Il pizzo Rabbi dalla Val Ledù

Sulla testata della Val Garzelli, nella catena dei Muncech, c'è un pizzo dal nome biblico, Rabbi, vicino ad una bocchetta che evoca sorprendenti scenari di guerra, la bocchetta del Cannone, poco a monte di un lago che è l'orecchio attraverso il quale il lago di Como ascolta, da secoli, da sempre, tutti coloro che di qui passarono e passano, pastori, contrabbandieri, pellegrini, escursionisti. Serve qualche altro elemento per indurre a tentare una lunga ed affascinante escursione fra Provincia di Sondrio (Val Garzelli) e Como (Val Ledù)?


Apri qui una panoramica dal pizzo Rabbi

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Pra' Pincè-Alpe Campo-Bocchetta del Cannone-Biv. Petazzi al lago Ledù
5 h
1350
EE
Pra' Pincè-Alpe Campo-Bocchetta del Cannone-Biv. Petazzi al lago Ledù-Pizzo Rabbi o Motto Rotondo
5 h e 40 min.
1540
EE
SINTESI. Lasciamo la ss 36 dello Spluga, poco prima di Chiavenna, prendendo a sinistra quando vediamo l’indicazione per Gordona. Acquistato il pass di transito sulla strada di Val Bodengo presso il Bar la Füss, presso il centro di Gordona, ci portiamo alla parte alta del paese dove parte la carrozzabile che dopo ampie diagonali sul versante a monte del paese oltrepassa la località Donadivo e si affaccia al versante settentrionale della Val Bodengo. Procediamo addentrandoci nella valle e superato un ardito moderno ponte raggiungiamo la piana di Bodengo. Parcheggiamo però prima del nucleo principale della valle, a Prà Pincè, dove troviamo un ampio parcheggio (m. 917). Ci incamminiamo superando su un ponte il torrente Boggia e portandoci sul lato meridionale della valle. Qui troviamo alcuni cartelli e seguiamo l’indicazione per la Val Garzelli, andando a destra. Giunti al ponte sul torrente di Val Garzelli, non lo percorriamo ma prendiamo a sinistra, imboccando il sentiero per la Val Garzelli (D12). Il sentiero procede verso sud, a sinistra del torrente della Val Garzelli, salendo gradualmente ed entrando in una macchia di ontani, betulle e aceri. Dopo mezzora circa usciamo ai prati dell’alpe Garzelli (m. 1031) e qui, sempre seguendo le indicazioni, ad un bivio stiamo a sinistra ed iniziamo a salire con pendenza ben più decisa lungo il versante orientale della valle. Passiamo sotto un’impressionale scura parete, chiamata “Caduta dei Giganti” con alcune vie di salita attrezzate. Superato un primo valloncello, il sentiero serpeggia fra splendidi abeti bianchi e faggi, che restituiscono un’atmosfera magicamente irreale. Superato un secondo valloncello, a quota di poco superiore ai 1400 metri cominciamo a tirare un po’ il fiato, perché la pendenza si attenua. A farsi compagnia, ora, sono i larici che si elevano su un sottobosco di mirtilli e rododendri. Il sentiero piega leggermente a destra e sale verso sud, fino ad uscire dal lariceto sulla soglia dell’ampia e splendida spianata dell’alpe Campo (m. 1652). Portiamoci al limite meridionale dell’alpeggio (quello verso monte) e superiamo, da est ad ovest (da sinistra a destra per chi guarda alla testata) su un