CARTE DEL PERCORSO 1, 2, 3


Testata della Valle di Zocca

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Rif. Allievi-Passo di Zocca
5 h e 30 min.
1660
EE
Rif. Allievi-Passo di Zocca-Capanna dell'Albigna
3 h
400
EEA
SINTESI. Saliamo in Val Masino sulla strada provinciale e, oltrepassata Cataeggio, parcheggiamo a San Martino. Raggiunto il parcheggio di Val di Mello (bus-navetta nella stagione estiva), ci incamminiamo sul tratturo che si addentra nella valle, oltrepasssando la località Ca' di Carna (m. 1061) e raggiungendo la località Cascina Piana (m. 1092). Procediamo oltre, stando a sinistra, fino ad incontrare il bivio segnalato al quale lasciamo il tratturo per imboccare sulla sinistra il sentiero per il rifugi Allievi-Bonacossa. Il sentiero, recentemente sistemato nei punti più ripidi con una comoda gradinatura, sale, nel primo e faticoso tratto, sulla sinistra (per noi) della valle, per poi attraversare il torrente Zocca su un bel ponte, anch'esso collocato da poco. L'ulteriore salita fino alla casera di Zocca (seminascosta, sulla destra, a m. 1725) non dà molti momenti di respiro, per poi cominciare ad assumere pendenze meno severe, uscendo dal fresco bosco di conifere e tagliando in diagonale il fianco destro della valle, fino ad affacciarsi al corridoio che immette nel pianone di Zocca che, per la sua conformazione, dà il nome alla valle (m. 2016). Attraversata la piana sul lato destro, raggiungiamo il piede dell'ultimo ed ampio zoccolo glaciale che ci separa dal circo superiore della valle. I segnavia ci guidano nel tratto in cui la traccia sembra perdersi, finché la ritroviamo e, seguendola, risaliamo faticosamente lo zoccolo, attraversando due vallecole e portandoci, nell'ultimo tratto, verso sinistra, sul bordo di un marcato canalone che scende verso la piana. Siamo ormai in vista dei rifugi Allievi e Bonacossa (m. 2385), che raggiungiamo dopo aver attraversato, proseguendo verso sinistra (nord-ovest), un torrentello. Cerchiamo alle spalle dei rifugi i segnavia che ci indirizzano al percorso che permette di salire al passo di Zocca. Il passo è ben visibile già dai rifugi, guardando verso nord. Osserviamo l'evidente depressione sulla cresta di granito che chiude la valle: distingueremo, nella sua parte sinistra, un piccolo ma ben marcato ago roccioso, che segna il limite destro del passo. Cominciamo, quindi, la salita, tendendo leggermente a sinistra, fino a raggiungere un grande ometto posto sopra un masso, che segnala una traccia di sentiero. Seguendola, ci portiamo ai piedi del ripido crinale che scende dalla depressione, più o meno al suo centro. Iniziamo ad attaccarlo nella sua parte sinistra, tenendone il lato destro. In alcuni tratti il sentiero è buono, ma discontinuo e, soprattutto, privo di segnavia. Solo gli ometti ci guidano. La salita, verso nord-ovest, richiede cautela per qualche sasso mobile, ma non è difficile. Raggiunto il passo di Zocca (m. 2746), scendiamo in Valle dell'Albigna. Dopo un brevissimo tratto verso destra (nord-est), iniziamo una lunga diagonale verso sinistra (nord-ovest), che taglia il versante abbastanza ripido di neve e ghiaccio che dal passo scende al ghiacciaio. Passiamo così a monte dello stretto canalino centrale, sotto la verticale del passo, e dei due bastioni rocciosi fra i quali è rinserrato, lasciandoli alla nostra destra. Giunti quasi a ridosso del salto roccioso che scende a nord dalla cima di Zocca, pieghiamo a destra e scendiamo quasi diritti (nord) per breve tratto. Giunti in vista di un crepaccio, pieghiamo decisamente a sinistra (ovest) e poi di nuovo a destra (nord-est), aggirandolo e lasciando alla nostra sinistra un secondo crepaccio. Raggiumnto il ghiacciaio procediamo stando leggermente a destra, o guadagnando e seguendo il filo del cordone morenico di destra. La valle piega leggermente a destra e noi giungiamo così in vista del grande bacino di sbarramento dell’Albigna. Dopo aver guadato due corsi d’acqua, che scendono dalla Vedretta settentrionale di Castello, procediamo verso nord seguendo i segnavia e ci avviciniamo ad alcuni speroni rocciosi che scendeno verso ovest dalla punta dell’Albigna quasi a lambire la riva orientale del lago. Li tagliamo salendo alcuni gradoni su un percorso attrezzato da scale metalliche e corde fisse. Dopo alcuni saliscendi, fra formazioni rocciose e canali detritici, siamo al guado del torrente che scende dalla Vedretta di Cantone. Poi dobbiamo affrontare l’ultimo sforzo, la salita, lungo facili balze, per circa 150 metri, dell’ampio promontorio sulla cui sommità troviamo finalmente la capanna dell’Albigna (m. 2336), del Club Alpino Svizzero.


