ESCURSIONI A POSTALESIO - CARTA DEL PERCORSO - GOOGLE MAP - GALLERIA DI IMMAGINI
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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Pista Pra Lone-Colina - Alpe Colina - Colma di Zana - Sasso Bianco
2 h e 30 min
790
EE
SINTESI. Da Postalesio saliamo sulla carozzabile che porta al maggendo di Pra Lone (m. 1028), proseguendo sulla pista fino alla sbarra che impedisce il transito. Parcheggiamo qui e ci incamminiamo, passando per l’isolata baita Galibio (m. 1704). La pista, infine, esce dal bosco in vista dell’alpe Colina. Ignorata la deviazione a sinistra che sale al baitone di quota 1910, ci approssimiamo al primo gruppo di baite, poste ad una quota leggermente superiore ai 1900 metri. Appena prima delle baite, troviamo una fontana, costruita interamente in pietra. La pista prosegue fino ad un secondo gruppo, più numeroso, di baite, posta e quota 1947 metri. L’ultimo gruppo di baite è quello posto a 2079 metri. Qui si trova anche un baitone, e da qui parte la pista che effettua la lunga traversata verso est che, passando per l’alpe Marscenzo, conduce all’alpe Poverzone, sopra Triangia. La ignoriamo ancora e salendo passiamo a destra del laghetto di Colina che se ne sta, nascosto da un dosso disseminato di massi e radi larici, poco distante da queste baite, ad ovest-nord-ovest, a quota 2076. Raggiungiamo il termine della pista, presso una tettoia, e prendiamo leggermente a destra, fino ad intercettare una traccia che sale in diagonale, a destra, e si porta ad un corpo franoso. Qui il sentiero sembra interrompersi: dobbiamo salire in diagonale, prendendo leggermente a sinistra, fino ad intercettare una seconda traccia, abbastanza marcata, anche se stretta, che supera alcuni punti esposti su un versante molto ripido (sono necessarie attenzione e buone condizioni di terreno; evitare con neve e con terreno bagnato) e conducendo finalmente alla stretta porta che introduce all’ampia conca denominata Colma di Zana (m. 2417). La porta è riconoscibile anche per la presenza di una modesta formazione rocciosa, una sorta di piccolo gendarme, che ne presidia il lato destro. Seguendo i cartelli escursionistici dell'Alta Via della Valmalenco (ed i triangoli gialli) prendiamo ora a sinistra, salendo lungo l’ampio crinale, per poi traversare a destra e scendere ad un largo canalone. Salendo lungo quest’ultimo, raggiungiamo una caratteristica porta delimitata a destra da una elevazione secondaria. Troviamo subito i triangoli gialli dell'Alta Via della Valmalenco (I tappa) e li seguiamo verso destra (est): dopo una breve facile salita siamo alla cima del Sasso Bianco (m. 2490).


Apri qui una fotomappa del versante retico di Postalesio e Castione Andevenno

Il Sasso Bianco, per la sua facile accessibilità, rappresenta una cima che spesso viene scelta come meta di una facile escursione dal versante della Val Torreggio (Val del Turéc'). La salita dall'alpe Colina, invece, è piuttosto impegnativa perché sfrutta la Colma di Zana, piccola porta sul crinale al vertice di un versante molto ripido ed insidioso.
Posta com’è a cavallo fra media Valtellina e Valmalenco, la cima rappresenta un ottimo osservatorio su entrambe le valli, e lo si può raggiungere sfruttando almeno tre itinerari principali (il che lo rende anche meta di diversi anelli escursionistici), dall’alpe Colina, dall’alpe di Arcoglio (termine connesso con “arco”, in riferimento alla forma della valle) sopra Torre S. Maria e dal rifugio Bosio, in Val Torreggio (Val del Turéc'). I motivi di interesse per questo monte, infine, sono legati anche alla leggenda della “Truna”, enigmatica cavità che si apre pochi metri sotto la vetta.
Anche la "Guida della Valtellina", edita nel 1884 a cura di Fabio Besta e del CAI di Sondrio, offre queste indicazioni, definendo il monte piuttosto "una cresta che una vera cima", cresta che "appare bianca per la roccia calcarea ond'è formata", e presso la quale "merita di essere veduta la grotta che è vicina alla sommità".


