Sulle orme degli sky-runners - Seconda giornata: anello dei laghi e ritorno a Gerola
Dal rifugio Benigni riparte questa due-giorni alla scoperta delle bellezze
dell'alta Val Gerola. Nei pressi del punto al quale giunge il sentiero
che abbiamo percorso per salire al rifugio, ne parte un secondo verso
sud-ovest, che compie un ampio arco per aggirare il fianco sud-orientale
della cima Occidentale dei Piazzotti. Dopo aver tagliato il fianco nord-orientale
di un ampio ed un po' desolato vallone, raggiungiamo una prima bocchetta,
che ci immette in un piccolo pianoro, attraversato il quale giungiamo
alla bocchetta di val Pianella (“buchéta de la val Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri.
Ci affacciamo così nella selvaggia val Pianella, i cui fianchi
sono chiusi a destra dal Torrione della Mezzaluna e dal Torrione di
Tronella (m. 2311) ed a sinistra dall'inconfondibile profilo conico
del Pizzo di Trona ("piz di vèspui"m. 2510). Disceso il primo tratto, giungiamo alla
deviazione segnalata per il lago Rotondo ("làch Redont"). Potremmo seguirla, per abbreviare
il percorso, ma taglieremmo così fuori i laghi di Zancone e Trona.
Seguiamo allora il percorso degli sky-runners e scendiamo tenendo la
destra della valle, fino a fiancheggiare i due laghi, il primo naturale
ed il secondo formato da uno sbarramento idroeletrico dell'Enel. Il
lago Zancone, in particolare, è di particolare bellezza, per
cui vale la pena di soffermarsi nei pressi della sua riva per ammirarlo.
Raggiunto lo sbarramento della diga di Trona, lo attraversiamo, portandoci
sul lato opposto della valle.
A questo punto dobbiamo
tornare indietro, risalendo per un tratto la Val Pianella, fino al bivio segnalato di quota 2000: qui prendiamo a destra, seguendo le indicazioni per il lago Rotondo. e cominciamo a salire
decisamente verso ovest, raggiungendo un primo pianoro, posto a circa 2100 metri. Il
paesaggio qui è veramente lunare: alcuni grandi massi contribuiscono
a rendere lo scenario più selvaggio, quasi si trattasse di un
luogo mai toccato da piede d'uomo. Ci attende ora un secondo tratto
di salita, non meno aspro del primo, per sormontare il ripido declivio
erboso che ci separa dal terrazzo che ospita la gemma più preziosa
che l'itinerario ci riserva, il misterioso e nascosto lago Rotondo (m.
2256), di cui non è ancora chiara la dinamica che ne conserva
l'equilibrio, dato che non ha immissari visibili. Il lago è dominato
dalla poderosa mole del Pizzo di Trona, e vale la pena di perdere un
po' di tempo per percorrerne le rive e gustare la severa bellezza di
questo luogo remoto ed affascinante.
A questo punto dobbiamo chiamare a raccolta le energie residue, perchè
c'è ancora da salire: per portarci dalla valle di Trona alla
valle dell'Inferno dobbiamo, infatti, salire alla bocchetta Paradiso (il punto di massima elevazione
dell'intera due-giorni, m. 2450), sfruttando un canalone detritico, lungo il
quale il tracciato di salita è dettato dai segnavia. Alla fine
ci sono da sormontare, con qualche passo di facile arrampicata, anche
alcune roccette, e la bocchetta è conquistata.
Sul versante opposto, quello della Valle dell'Inferno,
ci attende un più riposante, ma sempre piuttosto ripido, declivio
erboso: seguiamo i segnavia che ci guidano nella rapida discesa che,
con un ultimo tratto verso sinistra, ci porta alla ben visibile bocchetta
dell'Inferno (m. 2306). Ecco,
dunque, la valle dell'Inferno, denominazione dettata dal colore rossastro
delle rocce (dovuto alle tracce di materiale ferroso in esse contenuto),
ma, forse, anche da un clima un po' sinistro, quasi che nell'aria aleggiasse
una minaccia indefinita o l'inespressa sofferenza di anime segregate
qui da un verdetto di dannazione eterna. Suggestione dei nomi! Sia come
sia, incontriamo subito l'indicazione della via direttissima al Pizzo
dei Tre Signori: infatti è proprio la poderosa mole del celebre
colosso orobico a chiudere la valle a sud-ovest.
