CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Il pizzo Cómbolo, o monte Combolo, rappresenta, con i suoi 2900 metri, la massima elevazione della costiera che divide la Val Fontana, ad ovest, dalla Val Saiento (laterale della Valle di Poschiavo, in Svizzera) e dal versante retico che sovrasta Teglio, ad est.
Si tratta del versante sul quale, scendendo dal Combolo, troviamo le cime quotate 2814 e 2801 (quest’ultima punto di incontro del territorio svizzero e di quello dei comuni di Teglio e Chiuro), la bocchetta della Combolina o del monte Colombo (m. 2566, il più agevole valico fra Valle del Combolo, laterale della Val Fontana, e versante retico tellino), la cima quotata 2697, il monte Calighè (m. 2702) ed infine l’arrotondata ed erbosa cima del monte Brione (m. 2542), posto poco più in alto del punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino, sopra Teglio.

Il monte Combolo è anche la montagna di Teglio (dove si trova anche un albergo ad esso dedicato), a sua volta cuore della Valtellina (il cui nome deriva da Vallis Tellina, cioè valle di Teglio), nonostante la cima si trovi nel territorio del comune di Chiuro (come gran parte della Val Fontana). La salita a questa cima non presenta difficoltà di carattere alpinistico, ma esperienza escursionistica ed adeguato allenamento, oltre che quella buona dose di prudenza che non deve, peraltro, mancare mai. Il più agevole ed anche breve itinerario per effettuare l’ascensione parte da Prato Valentino, l’amena località di soggiorno, posta a 1700 metri, che si trova sopra Teglio.
 

A Teglio (m. 900) si può salire dalla ss. 38 dello Spluga per tre vie, sfruttando cioè la panoramica dei Castelli (che possiamo imboccare salendo da Chiuro a Castionetto di Chiuro) oppure le due provinciali che partono da San Giacomo di Teglio e da Tresenda. Raggiunto il centro di Teglio, svoltiamo a destra, salendo per via Milano e proseguendo (guidati dalle indicazioni per Prato Valentino) lungo via Sagli, fino ad intercettare la strada per Prato Valentino. Percorsi 10 km da Teglio, raggiungiamo, così, il limite inferiore della località, dove, poco oltre la chiesetta dedicata a S. Valentino, la strada asfaltata termina in corrispondenza dell’albergo-rifugio Baita del Sole (m. 1730).
 

Appena prima del parcheggio dell’albergo, proseguiamo svoltando a destra ed imboccando una stradina sterrata: al secondo tornante destrorso troveremo il cartello di divieto di accesso ai mezzi non autorizzati. Dobbiamo, quindi, lasciare l’automobile presso la piazzola che si trova percorrendo per breve tratto una pista che si stacca dalla principale proprio in corrispondenza di questo tornante.
La salita a piedi inizia, così, da una quota di circa 1770 metri.

Seguendo la pista, troveremo sulla nostra destra, dopo un primo tratto, un casello dell’acqua con un segnavia rosso-bianco-rosso: possiamo, qui, lasciare la pista e proseguire su traccia di sentiero che sale tagliando una radura fra macchie di conifere sempre più rade.

Nulla vieta, però, di continuare sulla pista.

Percorrendo quest’ultima o tagliando, su tracce di sentiero, i prati del versante montuoso,

ci portiamo dapprima alla sommità

del dosso Lau (m. 2034),

toccando poi
la località Fontanacce (a 2100 m.),

dove, sulla sinistra, in corrispondenza di un recinto e di un casello dell’acqua, parte il sentiero denominato Viale della Formica, che taglia l’alta Val Rogna e raggiunge il lungo filo del dosso denominato Costa di San Gaetano) e l’edificio che rappresenta il primo punto di arrivo degli impianti di risalita di Prato Valentino (m. 2140).

La pista si fa ora più ripida, per cui guadagniamo quota con maggiore rapidità. Qualche sosta, nella salita, ci permette di ammirare un panorama ampio e suggestivo, che abbraccia l’intera catena orobica centro-orientale, e buona parte della media Valtellina.
In corrispondenza di un’evidente rete rossa di contenimento, che troviamo a destra della pista, da essa si stacca, sulla destra, a quota 2291 m., la mulattiera per il passo del Méden (m. 2417).
 