Baita all'alpe Colina

Prendiamo in esame l’itinerario che parte dall’alpe Colina, sopra Postalesio. La pista che conduce all’alpe costituisce un prolungamento della strada asfaltata che dal centro del paese sale al maggengo di Pra’ Lone (m. 1028). Qui, alla prima piazzola utile, conviene (se siamo buoni camminatori) lasciare l’auto e proseguire a piedi seguendo la strada sterrata, che può, comunque (nonostante il fondo sia mediocre) , essere percorsa da autoveicoli per un buon tratto, fino a quota 1700 metri circa, dove si trova il cartello di divieto di accesso ai veicoli non autorizzati. Nella salita si aprono interessanti scorci orobici, con in primo piano il pizzo Pidocchio. In alcuni punti si giunge ad intravedere la bassa Valtellina, parzialmente nascosta dal Culmine di Dazio. Se, però, abbiamo scelto di camminare, ci conviene seguire l’antica mulattiera, che intercetta in più punti la pista. La partenza della mulattiera si trova al primo tornante destrorso posto al termine dei prati del maggengo di Pra’ Lone. La mulattiera ci permette di attraversare una splendida fascia boschiva, contemplando i mille ricami e contrappunti che la luce disegna fra le multiformi ombre del sottobosco. Poco dopo aver superato una statuetta di Sant’Antonio abate, la strada esce dal bosco e punta in direzione dell’alpe, proseguendo oltre le prime baite e raggiungendo, con una deviazione, il gruppo più numeroso di baite.


L'alpe Colina

L’alpe Colina, collocata a 1947 metri, ha diversi aspetti interessanti: la posizione particolarmente panoramica, la cura sobria con cui sono tenute molte baite ed i piccoli incantevoli angoli che vi si possono scovare. Il colpo d'occhio sulla sezione centrale delle Orobie è ottimo. Bisogna però proseguire, lasciando alla propria destra la strada che porta all’alpe Poverzone (dalla quale si scende a Triangia) e puntando, seguendo una traccia di sentiero, ad una baita dall’architettura curiosa. Proseguendo verso sinistra, in direzione del crinale che separa l’alpe da quella di Caldenno, si sormonta un dosso oltre il quale appare il lago di Colina (m. 2076).


Il lago di Colina

Può essere interessante leggere, a distanza di oltre un secolo, le note che sul lago stese il dott. Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di Sondrio, nell’operetta “I laghi alpini valtellinesi”, edita a Padova nel 1894: ”D'un vivace colore turchino chiaro m'apparve il lago Colina appena toccai la cima del monte Arcoglio, venendo dal lago di questo nome. Ha una bella forma pressoché rettangolare, diretto nel senso dellasua maggiore lunghezza, da E. ad 0. col lato di E. dolcemente ricurvo, econ quello di O. perfettamente diritto, mentre presenta solo una piccola insenatura il lato di S. Queste sponde costituite da terreno morenico e però a dolci curvature, fanno bell’armonia coll’ameno laghetto. Il terreno glaciale è specialmente sviluppato verso la sponda S. e S.E. del lago, sottoforma di morena frontale, fortemente arcuata. È dunque il Colina un lago evidentemente morenico.
Esso è situato alla estremità superiore del ramo destro della Val Bocca, ai piedi del monte Caldenno (2671 m.) che sorge al suo N.O. da cui é separato, alla base, da altro deposito morenico,il quale abbonda in tutta la Val Bocca, e specialmente alla foce di questanella maggior Valle dell'Adda, sotto forma di parecchie morene depositate nelle diverse oscillazioni glaciali, in parte terrazzate, che sorgono sopra Castione Andevenno.