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Ci sono due passi che mettono in comunicazione la Val Masino con il territorio svizzero. Il primo è il passo di Bondo (pas de bund, m. 3169), in Val Porcellizzo, che presenta difficoltà alpinistiche e tratti su ghiacciaio. Il secondo è il passo di Zocca (pas da zòca, m. 2746), nella valle omonima (laterale della Val di Mello), al quale, invece, si sale con relativa facilità, in assenza di neve (quindi a stagione avanzata o tarda).
Raggiungiamo, quindi, la Val di Mello, lasciamo l'automobile al parcheggio (nei periodi in cui questo è consentito; in estate dovremo incamminarci da San Martino o prendere il bus-navetta) percorriamola fino ad oltrepassare la località di Cascina Piana (casìna ciàna, m. 1092) e ad incontrare l'indicazione della deviazione sulla sinistra per il rifugio Allievi.
Il sentiero, recentemente sistemato nei punti più ripidi con una comoda gradinatura, sale, nel primo e faticoso tratto, sulla sinistra (per noi) della valle, per poi attraversare il torrente Zocca su un bel ponte, anch'esso collocato da poco. L'ulteriore salita fino alla casera di Zocca (seminascosta, sulla destra, a m. 1725) non dà molti momenti di respiro, per poi cominciare ad assumere pendenze meno severe, uscendo dal fresco bosco di conifere e tagliando in diagonale il fianco destro della valle, fino ad affacciarsi al corridoio che immette nel pianone di Zocca che, per la sua conformazione, dà il nome alla valle (m. 2016).
Attraversata la piana sul lato destro, raggiungiamo il piede dell'ultimo ed ampio zoccolo glaciale che ci separa dal circo superiore della valle. I segnavia ci guidano nel tratto in cui la traccia sembra perdersi, finché la ritroviamo e, seguendola, risaliamo faticosamente lo zoccolo, attraversando due vallecole e portandoci, nell'ultimo tratto, verso sinistra, sul bordo di un marcato canalone che scende verso la piana. Siamo ormai in vista dei rifugi Allievi e Bonacossa (m. 2385), che raggiungiamo dopo aver attraversato, proseguendo verso sinistra (nord-ovest), un torrentello. Dal parcheggio della val di Mello ai rifugi sono necessarie dalle tre alle quattro ore di cammino, per superare gli oltre 1300 metri di dislivello.
I rifugi sono fra i più frequentati delle Alpi centrali, anche perché la valle di Zocca è una delle mete più ambite degli scalatori, per le innumerevoli ed interessanti vie di ascensione, aperte ed ancora da aprire, che le sue famose cime (da ovest, cima di Zocca, m. 3174, punta Allievi, m. 3225, cima di Castello, m. 3392, punta Rasica, 3305, pizzo Torrone occidentale, m. 3351) offrono. Inoltre sono anche un punto di appoggio
obbligato per chi percorre il celeberrimo Sentiero Roma (senté róma). Loro antenata è la capanna Zocca, costruita nel 1897, a cura della sezione milanese del C.A.I. Rifatta nel 1905, venne successivamente distrutta da una valanga. Durante la prima guerra mondiale venne riedificata per ospitare un distaccamento di alpini per presidiare il passo di Zocca, che guarda alla Val Albigna, perché il generale Cadorna era convinto che lo stato maggiore svizzero avrebbe potuto concedere il permesso di passaggio alle truppe austro-ungariche, che avrebbero potuto quindi invadere la Valtellina dalla Valle di Poschiavo, dall'Engadina e dalla Val Bregaglia. Assunse, allora, la denominazione che onora Francesco Allievi, alpinista appassionato della Valle di Zocca. Durante la seconda guerra mondiale venne usata come punto di appoggio dalle formazioni partigiane e quindi danneggiata durante il rastrellamento nazifascista del 1944. Ricostruita nel 1950, è affiancata, dal 1988, dal rifugio Bonacossa. Nell'inverno del 1999-2000 è stata seriamente danneggiato da una valanga, e successivamente ristrutturata.
Noi, però, non ci accingiamo ad effettuare alcuna scalata, né a percorrere il Sentiero Roma. Cerchiamo, invece, alle spalle dei rifugi, i segnavia che ci indirizzano al percorso che permette di salire al passo di Zocca. Il passo è ben visibile già dai rifugi, guardando verso nord. Osserviamo l'evidente depressione sulla cresta di granito che chiude la valle: distingueremo, nella sua parte sinistra, un piccolo ma ben marcato ago roccioso, che segna il limite destro del passo.