ponticello in legno con paletti di ferro un torrente che confluisce nel principale torrente Garzelli (da non confondere con il ponte principale sul torrente che si trova poco più a valle). Passiamo a destra di un rudere seguendo fra l’erba i segnavia bianco-rossi o rossi, fino a guadare il torrente Garzelli passando da sinistra a destra (sempre per chi guarda a monte). Attraversiamo poi in diagonale verso sinistra un prato, puntando ad un grande masso con segnavia, che costituisce un fondamentale riferimento visivo per non sbagliare l’attacco dell’Aveert. Camminiamo su un sentiero appena accennato e poco più avanti un segnavia ad angolo su un masso con ometto ci fa volgere a destra, attaccando il ripido versante che delimita ad ovest la piana dell’alpe Campo, fra roccette e rododendri. Ad una pietra con segnavia pieghiamo a sinistra e ci portiamo ad un sasso a forma di lancia, piegando poi a destra. Poi torniamo verso sinistra, salendo decisi e passando a destra di un masso squadrato. Superata la soglia dei 1700 metri, saliamo con alcune svolte trovando qualche tratto scalinato. La traccia c’è, ma è sempre debole e serpeggia fra radi larici e dopo un tratto quasi in piano. Procediamo ora su terreno aperto (Aveert) ed in alto, a sinistra, riconosciamo il canalino di sfasciumi che si stringe all’apice della bocchetta del Cannone. Segnavia ed ometti ci indicano di procedere diritti in quella direzione. A 1850 metri circa su una lastra vediamo la segnalazione di un bivio, al quale andiamo a sinistra (sud), salendo fra placche, lembi di pascolo, rivoli d’acqua e rododendri. A quota 2150 ci portiamo sul margine del canalone di sfasciumi che sale alla bocchetta. Inizia il tratto più faticoso della salita, perché ci muoviamo su pietre instabili e la pendenza è ripida (attenzione a non mettere in modo sassi). Ad inizio stagione il canalone è occupato da un nevaio che, data la pendenza (fino a 35 gradi), consiglia l’utilizzo di ramponi. I segnavia dettano comunque un percorso a zigzag che riduce gli sforzi. Il canalone va chiudendosi nella sua parte alta e un grande segnavia sul suo lato sinistro ci porta in quella direzione, mentre uno successivo ci porta a destra. Con qualche sforzo siamo ai 2275 metri della bocchetta del Cannone. Scendiamo in Val Ledù seguendo la traccia segnalata che passa a destra del lago Ledù (m. 2220) e, dopo breve salita e successiva discesa, raggiunge il poggio roccioso dove è stato collocato il rosso bivacco Petazzi al lago Ledü (o Ledù, m. 2245). Risaliamo verso la bocchetta del Cannone, ma poco prima della bocchetta pieghiamo a sinistra imboccando uno scivolo di erbe e roccette che ci porta con un po’ di attenzione al crestone orientale del pizzo. A questo punto lo seguiamo senza difficoltà alcuna, perché la pendenza non è severa. Saliamo quindi fra facile pietrale, in direzione della non evidente cima (solo un grande ometto la segnala), verso ovest. Ci portiamo così ad un’anticima che precede di poco il poggio della cima del pizzo Rabbi o Motto Rotondo (m. 2452), sormontata da un grande ometto.


