Carona

Fra i nuclei più antichi delle Orobie orientali Carona riveste il primo posto, per importanza economica e storica. Per questo merita assolutamente una visita, che si può prolungare in una bella escursione in Val Caronella, fino al passo omonimo. Per farlo, percorriamo la SS 38 in direzione di Tirano: dieci chilometri circa dopo il passaggio a livello in corrispondenza del quale termina la tangenziale di Sondrio, ci ritroviamo a San Giacomo di Teglio. Qui dobbiamo svoltare a destra (indicazione per Castello dell'Acqua e Carona), superando su un ponte il fiume Adda e proseguendo verso Carona, cioè a sinistra (a destra sale la strada per Castello dell'Acqua). Dopo una salita di circa 11 chilometri, ignorate diverse deviazioni, raggiungiamo il paese, oggi frazione di Teglio, un tempo importante centro agricolo nelle Orobie orientali, su un bel terrazzo, a 1135 metri.
I suoi abitanti venivano, un tempo, soprannominati "I Pezù de Carona", perché, vuoi per indigenza, vuoi per parsimonia, pare usassero portare spesso e volentieri abiti rattoppati.


La chiesa di S. Omobono a Carona

Ma la storia del paese non sembra suggerire scenari di povertà: esso, infatti, rivestì in passato un'importanza ed un rilievo anche economico ben maggiore rispetto a quanto la sua condizione attuale farebbe supporre. Documenti del 1213 vi attestano ampi possessi dell'Arcivescovo di Milano, signore di Teglio (alpeggi, fucine, forni ed un maniero con torre) e nel 1310 il nucleo avanzò richiesta di costituirsi in parrocchia autonoma, cosa che avvenne nel secolo successivo (1425). Singolarissima è la dedicazione della chiesa di Carona a Sant'Omobono, patrono di Cremona: non vi è alcun'altra chiese dedicata a tale santo nell'intera Diocesi di Como. E' probabile che essa sia legata all'immigrazione, in età medievale, di famiglie di origine cremonese, durante il periodo più tormantato della lotta fra i comuni lombardi e Federico Barbarossa.
Il vescovo di Como, Feliciano Ninguarda, così scrive nella relazione della sua visita pastorale del 1589: "Sulla stessa costa della montagna, a due miglia dell'Aprica, in direzione della bassa Valtellina, vi è un altro paese chiamato Carona: vi è la chiesa parrocchiale dedicata a Sant'Omobono dove è parroco il sac. Giampietro Crotti del luogo, abbastanza zelante nella cura delle anime, ma si va dicendo che è assai dedito agli affari profani: conta circa duecento famiglie, comprese le altre frazioni dipendenti sotto elencate, e gli abitanti sono tutti cattolici. A un miglio e mezzo da Carona vi è il villaggio detto Caprinale dove vi è la chiesa di S. Giovanni Battista in cui si seppelliscono i morti del luogo. A due miglia della parrocchia vi è un altro villaggio, detto Bondone, dove sorge la chiesa di Santa Maria in cui vengono sepolti i morti del villaggio stesso.” Le duecento famiglia contate dal vescovo corrispondono a 1000-1200 abitanti! Le due terribili epidemie di peste del 1630 e 1635 colpirono duramente, ma nel secolo successivo il vescovo Torriani, nella sua visita del 1668, rilevò ancora 120 famiglie, quindi 600-700 abitanti, cifra del tutto ragguardevole. L'importanza e la prosperità del paese ha radici già medievali ed era basata sullo sfruttamento delle miniere di ferro, piombo ed argento della vicina Val Belviso: basti ricordare che la mensa vescovile milanese vi possedeva forni, fucine e l'alpe Caronella, che poi passarono, dal 1534, alla famiglia tellina dei Besta. La sua posizione strategica l'antica presenza di fortificazioni, di cui, fino alla metà del XX secolo si poteva vedere ancora una torre, poi crollata. Per la sua importanza Carona fu anche, per breve periodo, comune autonono, dal 1816 al 1823; fino agli inizi del Novecento (quanto, nel 1912, la strada carrozzabile dal fondovalle raggiunse Carona, salutata come segno di grande progresso e premessa di sviluppo economico) vi risiedevano stabilmente più di mille abitanti, ridotti oggi a poche unità.


Carona

Presso la chiesa di Sant'Omobono si trovano due lapidi che commentano i caduti di Carona nelle Guerre Mondiali del Novecento. Sono menzionati, per la prima guerra mondiale, Pedroli Luigi, Fendoni Andrea, Cassoni Giovanni, Fendoni Tomaso, Gabrielli Giovanni, Panella Andrea, Vasoli Giovanni Battista, Del Po Luigi Giovanni, Marchetti Andrea, Pelosi Martino Felice, Panella Giacomo, Maffenini Geremia, Maffenini Marcello, Panella Antonio, Pellegrini Pietro, Della Pona Pietro fu Angelo, Panella Giovanni Vito, Battaglia Giovanni, Pedroli Bortolo, Della Pona Pietro fu Pietro, Schiappadini Lorenzo, Sandrini Giovanni, Pedroli Carlo e Rossini Giuseppe. I caduti nella seconda guerra mondiale sono invece il soldato Luchina Armando di Francesco morto il 18-3-1941, il caporale Della Nave Giuseppe fu Giuseppe morto il 9-3-1947, il caporal-maggiore Luchina Giovanni di Francesco, morto il 2-5-1949, il soldato Del Martino Carlo di Marco disperso in Russia, il soldato Del Martino Pietro fu Giovanni disperso in Russia, il caporale Marchettini Riccardo di Umberto disperso in Russia, il carabiniere Zaffetti Dante fu Pompeo disperso in Germania, il partigiano Del Martino Aurelio di Marco morto il 10-5-1944, il partigiano Santi Franco fu Salvatore morto il 29-9-1944 ed il partigiano Della Nave Igino fu Serafino morto il 17-10-1944. Sono menzionati anche Gabrielli Battista, morto in Africa, Gabrielli Giuseppe, morto in Russia, Maffenini Evaristo, morto in Russia, Pedroli Bruno, morto in Russia, Pellegrini Arnaldo, morto in Russia, Pellegrini Pietro, morto in Russia, Pellegrini Francesco, morto in Africa, Ghislini Evaristo, morto in Russia, Ghislini Luigi, morto in Russia e Bonolini Cesare, grande invalido di guerra morto nel 1999.

A Carona è ambientata anche una leggenda raccontata da Alfredo Martinelli nella sua raccolta "L'erba della memoria" (Bissoni, Sondrio, 1964). Si tratta della leggenda delle "trombe d'argento della Caronella". Carona viene così descritta. "Il villaggio si stende su un invitante terrazzo sostenuto dall'ampio e resinoso bosco della Margata e s'affaccia aereo agli aperti orizzonti di molta parte della valle dell'Adda... Il paesello, fasciato dal manto perenne delle pinete, conserva ancora i ruderi di un'avita torre: abitazione rustica militaresca d'antichi signori feudali scampati ai tribuli delle grandi contrade... Antichissime devono essere le orogini di quel groviglio di abituri, ché una leggenda di tempi assai remoti ricorda come apparvero su quella rupe, su quei dossi e spalti, foltissime schiere di spiriti dei primi dissodatori della Valle al suono di buccine ricurve e snelle, squillanti trombe di rame e d'argento per soccorrere un popolo fuggente nelle sue ore funeste." Correva il V secolo d.C. ed orde di barbari, racconta la leggenda, invadevano il cadente Impero Romano d'Occidente, dilagando anche in Valtellina e mettendone in fuga gli abitanti, in preda a tettore e panico. Ciascuno portava con sé quel poco che poteva, ed una pietosa colonna di profughi risaliva il fondovalle da oriente ad occidente, in cerca di luoghi sicuri.


Carona

Giunti all'altezza di Teglio, gli sventurati si accorse che il cammino era sbarrato da un "anello di miasmi e di acquitrini, dove i torrenti e il fiume confluivano". Si videro già persi, già sentivano il clamore selvaggio dei barbari che li incalzava, quando udirono "un fortissimo clangore di strumenti" che proveniva dal versante orobico, dall'imbocco della Val Caronella, come di un'orchestra di potenti trombe ed altri strumenti mai uditi. Il rimbombo era fragoroso, e tutti si fermarono, sbigottiti: qual mai poderosa orchestra poteva produrre un concerto di tale potenza? Anche i barbari udirono il potente risuonare di strumenti che parevano trombe, si arrestarono, furono presi da sbigottimento e panico: "C'è stata una magia, c'è stato un incantesimo dei cristiani! No, è Camillo, è Mario, è Cesare che rivengono con i loro terribili militi!" Convinti che un sortilegio avessere rievocato dal regno dei morti i più grandi condottieri romani, si arrestarono e volsero le spalle ai fuggiaschi, tornando precipitosamente verso le porte di Valtellina. Era la salvezza. Alcuni fra i fuggiaschi vollero, però, salire per verificare cosa avesse prodotto quel fragoroso concerto che li aveva salvati. Videro, allora, che Carona era stata cinta "da fitta e alta siepe fatta di canne da granoturco, legate a fasci, misti a rovi... Mosse dall'aria si urtavano con fragore simile a un rovinio di ghiaia." E le trombe? Niente trombe, in realtà, ma canne cave, ben disposte, le quali, in favore di vento, producevano un suono che, per il loro consistente numero, somigliava allo squillo poderoso di trombe. Chi invece non salì a vedere l'ingegnoso dispositivo allestito dagli abitanti di Carona credette ad un intervento divino, dell'Arcangelo Gabriele, della Madonna.