Verso il passo di Zocca

Cominciamo, quindi, la salita, tendendo leggermente a sinistra, fino a raggiungere un grande ometto posto sopra un masso, che segnala una traccia di sentiero. Seguendola, ci portiamo ai piedi del ripido crinale che scende dalla depressione, più o meno al suo centro. Iniziamo ad attaccarlo nella sua parte sinistra, tenendone il lato destro. In alcuni tratti il sentiero è buono, ma discontinuo e, soprattutto, privo di segnavia. Solo gli ometti ci guidano.
La salita richiede cautela per qualche sasso mobile, ma non è difficile. Man mano che il passo si fa più vicino, l'ago alla sua destra assume l'aspetto più imponente di una sorta di
torre guardiana. Alla nostra sinistra, nei momenti di pausa necessaria, possiamo vedere l'aspra e dirupata parete orientale della cima di Zocca, mentre a destra si scorge un vallone che si inoltra sul fianco occidentale del gruppo di cime che comprende la punta Allievi.

Passo di Zocca

Alla fine, dopo poco più di un'ora dai rifugi, guadagniamo i 2746 metri del passo di Zocca, dove su un sasso, nel 1930, è stato segnalato il confine italo-svizzero. Oltre il passo, si apre lo scenario suggestivo dell'ampio vallone della lingua sud-orientale della Vedretta dell'Albigna. A sinistra è ben visibile la poderosa costiera granitica sulla quale si collocano la Sciora di dentro, l'Ago di Sciora e la Sciora di fuori. Il dislivello complessivo dell'escursione è di poco inferiore ai 1700 metri, ed il tempo necessario è di circa cinque ore.

Lo scenario sul versante opposto è grandioso. In particolare, alla nostra sinistra, la Sciora e l'Ago di Sciora si mostrano in tutto il loro splendore.

Vedretta dell'Albigna

Se abbiamo tempo ed energie, oppure se abbiamo pernottato ai rifugi Allievi-Bonacossa, l'occasione per scendere nella splendida Valle dell'Albigna è di quelle da non perdere. Qui troviamo un rifugio che può essere un ottimo unto di appoggio, la Capanna dell'Albigna. Dal passo di Zocca iniziamo la discesa alla vedretta dell’Albigna. Dopo un brevissimo tratto verso destra (nord-est), iniziamo una lunga diagonale verso sinistra (nord-ovest), che taglia il versante abbastanza ripido di neve e ghiaccio che dal passo scende al ghiacciaio.


Discesa dal passo di Zocca alla vedretta dell'Albigna

Passiamo così a monte dello stretto canalino centrale, sotto la verticale del passo, e dei due bastioni rocciosi fra i quali è rinserrato, lasciandoli alla nostra destra. Giunti quasi a ridosso del salto roccioso che scende a nord dalla cima di Zocca, pieghiamo a destra e scendiamo quasi diritti (nord) per breve tratto. Giunti in vista di un crepaccio, pieghiamo decisamente a sinistra (ovest) e poi di nuovo a destra (nord-est), aggirandolo e lasciando alla nostra sinistra un secondo crepaccio.