Pizzi Anna Maria e Ledü (o Ledù) dall'imbocco della Valle Garzelli

La lunga escursione inizia con la salita da Pra' Pincé alle magnifica Val Garzelli, fino al gioiello dell'alpe Campo.


Torrente Bodengo al ponte di Pra' Pincé

Alle soglie dell'alpe Campo

Lasciamo la ss 36 dello Spluga, poco prima di Chiavenna, prendendo a sinistra quando vediamo l’indicazione per Gordona. Acquistato il pass di transito sulla strada di Val Bodengo presso il Bar la Füss, presso il centro di Gordona, ci portiamo alla parte alta del paese dove parte la carrozzabile che dopo ampie diagonali sul versante a monte del paese oltrepassa la località Donadivo e si affaccia al versante settentrionale della Val Bodengo. Procediamo addentrandoci nella valle e superato un ardito moderno ponte raggiungiamo la piana di Bodengo. Parcheggiamo però prima del nucleo principale della valle, a Pra' Pincè, dove troviamo un ampio parcheggio (m. 917).


Alpe Campo

I garzéi (carlina bianca)

Seguendo il cartello che dà l' Alpe Garzelli a 25 minuti, l'Alpe Campo a 2 ore e la Bocchetta del Ledü (o Ledù) a 3 ore e mezza, ci incamminiamo, superando su un ponte il torrente Boggia e portandoci sul lato meridionale della valle. Qui troviamo alcuni cartelli che segnalano a sinistra Bedolina, a 30 minuti, Sorboggia, ad un'ora, e Gordona; diritto il Monte Garzelli; a destra l'Alpe Garzelli, 30 minuti, l'Alpe Campo, a 2 ore e 10 minuti, e la Bocchetta del Ledü (o Ledù) a 3 ore e 20 minuti. Andiamo quindi a destra, quasi in piano, costeggiando il torrente.


Dalla bocchetta del Cannone al pizzo Rabbi

Giunti al ponte sul torrente di Val Garzelli (Bögia de la val di Garzéi), non lo percorriamo ma prendiamo a sinistra, imboccando il sentiero per la Val Garzelli (D12). Il sentiero procede verso sud, a sinistra del torrente della Val Garzelli, salendo gradualmente ed entrando, dopo una lastrone, in una macchia di ontani, betulle e aceri. Superati alcuni piccoli corsi d'acqua ci immettiamo in una strada sterrata, che però lasciamo riprendendo il sentiero al primo tornante dx (m. 970, cartello per l'alpe Garzelli). Nella salita superiamo due cancelletti che vanno richiusi ed usciamo ai prati che precedono l’alpe Garzelli (alp di Garzéi, m. 1031). Qui, sempre seguendo le indicazioni, ad un bivio stiamo a sinistra ed iniziamo a salire con pendenza ben più decisa lungo il versante orientale della valle.


Pizzo Ledü (o Ledù), Motto di Campo e Pizzo Rabbi o Motto Rotondo

Il nome della valle, "Garzéi", deriva dal termine dialettale che designa la "Carlina bianca" (carlina acaulis), pianta con infiorescenze bianche già molto usata nel Medio Evo per le sue proprietà terapeutiche (il nome è legato infatti a Carlo Magno, che tentò di usarla contro la peste), in particolare come antidoto ai veleni, ma anche come diuretico, disinfettante le ferite, tonico, vermifugo, anestetico per il dolore dentale ed efficace contro la scabbia, le vesciche e le piaghe.
Nella salita fra erba e rododendri a quota 1040 metri circa guadiamo un torrentello, lasciando in basso destra le baite dell'alpe Garzelli.


Alpe Campo

Alpe Campo

A 1070 metri circa passiamo sotto un’impressionale scura parete, chiamata “Caduta dei Giganti” (paré de la val di Garzéi) con alcune vie di salita attrezzate. Il sentiero taglia ora il versante molto ripido della media valle, serpeggiando, con tratti scalinati, fra due versanti rocciosi, fra betulle e felci. La pendenza si fa poi più severa ed il sentiero è in molti tratti scalinato. Intorno a 1200 metri il sentiero si fa meno ripido e supera un torrente che scenda da un valloncello soggetto a frane e slavine.


Alpe Campo

Saliamo in una splendida ma un po' cupa pecceta di abeti bianchi ed alcuni strappi si alternando a tratti meno ripidi ed un po' esposti (attenzione perché spesso qui il fondo è bagnato); in alcuni punti il sentiero è incassato e quasi soffocato fra roccioni, radici e tronchi. Un segnavia rotondo e bianco segnala che la percorrenza del sentiero richiede attenzione ed intorno a quota 1340 metri superiamo un secondo torrentello. Oltre quota 1450 saliamo fra splendidi faggi con pendenza severa, che però si attenua oltre i 1500 metri, quando il bosco si apre mostrando la testata della Valle Garzelli, che propone, in rapida successione da sinistra, il Pizzo Anna Maria (m. 2397), il Pizzo Alterno, il Pizzo Ledü (o Ledù) (m. 2503), il Motto di Campo, Pizzo Rabbi o Motto Rotondo (m. 2452) e, più a destra, il Monte Cucco (m. 2040).


Alpe Campo


Alpe Campo

A 1550 metri sotto una pietra scorgiamo un quadretto con la raffigurazione della S. Sindone. A farci compagnia, ora, sono i radi larici che si elevano su un sottobosco di felci, mirtilli e rododendri. La pendenza è meno severa e su una pietra troviamo scritta l'indicazione di quota 1600 m. Poco oltre, a quota 1635 metri, ad un bivio andiamo a destra, seguendo i segnavia bianco-rossi. Dopo una leggera discesa ed una breve salita, di nuovo si apre davanti a noi lo scenario della testata della Valle Garzelli.