Carona

Dalla leggenda alla cronaca: ecco due storia di orsi a Carona.
Portiamoci agli inizi dell'Ottocento, quando questo microcosmo alpino trovava il suo equilibrio economico grazie alle attività d'alpeggio. Viveva allora un tal Branchi, che aveva alcune mucche, affidate d'estate ai caricatori dell'alpe Caronella. Un'estate le bestie tardarono a scendere, perché il tempo giocava bene e c'era ancora alpeggio disponibile per il pascolo. La stalla del Branchi, dunque, era ancora vuota, mentre il fienile soprastante era stato già riempito del fieno essenziale per sostentare le mucche d'inverno. Il Branchi lo sapeva, mentre non lo sapeva un orso solitario che una bella mattina di inizio settembre si presentò in paese, deciso a trovare qualche bestia da predare. Un orso non troppo grande che però non sembrava affatto intimorito dalla presenza umana. Volle il caso che la stalla del Branchi avesse la porta aperta, e l'orso ci si infilò, pronto al lauto pranzo.
Ma le cose andarono per altro verso: l'orso non solo dovette scoprire con disappunto che non c'era niente di cui cibarsi, ma, avendo urtato la porta, si ritrovò anche chiuso dentro, perché questa si chiuse alle sue spalle facendo scattare la serratura. L'animale assestò alcune poderose zampate alla porta, ma ciò non valse a nulla. Lo stesso quando se la prese con le pareti della stalla. Acciecato dal furore, comincò allora a sbattere la testa contro un tronco che, disposto verticalmente nel mezzo della stalle, sorreggeva il ripiano del fienile. Il tronco cedette e, con lui, il soffitto della stalla, nella quale si riversarono 50 quintali di fieno, che schiacciarono l'orso. Fu questa la sua fine in quella bella mattina di settembre. Poco dopo tornò il Branchi, che vide il disastro e, sulle prime, non capì cosa fosse successo. Solo dopo aver trovato l'orso morto sotto il fieno comprese come dovevano essere andate le cose.


Carona

Nel giugno del 1845 toccò ad un tal Giacomo di Carona di aver a che fare con orsi. Percorrendo un sentiero in una selva vicino al paese, scorse un orsacchiotto che si arrampicava su un castagno. Gli piacque l'idea di allevarlo in cattività, anche per la sensazione che una cosa del genere avrebbe senza dubbio suscitato in paese. Così fu lesto ad afferrarlo ed a portarselo in paese. Il tempo di chiuderlo nella stalla, dove aveva invitato alcuni conoscenti per mostrare il trofeo, che dalla selva sbucò, correndo furiosamente, mamma orsa, decisa a riprendersi il piccolo. Giacomo sprangò e puntellò la porta della stalla, ma l'orsa vi si avventò con poderosi colpi di spalla, emettendo spaventevoli ruglii. La porta resistette, per cui l'orsa cominciò a percorrere il periplo della stalla, per trovare il varco più agevole. E di nuovo si diede a picchiare contro le sue pareti, con tale veemenza che gli uomini rinchiusi temettero per la loro incolumità e decisero di aprire la porta e di lasciare libero l'orsacchiotto. All'improvviso, però, l'orsa si allontanò. Spiando da un pertugio della stalla, Giacomo vide che dal limite della selva un altro orsacchiotto chiamava la madre, che aveva risposto al richiamo. Fu così che Giacomo potè tenersi l'orsacchiotto catturato. Le cronache non raccontano se l'orsa sia mai tornata.
Meditando sull'antica forza d'animo dei Carunés (così venivano chiamati gli abitanti di Carona) e sulla triste fine dell'orso, mettiamoci in cammino per visitare la Val Caronella, salendo, se ne abbiamo la voglia e la forza, fino al passo omonimo, che si affaccia sulla Val Seriana.

DA CARONA AL PASSO DI CARONELLA - DAL PASSO DI CARONELLA AL RIFUGIO CURO'

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carona - Pra' della Valle - Malga Caronella - Passo di Caronella
5 h
1470
E
Carona - Pra' della Valle - Malga Caronella - Passo di Caronella - Rifugio Barbellino - Rifugio Curò
7 h
1470
E
SINTESI. Da Carona inizia una sterrata che sale in Val Caronella, raggiungendo, con qualche tornante, le baite di Pra' di Gianni (m. 1343) e infine di Pra' della Valle (m. 1363). Al termine del bel pianoro la strada si fa più stretta e diventa sentiero, risalendo dapprima un ripido prato, poi, con qualche tornante, l'evidente gradino roccioso che separa la media dall'alta valle. Prima di salire nel bosco, il sentiero ci conduce nei pressi delle caratteristiche cascate, il cui fragore ci accompagna per un buon tratto. Poi usciamo dal bosco e risaliamo un bel declivio, fino a varcare, su un comodo ponte, il torrente, lasciandolo alla nostra destra. Davanti ai nostri occhi si presenta dapprima un edificio dell'A.E.M., poi la Malga Caronella (m. 1858), con i suoi baitoni, allecui spalle, nascosta da piccole formazioni rocciose, si allarga un'ampia alpe, che viene ancora caricata d'estate. Il sentiero (sempre bel segnalato, con segnavia bianco-rossi) la attraversa, uscendone sul lato destro, per poi ricominciare a salire, seguendo, inzialmente, il filo di un evidente dosso erboso. In questo tratto camminiamo in prossimità di grandi tralicci, che dettano la direttrice fondamentale della salita al passo. Poi ce ne allontaniamo un po', tagliando sulla sinistra il fianco del dosso e raggiungendo alcune formazioni rocciose dal profilo arrotondato, che risaliamo facilmente (attenzione però a non perdere i segnavia, per evitare inutili perdite di tempo). Alle rocce si sostituiscono poi massi e sfaciumi: stiamo imboccando il canalone terminale, che effettua un arco verso sinistra. Nella sua parte superiore esso ci impone, anche a stagione avanzata, il superamento di un nevaio (non difficile, ma attenzione alla neve gelata). Rraggiunto un grande traliccio, dobbiamo solo superare un ultimo piccolo gradino per giungere al passo di Caronella (m. 2612). Appena sotto il sentiero, che prosegue, vediamo, a 2605 metri, il bivacco A.E.M., dove viene sempre lasciato aperto un piccolo locale, come ricovero in caso di necessità. Vicino al rifugio c'è ancheun caratteristico laghetto, il laghetto della Cima. A poche decine di metri di distanza troviamo, poco sotto il passo, il bivacco A.E.S. Caronella. Dal bivacco proseguiamo scendendo verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino. La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est, superando una valletta. Torna poi verso destra (sud-ovest) ripassando in senso contrario la valletta. A quota 2400 riprende la serrata serie di tornantini verso sud. Scendiamo alti ed a destra rispetto al lago, tagliando il versante di pascoli. Intorno a quota 2300 la pista piega ancora a sinistra e poi a destra, per poi procedere diritta verso sud-ovest, quasi in parallelo ma più in alto rispetto alla riva del lago superiore o naturale del Barbellino (m. 2188) ed in direzione del rifugio che vediamo sul suo limite verso valle. Giunti quasi sopra il rifugio dobbiamo lasciarla e scendere diritti verso sinistra su facili balze erbose fino al rifugio del Barbellino (m. 2188). Dal ripiano del rifugio imbocchiamo una stradella sterrata (sentiero 324) che prosegue la discesa verso ovest. Ignorato il sentiero che si stacca sulla destra e sale in Valle della Malgina (al lago ed al passo della Malgina), pieghiamo a sinistra, attraverrsiamo il torrente Serio e ci affacciamo al ripiano inferiore dominato dal grande bacino della diga del Barbellino. Restando a sinistra del Serio, proseguiamo tagliando il versante montano verso sud-ovest. Giunti di fronte al limite orientale del grande bacino, nel quale si immette il torrente Serio, pieghiamo a sinistra per addentrarci per un tratto nella Valle del Trobio. Superato il torrente della valle, rientriamo verso destra e proseguiamo seguendo, un po' alti, la riva meridionale del lago. Superiamo su un ponticello il torrente della Valle della Cerviera, che mostra caratteristiche cascate, e giungiamo alla riva sud-occidentale del lago, dove troviamo le strutture del Rifugio e dell'Ostello Curò e del Rifugio Consoli (m. 1895).


Pra' di Gianni

Da Carona inizia una sterrata che sale in Val Caronella, passando per i nuclei delle Baite Involt e del Ronco e raggiungendo, dopo qualche tornante, le baite di Pra' di Gianni (m. 1343) e infine di Pra' della Valle (m. 1363). Al termine del bel pianoro la strada si fa più stretta e, presso l'imbocco della Valle della Vìsega, diventa sentiero, risalendo dapprima un ripido prato, poi, con qualche tornante, l'evidente gradino roccioso che separa la media dall'alta valle. Prima di salire nel bosco, il sentiero ci conduce nei pressi delle caratteristiche cascate, il cui fragore ci accompagna per un buon tratto. Poi usciamo dal bosco e risaliamo un bel declivio, fino a varcare, su un comodo ponte, il torrente, lasciandolo alla nostra destra.