L'alpe Colina

Il lago è limitato a N. dall'erta pendice che scende dal monte Arcoglio e che si continua poi ad O. col monte Caldenno, la quale è di carattere assai franoso in tuttoil versante, dalle cui vette si staccano perciò grandi massi che precipitano al lago. Esso non ha affluente nè emissario e però va soggetto ad un notevole dislivello delle sue acque, nello varie stagioni, come facilmente si può scorgere dal limo lacustre disseccato, che riveste, per ampio tratto, i ciottoli od i massi delle sponde. La roccia in posto nella quale è aperto il bacino del lago, come pure quella degli elementi morenici che lo circondano, è costituita essenzialmente di gneis centrale, che qui affiora fra l'ampia formazione del gneis micaceo, e che a guisa di vena si dirige da E. ad O. continuandosi poi coll'estesa formazione di gneis granitico e porfiroide dell'alta Vai Masino. I grandi massi che circondano il lago, specialmente dal lato N., sono di gneis a grana finissima, quasi afanitica, con qualche grosso cristallo di felspato sparso porfiricamente. La sponda opposta, a tipo perfettamente morenico, abbonda di sostanza argillosa minuta, in cui sono impigliati più grossi elementi di gneis micaceo e centrale. In ogni parte i ciottoli della sponda sono ricoperti di abbondante limo gialliccio, talora granuloso quasi segatura di legno, fra cui s'intrecciano abbondanti conferve e non troppo copiose le Diatomee. Comunissimo il Pediastrum granulatum ed alcuni generi di Desmidiee. Tra queste alghe e nei vani lasciati dai ciottoli, vivono abbastanza frequenti parecchie specie di Ilybius e di Hydroporus. La reticella lanciata ad una certa distanza mi riportò parecchi individui di Cyclops serrulatus Claus ed in abbondanza il Diaptomus Castor Jur.


L'alpe Colina

Le acque lasciano scorgere il fondo per un paio di metri o tre intorno al lago, dopo il qual tratto il letto si inclina rapidamente ed appare il colore uniforme della massa acquea, la quale, se dall'alto si mostrava di color turchino, da presso, confrontata coll'apparato Forel, appariva alquanto verdognola, equivalente al num. V. di questa scala.
Le cartelle di campagna dell'Istituto geografico vi ascrivono l'altitudine di 2104 m. sul mare; ed il Cetti nel suo Elenco riporta la superficie dl 6,600 m. q.  lo lo visitai il due Settembre 1892, dopo il lago d'Arcoglio alle ore 2 pom. osservando la temperatura trovai 12° C. nell' acqua, e 15° C. nell'aria sovrastante, essendo il cielo mezzo coperto e dominando un forte vento di N. che cominciò a spirare mezzora dal mio arrivo al lago.”


Il sentiero che sale alla Colma di Zana

Lasciamo alle spalle anche il lago e saliamo alla strada sterrata che conduce all’ultima baita. Alla nostra destra, in direzione nord-est, si mostra la cima del Sasso Bianco, facilmente riconoscibile per il colore chiaro delle sue rocce. Alla sua sinistra, si distingue il monte Caldenno, la più significativa fra le cime che chiudono, a nord, l'alpe, segnando il confine fra media Valtellina e Val Torreggio (Val del Turéc'). Psoeguiamo, ora, sulla pista sterrata, fino al suo termine, presso una tettoia. Ora dobbiamo traversare il ripido pendio sottostante al crinale che separa l'ampia conca dell'alpedalla Val Torreggio (Val del Turéc'). Innanzitutto dobbiamo trovare il sentierino, procedendo dapprima a vista, prendendo leggermente a destra, fino ad intercettare una traccia che sale in diagonale, a destra, e si porta ad un corpo franoso.Il Sasso Bianco si mostra, da qui, ancora più pronunciato, sulla destra (est).