Sciora ed Ago di Sciora

Dopo una breve discesa siamo infine sul corpo della vedretta dell’Albigna, che, a stagione inoltrata, quando il manto di neve si è sciolto, si nasconde sotto uno strato di detriti che non farebbero neppure sospettare la sua presenza. Ora procediamo sul ghiacciaio stando leggermente a destra, o guadagnando e seguendo il filo del cordone morenico di destra. La valle piega leggermente a destra e noi giungiamo così in vista del grande bacino di sbarramento dell’Albigna.
Dopo aver guadato due corsi d’acqua, che scendono dalla Vedretta settentrionale di Castello, procediamo verso nord seguendo i segnavia e ci avviciniamo ad alcuni speroni rocciosi che scendeno verso ovest dalla punta dell’Albigna quasi a lambire la riva orientale del lago. Non possiamo quindi aggirarli al piede, ma dobbiamo tagliarli salendo alcuni gradoni su un percorso attrezzato da scale metalliche e corde fisse. Ovviamente dobbiamo procedere con estrema attenzione, soprattutto in condizioni ambientali non buone (che significa anche scarse condizioni di visibilità). Dopo alcuni saliscendi, fra formazioni rocciose e canali detritici, siamo al guado del torrente che scende dalla Vedretta di Cantone.
Poi dobbiamo affrontare l’ultimo sforzo, la salita, lungo facili balze, per circa 150 metri, dell’ampio promontorio sulla cui sommità troviamo finalmente la capanna dell’Albigna (m. 2336), del Club Alpino Svizzero. Siamo in cammino da circa tre ore ed abbiamo superato un dislivello in altezza di 400 metri. Teniamo conto che poco più a valle si trova il punto di arrivo della funivia che ci permette di scendere a Pranzaria, a circa due chilometri da Vicosoprano, sul fondo della Val Bregaglia elvetica.


La Capanna Albigna

Il rifugio o Capanna dell'Albigna, di proprietà del C.A.S. Sezione Hoher Rohn, è gestito da Isabella Shär - Staad (tel.: 0041 (0)71 8550981; il telefono del rifugio è 0041 (0)82 41405), dispone di 94 posti letto e di docce ed offre servizio di mezza pensione o pensione completa. Il vecchio rifugio, interamente in legno, venne costruito nel 1910 e fu poi sommerso dalla grande diga. L'attuale struttura è stata inaugurata nel 1956.
E' gestito solo in estate (1 luglio-15 settembre), ma dispone di un locale-ricovero sempre aperto con 14 posti letto. D'estate è molto frequentato, anche dalle famiglie (ci sono camere per famiglie da 4, 6 e 8 letti), perchè servito dalla funivia da Pranzaira, dal cui punto di arrivo lo si raggiunge in poco più di un'ora di cammino, dopo aver attraversato il coronamento della grande diga (lo sbarramento, a 2165 metri di quota, nel punto massimo è alto 115 metri) che ha originato il grande lago artificiale dell'Albigna.


Traversata dal Passo di Zocca alla capanna dell'Albigna

Si tratta di un lago imponente, che raggiunge 70 milioni di metri cubi d'acqua ed è lungo 760 metri. Venne completato nel 1959 e serve la centrale di Lobbia, sul fondo della Val Bregaglia. La sua costruzione cancellò le pittoresche cascate dell'Albigna, ma rese la valle omonima molto più accessibile, anche per i numerosi scalatori che vi trovano innumerevoli possibilità di sfruttare le splendide pareti di granito.
Per informazioni si può scrivere all'indirizzo mail capanna@albigna.ch.

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IL PASSO DI ZOCCA, FRA STORIA E CRONACA

Il passo di Zocca è l'unico che consente un transito diretto dalla Val Masino alla Bregaglia elvetica. Si potrebbe pensare che abbia un interesse solo alpinistico, ma in realtà non è così. Correva il tragico anno 1620, per la precisione al terza decade di luglio, quanto il passo vide transitare alcuni fuggitivi che lasciavano la terra di Valtellina: erano protestanti che, per sfuggire alla caccia ed alla strage che li vedeva come vittime dopo il tristemente noto "Sacro Macello Valtellinese" (la rivolta della nobiltà cattolica valtellinese contro i protestanti e le Tre Leghe Grigie), erano saliti fin qui e vedevano nel ghiacciaio dell'Albigna la porta verso la salvezza (una porta ben più ampia e candida di quella che oggi si mostra).