Testata della Val Garzelli

Siamo sulla soglia dell'ampia piana della media valle, passiamo a sinistra di un ponticello e scoviamo, sul suo angolo nord-orientale, cioè alla nostra sinistra, le splendide baite dell’alpe Campo (m. 1652), un angolo fra i più suggestivi delle alpi Lepontine di Val Chiavenna, coronato da una teoria di cime non altissime, ma fiere nel loro profilo spiccato e selvaggio, vale a dire, da sinistra, i versanti settentrionali del Pizzo Anna Maria (m. 2360), del Pizzo Alterno (m. 2397) e della Cima Fontana (m. 2377), della Punta Secondo Sogno (m. 2370) e della Punta Primo Sogno (m. 2372), della Bocchetta della Pizzetta (m. 2246) seguita dalla piccola Torre Riccardo (m. 2326), della Punta Valli (m. 2445) e dell'imponente Pizzo Ledü (o Ledù) (m. 2503), del cupolone del Motto di Campo (m. 2372), della Bocchetta del Cannone (m. 2274) e del Pizzo Rabbi (o Motto Rotondo m. 2452); staccato da questa serrata sequenza ci cime, a destra, ecco infine il Monte Cucco (m. 2081).


Alpe Campo

L'alpe Campo (c(h)èemp, m. 1646) è fra le più importanti ed antiche di Samolaco, con una potenzialità di carico analoga a quella dell'alpe Manco (60 capi di bestiame); l'alpeggio, come mi segnala il cortesissimo Sergio Scuffi, era ancora caricato fino agli anni sessanta-settanta ("gli alpigiani ci andavano ancora fino agli anni sessanta-settanta. Anzi, successivamente ci sono stati importanti interventi di ristrutturazione, per cui oggi la maggior parte delle baite ha ripreso ad essere utilizzata durante l’estate, naturalmente senza più le bestie, trattandosi ormai di dimore per le vacanze estive"). L'importanza di questo alpeggio è testimonata dal ritrovamento degli antichi regolamenti, datati 1814 e pubblicati nel 2007, a cura di Sergio Scuffi ed Amleto del Giorgio, dall'Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco.


Apri qui una fotomappa da Pra' Pincé alla bocchetta di Campo

La vita d'alpeggio non era idilliaca come si potrebbe romanticamente pensare, anche se la scansione sempre eguale delle giornate contribuiva a restituire l'uomo a quella dimensione di ciclicità naturale cui, forse, appartiene nel profondo. Come ricorda Emilio del Giorgio, nel n. 9 (2007) di "Al lavatoi", pubblicazione dell'Associazione culturale della Biblioteca di Samolaco, ci si svegliava ogni mattina alle 3 e mezza per iniziare il lavoro alle 4 (cioè alle 3 secondo l'ora solare) con la ricerca del bestiame nell'oscurità della notte e la prima mungitura. Si trattava, poi, di far coagulare il latte (mett a quàcc) per ottenere il formaggio.


L'alpe Campo

A mezzogiorno tutti i pastori rientravano per il pranzo, preparato dall'aiuto casaro, cui seguiva una siesta ristoratrice. Alle quattro del pomeriggio seguiva la seconda mungitura, dalla quale si rientrava alle sei per fare di nuovo coagulare il latte. La giornata terminava con la cena; alle 10 tutti erano già a letto e difficilmente si stentava a prender sonno. Ci si ferma dunque volentieri, prima di riprendere la salita verso la bocchetta di Campo, a sinistra del pizzo Anna Maria, sul versante orientale dell’alta Val Garzelli.