Le cascate di Val Caronella

Davanti ai nostri occhi si presenta dapprima un edificio dell'A.E.M., poi la Malga Caronella (m. 1858), con i suoi baitoni, alle cui spalle, nascosta da piccole formazioni rocciose, si allarga un'ampia alpe, che viene ancora caricata d'estate. Lo scenario, reso più suggestivo dai grandi massi erratici che delimitano l'alpeggio, è impreziosito dalle alte cime che coronano a sinistra la valle, le cime di Caronella (m. 2796 ed il monte Torena (m. 2911). Qui il sentiero di valle è raggiuntio dalla Geran Via delle Orobie, che attraversa il ripiano da ovest ad est. Di qui ancora oggi passano i parrocchiani di Castello dell'Acqua nell'annuale pellegrinaggio che sale al passo di Caronella e scende a Valbondione e ad Santuario della Madonna di Ardesio in Val Seriana.


Le cime di Caronella

Il sentiero (sempre bel segnalato, con segnavia bianco-rossi) attraversa la piana verso sud, uscendone sul lato destro, per poi ricominciare a salire, seguendo, inzialmente, il filo di un evidente dosso erboso, chiamato "Dos de l'aquila".
In questo tratto camminiamo in prossimità di grandi tralicci, che dettano la direttrice fondamentale della salita al passo, in quanto lo varcano per portare una quantità considerevole di energia elettrica fino alla Pianura Padana. Poi ce ne allontaniamo un po', tagliando sulla sinistra il fianco del dosso e raggiungendo alcune formazioni rocciose dal profilo arrotondato, che risaliamo facilmente (attenzione però a non perdere i segnavia, per evitare inutili perdite di tempo). Vediamo, in basso, alla nostra destra, l'ampio ripiano erboso chiamato "Piana del Deuè".


Verso il passo di Caronella

Alle rocce si sostituiscono poi massi e sfaciumi: stiamo imboccando il canalone terminale, che effettua un arco verso sinistra. Nella sua parte superiore esso ci impone, anche a stagione avanzata, il superamento di un nevaio (non difficile, ma attenzione alla neve gelata).
Ormai è fatta: raggiunto un grande traliccio, dobbiamo solo superare un ultimo piccolo gradino per giungere al passo di Caronella (m. 2612). Il dislivello superato, da Carona, è di 1470 metri circa, ed il tempo impiegato è di 4-5 ore.
Appena sotto il sentiero, che prosegue, vediamo, a 2605 metri, un edificio assai simile a quello già incontrato all'inizio della Malga Caronella: si tratta infatti di un altro edificio A.E.M. (noto come bivacco A.E.M.), dove viene sempre lasciato aperto un piccolo locale, come ricovero in caso di necessità. Vicino al rifugio c'è anche un caratteristico laghetto, il laghetto della Cima, che gode dell'invidiabile primato di essere il più alto in assoluto nell'intera catena orobica Oltre il passo c'è la val Seriana, in provincia di Bergamo: non sono molto distanti, infatti, le sorgenti del Serio.


Il passo di Caronella

Salendo al passo di Caronella dalla valle omonima, si incontra non solo il bivacco dell'A.E.M., ma anche, a poche decine di metri di distanza, un bivacco recentissimo, il bivacco A.E.S. Caronella. Sembra un gioco di parole, ma non lo è. Una targa collocata sulla sua porta spiega bene di che cosa si tratta: Questa polveriera, opera militare della Prima Guerra Mondiale, è stata recuperata a bivacco dal GRUPPO AMICI ESCUSIONISTI SFORZATICA - DALMINE, affinché il tempo e l'incuria non cancellino le tracce della nostra storia e con esse la memoria di quegli uomini che, tra gli stenti e le sofferenze di questi luoghi, resero possibile l'Unità e la Libertà dell'ITALIA. LUGLIO 2000.  Un'iniziativa veramente lodevole! I ruderi della polveriera servono ora da riparo per gli escursionisti che dovessero essere sorpresi dal maltempo o da un cattivo calcolo del tempo a disposizione.


Il bivacco AEM Caronella

A proposito di tempo a disposizione, se disponiamo di due giorni, vale la pena di scendere a visitare luoghi fra i più belli e frequentati dell'intera catena oribica, vale a dire l'alta Valle del Serio con i bacini del lago del Barbellino superiore ed Inferiore. Qui troviamo il rifugio Curò, l'ostello al Curò ed il rifugio Consoli, strutture presso le quali possiamo pernottare per ripercorrere il passi dell'andata il giorno successivo e rientare a Carona. La discesa non presenta particolari difficoltà, se il terreno non è bagnato e la visibilità non si riduce di molto.


Il laghetto della Cima

Dal bivacco proseguiamo scendendo verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio, nel territorio del comune di Valbondione, e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino, chiamato così per distinguerlo dal più grande bacino ospitato nel ripiano di circa duecento metri più basso, che da qui non vediamo. Anche il lago che ci sta di fronte non lo si può però dire piccolo: è il più grande lago naturale della catena orobica.


Il bivacco AES Caronella

La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est, superando una valletta. Torna poi verso destra (sud-ovest) ripassando in senso contrario la valletta. A quota 2400 riprende la serrata serie di tornantini verso sud. Scendiamo alti ed a destra rispetto al lago, tagliando il versante di pascoli. Intorno a quota 2300 la pista piega ancora a sinistra e poi a destra, per poi procedere diritta verso sud-ovest, quasi in parallelo ma più in alto rispetto alla riva del lago superiore o naturale del Barbellino (m. 2188) ed in direzione del rifugio che vediamo sul suo limite verso valle.


Fotomappa della discesa dal passo di Caronella al lago ed al rifugio del Barbellino

Alla nostra sinistra, appena oltre il limite settentrionale del lago, un caratteristico panettone roccioso con sommità erbosa con una Madonnina. Giunti quasi sopra il rifugio dobbiamo lasciarla e scendere diritti verso sinistra su facili balze erbose fino al rifugio del Barbellino (m. 2188; il rifugio è aperto da giugno ad ottobre; cfr. www.rifugiobarbellino.it; per contatti telefonare ai numeri 0346 466859 o 339 6165067 oppure scrivere all'indirizzo mail rifugiobarbellino@gmail.com). Possiamo ovviamente pernottare qui, oppure proseguire scendendo ai rifugi Curò e Consoli.


Fotomappa della discesa dal passo di Caronella al rifugio Curò

In questo secondo caso dal ripiano del rifugio Barbellino imbocchiamo una stradella sterrata (sentiero 324) molto frequentata anche dai bikers, che prosegue la discesa verso ovest. Ignorato il sentiero che si stacca sulla destra e sale in Valle della Malgina (al lago ed al passo della Malgina), pieghiamo a sinistra, attraverrsiamo il torrente Serio e ci affacciamo al ripiano inferiore dominato dal grande bacino della diga del Barbellino. Restando a sinistra del Serio, proseguiamo tagliando il versante montano verso sud-ovest. Alto, alla nostra sinistra, svetta il curioso profilo puntuto del pizzo Strinato (m. 2833). Verso sud, invece, ad incorniciare l'ampio bacino del Barbellino, spicca il pallido e largo profilo del pizzo di Arera.


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

Il lago naturale del Barbellino

Giunti di fronte al limite orientale del bacino del Barbellino (detto anche lago artificiale o inferiore del Barbellino, per distinguerlo da quello naturale), nel quale si immette il torrente Serio, pieghiamo a sinistra per addentrarci per un tratto nella Valle del Trobio, la cui testata è scandita dalle superbe cima di Trobio (m. 2865), monte Gleno (m. 2882), pizzo dei Tre Confini (m. 2828) e pizzo Recastello (m. 2886). Superato il torrente della valle, rientriamo verso destra e proseguiamo seguendo, un po' alti, la riva meridionale del lago. Superiamo su un ponticello il torrente della Valle della Cerviera, che mostra caratteristiche cascate, e giungiamo alla riva sud-occidentale del lago, dove troviamo le strutture del Rifugio e dell'Ostello Curò e del Rifugio Consoli (m. 1895).


Diga del Barbellino

Val Bondione

Rifugio Curò

Rifugio Curò

Il rifugio Antonio Curò (cfr. www.antoniocuro.it), dedicato al Presidente del CAI di Bergamo nell'ultimo quarto dell'Ottocento Antonio Curò, è il secondo in ordine di tempo sul versante orobico bergamasci, e venne inaugurato dal CAI di Bergamo nel 1886. La struttura oggi utilizzata è però quella nuova progettata dall'ing. Luigi Locatelli ed inaugurata nel 1973. Oggi è il più frequentato rifugio di Lombardia ed uno dei più frequentati in Italia, perché da Valbondione sono davvero molti gli escursionisti ed i bikers che salgono fin qui per godersi lo scenario incomparabile dell'alta Valle del Serio e spesso per proseguire sui numerosi sentieri per i laghi, i passi e le cime che contornano il bacino del Barbellino. La struttura, che offre fra l'alto il servizio di Wi-fi gratuito, dispone di 92 posti letto, distribuiti in camere da 4, 6, 8, 10 e 12 persone. E' aperto continuativamente da fine maggio ad inizio ottobre; nei periodi precedente e seguente, da metà aprile ai primi di novembre, è invece aperto nei weekend. Per ulteriori informazioni si può telefonare ai numeri 333.10.13.878 (Fabio Arizzi), 328.32.65.100 (Ghilardini Angelo) o 0346.44.076 (recapito del rifugio), oppure scrivere all'indirizzo mail info@antoniocuro.it.