Apri qui una fotomappa della salita dall'alpe Colina al Sasso Bianco

Dobbiamo raggiungere la sella poco marcata visibile a sinistra del Sasso Bianco, denominata colma di Zana (m. 2417), denominata così perché è posta sulla verticale della valle di Zana, laterale della Val Torreggio (Val del Turéc') (sul versante opposto rispetto a quello in cui ci troviamo noi). Raggiunto il corpo franoso, il sentiero sembra interrompersi: dobbiamo salire in diagonale, prendendo leggermente a sinistra, fino ad intercettare una seconda traccia, abbastanza marcata, anche se stretta, che supera alcuni punti esposti su un versante molto ripido (sono necessarie attenzione e buone condizioni di terreno; evitare con neve e terreno bagnato) e conducendo finalmente alla stretta porta che introduce all’ampia conca denominata Colma di Zana (m. 2417). La porta è riconoscibile anche per la presenza di una modesta formazione rocciosa, una sorta di piccolo gendarme, che ne presidia il lato destro.
Qui troviamo alcuni cartelli escursionistici: nella direzione dalla quale siamo saliti l'alpe Colina è data ad un'ora; procedendo diritti, si sale al Sasso Bianco in 15 minuti, per poi scendere all'alpe di Arcoglio superiore (data ad un'ora e 10 minuti) ed ai Piasci (un'ora e 50 minuti), seguendo il sentiero con numerazione 305, sull'Alta Via della Valmalenco; prendendo a sinistra, infine, sempre sul medesimo sentiero, si scende al Piand ella Pecora in un'ora e 20 minuti ed al rifugio Bosio in un'ora e mezza.

Il Sasso Bianco è là, ormai vicino, davanti a noi. Il monte Disgrazia, sulla sinistra, appare, improvviso e magnifico, mostrando da qui un profilo insolito. Fra le due cime, sullo sfondo, si dispiega la superba testata della Valmalenco. Come abbiamo appreso dai cartelli, seguendo i triangoli gialli (si tratta delle indicazioni della prima tappa dell’Alta Via della Val Malenco) ed i segnavia bianco-rossi si può scendere, puntando a nord-ovest (sinistra), con primo tratto in salita, al rifugio Bosio, in Val Torreggio (Val del Turéc'), dopo aver effettuato un ampio arco nella parte alta della valle. Se, invece, ci dirigiamo nella direzione opposta, potremo in breve tempo e con facilità raggiungere la cima del Sasso Bianco, dopo un breve strappo terminale (m. 2490).
Pochi metri sotto la cima, sul versante opposto rispetto a quella che abbiamo salito, troviamo la misteriosa apertura, che sembra introdurre al cuore della montagna, e che è diventata, come altri luoghi singolari delle montagne valtellinesi, oggetto di una leggenda. Si dice, in particolare, che da qui parta un cunicolo misterioso, che si inoltra nel cuore più segreto della montagna e scende fino a Postalesio. Il panorama dalla cima è straordinario: da sinistra, in primo piano, i Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114) ed il monte Disgrazia, m. 3678), separati dal passo di Corna Rossa, che congiunge Valmalenco e
Val Masino; più a destra, i severi Corni di Airale, che dominano l'alpe omonima, sul versante settentrionale della Val Torreggio (Val del Turéc'), nei pressi del rifugio Bosio. Ancora più a destra, le maestose cime della Valmalenco si mostrano in tutta la loro elegante imponenza: si individuano, da sinistra (ovest) il pizzo Glüschaint (m. 3594), le gobbe gemelle della Sella (m. 3584 e 3564) e la punta di Sella (m. 3511), il pizzo Roseg (m. 3936), il pizzo Scerscen (m. 3971) il pizzo Bernina (m. 4049), la Cresta Güzza (m. 3869), i pizzi Argient (m. 3945) e pizzo Zupò (m. 3995), la triplice innevata cima del pizzo Palù (m. 3823, 3906 e 3882), a monte del ramo orientale della vedretta di Fellaria e, a chiudere la splendida carrellata, il più modesto pizzo Varuna (m. 3453). Proseguiamo nel giro di orizzonte verso destra: sotto di noi appare il piccolo e grazioso laghetto di Arcoglio, e l'omonima alpe, cui possiamo scendere seguendo le indicazioni dell'Alta Via della Valmalenco. Alle sue spalle, il gruppo Scalino-Painale-Ron, sul quale si individuano, da sinistra (nord) il pizzo Scalino (m. 3323), la punta Painale (m. 3248), la cima Vicima (m. 3122) e la vetta di Ron (m. 3136). Le Orobie, infine: da qui se ne può dominare il settore centro-orientale.
Se siamo partiti da Pra Lone, abbiamo superato 1460 metri di dislivello, in circa 3 ore e mezza. Se, invece, abbiamo lasciato l’automobile nell’ultimo tratto consentito della pista per l’alpe Colina, il dislivello superato si riduce a 790 metri, ed il tempo a 2 ore e mezza circa.


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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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