INDICE DELLE SCHEDE DELLE OTTO TAPPE (CLICCA SU CIASCUNA PER APRIRE LA RELATIVA SCHEDA)

PRESENTAZIONE

Una valle, diversi nomi. Tale la situazione della valle che si apre a nord di Chiavenna, fino al passo dello Spluga. In passato si parlava di Valle del Liri (dal torrente, tributario della Mera, che la percorre) o Val San Giacomo. Attualmente prevale la denominazione di Valle Spluga (o Vallespluga). Ma se chiedete alla gente che vi abita, probabilmente vi diranno, con malcelato orgoglio, che si tratta della Val di Giüst, la Valle dei Giusti, con riferimento storico al peculiare privilegio di essere esonerata dall’ospitare malfattori condannati al confino.
La valle è famosa per lo storico passo dello Spluga, nodo fondamentale, nella storia, delle comunicazioni con la Rezia elvetica ed i territorio di lingua tedesca. Altrettanto lo è per gli scenari alpini di particolare bellezza e luminosità, sia sul suo versante occidentale (Alpi Lepontine) che su quello orientale (Alpi Retiche).
Per questo, in analogia con quanto già approntato in altri comprensori, la sezione Valle Spluga del CAI pensò, nel 1992, di segnalare un’alta via che ne collegasse i 17 bivacchi e rifugi, descrivendo uno splendido anello con punto di partenza San Bernardo (frazione di San Giacomo Filippo) e punto di arrivo il centro di San Giacomo Filippo, il primo comune della valle. Articolato in otto tappe, il Trekking della Valle Spluga è stato poi ritracciato in funzione della collocazione e predisposizione dei bivacchi del Passo del Servizio e di Ca’ Bianca. Vale la pena di annotare che il rispetto a queste strutture è assolutamente doveroso.

Il percorso si snoda quasi interamente ad una quota superiore ai 2000 metri, quindi nello scenario tipico di alta montagna, con pochi passaggi delicati, che richiedano una messa in sicurezza con corde fisse. Pochi anche i passaggi esposti che, con buone condizioni di terreno, si superano senza troppo patemi d’animo con la necessaria prudenza ed esperienza (mi è comunque parso opportuno fornire la valutazione EE, mentre nella Guida CAI-TCI la valutazione è E). Ancora nel mese di luglio potrà capitare, non di rado, di attraversare dei nevai, mai però dei ghiacciai, perché solo in due casi (ghiacciaio del Ferrè e di Suretta) se ne lambisce il bordo. È possibile, inoltre, se dovesse rendersi necessario, tornare, durante ciascuna tappa, al fondovalle. Sarà superfluo raccomandare abbigliamento ed equipaggiamento adeguati alle escursioni di alta quota.
La difficoltà del trekking è legata soprattutto alla lunghezza di alcune tappe ed all’impegno correlato ai dislivelli da superare. Condizione necessaria, dunque, per chi volesse percorrerlo integralmente, è una buona preparazione fisica. L'indicazione dei tempi di percorrenza è calcolata sulle possibilità di un camminatore medio (nella Guida CAI-TCI i tempi sono inferiori). Dal tempo degli orologi a quello del meteo (da consultare, sempre): non si sottovaluti l'insidia legata non solo ai temporali, ma anche alle nebbie, che talora si infittiscono tanto da rendere problematico l’orientamento. L’attenzione ai segnavia è dunque di fondamentale importanza. Per questo ho corredato le schede illustrative delle otto tappe con estratti della Carta Nazionale Svizzera (alle condizioni di concessione della Swisstopo, che ne detiene il copyright), particolarmente puntuale (la carta è consultabile anche on-line, all’indirizzo http://map.geo.admin.ch e, ovviamente, acquistabile, sempre on-line o nei negozi specializzati).

Il cammino non è solo un percorrere spazi, ma anche ripercorrere le vie della storia, dal momento che i luoghi attraversati, oggi consegnati alla solitudine ed al silenzio caro a molti escursionisti, in passato erano caratterizzati da una presenza umana multiforme e vivace, percorsi da com’erano da mercanti ed alpeggiatori, o addirittura, com’è testimoniato dai siti archeologici del Pian dei cavalli, da cacciatori della Preistoria: anche a questo aspetto si fa riferimento nelle schede.
Il racconto del Trekking ricalca le indicazioni della Guida dei Monti d’Italia del CAI-TCI (volume “Mesolcina, Spluga, Monti dell’Alto Lario”, curato da A. Gogna ed A. Recalcati ed edito nel 1999), con un occhio anche alle indicazioni del sito del CAI Vallespluga (www.caivallespluga.it; per informazioni telefonare al 3334431373, oppure scrivere a info@caivallespluga.it). Sarò grato a quanti vorranno segnalare lacune o inesattezze, che sarà mia cura correggere prontamente. Buon cammino, con la libertà di spirito che ciascuno, almeno in montagna, non può non riscoprire.