Diga del Barbellino e pizzo Recastello

Ostello al Curò

Rifugio Curò

Il Tagliamento

La storica struttura del rifugio Antonio Curò, dismessa nel 1973, è stata ristrutturata, sempre a cura del CAI di Bergamo, e dal 2013 è diventata l'Ostello al Curò, che dispone di internet wi-fi, biblioteca dedicata alla natura, 46 posti letto in camere da 4-6 persone e bagni privati (cfr. www.ostelloalcuro.it)
La terza struttura alla quale ci si può appoggiare è il rifugio Consoli, dell'U.E.B. (Unione Escursionisti Bergamaschi, tel. 035/223313; cfr. http://digilander.libero.it/zigghi/trekking/rifugi/consoli.htm). Dal ripiano che ospita i rifugi, guardando verso l'alta Valle del Serio, possiamo godere di un ampio colpo d'occhio sul percorso di discesa e soprattutto ammirare il possente profilo del pizzo Re Castello, che appae pienamente all'altezza della sua regale denominazione.


Il Tagliamento

Il Tagliamento

Un importante suggerimento, per concludere: conviene programmare questa escursione di due giorni nelle date previste per l'apertura delle famose cascate del fiume Serio, per poter scendere dal lago del Barbellino all'ampia piana della Val Bondione dalla quale questo superbo spettacolo naturale può essere ammirato. La notizia delle date viene annualmente diffusa da più canali sul web. L'evento è davvero spettacolare, perché queste cascate sono, con il loro triplice salto, le più alte d'Italia, le seconde in Europa e le quinte nel mondo (il dislivello complessivo è di 315 metri). Di solito dalla diga del Barbellino viene lasciato defluire solo il minimo vitale per garantire la vita del torrente Serio, cioè giusto un filo d'acqua che non restituisce certamente un'impressione di selvaggia potenza. Poi, nei giorni e nelle ore esatte di apertura, quel filo si ingrossa improvvisamente e diventa una cascata che colpisce profondamente per fragore e potenza.
L'ampio ripiano della media Val Bondone si riempie allora di gente che sale fin qui da Valbondione per gustare questo spettacolo fra i più belli in assoluto delle montagne Italiane. Per esserne testimoni dobbiamo scendere dal rifugio Curò lungo la stradella che nel primo tratto (il "Tagliamento") è scavata arditamente nella roccia, fino all'ampia conca che si apre circa trecento metri più in basso e che raggiungiamo dopo un'oretta o poco meno di cammino.


Il Tagliamento

Cascate del Serio

Mentre attendiamo che l'acqua venga lasciata libera di precipitarsi dal salto, possiamo andare con la mente alla leggenda delle cascate del Serio, che rimanda ad un remoto passato feudale. Una nobildonna della Val Seriana si innamorò di un giovane che però era già promesso ad una popolana. Non era affatto disposta a rinunciare al ragazzo e fece imprigionare la sua amata nel castello eretto per sorvegliare la remota conca del Barbellino. La giovane sventurata perse insieme il proprio amore e la libertà. Tale e tanto fu il suo dolore che pianse, pianse ed ancora pianse. Le sue lacrime sgorgavano incessati, si raccoglievano in rivoli, i rivoli in ruscelletti, i ruscelletti in torrentelli, i torrentelli in veri e propri torrenti che scesero fino alle soglie della conca del Barbellino, travolgendo tutto quanto vi si trovava e precipitandosi infine tutti insieme a valle, con tale violenza da scavare la parete verticale dalla quale per secoli, prima della costruzione dell'invaso artificiale, precipitò la cascata del Serio.
Oggi solo pochi giorni all'anno la memoria di quell'atroce dolore si rinnova nell'urlo spumeggiante delle rabbiose acque.


Cascate del Serio

Cascate del Serio

IL GIRO DEI LAGHI DEL SERIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carona - Pra' della Valle - Malga Caronella - Passo di Caronella - Bivacco AEM o AES Caronella
5 h
1470
E
Bivacco AES o AEM Caronella - Lago del Barbellno - Lago della Malgina - Lago e bocchetta del Gelt - Passo di Caronella - Carona
6-7 h
570
EE
SINTESI. Da Carona inizia una sterrata che sale in Val Caronella, raggiungendo, con qualche tornante, le baite di Pra' di Gianni (m. 1343) e infine di Pra' della Valle (m. 1363). Al termine del bel pianoro la strada si fa più stretta e diventa sentiero, risalendo dapprima un ripido prato, poi, con qualche tornante, l'evidente gradino roccioso che separa la media dall'alta valle. Prima di salire nel bosco, il sentiero ci conduce nei pressi delle caratteristiche cascate, il cui fragore ci accompagna per un buon tratto. Poi usciamo dal bosco e risaliamo un bel declivio, fino a varcare, su un comodo ponte, il torrente, lasciandolo alla nostra destra. Davanti ai nostri occhi si presenta dapprima un edificio dell'A.E.M., poi la Malga Caronella (m. 1858), con i suoi baitoni, allecui spalle, nascosta da piccole formazioni rocciose, si allarga un'ampia alpe, che viene ancora caricata d'estate. Il sentiero (sempre bel segnalato, con segnavia bianco-rossi) la attraversa, uscendone sul lato destro, per poi ricominciare a salire, seguendo, inzialmente, il filo di un evidente dosso erboso. In questo tratto camminiamo in prossimità di grandi tralicci, che dettano la direttrice fondamentale della salita al passo. Poi ce ne allontaniamo un po', tagliando sulla sinistra il fianco del dosso e raggiungendo alcune formazioni rocciose dal profilo arrotondato, che risaliamo facilmente (attenzione però a non perdere i segnavia, per evitare inutili perdite di tempo). Alle rocce si sostituiscono poi massi e sfaciumi: stiamo imboccando il canalone terminale, che effettua un arco verso sinistra. Nella sua parte superiore esso ci impone, anche a stagione avanzata, il superamento di un nevaio (non difficile, ma attenzione alla neve gelata). Rraggiunto un grande traliccio, dobbiamo solo superare un ultimo piccolo gradino per giungere al passo di Caronella (m. 2612). Appena sotto il sentiero, che prosegue, vediamo, a 2605 metri, il bivacco A.E.M., dove viene sempre lasciato aperto un piccolo locale, come ricovero in caso di necessità. Vicino al rifugio c'è ancheun caratteristico laghetto, il laghetto della Cima. A poche decine di metri di distanza troviamo, poco sotto il passo, il bivacco A.E.S. Caronella. Dal bivacco proseguiamo scendendo verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino. La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est, superando una valletta. Torna poi verso destra (sud-ovest) ripassando in senso contrario la valletta. A quota 2400 riprende la serrata serie di tornantini verso sud. Scendiamo alti ed a destra rispetto al lago, tagliando il versante di pascoli. Intorno a quota 2300 la pista piega ancora a sinistra e poi a destra, per poi procedere diritta verso sud-ovest, quasi in parallelo ma più in alto rispetto alla riva del lago superiore o naturale del Barbellino (m. 2188) ed in direzione del rifugio che vediamo sul suo limite verso valle. Giunti quasi sopra il rifugio dobbiamo lasciarla e scendere diritti verso sinistra su facili balze erbose fino al rifugio del Barbellino (m. 2188). Dal ripiano del rifugio imbocchiamo una stradella sterrata (sentiero 324) che prosegue la discesa verso ovest. Dopo un breve tratto di scesa, però, a quota 2060 lasciamo la pista prendendo un sentiero a destra, segnalato da un’evidente scritta sulla roccia e da un cartello che indica il sentiero 310 che sale in Valle Malgina. Cominciamo a salire alla destra del torrentello della Malgina. Ad un bivio stiamo a destra e superiamo da destra a sinistra un piccolo corso d’acqua. Superiamo due ometti a lato del sentiero e guadagniamo quota mentre la valle si va restringendo e nella parte mediana si mostra incassata. Saliamo a destra del torrente Malgina, che scorre in una gola, ma a quota 2130 scendiamo ad un ponticello in ferro portandoci alla sua sinistra. Poco più in alto (m. 2170) ci riportiamo alla sua destra e continuiamo a salire, con diverse svolte, fra strisce erbose, roccette e pietrame, con qualche tratto esposto su ripidi salti. Poi la valle torna ad allargarsi e mostra lo splendido e selvaggio scenario del crinale orobico ad est del pizzo del Diavolo di Malgina. Dopo una discesa di pochi metri vediamo su una roccia la scritta L. M. (Lago Malgina) e di nuovo attraversiamo il torrente Malgina da destra a sinistra. Procediamo diritti a breve distanza ed a sinistra del torrente, quasi in piano, fino al lago della Malgina, a 2339 metri. Lasciamo ora il sentiero che sale diritto e poi a sinistra verso il passo ed il pizzo della Malgina, andiamo a destra e, sfruttando alcuni massi, riattraversiamo il torrente che esce dal lago e ci portiamo alla sua riva orientale. Una freccia con la scritta Lach Gelt ed un segnavia con numerazione 310 ci indirizzano alla traccia di sentiero che comincia a salire lungo un crinale non troppo ripido di terriccio, sassi e liste erbose, a sinistra di grandi roccioni. Guadagniamo quota verso est, su traccia di sentiero. Dopo due tratti quasi in piano ed una breve salita, una grande freccia ci segnala che non dobbiamo puntare in direzione del centro del vallone, ma piegare a destra, uscendone sul lato di destra, per poi seguire zigzagando, sempre verso est, il versante di pietrame e roccette non difficili. Stiamo sempre attenti ai segnavia rosso-bianco-rossi, che più in alto lasciano il posto a quella bianco-rosso-bianchi. Intorno a quota 2400 il costone si fa un po’ più ripido. La salita ci porta ad una roccetta, segnalata da una freccia, che va superata con un semplice passo di arrampicata (attenzione, però, se la roccia è bagnata!). Saliamo ancora verso est, con rapide serpentine, superando due ometti, su un versante sempre ripido. Dopo una nuova freccia ed una sequenza di tornantini sx-dx, approdiamo ad un ripiano roccioso (m. 2480) con un ottimo colpo d’occhio sul sottostante lago della Malgina. Lo attraversiamo passando accanto ad una pozza e, dopo l’ennesima freccia, pieghiamo a sinistra e saliamo fra roccioni, inseguendo la traccia di sentiero che scompare e riappare. A quota 2530 il sentiero si fa pianeggiante. Dopo una nuova freccia riprende la salita fra le rocce levigate. Con un po’ di fatica ma senza problemi approdiamo ad un secondo ripiano, di roccioni arrotondati. Iniziamo a scendere leggermente passando a destra di un ometto. Siamo a destra di un piccolo corso d’acqua e dopo un corridoio fra le rocce ci portiamo alla sua sinistra. Un facile passo di arrampicata ci fa superare una roccetta e passiamo a destra di una seconda pozza, affrontando poi un breve strappo ed una nuova facile arrampicata fra roccette. Spostandoci un po’ a sinistra scoviamo infine il Lach Gelt (m. 2582), ben nascosto fra le rocce. Riprendiamo la salita verso la meta che distinguiamo chiaramente ad est del lago: lo stretto intaglio della bocchetta o colletto del Lach Gelt. Seguiamo dunque la freccia con l’indicazione del passo di Caronella e prendiamo a destra. Dopo una breve salita, seguiamo con attenzione i segnavia e scendiamo per breve tratto, per poi superare un breve passaggio esposto sul lato destro procedendo a carponi sotto roccioni spioventi. Ci portiamo così ad un ripiano passando vicino a due microlaghetti. Sempre seguendo segnavia ed ometti passiamo da destra a sinistra di un torrentello e riprendiamo a salire, portandoci ai piedi di un ripido canalino di sfasciumi che mette a dura prova la nostra pazienza. Saliamo con molte serpentine, stando a sinistra, fra sassi mobili e roccette, con la dovuta cautela, anche se non ci sono passaggi esposti. Più volte troviamo assai utile porre le mani a terra o appoggiarci al versante roccioso che lo delimita. Se qualcuno ci segue, stiamo attenti a non mettere in movimento sassi. L’ultimo tratto della salita è anche il più ripido. Passiamo a sinistra di un grande masso e ad un grande segnavia con la numerazione 310 affrontiamo una coppia di tornanti dx-sx. Il canalino si fa molto stretto, poco più di un paio di metri, ed affrontiamo gli ultimi dieci metri di dislivello tenendo la sinistra ed aiutandoci con le mani. Al termine del sudatissimo canalino poniamo piede sullo stretto intaglio della bocchetta o colletto del Lach Gelt (m. 2730), che si affaccia alla parte terminale della Val Caronella, a monte e leggermente a sinistra del passo di Caronella. Il primo tratto della discesa in Val Caronella avviene su un analogo ripido canalino: se non c’è neve, basta procedere con attenzione per il terriccio ed i sassi mobili, finché la pendenza si addolcisce. Non allentiamo, però, l’attenzione, per via dei sassi mobili, e zigzagando verso sud-est scolliniamo al passo di Caronella (m. 2612). Il giro dei laghi si chiude qui. Segue la lunga discesa lungo la Val Caronella che ci riporta a Carona.

