Sul versante meridionale della Bregaglia italiana
CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI
La traversata dei Monti del versante meridionale della Bregaglia italiana, da Villa di Chiavenna a Chiavenna, è un’escursione che richiede un’intera giornata ed una riserva di energie non indifferente. Chi volesse fruire di una sorta di editio minor, o versione ridotta, potrebbe effettuare una traversata che parte da San martino di Aurogo, sale lungo il fianco occidentale della bassa Val Aurosina, traversa a Pradella ed Uschione e scende a Chiavenna. Questa traversata necessita di due automobili, una da parcheggiare a Chiavenna, una seconda da portare a Santa Croce di Piuro.
Procediamo dunque sulla ss 36 dello Spluga fino a Chiavenna. Con la prima automobile alla prima rotonda prendiamo a destra e portiamoci verso il centro storico, passando davanti alla stazione ferroviaria e parcheggiando in zona Pratogiano. Con la seconda automobile, invece, procediamo diritti alla prima rotonda ed alla seconda prendiamo a destra, imboccando la ss 37 del Maloja. Usciti da Chiavenna, entriamo nel territorio del comune di Piuro ed attraversiamo le frazioni di Prosto e Borgonuovo, raggiungendo infine la terza frazione di Santa Croce. Qui lasciamo la strada statale prendendo a destra e superando su un ponte il torrente Mera. Sul lato opposto andiamo a destra e parcheggiamo di fronte alla splendida chiesetta romanica di San Martino in Aurogo, uno dei luoghi più suggestivi della Val Bregaglia italiana. S. Martino in Aurogo Ci incamminiamo dal parcheggio (m. 500) e, attraversata la strada, passiamo davanti alla casa parrocchiale, superiamo il torrente della Val Aurosina ed imbocchiamo la stradina che fiancheggia il campo sportivo. Giunti sul limite del bosco, seguiamo le indicazioni per il Monte Tabiadascio e la Valle Aurosina, imboccando il marcato sentiero siglato B15, che inizia a salire verso sud-ovest, sul grande dosso boscoso compreso fra la bassa Valle Aurosina, alla nostra sinistra, e la Val Scilano, a destra. Dopo un tratto di salita graduale, intercetta il sentiero che sale da sinistra, da Scilano.
Qui troviamo un nuovo bivio al quale lasciamo a sinistra il sentiero B14 che traversa all’alpe Quarantapan e restiamo sul sentiero B12 che scende deciso verso destra (nord-ovest). Attraversata una valletta, il sentiero propone alcuni tornantini, poi piega leggermente a sinistra e prosegue diritto nella discesa verso nord-ovest, allargandosi a pista, sempre all’ombra di una pecceta. Superate le poche baite della Tieda (m. 1057), la pista volge a sinistra. Ignorato il sentiero B11 che alla nostra destra scende diretto alla chiesa della B. V. Assunta di Piuro, restiamo sulla pista, attraversiamo una valletta e proseguiamo in leggera discesa verso sud-ovest, raggiungendo Nesossi, una delle tre frazioni di Uschione.
Uschióne (üs-ción o, secondo più antica pronuncia, üs-chión) è uno splendido paesino di mezza montagna (830 m), arroccato su un terrazzo che si apre a sud-est di Chiavenna, a monte del ripido versante montuoso di boschi e roccioni di serpentino e pietra ollare (la varietà di serpentino utilizzata per i lavecc, la cui produzione costituì, per secoli, un elemento importante dell’economia chiavennasca). Si tratta della più importante frazione di Chiavenna, costituita da diversi piccoli nuclei (Pighétti – pighét(a) -, Nesóssi – nèsós(a) e Zarucchi – zarüch -) raccolti intorno alla secentesca chiesetta dedicata all’Ascensione, ed abitata, oggi, solo dalla primavera all’autunno, mentre un tempo costituiva una piccola vivace comunità contadina, già citata in un documento del XIII secolo. Fino al 1872 faceva parte del territorio del comune di Prata Camportaccio; poi passò a Chiavenna.
La popolazione di Uschione agli inizi dell’ottocento era così consistente da giustificare, dal 1813, l’istituzione di una vice-parrocchia, dipendente da Chiavenna, che nel 1886 venne eretta a parrocchia del vescovo Pietro Carsana. Nel 1892 contava 294 abitanti, e ricevette la visita del vescovo Andrea Ferrari (il futuro famoso cardinale): a quella data il suo beneficio parrocchiale era di 16,24 lire. Entro i confini della parrocchia di Uschione non esistevano né chiese né oratori, eccettuata la chiesa parrocchiale della Santissima Ascensione, con la confraternita del Santissimo Sacramento, solo maschile, fondata nel 1826. La più famosa figura di sacerdote che esercitò la sua azione pastorale ad Uschione fu quella dell’alpinista don Giuseppe Buzzetti, il primo, probabilmente, a salire in solitaria la temibilissima parete nord del pizzo di Prata, figura quasi leggendaria ed avvolta di mistero, per la sua morte, nel luglio del 1934, sul crinale che separa la Val Porcellizzo dall’alta Val Codera, mentre tornava proprio ad Uschione per celebrare la messa domenicale. Il suo corpo non venne mai trovato. La storia della parrocchia di Uschione, però, durò meno di un secolo: nel 1986 tornò, in un certo senso, alle origini, e fu accorpata alla parrocchia di San Lorenzo di Chiavenna.