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CARTA RIASSUNTIVA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Anche le carte sopra riportate sono estratti della CNS. Apri qui la carta on-line

TAVOLA RIASSUNTIVA DELLE OTTO TAPPE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in salita/discesa
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Scanabecco (Olmo)-Rif. Carlo Emilio
4 h
1100/-
E
Variante consigliata: Scanabecco (Olmo)-Rif. Carlo Emilio-Biv. Passo del Servizio
5 h e 30 min.
1520/20
E
Rif. Carlo Emilio-Biv. Passo del Servizio-Bivacco Ca' Bianca
5h
1010/560
EE
Variante: Rif. Carlo Emilio-Biv. Passo del Servizio-Ex Rifugio Maria Curti (Gusone)
4h
570/670
E
Variante 2: Biv. Passo del Servizio-Bivacco Ca' Bianca
4h
590/670
EE
Variante 3: Biv. Passo del Servizio-Ex Rifugio Maria Curti (Gusone)
4h
150/670
E
Biv. Ca' Bianca-Pian dei Cavalli-Alpe Zocana-Frondaglio-Valli Oro e Schisarolo-Bivacco Val Loga (ex biv. Cecchini)
7 h
1290/1090
EE
Variante: Rif. Maria Curti (Gusone)-Pian dei Cavalli-Alpe Zocana-Frondaglio-Valli Oro e Schisarolo-Bivacco Val Loga (ex biv. Cecchini)
7 h
1840/890
EE
Bivacco Val Loga (ex biv. Cecchini)-Montespluga-Alpe Suretta-Bivacco Suretta
5 h e 30 min.
840/870
EE
5. Bivacco Suretta-Pizzo Spadolazzo-Rifugio Bertacchi
3 h
140/490
EE
Variante: bivacco Suretta-laghetti di Val Niemet-Rifugio Bertacchi
3 h
40/490
EE
Rif. Bertacchi-Passo di Sterla sett.-Val di Lei-Passo di Angeloga-Rif. Chiavenna
8 h
990/1220
EE
Variante: Rif. Bertacchi-Passo di Sterla sett.-Val di Lei-Rifugio Baita del Capriolo
6 h
660/900
EE
Rif. Chiavenna-passo dell'Angeloga-Alpe Mottala-Val di Ca'-Bivacco Chiara e Walter
6 h e 30 min.
1050/430
E
Variante: Rif. Baita del Capriolo-lungolago della Val di Lei-Val di Ca'-Bivacco Chiara e Walter
6 h e 30 min.
730/-
E
Biv. Chiara e Walter-Passo d'Avero-Alpe d'Avero-Olcera-Cassinaccio-Dalò-S. Giacomo-Filippo
6 h e 30 min.
400/2510
EE

BIBLIOGRAFIA

A. Gogna, A. Recalcati, "Guida CAI-TCi dei Monti d'Italia - Mesolcina, Spluga. Monti dell'Alto Lario", CAI-TCI, 1999

SITOGRAFIA

Sito della sezione Vallespluga del CAI

APPROFONDIMENTO: LA VALLE DI SAN GIACOMO


Bandiera del Comune della Valle di San Giacomo

Quella che oggi è conosciuta come Valle Spluga, era chiamata in passato Valle del Liro, dal fiume che la percorre interamente, per 34 km, dal passo dello Spluga alla confluenza con la Mera, o, più propriamente, Valle di San Giacomo, dal suo centro amministrativo, San Giacomo-Filippo. Popolarmente è invalso l'uso di chiamarla "Val di Giüst".
Il suo versante occidentale è costituto dalla dorsale che la separa dalla Mesolcina, e che sale dal Pizzaccio (m. 2589), appena a nord del passo della Forcola, al pizzo Quadro (m. 3013), al monte Baldiscio (m. 2851) ed al pizzo Tambò (m. 3275), la massima elevazione della valle. Ad est, invece, il displuvio che separa il bacino del Liro, cioè del Po, da quello del Reno è scandito dai pizzi Stella (m. 3136), Groppera (m. 2849) ed Emet (m. 3210). Tributarie di questa valle sono, sul lato occidentale, da sud, le valli del Drogo, della Sancia, di Starleggia, Febbraro, Vamlera, dell'Oro, Schisarolo e Loga. Sul versante orientale, invece, vi confluiscono, sempre da sud, le valli d'Avero, Rabbiosa e Scalcoggia.
La sua importanza storica è legata all'antichissima ed importantissima via che, salendo da Chiavenna, valicava il passo dello Spluga, unendo il bacino padano ai paesi di lingua tedesca. Due documenti di età imperiale romana, infatti, riportano la via dello Spluga: si tratta dell'Itinerarium Antonini, redato al tempo di Diocleziano, e della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta romana di età imperiale. Vi si menziona Tarvedese, probabilmente Campodolcino, dove la strada vera e propria terminava, lasciando il posto alla mulattiera percorsa appunto da muli, che superava l'aspro versante della Valle del Cardinello e raggiungeva Cunu Areu, cioè Montespluga, pero poi salire al passo.