Assumendo come punto di appoggio il bivacco AES Caronella o il sottostante rifugio del Barbellino possiamo anche percorrere lo splendido giro dei laghi del Serio, uno dei più begli anelli escursionistici dell’intera catena orobica, per l’ambiente selvaggio e gli scenari superbi che regala. Scegliamo però l’estate inoltrata per non incontrare nevai induriti che ostacolano il transito della bocchetta del Lach Gelt. Rocce asciutte e buona visibilità sono condizioni altrettanto importanti.
Dopo aver pernottato ai bivacchi AEM o AES Caronella, raggiunti come sopra descritto, il secondo giorno iniziamo la discesa in alta Valle del Serio verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio, nel territorio del comune di Valbondione, e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino, chiamato così per distinguerlo dal più grande bacino ospitato nel ripiano di circa duecento metri più basso, che da qui non vediamo. Anche il lago che ci sta di fronte non lo si può però dire piccolo: è il più grande lago naturale della catena orobica.


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est, superando una valletta. Torna poi verso destra (sud-ovest) ripassando in senso contrario la valletta. A quota 2400 riprende la serrata serie di tornantini verso sud. Scendiamo alti ed a destra rispetto al lago, tagliando il versante di pascoli. Intorno a quota 2300 la pista piega ancora a sinistra e poi a destra, per poi procedere diritta verso sud-ovest, quasi in parallelo ma più in alto rispetto alla riva del lago superiore o naturale del Barbellino (m. 2188) ed in direzione del rifugio che vediamo sul suo limite verso valle. Alla nostra sinistra, appena oltre il limite settentrionale del lago, un caratteristico panettone roccioso con sommità erbosa con una Madonnina. Giunti quasi sopra il rifugio dobbiamo lasciarla e scendere diritti verso sinistra su facili balze erbose fino al rifugio del Barbellino (m. 2188; il rifugio è aperto da giugno ad ottobre; cfr. www.rifugiobarbellino.it; per contatti telefonare ai numeri 0346 466859 o 339 6165067 oppure scrivere all'indirizzo mail rifugiobarbellino@gmail.com).


Discesa dal passo di Caronella al lago naturale del Barbellino

Il lago naturale del Barbellino

Imbocchiamo ora la stradella sterrata (sentiero 324) molto frequentata anche dai bikers, che prosegue la discesa verso ovest. Dopo un breve tratto di scesa, però, a quota 2060 lasciamo la pista prendendo un sentiero a destra, segnalato da un’evidente scritta sulla roccia e da un cartello che indica il sentiero 310 che sale in Valle Malgina.
Cominciamo a salire alla destra del torrentello della Malgina. Ad un bivio stiamo a destra e superiamo da destra a sinistra un piccolo corso d’acqua. Superiamo due ometti a lato del sentiero e guadagniamo quota mentre la valle si va restringendo e nella parte mediana si mostra incassata. Saliamo a destra del torrente Malgina, che scorre in una gola, ma a quota 2130 scendiamo ad un ponticello in ferro portandoci alla sua sinistra. Poco più in alto (m. 2170) ci riportiamo alla sua destra e continuiamo a salire, con diverse svolte, fra strisce erbose, roccette e pietrame, con qualche tratto esposto su ripidi salti. Poi la valle torna ad allargarsi e mostra lo splendido e selvaggio scenario del crinale orobico ad est del pizzo del Diavolo di Malgina.


Salita in Val Malgina

Lago della Malgina

Lago della Malgina

Lago della Malgina dal sentiero per il Lach Gelt

Per ingannare tempo e fatica pensiamo alla curiosa situazione di questa valle: come altre, condivide il nome con una valle sull’opposto versante orobico. In questo caso saliamo lungo la sorella minore dell’ampia valle che si apre a nord del passo della Malgina, nelle Orobie valtellinesi (e per completezza andrebbe menzionata anche una Val Malgina laterale della Val Fontana, sul vicino versante retico). Ma, non lontano da qui, le cose vanno anche a rovescio: alla grande Valle del Serio nella bergamasca fa eco la modesta e boscosa Valle del Serio sul versante valtellinese, più ad ovest, a monte di Piateda. Ed infine la Val Bondione bergamasca sembra trovare un’eco nella vicina Val Bondone sul versante valtellinese. Strano gioco di echi o di specchi. Dopo una discesa di pochi metri vediamo su una roccia la scritta L. M. (Lago Malgina) e di nuovo attraversiamo il torrente Malgina da destra a sinistra. Salendo ancora per breve tratto vediamo a destra un salto del torrente, oltre il quale notiamo una costruzione che ospita delle pompe che mantengono costante il livello dell’acqua nel vicino lago della Malgina.