L'alpe Campo

L'alpe Campo

Inizia ora la seconda parte dell’escursione, non meno faticosa della prima. Si tratta di salire alla bocchetta del Cannone, il terzo intaglio principale da sinistra sulla testata della valle, quello compreso fra il cupolone del Motto di Campo, a sinistra, e fra l’arrotondata cima del Pizzo Rabbi, a destra. Le carte IGM e CNS indicano un sentiero che sale per via diretta seguendo il torrente, ma l’itinerario segnalato, più lungo ma meno faticoso, compie un giro più a destra (ovest), che sfrutta il dossone chiamato Aveert.


Dall'alpe Campo al pizzo Rabbi

Portiamoci al limite meridionale dell’alpeggio (quello verso monte) e superiamo, da est ad ovest (da sinistra a destra per chi guarda alla testata) su un ponticello in legno con paletti di ferro un torrente che confluisce nel principale torrente Garzelli (da non confondere con il ponte principale sul torrente che si trova poco più a valle).


La salita dall'alpe Campo all'Aveert

Passiamo a destra di un rudere seguendo fra l’erba i segnavia bianco-rossi o rossi, fino a guadare il torrente Garzelli passando da sinistra a destra (sempre per chi guarda a monte). Attraversiamo poi in diagonale verso sinistra un prato, puntando ad un grande masso con segnavia, che costituisce un fondamentale riferimento visivo per non sbagliare l’attacco dell’Aveert.


Dall'alpe Campo alla cima del pizzo Rabbi

Camminiamo su un sentiero appena accennato e poco più avanti un segnavia ad angolo su un masso con ometto ci fa volgere a destra, attaccando il ripido versante che delimita ad ovest la piana dell’alpe Campo, fra roccette e rododendri. Ad una pietra con segnavia pieghiamo a sinistra e ci portiamo ad un sasso a forma di lancia, piegando poi a destra.


Dall'Aveert al pizzo Rabbi

Poi torniamo verso sinistra, salendo decisi e passando a destra di un masso squadrato. Superata la soglia dei 1700 metri, saliamo con alcune svolte trovando qualche tratto scalinato. La traccia c’è, ma è sempre debole e serpeggia fra radi larici e dopo un tratto quasi in piano, riprendiamo a salire superando facili lastroni di roccia.


Salita alla bocchetta del Cannone

Usciamo al terreno aperto dell'Aveert ed in alto, a sinistra, riconosciamo il canalino di sfasciumi che si stringe all’apice della bocchetta del Cannone, ma ci vuole ancora un’ora buona di cammino prima di raggiungerlo. Segnavia ed ometti comunque ci indicano di procedere diritti in quella direzione.


Salita dall'alpe Campo all'Aveert

Verso la bocchetta del Cannone

A 1850 metri circa su una lastra vediamo la segnalazione di un bivio: a sinistra si sale verso la bocchetta di Ledü (o Ledù) o del Cannone, a destra verso l’alpe Dosso. Andiamo dunque a sinistra (sud), salendo fra placche, lembi di pascolo, rivoli d’acqua e rododendri, ed il sentiero compare solo fugacemente a tratti. Pieghiamo poi leggermente a destra ed attraversiamo una pietraia a circa 2050 metri, portandoci ad un grande masso con segnavia, attraversando poi alcuni blocchi ed una nuova pietraia.


Verso la bocchetta del Cannone


Bocchetta del Cannone

Sopra quota 2100 passiamo a destra di un masso con segnavia ed a quota 2150 ci portiamo sul margine del canalone di sfasciumi che sale alla bocchetta. Inizia il tratto più faticoso della salita, perché ci muoviamo su pietre instabili e la pendenza è ripida (attenzione a non mettere in modo sassi). Ad inizio stagione il canalone è occupato da un nevaio che, data la pendenza (fino a 35 gradi), consiglia l’utilizzo di ramponi. I segnavia dettano comunque un percorso a zigzag che riduce gli sforzi. Il canalone va chiudendosi nella sua parte alta e un grande segnavia sul suo lato sinistro ci porta in quella direzione, mentre uno successivo ci porta a destra. Il canalone è ormai ridotto a pochi metri, e torniamo sul suo lato sinistro, puntando ad un roccione che dal lato di sinistra sembra occupare l’intero intaglio, lasciando solo uno stretto passaggio, oltre il quale dopo pochi metri siamo ai 2275 metri (2260 sulla CNS) della bocchetta del Cannone.