Si tratta di un tracciato militare, che porta ad uno dei più agevoli valichi di confine fra territorio italiano ed elvetico, dopo una bella e panoramica traversata dei ripidi versanti erbosi dell’alta Valle di Boalzo (denominata Val dei Cavalli). Dopo qualche saliscendi, la mulattiera ci porta alla conca dell’alpe Meden, dalla quale dominiamo le sottostanti baite, poste a quota 2204.

Alla nostra sinistra appare la pronunciata bocchetta della Combolina.

Qui, invece di proseguire verso il passo, dobbiamo deviare a sinistra e salire alla bocchetta, e per farlo cerchiamo, sulla mulattiera, un sasso che indica il punto di partenza del sentiero che la raggiunge (sul sasso troviamo una freccia bianco-rossa e la scritta “Combolo”).

Il sentiero, poco evidente all’inizio, ben marcato poi, rimane per un tratto sul lato sinistro (per chi sale) del canalone che scende dalla bocchetta, passando poi su quello destro, salendo un po’ sul fianco erboso e puntando alla sella. Seguendolo, evitiamo la faticosa fascia di sfasciumi che occupa buona parte del canalone. La bocchetta è un corridoio erboso, a quota 2566,

che si affaccia sull’alta Valle del Combolo, costituita da una vasta conca in gran parte occupata da sfasciumi.
Si può raggiungere la bocchetta anche partendo dalla località Campello in Val Fontana (m. 1400), dove si trova il rifugio A.N.A. Massimino Erler, ma questo percorso incrementa di oltre 300 il dislivello ed avviene su un sentiero che in molti punti è poco visibile e che, sopra la baita del Combolo, a 1994 metri, si perde.

Dalla bocchetta, guardando verso ovest, cioè davanti a noi, distinguiamo facilmente, in primo piano, la vetta di Rhon (m. 3137); alla sua sinistra distinguiamo le meno pronunciate punte della Corna Brutana, della Corna Nera e della Corna Mara, mentre sullo sfondo fa capolino la cime del Desenigo e si distingue facilmente il corno del monte Legnone. Guardando, invece, alla nostra sinistra vediamo i profili aspri della cima quotata 2697 e del monte Calighè.

Sulla nostra destra, infine, si apre l’altrettanto selvaggio versante settentrionale della valle, che culmina, a sinistra, con la cima del monte Combolo. Quel che vediamo, qui, al di sotto della linea corrugata delle rocce, è l’alternarsi di magri pascoli e di estese gande.
Il cammino prosegue su un sentiero che troviamo alla nostra destra e che prosegue in direzione nord, a mezza costa, con andamento all’inizio quasi pianeggiante, raggiungendo il limite di una fascia di magri pascoli. La traccia, qui, tende a perdersi, ma ciò non costituisce un grande problema. Problema assai grave potrebbe, invece, essere rappresentato dalla presenza di un gregge di capre a monte di questo versante. Racconto quanto mi è capitato di vedere durante la salita.
 

Un gregge, dai pascoli di mezza costa, stava salendo al crinale che separa la Valle del Combolo dall’alta Val Saiento. La salita, prima ancora che vista, poteva essere udita, attraverso il suono argentino dello scampanellio prodotto dalle capre. All’improvviso, un rumore ben più forte, sordo e cupo, il sinistro rumore del battere violento di pietra contro pietra: il tempo di volgere lo sguardo verso destra, ed ecco apparire un grosso sasso, del diametro di circa 40 cm., che precipitava, come un proiettile, verso la conca dell’alta valle. Una capra lo aveva messo in movimento, e la ripida pendenza del crinale ne aveva aumentato rapidamente la velocità.

Il sasso passò a qualche decina di metri dal punto in cui mi trovavo: se mi fossi trovato sulla sua traiettoria, avrei avuto probabilmente il tempo di evitare l’impatto, ma, appunto, si trattava di una probabilità, non di una sicurezza, sia per la velocità del sasso, sia per l’imprevedibilità della traiettoria, che poteva essere modificata da irregolarità del terreno. Morale: se ci avviene di attraversare versanti e di cogliere la presenza, a monte, di capre, scegliamo una via diversa o, se questa non c’è, muoviamoci il più rapidamente possibile, tendiamo le orecchie e procediamo con sguardo vigile, soprattutto nei punti di più accentuata pendenza ed in corrispondenza di canalini.