Procedendo oltre il lago della Malgina

Procediamo diritti a breve distanza ed a sinistra del torrente, quasi in piano, fino al lago della Malgina, a 2339 metri, in un’ampia conca ad ovest del pizzo del Diavolo di Malgina m. 2926, una delle più ambite e fascinose vette di questo comprensorio. Il colore rossastro e sulfureo delle rocce spiega probabilmente il suo nome. Selvaggio ma non del tutto solitario lo scenario: non sono pochi gli escursionisti che battono questo sentiero, per il giro dei laghi o per la salita al pizzo.


Salita al Lach Gelt

Salita al Lach Gelt

Lasciamo ora il sentiero che sale diritto e poi a sinistra verso il passo ed il pizzo della Malgina, andiamo a destra e, sfruttando alcuni massi, riattraversiamo il torrente che esce dal lago e ci portiamo alla sua riva orientale. Una freccia con la scritta Lach Gelt ed un segnavia con numerazione 310 ci indirizzano alla traccia di sentiero che comincia a salire lungo un crinale non troppo ripido di terriccio, sassi e liste erbose, a sinistra di grandi roccioni.
Guadagniamo quota verso est, su traccia di sentiero. Dopo due tratti quasi in piano ed una breve salita, una grande freccia ci segnala che non dobbiamo puntare in direzione del centro del vallone, ma piegare a destra, uscendone sul lato di destra, per poi seguire zigzagando, sempre verso est, il versante di pietrame e roccette non difficili. Stiamo sempre attenti ai segnavia rosso-bianco-rossi, che più in alto lasciano il posto a quella bianco-rosso-bianchi.  


Salita al Lach Gelt

Lach Gelt

Intorno a quota 2400 il costone si fa un po’ più ripido. La salita ci porta ad una roccetta, segnalata da una freccia, che va superata con un semplice passo di arrampicata (attenzione, però, se la roccia è bagnata!). Saliamo ancora verso est, con rapide serpentine, superando due ometti, su un versante sempre ripido. Dopo una nuova freccia ed una sequenza di tornantini sx-dx, approdiamo ad un ripiano roccioso (m. 2480) con un ottimo colpo d’occhio sul sottostante lago della Malgina. Lo attraversiamo passando accanto ad una pozza e, dopo l’ennesima freccia, pieghiamo a sinistra e saliamo fra roccioni, inseguendo la traccia di sentiero che scompare e riappare. A quota 2530 il sentiero si fa pianeggiante. Dopo una nuova freccia riprende la salita fra le rocce levigate. Con un po’ di fatica ma senza problemi approdiamo ad un secondo ripiano, di roccioni arrotondati. Iniziamo a scendere leggermente passando a destra di un ometto. Siamo a destra di un piccolo corso d’acqua e dopo un corridoio fra le rocce ci portiamo alla sua sinistra. Un facile passo di arrampicata ci fa superare una roccetta e passiamo a destra di una seconda pozza, affrontando poi un breve strappo ed una nuova facile arrampicata fra roccette.


Fotomappa del sentiero che dal Lago della Malgina sale alla bocchetta del Lach Gelt

Spostandoci un po’ a sinistra scoviamo infine il Lach Gelt (m. 2582), ben nascosto fra le rocce. Gira voce che sia il più alto della catena orobica, forse perché il vicino laghetto della Cima al passo di Caronella (m. 2600) ed il più distante laghetto del Rodes (m. 2598) sembrano troppo piccoli per essere considerati. Una contesa umana, troppo umana, che lascia probabilmente questi specchi d’acqua indifferenti. Il Lach Gelt, in particolare, non sembra facile, dispetto del nome, a scaldarsi per questioni del genere o per qualsivoglia altra questione: il suo nome deriva dal fatto che la sua superficie resta gelata per gran parte dell’anno. Ma questa non è l'unica singolarità di questo sorprendente specchio d'acqua: è interamente circondato da rocce, letteralmente ospitato in un catino roccioso, e qui anche il silenzio sembra assumere la dura scorza dell'immobile pietra. Un luogo di singolare spietata bellezza. Alla fine ti prende la sottile paura di una solitudine senza riscatto.


Salendo dal Lach Gelt alla bocchetta di Lach Gelt

Riprendiamo allora la salita verso la meta che distinguiamo chiaramente ad est del lago: lo stretto intaglio della bocchetta o colletto del Lach Gelt. Seguiamo dunque la freccia con l’indicazione del passo di Caronella e prendiamo a destra. Dopo una breve salita, seguiamo con attenzione i segnavia e scendiamo per breve tratto, per poi superare un breve passaggio esposto sul lato destro procedendo a carponi sotto roccioni spioventi. Ci portiamo così ad un ripiano passando vicino a due microlaghetti.

La salita dal Lach Gelt alla bocchetta di Lach Gelt (sulla base di una foto di Alessio Pezzotta, nel III volume del suo volume "Orobie over 2000")

Sempre seguendo segnavia ed ometti passiamo da destra a sinistra di un torrentello e riprendiamo a salire, portandoci ai piedi di un ripido canalino di sfasciumi che mette a dura prova la nostra pazienza. Saliamo con molte serpentine, stando a sinistra, fra sassi mobili e roccette, con la dovuta cautela, anche se non ci sono passaggi esposti. Più volte troviamo assai utile porre le mani a terra o appoggiarci al versante roccioso che lo delimita. Se qualcuno ci segue, stiamo attenti a non mettere in movimento sassi. L’ultimo tratto della salita è anche il più ripido. Passiamo a sinistra di un grande masso e ad un grande segnavia con la numerazione 310 affrontiamo una coppia di tornanti dx-sx. Il canalino si fa molto stretto, poco più di un paio di metri, ed affrontiamo gli ultimi dieci metri di dislivello tenendo la sinistra ed aiutandoci con le mani. Al termine del sudatissimo canalino poniamo piede sullo stretto intaglio della bocchetta o colletto del Lach Gelt (m. 2730), che si affaccia alla parte terminale della Val Caronella, a monte e leggermente a sinistra del passo di Caronella. Se avessimo qualche dubbio, sono i tralicci a dissiparlo. Guardando alle nostre spalle, osserviamo la curiosa forma a cuore che il Lach Gelt assume visto da qui.


Ultimo tratto del canalino sotto la bocchetta del Lach Gelt

Passo di Caronella visto dalla bocchetta del Lach Gelt

Il primo tratto della discesa in Val Caronella avviene su un analogo ripido canalino: se non c’è neve, basta procedere con attenzione per superare alcune roccette e scendere fra terriccio e sassi mobili, finché la pendenza si addolcisce. Non allentiamo, però, l’attenzione, per via dei sassi mobili, e zigzagando verso sud-est scolliniamo al passo di Caronella (m. 2612). Teniamo presente che la presenza di neve, soprattutto se dura, sotto la bocchetta del Gelt sul versante di Val Caronella rende la discesa molto pericolosa, quindi da evitare.
Il giro dei laghi si chiude qui. Segue la lunga discesa lungo la Val Caronella che ci riporta a Carona.


La bocchetta del lach Gelt sul versante della Val Caronella

IL MONTE TORENA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carona - Pra' della Valle - Malga Caronella - Passo di Caronella - Bivacco AEM o AES Caronella
5 h
1470
E
Bivacco AES o AEM Caronella - Monte Torena
2 h
340
EE
SINTESI. Da Carona inizia una sterrata che sale in Val Caronella, raggiungendo, con qualche tornante, le baite di Pra' di Gianni (m. 1343) e infine di Pra' della Valle (m. 1363). Al termine del bel pianoro la strada si fa più stretta e diventa sentiero, risalendo dapprima un ripido prato, poi, con qualche tornante, l'evidente gradino roccioso che separa la media dall'alta valle. Prima di salire nel bosco, il sentiero ci conduce nei pressi delle caratteristiche cascate, il cui fragore ci accompagna per un buon tratto. Poi usciamo dal bosco e risaliamo un bel declivio, fino a varcare, su un comodo ponte, il torrente, lasciandolo alla nostra destra. Davanti ai nostri occhi si presenta dapprima un edificio dell'A.E.M., poi la Malga Caronella (m. 1858), con i suoi baitoni, allecui spalle, nascosta da piccole formazioni rocciose, si allarga un'ampia alpe, che viene ancora caricata d'estate. Il sentiero (sempre bel segnalato, con segnavia bianco-rossi) la attraversa, uscendone sul lato destro, per poi ricominciare a salire, seguendo, inzialmente, il filo di un evidente dosso erboso. In questo tratto camminiamo in prossimità di grandi tralicci, che dettano la direttrice fondamentale della salita al passo. Poi ce ne allontaniamo un po', tagliando sulla sinistra il fianco del dosso e raggiungendo alcune formazioni rocciose dal profilo arrotondato, che risaliamo facilmente (attenzione però a non perdere i segnavia, per evitare inutili perdite di tempo). Alle rocce si sostituiscono poi massi e sfaciumi: stiamo imboccando il canalone terminale, che effettua un arco verso sinistra. Nella sua parte superiore esso ci impone, anche a stagione avanzata, il superamento di un nevaio (non difficile, ma attenzione alla neve gelata). Rraggiunto un grande traliccio, dobbiamo solo superare un ultimo piccolo gradino per giungere al passo di Caronella (m. 2612). Appena sotto il sentiero, che prosegue, vediamo, a 2605 metri, il bivacco A.E.M., dove viene sempre lasciato aperto un piccolo locale, come ricovero in caso di necessità. Vicino al rifugio c'è ancheun caratteristico laghetto, il laghetto della Cima. A poche decine di metri di distanza troviamo, poco sotto il passo, il bivacco A.E.S. Caronella. Dal bivacco proseguiamo scendendo verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino. La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est. A circa 2450 metri siamo ad un bivio segnalato da un masso: accanto alla freccia bianca contornata di rosso che segnala la direzione diritta per proseguire verso il lago del Barbellino ne troviamo una che punta a sinistra, con tre scritte: P. Serio (passo del Serio), in bianco, e Monte Torena C. di - Caronella in rosso su fondo bianco. Qui lasciamo la mulattiera che prosegue diritta e, seguendo le indicazioni per il passo del Serio ed il monte Torena, prendiamo a sinistra, imboccando il sentierino che, segnalato da segnavia bianco-rossi, che hanno sostituito i vecchi bolli gialli, ed ometti, procede diritto verso est, puntando al passo del Serio, superando qualche canalone con pietrame e tagliando il ripido versante montuoso ai piedi delle cime di Caronella, con con tratti molto ripidi ed esposti che richiedono la massima attenzione. Ci affacciamo così, dopo circa mezzora, all’ampia conca di pietrame e nevai ai piedi del passo del Serio e proseguiamo seguendo i segnavia in direzione della sua evidente sella. A circa 200 m dal passo, però, pieghiamo a destra tagliando il versante di sfasciumi e rocce in direzione di grandi ometti ben visibili sulla cresta sud-occidentale del monte Torena. Li raggiungiamo con diverse serpentine seguendo una traccia di sentiero con tratti esposti, restando sul lato sinistro della cresta che scende dall’anticima. Saliamo fra pietrame e facili roccette fino all’anticima (m. 2900), presidiata da un grande ometto di pietra. Seguiamo poi il filo di cresta, con una leggera discesa ed una successiva salita che porta alla cima. La cresta è esposta soprattutto sul lato sinistro. Seguendola, raggiungiamo, con qualche elementare passo di arrampicata ma senza troppe difficoltà, la piccola croce ed il grande ometti posto sulla cima del monte Torena (m. 2911).