Noi invece seguiamo il sentiero che comincia a discendere la valle,
in direzione del grande lago dell'Inferno, chiuso dalla diga dell'Enel (m. 2085). Ci aspetteremmo
di percorrerne il lato destro, ed invece il tracciato piega a sinistra
e, superato un piccolo e grazioso specchio d'acqua, corre lungo il versante
sinistro della valle, tenendosi piuttosto alto rispetto al lago, ed
attraversando alcuni punti un po' esposti.
Apri qui una fotomappa della salita al pizzo Paradiso dalla bocchetta dell'Inferno
Incontrata
una deviazione a sinistra per il rifugio F.A.L.C., la seguiamo, lasciando
il sentiero che conduce allo sbarramento del lago, e saliamo ad una
piccola sella (bocchetta del Varrone), al di sotto della quale si presenta il terzo rifugio
sul nostro cammino, il rifugio F.A.L.C. (m. 2126), che potrebbe costituire il
punto di pernottamento della due-giorni, se decidessimo di percorrerla
in senso contrario.
Di qui passa il sentiero classico per salire al pizzo dei Tre Signori, per la bocchetta di Piazzocco ("buchétìgn dul bùgher"). Certo, se fossimo dei formidabili camminatori
potremmo approfittare dell'occasione e non lasciarci sfuggire questa
classica cima, ma questi ulteriori quattrocento metri e più di
dislivello in salita finirebbero per stroncarci (a meno di decidere
di prolungare a tre le giornate, fermandoci, nel ritorno dal pizzo,
al rifugio F.A.L.C.). Gli sky-runners, comunque, cominciano da qui una
discesa destinata a concludersi solo a Gerola.
Il primo tratto della discesa ha come meta la bocchetta di Trona ("buchéta de Truna", m. 2092). Per
raggiungerla dobbiamo seguire le indicazioni per il rifugio S. Rita,
che ci portano a scendere verso nord-ovest. Disceso un canalino, intercettiamo
il sentiero che dalla bocchetta di Trona porta al rifugio S. Rita; pieghiamo
quindi verso destra e, con una lieve risalita, raggiungiamo la ben visibile
bocchetta. Lo scenario, in questo tratto, è dominato dall'alta
val Varrone, alla nostra sinistra (qui si trova il rifugio Casera Vecchia
di Varrone) e dal pizzo Varrone (m. 2325), alle nostre spalle, che mostra
il suo caratteristico Dente.
Stiamo
percorrendo l'antichissima Via del Bitto, che collegava Gerola ad Introbio.
La bocchetta di Trona (m. 2092), che ci introduce di nuovo in alta Val
Gerola, è dominata da un edificio abbandonato, l'ex colonia PIO
XI, posta qualche decina di metri più in alto. Se la giornata
è bella, ammiriamo di nuovo la teoria delle cime del gruppo Masino-Disgrazia.
Il sentiero aggira un dosso, piegano a sinistra e raggiungendo il quarto
rifugio, quello di Trona Soliva (m. 1907), posto ai piedi di un'ampia
alpe, che infonde un senso di apertura e di respiro profondissimi. Quale
contrasto con la severa chiusura della val Pianella o della valle dell'Inferno!
Sotto di noi si apre il solco profondo della valle della Pietra, dove
scende la Via del Bitto.
Noi però seguiamo un itinerario diverso,
incamminandoci sulla pista che giunge fin qui da Laveggiolo, frazione alta di Gerola. Superato il largo dosso che scende dal Piazzo, prestiamo attenzione e non apena possibile imbocchiamo un sentiero segnalato che scende ripido vrrso il centro della valle, tagliando in un paio di punti la pista. Il sentiero raggiunge il torrente Vedrano, che attraversa su un ponticello, per poi proseguire, con un lungo
tratto sostanzialmente pianeggiante, verso Laveggiolo (“Lavegiöl”). Prima di raggiungere
la frazione, torna ad intercettare la strada sterrata, che ci conduce
alle sue case (m. 1471). Gli sky-runners, invece, non percorrono quest'ultimo
tratto, ma, appena prima del ponte, seguono un sentiero che si stacca sulla
destra e scende a superare il torrente più in basso salendo direttamente alle case di Castello (m. 1307). Comunque,
per una via o per l'altra, la discesa termina a Gerola, dopo una seconda
giornata non meno faticosa della prima. Siamo infatti in cammino da
8-9 ore, anche se il dislivello in salita superato non è eccessivo
(circa 800 metri).
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