Passo di Zocca

Due secoli e mezzo dopo la Guida alla Valtellina del CAI edita nel 1884 così descive il passo: "Il passo di Zocca è relativamente facile. Giunti alla sommità (2743 m.), lo sguardo può sorprendere la natura nei suoi più selvaggi e maestosi aspetti. A sud quel caos di enormi rottami che costituiscono le frastagliate cime di Val di Zocca, e in fondo gli scarsi pascoli. Al nord un'ampia conca, conterminata da vette egualmente giganti, in fondo alla quale s'adagia il ghiacciaio dell'Albigna che ricolma in dolce pendenza tutta la valle. Si può scendere in circa due ore, generalmente senza difficoltà di sorta, giacché ha pochissimi crepacci. Il Freshfield però narra di due suoi amici che si trovarono imbarazzati da una bergschrund proprio sotto il colle. Oltrepassate le magnifiche cascate dell'Albigna si giunge in breve ora a Vico-Soprano sulla Mera. Da S. Martino a Vico-Soprano si impiegano da 12 a 13 ore".

Passo di Zocca

Passano altri vent'anni, ed il 16 agosto 1905 il noto naturalista ed alpinista Bruno Galli Valerio passò di qui, descrivendo così la sua discesa dal passo alla capanna della Valle di Zocca:
“Nella valle di Zocca, nuvole nere si accumulano. Quando si aprono, intravediamo la nuova capanna. A mezzogiorno e mezzo, cominciamo la discesa per frane di tutte le dimensioni. Il rumore delle pietre che rotolano, fa uscire da sotto un enorme masso, due doganieri, lieti di trovar qualcuno coi quali scambiare qualche parola, dopo tre giorni di completa solitudine. Raggiungiamo la capanna (2390 m.). Siamo i primi alpinisti che la visitano. E' bella e ben situata. Manca solo l'arredamento. Sulla sua destra, si rizza imponente la parete granitica e liscia della Cima di Zocca. Alcuni segni rossi sulle pietre ci indicano la strada da seguire per scendere all'Alpe di Zocca che vediamo sotto di noi, in un gran piano paludoso.

Sciora e Ago di Sciora

Portandoci sulla sinistra del torrente, la raggiungiamo rapidamente per coste erbose. Povera alpe, triste, rinchiusa fra nere pareti, con una baita coperta di sassi e di una sporcizia repellente e in cui trovano ricovero almeno sette persone! Invece che in Italia, ci si direbbe fra gli esquimesi! Eppure le pietre non mancano e lo splendido esempio dato dai proprietari della Val Spluga, che hanno costruito delle belle baite in sasso su tutti i loro pascoli, dovrebbe spingere i comuni che possiedono dei pascoli in Val Masino a costruire delle abitazioni umane per il loro affittuari. Sotto i pascoli, la valle scende quasi a picco su Val di Mello. Un sentiero corre sulla sinistra, poi, sotto la "casera", un ponte ci conduce sulla destra. Qui cominciano i boschi di conifere. Il torrente precipita in numerose cascate. Alle quattro e mezzo, tocchiamo il fondo della Val di Mello, tutto verdeggiante, percorso dal fiume limpido che vi fa mille meandri. Le cengie delle pareti granitiche sono coperte da splendidi faggi. La pioggia ci accompagna fino a S. Martino, che raggiungiamo alle cinque e venti di sera, e una carretta trascinata da un mulo scuotendoci e riscuotendoci, ci conduce alla stazione di Ardenno.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998).

Vedretta dell'Albigna

Sei anni dopo la solitaria riservatezza del passo venne clamorosamente violata: correva infatti l'anno 1911 quando Antonio Omio fu capo-gruppo alla "Patriottica Ascensione al Passo di Zocca e al Ghiacciaio dell'Albigna" patrocinata da M. Tedeschi, cui parteciparono 600 alpinisti. 600 alpinisti in un colpo solo! Più persone di quante il passo avesse mai viste probabilmente nei secoli precedenti!
Ma torniamo all'interessante riferimento del Galli Valerio ai due finanzieri appostati da tre giorni interi al riparo di un masso: il passo di Zocca fu, per decenni, nel secolo scorso, il punto di transito più agevole (ma anche il più pericoloso) per gli "spalloni" che praticavano il contrabbando con la vicina Confederazione Elvetica.
Lunga storia, quella del contrabbando in Val Masino. Lunga un secolo abbondante. Già Douglas W. Freshfield, alpinista inglese che ha legato la sua fama alle pionieristiche scalate nel gruppo del Masino, menziona, nel 1862, il contrabbando in valle, parlando del sentiero che dalla valle dell’Albigna raggiunge il passo di Zocca, sentiero “conosciuto soltanto dai contrabbandieri e dai pastori”. Del resto sappiamo che in quel medesimo periodo si era insediata a S. Martino una stazione della Guardia di Finanza (vi stanziavano, nel 1900, 15 unità, cifra che testimonia dell’entità del contrabbando in Val Masino). Dobbiamo portarci agli anni settanta del Novecento per assistere al tramonto del contrabbando, ormai non più conveniente economicamente.