Fotomappa della salita al monte Torena dal passo di Caronella

Assumendo come punto di appoggio i bivacchi AES o AEM Caronella possiamo programmare in un paio di giornate la salita al monte Torena, il gigante delle Orobie orientali che, con i suoi 2911 mtri, offre un panorama eccezionale, definito nella Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio a cura di Enrico Besta nel 1884 (II edizione), "superbo" e "superiore a quello del Corno Stella" (a sua volta la cima più famosa delle Orobie centrali per la bellezza del panorama).
Essendo attestata anche la forma "Torrena", l'origine del nome dovrebbe riferirsi alla sua forma turrita, che si mostra sia dal versante della Val Belviso che dalla conca del Barbellino. La radice potrebbe essere anche gallica e quindi analoga al francese "Touraine", sempre però con riferimento alla forma di torre. Si tratta di un monte gemino, perché ad ovest della cima principale quotata 2911 metri sta una cima gemella quotata 2910 metri, che però viene spesso chiamata anticima.
La salita al monte, in condizioni buone di visibilità e terreno ed in estate inoltrata non è difficile, anche se richiede buona esperienza escursionistica.


Il lago Verde di Torena in Val Belviso e le due cime del monte Torena (sulla destra)

Dopo aver pernottato ai bivacchi AEM o AES Caronella, raggiunti come sopra descritto, il secondo giorno iniziamo la discesa in alta Valle del Serio verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio, nel territorio del comune di Valbondione, e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino, chiamato così per distinguerlo dal più grande bacino ospitato nel ripiano di circa duecento metri più basso, che da qui non vediamo. Anche il lago che ci sta di fronte non lo si può però dire piccolo: è il più grande lago naturale della catena orobica.
La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est. A circa 2450 metri siamo ad un bivio segnalato da un masso: accanto alla freccia bianca contornata di rosso che segnala la direzione diritta per proseguire verso il lago del Barbellino ne troviamo una che punta a sinistra, con tre scritte: P. Serio (passo del Serio), in bianco, e Monte Torena C. di - Caronella in rosso su fondo bianco. Qui lasciamo la mulattiera che prosegue diritta e, seguendo le indicazioni per il passo del Serio ed il monte Torena, prendiamo a sinistra, imboccando il sentierino che, segnalato da segnavia bianco-rossi, che hanno sostituito i vecchi bolli gialli, ed ometti, procede diritto verso est, puntando al passo del Serio, superando qualche canalone con pietrame e tagliando il ripido versante montuoso ai piedi delle cime di Caronella, con con tratti molto ripidi ed esposti che richiedono la massima attenzione.


Verso il passo del Serio

Il passo del Serio

Salita della cresta del monte Torena

Cima del monte Torena

Ci affacciamo così, dopo circa mezzora, all’ampia conca di pietrame e nevai ai piedi del passo del Serio e proseguiamo seguendo i segnavia in direzione della sua evidente sella. Qui sono poste le sorgenti del torrente Serio, che però sono nascoste nel sottosuolo. A circa 200 m dal passo, però, pieghiamo a destra tagliando il versante di sfasciumi e rocce in direzione di grandi ometti ben visibili sulla cresta sud-occidentale del monte Torena. Li raggiungiamo con diverse serpentine seguendo una traccia di sentiero con tratti esposti, restando sul lato sinistro della cresta che scende dall’anticima. Saliamo fra pietrame e facili roccette fino all’anticima (m. 2900), presidiata da un grande ometto di pietra. Si apre così sotto di noi l'ampio scenario della Val Belviso, ed in primo piano vediamo il ripiano che ospita i laghi di Torena, cioè il lago Nero ed il lago Verde.
Seguiamo poi il filo di cresta, verso est-sud-est, con una leggera discesa ed una successiva salita che porta alla cima. La cresta è esposta soprattutto sul lato sinistro. Seguendola, raggiungiamo, con qualche elementare passo di arrampicata ma senza troppe difficoltà, la piccola croce ed il grande ometti posto sulla cima del monte Torena (m. 2911).


Val Belviso vista dal monte Torena

Val Belviso vista dal monte Torena

Il versante orientale della Val Belviso visto dal monte Torena

Il ritorno dallla conca del passo del Serio al Sentiero 308

Amplissimo il panorama. Verso est e nord-est si distinguono le lontane cime del Tresero, del Gran Zebrù, dell'Ortles e della Cima del Piazzi. A nord si mostrano in primo piano la lunga e bellissima Val Belviso e sul fondo le cime della Val Grosina; alla loro sinistra il gruppo del Combolo, quello delle cime di Painale e Ron e la superba testata della Valmalenco, con i giganti del gruppo del Bernina. Verso nord-ovest il monte Disgrazia, che da qui mostra un inedito profilo turrito, precede, procedendo verso sinistra, l'affollata serie delle cime del gruppo del Masino, con i pizzi Torrone, la cima di Castello, la cima di Zocca, i pizzi del Ferro ed i pizzi Cengalo e Badile. Alle spalle dei gruppi di pizzo Stella e Tambò, in Valle Spluga, si intravvede l'Oberland bernese. Anche ad occhio nudo si distinguono le sue cime culminanti, il Finsteraarhorn e la Jungfrau, a cui sembrano appiccicate ad angolo retto le vette prepotenti del Mischabel. Ad ovest fano capolino, alle spalle delle cime di Caronella, i giganti delle Orobie centrali, con il pizzo di Coca a svettare su tutti. A sud, infine, lo sguardo si perde nel dedalo di cime e valli della Val Seriana e della Val di Scalve. Uno spettacolo davvero emozionante, che precede il ritorno al passo di Caronella per la medesima via di salita (e senza allentare l'attenzione!).