Poco distante dalla chiesa, all’ombra di una selva pianeggiante, il “monümént”, monumento che commemora i caduti di Uschione nelle due guerre mondiali del novecento, con una scultura bronzea dello scultore Costantino Magni (1922): leggiamo, sulle targhe, i nomi dei soldati Severino Zarucchi, Fagetti Alessandro, Fagetti Edoardo, Guidi Antonio, Guidi Giovanni, Pighetti Agostino, Pighetti Giovanni Anselmo, Pighetti Giovanni Pietro, Zarucchi Agostino fu Giovanni, Zarucchi Agostino fu Costante, Zarucchi Pietro e Zarucchi Francesco, del caporale Fagetti Gentile e del sergente Guidi Luigi, morti nella prima guerra mondiale. I caduti della seconda guerra mondiale sono, invece, i soldati Guidi Aldo, Nesossi Corrado, Nesossi Rinaldo e Zarucchi Severino. Poco distante, infine, il piccolo cimitero, chiamato “ségrée”, cioè “sagrato”, perché un tempo era collocato proprio sul sagrato della chiesetta.
Ad Uschione vivevano permanentemente ancora negli anni cinquanta del secolo scorso dalle 200 alle 300 persone, con tanto di scuola elementare (alla quale i bambini, quando scendeva molta neve, venivano portati anche “a gigiola”, cioè sulle spalle, dai genitori, perché non avevano le scarpe da mettere). La gente doveva talora sobbarcarsi anche quotidianamente la fatica di scendere a Chiavenna e risalire, come testimoniato dalla signora Del Grosso, con due bambini piccoli, “uno in gerlo e uno in pancia”. Fatiche d’altri tempi.
La strada ha favorito il ripopolamento nei finesettimana e nel periodo estivo, ed ora le molteplici iniziative nella bella stagione, promosse dal Circul della Gioventù Uschionese (che ha sede nell’edificio della ex-scuola elementare, riadattato a ristoro), ne rendono assai vivace l’atmosfera. Fra queste le molteplici attività di outdoor che si appoggiano anche alla struttura del rifugio Uschione, aperto nel dicembre 2016 nell'edificio dell’ex canonica ristrutturata (cfr. www.rifugiouschione.it). Il rifugio è gestito da Fabrizio De Pedrini (mail: info@rifugiouschione.it; tel.: 349 3621056). L’edificio, sulla cui facciata si vede un dipinto che riproduce un’immagine della Madonna, si trova proprio di fronte alla chiesetta dedicata all’Ascensione. La struttura è aperta da febbraio a maggio tutti i weekend e festivi oppure su prenotazione. Da giugno a fine settembre è aperta tutti i giorni, mentre da ottobre a fine gennaio è aperta tutti i weekend e festivi oppure su prenotazione.
Passando fra le case del paese, volgiamo a destra e raggiungiamo la contrada Zarucchi (zarüch, m. 827), fino al cartello che segnala la partenza della mulattiera che scende a Chiavenna. Nel primo tratto è un sentiero che scende lungo una fascia di prati, poi a quota entra nel bosco e diventa una splendida mulattiera scalinata che scende nel bosco verso sud-ovest. Passiamo così a fianco di un grosso masso aggettante di pietra ollare, chiamato "sàs che góta", cioè "sasso che gocciola". Poi passiamo a quota 670 presso una fontana ed una “càva”, cava di pietra ollare e di amianto. Più in basso giungiamo ad una cappelletta eretta nel 1864 e restaurata nel 2005 (la capèla, m. 550), nella quale è raffigurata una Madonna incoronata con Bambino.
Usciamo poi alla parte alta dei prati del Belvedere (belvédée, m. 450), splendido poggio panoramico dal quale si gode un ottimo colpo d’occhio su Chiavenna e, alle sue spalle, sul ripido versante morenico dove, seminascosta dal bosco, si vede la frazione di Pianazzola, sotto il poderoso bastione roccioso che sostiene la piana di Dalò (che da qui, però, non si vede). Un parapetto in cemento protegge i distratti osservatori da un salto roccioso che si trova appena sotto, ma che da qui non si vede. La mulattiera prosegue risalendo diritta la fascia di prati (scénc’), fino alla baita dei Fagetti, accanto alla quale si trova la "stàla del pédóscìn". Appena prima della baita un sentiero parte verso sinistra, ed un cartello indica Belmonte-Roccolo-Prato Grande (25 min.).
La mulattiera termina all'ingresso del Deserto (désèert), cioè della casa dell’Istituto don Guanella, che sorge su un piccolo pianoro dove sorgeva l’osteria Deserto (di qui il nome), distrutta oltre ottant’anni fa. Scendiamo ora su una stradina che si immette nella via del Tiglio la quale, a sua volta, raggiunge il vuale di Pratogiano. Qui passiamo accantoal Crotto Ombra (cròt ómbra), sul lato sud-orientale del viale, alle cui spalle incombe il "sas di can", uno scuro roccione strapiombante di pietra ollare (cartello che segnala una Pista Ciclabile ed il Sentiero per Uschione):
CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). |
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