, i prati di Armisa.
Attraversato il torrente, percorriamo l’ultimo tratto della pista,
che ci conduce al ponte di Casacce, dove l’anello si chiude. |
Chi intendesse percorrere a piedi questo anello ma fosse spaventato dalla lunghezza, tenga conto che può affrontare una versione breve. Giunto presso l'ingresso di Fontaniva, invece di prendere a destra e salire a Briotti per poi percorrere la decauville, proseguiamo diritti, verso le case di Fontaniva. Prima di raggiungerle, scendiamo però a sinistra alla contrada bassa di Gerna, dalla quale imbocchiamo il sentiero che scende al ponte sull'Armisa e sul lato opposto procede per Luviera, Bruga ed il barghetto come sopra descritto.
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Carta del percorso (estratto dalla CNS su copyright ed entro i limiti di concessione di utilizzabilità della Swisstopo - Per la consultazione on-line: http://map.geo.admin.ch)
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