Discesa al bivacco Petazzi al lago Ledù (l'orecchio del lago di Como)

Si apre da qui un panorama che ha pochi eguali. Dopo grandi sforzi profusi fra roccioni e pareti incombenti, con un senso vagamente claustrofobico, in un attimo lo spazio sembra dilatarsi a dismisura perdendosi in una lontananza inattesa e luminosa. Due specchi d’acqua che riflettono il cielo si impongono subito, il vicino e piccolo lago Ledü (o Ledù) ed alle sue spalle il lago di Como, di cui vediamo un’ampia porzione. Certo, due laghi non paragonabili, ma visti da qui quasi ravvicinati ed accomunati da un misterioso legame. Non stupisce quindi apprendere che la fantasia popolare in quel di Campo ha battezzato il lago di Ledü (o Ledù), che se ne sta lì, una trentina di metri più in basso, “urégia dal lèegh da Còm”, cioè “orecchio del lago di Como”, immaginando che i due laghi fossero comunicanti e che attarverso quello più piccolo il lago di Como potesse salire fin qui ad ascoltare. In effetti dall'alto il lago richiama la forma di un'orecchio.


Lago di Ledù

Ad ascoltare cosa? Beh, di gente qui ne è passata, nei secoli andati, e ne passa ancora, perché questa è una delle mete escursionistiche più ambite delle Alpi Lepontine. Localmente la bocchetta è chiamata “Canèe de Ledü (o Ledù)”. Si potrebbe pensare che il riferimento al cannone sia una forzatura, o una qualche distorsione fonetica, ma probabilmente non è così. Siamo sul confine delle Provincie di Sondrio e Como, il che vuol dire che dal 1512 al 1797 qui passò il confine fra domini spagnoli del Milanese e domini delle Tre Leghe Grigie. La tensione fra le due signorie, com’è noto, sfociò in scontro durante la fase Valtellinese della Guerra dei Trent’Anni (1620-1639), e probabilmente cannoni di ridotte dimensioni vennero portati fin qui dagli Spagnoli. Ma questo passo non ha rilievo storico solo per questo dettaglio militare. Per secoli fu attraversato da greggi e pastori in entrambe le direzioni, cioè dalla Val Ledü (o Ledù) alla Valle Garzelli e viceversa.


Dalla bocchetta del Cannone al Lago Ledù

Dalla bocchetta del Cannone al Lago Ledù

Vi passavano poi gli alpigiani di Campo ed altre comitive dirette dalla Val Bodengo ai famosi santuari delle valli a nord di Gravedona, portando la loro voce di devote litanie e frizzanti chiacchiericci, per la gioia dell’orecchio del lago di Como. Vi passavano, molto più silenziosi e circospetti, dalla fine dell’Ottocento agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, gli spalloni che, traversando fin qui da Cama, nella Mesolcina, e della bocchetta del Notaro, esercitavano il contrabbando per incrementare le magre entrate dell’economia contadina, percorrendo itinerari alti e difficili, a costante rischio di slavine.


Bivacco Petazzi

Bivacco Petazzi

Vi è sempre passato anche un vento particolarmente impetuoso, sia da nord che da sud, che non ha mancato di far sentire la sua voce all’orecchio del lago di Como, che ne avrebbe, quindi, di cose da raccontare, se potesse parlare. Tocca a noi, ora, passare, scendendo in alta Val Ledü (o Ledù, che confluisce nella Val Darengo). La discesa al lago di Ledü (o Ledù, m. 2220) è decisamente più semplice della salita dalla Val Garzelli, ed avviene fra roccette ed erba.