Apri qui una panoramica su Montespluga

Fino all'età medievale fu questa l'unica via per valicare il passo. Ad essa dal 1223 si affiancò quella che da Campodolcino saliva a Madesimo ed al passo di Emet. La prima rimase però la più utilizzata nella stagione invernale. Raggiunto il passo dello Spluga, tenuto aperto anche d'inverno, il percorso scendeva fino alla valle del Reno Posteriore ed a Coira, seguendo la Viamala. Questo fu l'itinerario percorso per secoli dalle merci più diverse, fra cui cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie, con 300-400 passaggi giornalieri nell'età moderna. Alla vita dei commerci e dei transiti si affiancò, nei tempi passati, prima della recente esplosione dell'economia del turismo, quella dura ed improba dei valligiani che vivevano delle risorse della pastorizia e delle scarse colture.
Tutto ciò segnò profondamente il carattere di queste genti, così descritto, nel 1827, nel diario Onofrio Piazzi pubblicato nel numero del 1968 di "Clavenna" (Bollettino del Centro di Studi Storici Valchiavennaschi): "Il carattere dei montanari di Valle St. Giacomo è deciso, fermo, pronuciato, ricopiando esso in certo modo la severità dei boschi e gioghi locali. Anche le donne sono robiste ed ardite a segno di dividere coi loro mariti il rigore di grandi stenti, ora perigliando con essi di rupe in rupe ad atterrar piante e raccoglierne la legna, ora spogliando di selvatico fieno ermi dirupamenti, ed ora spingendo i passi alla custodia delle loro vetture sino alle vette dello Spluga, talvolta i mezzo al furente grandinar di nevi e di piogge, e tra il soffio crudele degli aquiloni. Di ogni disagio è consigliera la necessità! Siccome questi abitanti hanno brevissima circoscritta agricoltura di campi, nè in alcun modo sufficiente ai mezzi di vivere, così non perdonano essi a sorte di fatiche onde sussistere."


Apri qui una panoramica sulla Valle di San Giacomo da Starleggia

Mentre oggi il territorio della valle è occupato dai comuni di San Giacomo-Filippo, Campodolcino e Madesimo, in passato dal punto di vista amministrativo essa fu, fino all'età contemporanea, un'unica comunità regolata da Statuti propri, la cui prima stesura nota è del 1538, ma che risalgono ad epoca antecedente e sanciscono il distacco dalla giurisdizione civile (ma non penale) di Chiavenna. L'autonomia della Valle di San Giacomo risale infatti alla fine del secolo XII. Nel 1205 Valle e Mese comparivano come comuni e università, ovvero vicinie, corpi distinti con diritto di essere rappresentati da consoli nel comune di Chiavenna, e nel 1252 Chiavenna e la Valle avevano già estimi distinti. Nel 1335 gli Statuti di Como menzionano la comunità come “comune locorum de Valle”. Il 10 settembre 1346 si radunò un convocato del comune degli uomini di Valle in San Giacomo. Da tale documento il Buzzetti deduce che il territorio era allora abitato da Ugia a Porpiano, e Campodolcino si trovava ai limiti della zona abitata permanentemente, mentre il centro del comune era San Giacomo. In seguito, a causa dello sviluppo demografico di Fraci­scio, Isola, Pianazzo e Madesimo, il centro si spostò a Campodolcino
Quando le Tre Leghe Grigie divennero signore di Valtellina e Valchiavenna, nel 1512, confermarono l'autonomia privilegiata del comune e stabilirono di nominare un commissario a Chiavenna ed un podestà a Piuro, mentre la Val San Giacomo, in virtù di un rapporto privilegiato, eleggeva da sè il proprio ministrale, che giudicava autonomamente, coadiuvato da un luogotenente, nelle cause civili. In materia criminale, invece, la giurisdizione del commissario di Chiavenna si estendeva su tutto il contado. Tutto ciò è espresso nella forma più chiara in quanto si lege in un documento del 1639, redatto per volontà dei signori della contea di Chiavenna dal 1512, le Tre Leghe Grigie: "Di più separiamo tutta la detta valle Santo Giacomo nelle cose politiche da Chiavenna, in modo che essa valle Santo Giacomo nelle cose politiche sia un corpo separato, e non incorporato nel contado, anzi che abbia di fare e avere li suoi particolari e propri estimi, consoli di giustizia, ed altre ragioni politiche".