La testata della Valmalenco vista dal monte Torena

LA CIMA DI CARONELLA ORIENTALE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carona - Pra' della Valle - Malga Caronella - Passo di Caronella - Bivacco AEM o AES Caronella
5 h
1470
E
Bivacco AES o AEM Caronella - Cima di Caronella orientale
1 h e 45 min.
300
EE
SINTESI. Da Carona inizia una sterrata che sale in Val Caronella, raggiungendo, con qualche tornante, le baite di Pra' di Gianni (m. 1343) e infine di Pra' della Valle (m. 1363). Al termine del bel pianoro la strada si fa più stretta e diventa sentiero, risalendo dapprima un ripido prato, poi, con qualche tornante, l'evidente gradino roccioso che separa la media dall'alta valle. Prima di salire nel bosco, il sentiero ci conduce nei pressi delle caratteristiche cascate, il cui fragore ci accompagna per un buon tratto. Poi usciamo dal bosco e risaliamo un bel declivio, fino a varcare, su un comodo ponte, il torrente, lasciandolo alla nostra destra. Davanti ai nostri occhi si presenta dapprima un edificio dell'A.E.M., poi la Malga Caronella (m. 1858), con i suoi baitoni, allecui spalle, nascosta da piccole formazioni rocciose, si allarga un'ampia alpe, che viene ancora caricata d'estate. Il sentiero (sempre bel segnalato, con segnavia bianco-rossi) la attraversa, uscendone sul lato destro, per poi ricominciare a salire, seguendo, inzialmente, il filo di un evidente dosso erboso. In questo tratto camminiamo in prossimità di grandi tralicci, che dettano la direttrice fondamentale della salita al passo. Poi ce ne allontaniamo un po', tagliando sulla sinistra il fianco del dosso e raggiungendo alcune formazioni rocciose dal profilo arrotondato, che risaliamo facilmente (attenzione però a non perdere i segnavia, per evitare inutili perdite di tempo). Alle rocce si sostituiscono poi massi e sfaciumi: stiamo imboccando il canalone terminale, che effettua un arco verso sinistra. Nella sua parte superiore esso ci impone, anche a stagione avanzata, il superamento di un nevaio (non difficile, ma attenzione alla neve gelata). Rraggiunto un grande traliccio, dobbiamo solo superare un ultimo piccolo gradino per giungere al passo di Caronella (m. 2612). Appena sotto il sentiero, che prosegue, vediamo, a 2605 metri, il bivacco A.E.M., dove viene sempre lasciato aperto un piccolo locale, come ricovero in caso di necessità. Vicino al rifugio c'è ancheun caratteristico laghetto, il laghetto della Cima. A poche decine di metri di distanza troviamo, poco sotto il passo, il bivacco A.E.S. Caronella. Dal bivacco proseguiamo scendendo verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino. La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est. A circa 2450 metri siamo ad un bivio segnalato da un masso: accanto alla freccia bianca contornata di rosso che segnala la direzione diritta per proseguire verso il lago del Barbellino ne troviamo una che punta a sinistra, con tre scritte: P. Serio (passo del Serio), in bianco, e Monte Torena C. di - Caronella in rosso su fondo bianco. Qui lasciamo la mulattiera che prosegue diritta e, seguendo le indicazioni per il passo del Serio ed il monte Torena, prendiamo a sinistra, imboccando il sentierino che, segnalato da segnavia bianco-rossi, che hanno sostituito i vecchi bolli gialli, ed ometti, procede diritto verso est, puntando al passo del Serio, superando qualche canalone con pietrame e tagliando il ripido versante montuoso ai piedi delle cime di Caronella, con con tratti molto ripidi ed esposti che richiedono la massima attenzione. Ci affacciamo così, dopo circa mezzora, all’ampia conca di pietrame e nevai ai piedi del passo del Serio e proseguiamo seguendo i segnavia in direzione della sua evidente sella. Poco prima del passo, però, prendiamo a sinistra (ovest) e ci portiamo a ridosso del crinale della dorsale che separa alta Valle del Serio e Val Caronella, risalendo una rampa di sfasciumi sul suo lato destro. Proseguiamo sulla ripida cresta di sfasciumi restando a ridosso delle roccette che la delimitano sulla sinistra, fino a guadagnare la soglia di un altipiano in parte erboso. Qui la cresta si allarga e seguendola possiamo puntare alla cima orientale di Caronella, che riconosciamo facilmente davanti a noi. Passiamo ai piedi e sulla sinistra di un'anticima e, giunti a ridosso della rampa finale, seguiamo la cresta di sfasciumi affrontando qualche facile roccetta, fino all’ometto che presidia la cima di Caronella orientale (m. 2871). È poi possibile traversare, senza troppa difficoltà, seguendo la cresta ed aggirando sul lato sinistro un saltino di roccia, alla cima di Caronella centrale (m. 2850).


Fotomappa della salita al monte Torena dal passo di Caronella

Assumendo come punto di appoggio i bivacchi AES o AEM Caronella possiamo programmare, infine, sempre in un paio di giornate, la salita alla cima Occidentale di Caronella, leggermente meno impegnativa rispetto a quella al monte Torena, ma ugualmente suggestiva e remunerativa per l'amplissimo panorama che si gode dalla vetta.
Le tre cime di Caronella (occidentale, m. 2871, centrale, m. 2850 ed occidentale, m. 2796) si elevano fra il passo di Caronella, ad ovest, ed il passo del Serio, ad est. Per raggiungere la più alta procediamo così.


Le cime di Caronella viste dalla Val Caronella

Dopo aver pernottato ai bivacchi AEM o AES Caronella, raggiunti come sopra descritto, il secondo giorno iniziamo la discesa in alta Valle del Serio verso sud est, fra ghiaioni e roccette, su una pista (sentiero 308) che più in basso presenta un fondo invaso dall'erba. Stando più bassi ed alla sinistra dei tralicci ci affacciamo all'alta Valle del Serio, nel territorio del comune di Valbondione, e vediamo sotto di noi, a sinistra, il lago superiore o naturale del Barbellino, chiamato così per distinguerlo dal più grande bacino ospitato nel ripiano di circa duecento metri più basso, che da qui non vediamo. Anche il lago che ci sta di fronte non lo si può però dire piccolo: è il più grande lago naturale della catena orobica.
La pista comincia ad inanellare diversi tornantini, fra strisce erbose e roccette, poi a quota 2500 prende a sinistra e taglia in leggera discesa il ripido versante erboso verso est. A circa 2450 metri siamo ad un bivio segnalato da un masso: accanto alla freccia bianca contornata di rosso che segnala la direzione diritta per proseguire verso il lago del Barbellino ne troviamo una che punta a sinistra, con tre scritte: P. Serio (passo del Serio), in bianco, e Monte Torena C. di - Caronella in rosso su fondo bianco. Qui lasciamo la mulattiera che prosegue diritta e, seguendo le indicazioni per il passo del Serio ed il monte Torena, prendiamo a sinistra, imboccando il sentierino che, segnalato da segnavia bianco-rossi, che hanno sostituito i vecchi bolli gialli, ed ometti, procede diritto verso est, puntando al passo del Serio, superando qualche canalone con pietrame e tagliando il ripido versante montuoso ai piedi delle cime di Caronella, con con tratti molto ripidi ed esposti che richiedono la massima attenzione.


Verso il passo del Serio

Il passo del Serio

Ci affacciamo così, dopo circa mezzora, all’ampia conca di pietrame e nevai ai piedi del passo del Serio e proseguiamo seguendo i segnavia in direzione della sua evidente sella. Qui sono poste le sorgenti del torrente Serio, che però sono nascoste nel sottosuolo.
Con un po' di fatica superiamo due ripiani ed altrettante rampe di sfasciumi prima di raggiungere la sella del passo. Il valico si affaccia all’alta Val Caronella.
Poco prima del passo, però, prendiamo a sinistra (ovest) e ci portiamo a ridosso del crinale della dorsale che separa alta Valle del Serio e Val Caronella, risalendo una rampa di sfasciumi sul suo lato destro. Proseguiamo sulla ripida cresta di sfasciumi restando a ridosso delle roccette che la delimitano sulla sinistra, fino a guadagnare la soglia di un altipiano in parte erboso.
Qui la cresta si allarga e seguendola possiamo puntare alla cima orientale di Caronella, che riconosciamo facilmente davanti a noi. Passiamo ai piedi e sulla sinistra di un'anticima e, giunti a ridosso della rampa finale, seguiamo la cresta di sfasciumi affrontando qualche facile roccetta, fino all’ometto che presidia la cima di Caronella orientale (m. 2871). È poi possibile traversare, senza troppa difficoltà, seguendo la cresta ed aggirando sul lato sinistro un saltino di roccia, alla cima di Caronella centrale (m. 2850).


Crinale terminale della cima di Caronella orientale

Gruppo del Bernina e cime di Val Grosina dalla cima di Caronella orientale

Da entrambe le cime il panorama è eccellente. Verso est e nord-est, alle spalle del massiccio monte Torena, si distinguono le lontane cime del gruppo dell'Adamello, del Tresero, del Gran Zebrù, dell'Ortles e della Cima del Piazzi. A nord si mostrano la Val Caronella e sul fondo le cime della Val Grosina; alla loro sinistra il gruppo del Combolo, quello delle cime di Painale e Ron e la superba testata della Valmalenco, con i giganti del gruppo del Bernina. Verso nord-ovest il monte Disgrazia, che da qui mostra un inedito profilo turrito, precede, procedendo verso sinistra, l'affollata serie delle cime del gruppo del Masino, con i pizzi Torrone, la cima di Castello, la cima di Zocca, i pizzi del Ferro ed i pizzi Cengalo e Badile. Alle spalle dei gruppi di pizzo Stella e Tambò, in Valle Spluga, si intravvede l'Oberland bernese. Anche ad occhio nudo si distinguono le sue cime culminanti, il Finsteraarhorn e la Jungfrau, a cui sembrano appiccicate ad angolo retto le vette prepotenti del Mischabel. Ad ovest si impongono i giganti delle Orobie centrali, con il pizzo del Diavolo di malgina in primo piano ed il pizzo di Coca asvettare su tutti. A sud, infine, lo sguardo si perde nel dedalo di cime e valli della Val Seriana e della Val di Scalve.
Il ritorno avviene per la medesima via di salita, prestando particolare attenzione a non perdere la traccia nella traversata dal passo del Serio al Sentiero 308 che sale al passo di Caronella.


Monte Torena dalla cima di Caronella orientale

Gruppo dell'Adamello dalla cima di Caronella orientale

CARTE DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE MAP (FAIR USE)

CARTE DEL PERCORSO sulla base del Geoportale a cura del CAI di Bergamo

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).

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