Dal bivacco Petazzi al pizzo Rabbi

La traccia segnalata passa a destra del lago, presso la sua riva occidentale, poi si alza per aggirare a destra un roccione che dace a picco sul lago e, dopo breve discesa, raggiunge il poggio roccioso dove è stato collocato il rosso bivacco Petazzi al lago Ledü (o Ledù, m. 2245). La struttura, dedicata nel 1985 al giovane alpinista Bruno Petazzi, detto "Tavan", morto l'anno precedente durante un'ascensione invernale al Pizzo Cengalo dal versante di Val Bregaglia, dispone di 7 brande con materassi, cuscini e coperte. È inoltre provvisto di due tavoli, sgabelli, stoviglie, fornelletto da campo, cassetta di pronto soccorso e per le offerte, sempre preziose per chi deve provvedere alla manutenzione. Non dispone di energia elettrica, ma di alcune candele che possono essere utilizzate per l’illuminazione. Inoltre non c’è acqua corrente nelle vicinanze.
Il bivacco appartiene alla sezione CAI di Dongo. Per maggiori informazioni ci si può rivolgere alla sede del CAI di Dongo il venerdì, dalle h. 21.00 alle h. 22.00, oppure scrivendo a  info@caidongo.it o, ancora, telefonando al numero 0344 81074. Al bivacco intercettiamo anche l'Alta Via del Lario, di cui troviamo i cartelli.


Accesso al crestone del pizzo Rabbi

Accesso al crestone del pizzo Rabbi

Dato lo sviluppo considerevole, l’escursione (5 ore dal Pra’ Pincé ed un dislivello in salita di circa 1350 m.) potrebbe terminare qui, ma guardando a nord, cioè verso la bocchetta del Cannone, alla sua sinistra vediamo quel bel poggio roccioso che mostra un’elegante parete meridionale. Si tratta del pizzo Rabbi, o Motto Rotondo. Sul secondo nome, usato localmente (mòt redóont, dicono a Samolaco, mut redónt a Gordona, e la cima sta proprio sul confine fra i due comuni), nessun mistero, vista la forma che la cima mostra sia sul versante di Val Ledù che su quello di Valle Garzelli.


Apri qui una panoramica dal pizzo Rabbi

Ma il primo, di sapore biblico (“rabbi” significa in ebraico “maestro”, e così viene chiamato Gesà nel Vangelo), a cosa allude? Poi se guardi alle carte dello Stato Maggiore Asburgico, datate al 1822, leggi “pizzo Rabbia”, e lo scenario biblico subito svanisce. Si può ipotizzare allora un etimo analogo a quello della valle e del torrente Rabbiosa, nella non distante Valle Spluga, quindi da “rabida”, “impetuosa”, con riferimento alla forza delle acque. Ma qui di torrenti impetuosi non se ne vedono… Il mistero è e resta fitto.


Lago di Ledù (l'orecchio del Lago di Como) dal crestone del pizzo Rabbi

Comunque sia, con una quarantina di minuti di cammino si può salire in vetta, senza difficoltà. Per farlo risaliamo verso la bocchetta del Cannone, ma poco prima della bocchetta pieghiamo a sinistra imboccando uno scivolo di erbe e roccette che ci porta con un po’ di attenzione al crestone orientale del pizzo. A questo punto lo seguiamo senza difficoltà alcuna, perché la pendenza non è severa. Saliamo quindi fra facile pietrale, in direzione della non evidente cima (solo un grande ometto la segnala), verso ovest, restando un po' a sinistra del limite destro del crestone, che si affaccia sul salto di roccia che precipita sul lato della Val Garzelli.


La cima del pizzo Rabbi vista dall'anticima. Sul fondo, il gruppo del Monte Rosa

Ci portiamo così ad un’anticima che precede di poco il poggio della cima del pizzo Rabbi o Motto Rotondo (m. 2452), sormontata da un grande ometto. Ancor più grande il panorama, che spazia dall’intero lago di Como, a sud, all’imponente e vicino pizzo Ledü (o Ledù), ad est. Ad ovest si impone l’elegante pizzo Cavregasco, e, più lontani, il massiccio del Monte Rosa, il Monviso ed il Mischabel. A nord e nord est si vedono le cime della Valle Spluga e del gruppo del Masino, con il pizzo Badile ed il monte Disgrazia.


Lago di Como dal pizzo Rabbi

Catena dei Muncech dal pizzo Rabbi

Il ritorno a Pra' Pincé avviene per la medesima via di salita.


Lago di Como dal crestone del pizzo Rabbi

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CARTA DEI PERCORSI sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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