Apri qui una panoramica sulla Valle di San Giacomo dalla Motta di Madesimo

La condizione di relativo privilegio della valle, già affermata in età viscontea, deve la sua ragione alla posizione strategica per i commerci da e per i paesi della Germania meridionale. Gli Statuti del 1538 dividevano la valle in otto quartieri, San Giacomo, Monti di San Bernardo, Monti di Olmo e Somma Rovina, Campodolcino, Fraciscio, Starleggia e Pianaccio, cui si aggiungevano quattro squadre, due per Isola, Tegge e Rasdeglia.
La comunità di valle veniva retta da un console elettivo, che a sua volta sceglieva un consigliere per ciascun quartiere e squadra, con poteri specifici sui lavori necessari a ponti e strade. Ogni quartiere della Val San Giacomo aveva un proprio consiglio di quartiere e propri consoli, mentre al di sopra c’era un consiglio generale di valle. Massimo organo del comune era il consiglio di valle, che tenne la sua ultima riunione l'11 gennaio 1798. Il consiglio di quartiere, convocato dal consigliere di ogni quartiere della Val San Giacomo con preavviso settimanale, radunava i vicini, tutti gli uomini dai quindici anni in su, e si riuniva di domenica sulle piazze o all’interno delle chiese del quartiere. Il consiglio generale del comune coincideva con l’assemblea generale della Val San Giacomo, e rappresentava il consiglio dei quartieri e del popolo di valle, per cui non era assemblea unica, ma espressione di più assemblee decentrate. Il consiglio di valle era formato dal console o ministrale ed era emanazione diretta del consiglio generale. Si riuniva anche più volte al mese, nominava il ministrale, il luogotenente, i consoli di quartiere e gli ufficiali di comunità. Il luogo di riunione dei consigli, dapprima nel villaggio di San Giacomo, dal 1477 passò a Campodolcino.


Apri qui una panoramica sulla Valle di San Giacomo dagli Andossi

Con il sindacato generale del 27 febbraio 1650 la valle venne divisa in tre terzieri (nuclei dei futuri comuni), il "terzero di fuori" o di San Giacomo, con Monti di San Bernardo e Sommarovina e Lirone, il "terzero di mezzo" o Campodolcino, con Fraciscio, Starleggia, Vho e Portarezza, ed il "terzero di dentro", o di Isola, con Madesimo e Pianazzo, oltre alle squadre di Teggiate e Rasdeglia. Tale suddivisione è rappresentata nella bandiera della valle, divisa in tre fasce orizzontali, ognuna delle quali è a sua volta divisa in quattro strisce di colore nero, verde, rosso e giallo che rappresentano i quartieri di ogni terziere. Al centro campeggia uno scudetto rettangolare con l'immagine di San Giacomo, con la scritta “Vallis San Jacobi”.