Cima di Castello, punta di Rasica e pizzo Torrone occidentale

Il passo di Zocca era il più valicato, in quanto decisamente più agevole rispetto al passo di Bondo, in Val Porcellizzo, o al monte Sissone, sulla testata della Val Cameraccio. Non l’unico, però, dal momento che i Finanzieri non stavano a guardare, o meglio, guardavano, sì, ma da postazioni strategiche, pronti ad intervenire ogniqualvolta avvistavano sospetti contrabbandieri scendere dal passo. In Valle di Zocca, infatti, era stata costruita, su un dosso che sovrasta, ad est, il pianone, una postazione di osservazione denominata “cà di finanziér”, dalla quale si dominava l’intero alto circo della valle.
Più in basso, a monte del sentiero che risale la valle, fra la casera di Zocca ed il “crusùn” (la croce che precede l’ingresso al pianone), si trovava, poi, il cosiddetto “càmer di guèrdie", una grotta naturale anch’essa utilizzata per gli appostamenti dei finanzieri. In questi scenari si è, dunque, giocata più e più volte la partita di abilità, scaltrezza, coraggio e resistenza fra i “fènc” (letteralmente, i ragazzi: così venivano denominati, gergalmente, allo scopo di non farsi intendere, i finanzieri) o "burlandòt" ed i contrabbandieri, che, di ritorno dal “viac’ inch dè pòs”, portavan fuori dalla Svizzera “el mòrt” (il morto, cioè, nel gergo, la merce di contrabbando: sale, soprattutto nel periodo fra le due guerre e durante la seconda guerra mondiale, poi caffè e tabacco, nel secondo dopoguerra, scambiati in genere con riso e prodotti alimentari della valle). Quando andava bene, si poteva “mèt via èl mòrt”, “mettere via il morto”, non nel senso di celebrare un funerale, ma di riuscire a smerciare la merce contrabbandata, realizzando quel guadagno che ripagava dello sforzo durissimo della doppia traversata (effettuata in genere in 24-36 ore). Quando andava male, invece, si doveva fuggir via a gambe levate, lasciando sul posto la bricolla con la merce.

Valle di Zocca dal passo di Zocca

Una partita fra avversari, non nemici: contrabbandieri e finanzieri, infatti, senza darlo troppo a vedere, si rispettavano, ciascuno comprendendo le ragioni dell’altro, anche se fermamente decisi a non venir meno al proprio compito. Una partita che non era giocata in campo neutro, in quanto i contrabbandieri avevano dalla loro parte la popolazione locale, in genere pronta ad avvertirli del pericolo di pattugliamenti o appostamenti, anche con finti richiami alle greggi "bea, bea, ciachès"). Vi furono momenti di tensione, ma in nessun caso si giunse ad esiti tragici, che invece non mancarono in altri versanti valtellinesi interessati alla pratica del contrabbando. I finanzieri si accontentavano di requisire tutti i carichi di cui riuscivano ad impossessarsi, fingendo, per lo più, di non riconoscere i contrabbandieri fuggitivi, con i quali, poteva capitare, finivano talora per giocare qualche partita a carte, la sera, in qualche osteria. Addirittura si poteva arrivare a forme di reciproco aiuto, come accadde, stando ad un racconto riportato da Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagna (cfr. Punte e Passi, a cura di L. Angelici ed A. Boscacci, Sondrio, 1998), quella volta che, sul finire dell’ottocento, due contrabbandieri sorpresi da una terribile tormenta appena sotto il passo di Zocca, sul versante svizzero, implorarono i Finanzieri di trarli d’impaccio. Poi, il progressivo esaurirsi del fenomeno, che portò alla chiusura della  caserma delle Guardie di Finanza nel 1973 (negli ultimi anni, peraltro, utilizzata soprattutto per ospitare militi convalescenti da malattie legate a cause di servizio).


Discesa dal passo di Zocca alla vedretta dell'Albigna

Vedretta dell'Albigna


Valle dell'Albigna

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line.


1. Novate-Brasca 2. Brasca-Gianetti 2bis. Omio-Gianetti 3. Gianetti-Allievi 4. Allievi-Ponti 5. Ponti-Chiesa Valmalenco

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CARTA DEL TERRITORIO COMUNALE sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
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