CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

La valle di Fraéle è sicuramente una delle mete escursionistiche più belle fra le tante possibili in alta Valtellina.
Oltrepassiamo Bormio,
lo splendido centro
della Magnifica Terra,
dove sono ancora vivi i segni di una fierezza antica,
e dirigiamoci, oltrepassata Premadio, verso il passo di Foscagno, passando accanto alla caratteristica chiesetta di San Gallo.
Questo itinerario, rispetto a quello che segue le indicazioni per il passo dello Stelvio, è un po' più lungo,
ma ha il vantaggio
di consentirci una visita
al bel paese di Isolaccia:
qui, nei pressi della chiesa parrocchiale, lasciamo, staccandocene sulla destra, la strada principale per il passo del Foscagno e Livigno
e seguiamo le indicazioni per Pedenosso.
Passiamo, così, sotto la chiesa del paesino
e giungiamo ad intercettare
la strada che sale in val Fraéle (indicazioni per Cancano).
Si tratta di una strada sterrata che, con fondo buono, diversi tornanti ed andamento assai regolare (ideale, quindi, per una salita in mountain-bike) si dirige verso la soglia del bastione roccioso che, con un salto impressionante, protegge la valle.
Fra i pregi della pista, va segnalata anche l'estrema panoramicità. E ben riconoscibile, in particolare, guardando verso ovest, il passo di Verva, che mette in comunicazione l'omonima valle con l'alta Val Grosina.
Raggiunta, dopo una breve galleria scavata nella roccia,
la sommità del bastione,
passiamo proprio vicino alle celeberrime Torri di Fraéle, edificate con funzione difensiva.
Esse costituiscono, poste come sono a 1941 metri di quota, il manufatto difensivo precedente il sec. XX più alto in Valtellina; insieme a torri analoghe poste ai Bagni Vecchi, a Serravalle ed a San Pietro in Castello, esse erano parte integrante di un sistema difensivo che doveva garantire la Contea di Bormio da possibili aggressioni provenienti dai quattro punti cardinali.
Queste torri, infatti, permettevano di segnalare tempestivamente eventuali eserciti invasori: fuochi accesi durante la notte, oppure segnali di fumo durante il giorno erano il segnale dell'avvistamento di eserciti nemici che muovevano contro il bormiese dalla Val Viola o dal Livignasco.
Effettivamente, la posizione delle torri è tale da dominare entrambe queste vie di accesso all'antica Contea di Bormio. Testimonianze della loro esistenza si ritrovano a partire dal secolo XIV.
Guardando, poi, dal terrazzo sotto le torri alle strapiombanti pareti della gola, ci potrà capitare di notare anche qualche scalatore che si esercita su una palestra di roccia attrezzata.
Alla nostra destra, infine, ad imporsi allo sguardo è il monte Scale, possibile meta di una ascensione non difficile.
Oltrepassate le torri, la strada si inoltra sul lato destro orografico (sinistro per noi) della valle, e passa a sinistra del laghetto naturale delle Scale; alle spalle del lago, emerge,
lontano ma ben visibile, l'inconfondibile profilo
della Cima Piazzi.
Percorriamo, quindi,
...il lato sinistro (per noi).
..del laghetto, fino a raggiungere
...il rifugio Monte Scale, dove il servizio di noleggio di mountain-bike di cui si può fruire al ristoro-rifugio permette di visitare l'ampio sistema dei due sbarramenti artificiali, effettuando anche un bel giro della diga di San Giacomo.
La strada prosegue a sinistra (per noi) del grande bacino artificiale, per poi raggiungere anche il secondo invaso, quello di S. Giacomo.
Dalla strada si può godere di un suggestivo scorcio sulla valle del Bràulio, percorsa dalla strada che valica il giogo dello Stelvio.
Non meno suggestivo è lo scenario
dei monti che chiudono, a nord, la val Fraéle.
La strada costeggia a sinistra il grande lago artificiale di Cancano:
quando le sue acque sono piuttosto basse, sono ancora ben visibili gli edifici che ospitarono i moltissimi operai impiegati nell'edificazione dell'enorme sbarramento
(la cosiddetta "digòpoli").
Costeggiato l'intero bacino, ci ritroviamo di fronte al possente sbarramento del secondo invaso, quello di San Giacomo.
Percorrendo la strada che attraversa il muraglione che separa i due sbarramenti, possiamo raggiungere un secondo rifugio, il Val Fraéle.
La valle
può essere punto di partenza di numerose passeggiate ed escursioni.
La più suggestiva è probabilmente quella sulla via Imperiale. Si tratta di una bellissima passeggiata sulle vie della storia, o, per essere più precisi, sulla via Imperiale che, nell'età moderna, assunse una straordinaria importanza, perché collegava i territori del milanese, sotto il dominio spagnolo, con quelli imperiali degli alleati Asburgo.
A riprova dell'importanza storica dei luoghi si ricordi che proprio in questa valle venne combattura una delle più importanti battaglie in terra di Valtellina nel contesto della Guerra dei Trent'anni:
qui, nel 1635, il francese duca di Rohan sconfisse l'esercito imperiale comandato dal generale Fernamont, infliggendogli gravi perdite (oltre duemila soldati imperiali trovarono qui la morte). Forse, se effettuiamo la passeggiata a tarda sera, potremo ancora udire i loro lamenti, ma anche quelli dei contadini che si videro bruciate baite e stalle dai francesi vincitori, che non volevano che la valle potesse tornare ad essere, in futuro, punto d'appoggio per gli eserciti nemici. Lasciamo dunque il rifugio e percorriamo la strada che costeggia il bacino di San Giacomo sul medesimo lato del rifugio stesso. Giunti al limite del grande lago, proseguiamo su una bella strada pianeggiante, in un incantevole pianoro, circondati da un'atmosfera quasi irreale.
Se ignoriamo la deviazione per le Acque del Gallo, ci ritroveremo al Passo di val Mora, cioè sul limite superiore della valle omonima, al confine fra Italia e Svizzera.
Se avessimo tempo, potremmo scendere nella bellissima valle svizzera, fino a Santa Maria di Monastero.
In caso contrario, non ci resta che tornare sui nostri passi, sotto lo sguardo severo delle cime di Plator, che sembrano, nella loro austera mole, compiangere la miseria degli uomini e la loro stoltezza.

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