Ma torniamo alla salita al Combolo. La traccia, labile, raggiunto il limite del versante erboso piega a destra, seguendone il bordo. Se la perdiamo, poco male: prendiamo come riferimento un grande masso, ben visibile sul versante, che, raggiunto, si rivela uno spuntone di roccia sormontato da erba, e saliamo, senza percorso obbligato, fino a raggiungerlo (ci conviene però, per evitare il pericolo del precipitare di sassi, salire seguendo bordo sinistro dei pascoli, sul confine con un’ampia fascia di sfasciumi). Poco sopra il masso, su un sasso, troviamo un triangolo rosso con bordo giallo: si tratta del segnavia dell’Alta Via della Val Fontana, di cui stiamo percorrendo un tratto, ed indica il punto nel quale il sentiero torna a farsi ben visibile.

La traccia attraversa la parte alta della fascia di sfasciumi e poi piega leggermente a destra, portandosi proprio a ridosso del fianco roccioso del versante e sfruttando una stretta cengia che passa tra esso ed una fascia di roccette poste più a valle.
Questo tratto richiede grande prudenza, perché presenta un paio di passaggi esposti, che possono diventare pericolosi con fondo bagnato.

Un’alternativa al sentiero è rappresentata da un canalino di sfasciumi che si trova appena oltre la cengia (attenzione, però, qui ai sassi mobili): entrambe le vie conducono, nei pressi di un evidente ometto, al limite di una sella occupata da sfasciumi,

e posta fra la cima quotata 2847, alla nostra destra (cioè ad est-sud-est), ed il monte Combolo, a sinistra.

 

La cima quotata 2847 si mostra come uno sperone roccioso che presenta una singolare caratteristica, cioè una lunga spaccatura sul suo lato sinistro, che dà l’impressione che questo si possa da un momento all’altro staccare, precipitando sull’altipiano terminale dell’alta Val Saiento.

Il monte Combolo, invece, appare come un panettone ricoperto da massi di tutte le dimensioni e sormontato dal treppiedi dell’IGM (la cima è, infatti, punto di riferimento trigonometrico per le carte dell’Istituto Geografico Militare). Dobbiamo, ora, superare la sella, muovendoci con attenzione nel caso dei massi ed effettuando una diagonale che ci porta sul suo lato opposto, nei pressi del crinale che si affaccia sul territorio svizzero dell’alta Val Saiento. Qui ritroviamo la traccia di sentiero, che, a fatica, serpeggia fra i massi e, rimanendo nei pressi del crinale, effettua l’ultima breve salita alla cima del monte Combolo.
 

Si tratta di una modesta piazzola dove, oltre al già citato treppiedi, troviamo segnato, su un masso, il confine fra Italia e Svizzera.

Quel che, però, catalizza la nostra attenzione è il panorama, davvero molto ampio e suggestivo, che si apre davanti ai nostri occhi, a 360 gradi. Verso nord-ovest ci appare, sullo sfondo, la testata della Valmalenco,

mentre, in primo piano, distinguiamo tre cime principali, cioè, da destra, il pizzo Scalino, la punta Painale e la vetta di Rhon. Alle spalle di questa cima fanno capolino i Corni Bruciati (e, ancora più sullo sfondo, il pizzo Ligoncio e la cima del Desenigo),

mentre ancora più a sinistra, cioè verso est-sud-est, si apre un suggestivo scorcio sulla media e bassa Valtellina, chiuso dal corno del monte Legnone.

A sud si dispiega l’intera catena orobica, alla cui sinistra appaiono le cime dell’alta Val Camonica. Ancora più a sinistra si distingue il gruppo dell’Adamello.
 

Guardando verso est vediamo, sotto di noi, l’altipiano dell’alta Val Saiento, con il lago del Matt;

alle sue spalle, il versante orientale della bassa Valle di Poschiavo. Un po’ più a sinistra appaiono le più alte cime della Val Grosina, fra le quali si distingue, a sinistra della cima Piazzi, il corno della cima Viola. Un panorama che ripaga le circa tre ore e mezza di cammino necessarie per salire fin qui, superando circa 1150 metri di dislivello.

 

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