Apri qui una panoramica della Valle di San Giacomo dagli Andossi

Dopo il Congresso di Vienna (1815) il comune unitario venne diviso nei tre comuni attuali, di San Giacomo-Filippo, Campodolcino e Isolato (poi Madesimo). Durante la dominazione asburgica della prima metà dell'Ottocento importanti opere viarie diedero un nuovo impulso alla via dello Spluga. L'ingegner Carlo Donegani progettò infatti la nuova strada realizzata tra il 1818 ed il 1823, che, sul versante italiano, abbandonava le pericolose gole del Cardinello sfruttando un percorso più sicuro con l'ardito tracciato che saliva a Pianazzo. Dopo l'alluvione del 1834 che ne danneggiò gravemente diversi tratti da Campodolcino ad Isola, venne costruito l'arditissimo tratto che coincide con il tracciato attuale, e che da Madesimo sale direttamente a Pianazzo, tagliando fuori Isola e risalendo il vertiginoso versante dello Scenc'. La nuova strada, aperta nel 1838, diede un grande impulso ai transiti commerciali e turistici, regalando per qualche decennio al passo dello Spluga il primato indicusso fra i valichi delle Alpi Centrali, tanto da giustificare i non indifferenti sforzi per tenerlo aperto lungo l'intero arco dell'anno.
Nella seconda metà dell'Ottocento, però, lo Spluga perse la sua centralità strategica, per l'apertura delle gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del San Gottardo (1882). Per ovviare a questo delino venne formulato il progetto del traforo dello Spluga, che però non si concretizzò mai. I transiti commerciali terminarono, lasciando però il posto ai più diradati ma anche suggestivi transiti di turisti e viaggiatori. Non pochi furono gli artisti, gli scienziati ed i pensatori famosi che passarono per lo Spluga, da Erasmo da Rotterdam nel 1509 a Johann Wolfgang Goethe nel 1788, da William Turner nel 1843 a Friedrich Nietzsche nel 1872, da Jacob Burckhardt nel 1878 a Henry James, da Giosuè Carducci, che visitò il passo più volte durante i suoi soggiorni estivi a Madesimo tra il 1888 ed il 1905, ad Albert Einstein nel 1901, per citare solo i più famosi. In particolare, il sommo poeta tedesco Goethe varcò lo Spluga, di ritorno dal suo viaggio in Italia, alla volta di Weimer. Andersen vi passò qualche decennio dopo e, sceso a Chiavenna, si vide rifiutare una tazza di caffè e latte perché si era di venerdì ed il latte era proibito dal precetto del magro. Nel 1922 il celebre poeta Giovanni Bertacchi , nel discorso scritto per le celebrazioni del centenario della nuova strada dello Spluga, con queste parola descrive il mesto tramonto della più antica via del Cardinello: "Ora il passo del Cardinello è abbandonato, la vecchia mulattiera si viene in più tratti sgretolando, mentre qualche solingo viandante rifà la yraccia antica, ammira la scena mirabimente selvaggia, ascolta le voci arcane della montagna, se mai vi riecheggia ancora il tumulto del passaggio di MacDonald, recante fra stenti di ogni sorta, nel dicembre dell'800, i soccorsi incovaci dal Bonaparte."


Apri qui una panoramica su Montespluga e la Valle di San Giacomo

G. B. Crollalanza, nella sua "Storia del Contado di Chiavenna" (Milano, 1867), traccia questo quadro della valle nella seconda metà dell'Ottocento: "La Valle San Giacomo, sebbene vada distinta per l'abbondanza de' fieni e de' pascoli ch'essa possiede, è però assai scarsa, e si potrebbe anche dir quasi priva di ogni altro prodotto; e i suoi cinquemila abitanti non potrebbero trovarvi la loro annuale sussistenza, se non traessero sostentamento dal trasporto delle mercanzie, e più col recarsi nella stagione iemale nella Lombardia e in Piemonte a distillare l'acquavite, mentre i più arditi emigrano per l'America, donde dopo otto o dieci anni ritornano ai loro poveri ma sempre amati tuguri col noniscarso frutto de' loro travagli, de' loro risparmi. Questa emigrazione viene inoltre compensata dagli abitanti di Colico, Piantedo, Sant'Agata, Sorico ed altri paesi che nella stagione calda vengono a ricovrarsi nella valle a fine di fuggire l'aria malsana della pianura, e a respirarci invece quella balsamica della montagna, conducendo il più di essi innumerevoli armenti di ogni specie, che fra que' monti trovano in estesi pascoli abbondante alimento.... Il principal ramo d'industria degli abitanti del contado, e specialmente di quelli della val San Giacomo, consiste nel bestiame bovino e nelle capre. ... Scarso è il numero dei cavalli...; più scarso ancora è quello degli asini e dei muli.... Scarso vi è pure il numero dei majali e dei gallinacci, e ciò dipende dalla penuria delle granaglie proveniente dalla troppo limitata estensione dei poderi. ... Nelle foreste più aspre e selvaggie spesso si incontrano lupi e orsi."
Ad oltre un secolo di distanza gli scenari sono radicalmente mutati: niente più lupi né orsi, se non qualche raro esemplare monitorato, frutto di progetti di reinserimento, niente più quadri di vita modesta e parsimoniosa. Complice l'esplosione dell'industria del turismo, impianti di salita e strutture per la villeggiatura estiva la fanno da padrone, soprattutto a Madesimo, ma anche a Campodolcino, rilanciando la valle sulla scia delle logiche del turismo globale del terzo millennio.


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