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La Val Madre (o Valmadre) è la valle che si apre a sud di Fusine e deve molto della sua importanza storica al passo di Dordona sul suo fondo, al centro del crinale spartiacque fra Valtellina e Val Brembana, uno dei più bassi (il secondo più basso, dopo il passo di San Marco, 1980 m.) ed agevoli dell’intera carena orobica. Per questo passo transitavano i minerali ferrosi estratti soprattutto sull’alto versante della vicina Val Cervia e successivamente lavorati sul fondo della media Val Madre (dove si trova, appunto, la località Forni, m. 1452). Molteplici sono i segni della sua importante antropizzazione fin dall’età medievale.


Apri qui una panoramica della media Valmadre nella cornice del monte Disgrazia

In quei secolo, ed anche in età moderna, il legame con il versante orobico meridionale (Val Brembana) non era meno importante di quello con Fusine. Nel prezioso manoscritto di don Giovanni Tuana (1589-1636, grosottino, parroco di Sernio e di Mazzo), intitolato “De rebus Vallistellinae” (Delle cose di Valtellina), databile probabilmente alla prima metà degli anni trenta del Seicento (edito nel 1998, per la Società Storica Valtellinese, a cura di Tarcisio Salice, con traduzione delle parti in latino di don Avremo Levi), si legge: “La Val Madre è longa circa 15 miglia, cioè dalle Fusine sino alle cime de monti de Fopolo, terra de Bergamaschi. La strada è assai commoda ancora per cavalli. Ha lontano dalle Fusine otto miglia la chiesa vice parochiale con due contrate, una chiamata Madra, l'altra Piza Bella dove v'è l' hostaria per li passagieri. Questa valle è abbondante di feno et legna, né si parla di pane né di vino. L'aria è però sana. Haverà circa 200 habitatori”.


Salendo in Val Madre

Circa due secoli e mezzo più tardi la “Guida alla Valtellina” curata da Fabio Besta ed edita dal CAI di Sondrio nel 1884 (II edizione) così descrive la valle: “Una strada mulattiera sale erta ad andirivieni per le selve che sovrastano Fusine, e giunta presso al termine della regione del castano, entra nella valle, lungo il versante orientale, che scende dirupato fino al Madrasco, e guida al villaggio e alla chiesa di Val madre (1175 m.), a due ore da Fusine. Presso il parroco si può trovare modesto vitto e alloggio. Qui la valle è ridente e si conserva tale fino al suo termine. La via, purtroppo sempre ingombra di ciottoli, traversa prati da prima, poi una fiorente foresta di pini. A un’ora e tre quarti dalla Chiesa s’incontrano sulla via, in mezzo al bosco e in posizione veramente pittoresca, i ruderi delle fornaci di ferro (1300 m.) che hanno cessato di essere attive al principio di questo secolo.; una mezzora più in là appaiono altri ruderi di forni più antichi (1400 m.). I minerali di ferro che alimentavano si scavavano in alto sul contrafforte che divide Val Madre da Val Cervia. Poi la strada passa sulla sponda sinistra del Madrasco e sale, sempre attraverso boschi, il versante occidentale fino ai pascoli e alle baite di Dordona. Da queste baite salendo a destra il monte si raggiunge in breve il passo che guida alle baite di Dordona in Val Tartano); girando invece il sommo della valle a sinistra si arriva al passo di Dordona o di Val Madre (2020 m.), dal quale in un’ora si scende direttamente a Foppolo (1530 m.)… Al di là del passo, il quale è lontano dalla chiesa di Val Madre non più di tre ore di cammino, vi ha un laghetto che va asciugandosi, e lo sguardo si spazia in larghi orizzonti. Questa di Val Madre è per avventura la via più breve e più commoda fra quelle che congiungono i Branzi e Foppolo alla Valtellina media, ed è certamente la più battuta”.


Rifugio Casera di Dordona

Nell’ottocento si interruppe l’attività di prima lavorazione del ferro, e l’economia della valle gravitò quasi interamente sull’attività zootecnica, che sfruttava i diversi e pregiati alpeggi di Dordona, Dordonella, Vitalengo, Valbona, Bernasca, Cògola e Boninvento. Attività fiorente fino alla metà circa del Novecento, ed in graduale declino a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, quando iniziò il progressivo spopolamento di questa valle, come, anche se in misura diversa, quello di tutte le valli orobiche. Basti pensare che Feliciano Ninguarda trovò a Val Madre (il nucleo principale della valle, a 1195 m.) una popolazione stimabile in 178 persone, scese a 96 a fine Ottocento e ad una decina nel 1950.
Oggi la valle ha riacquistato una certa vita anche grazie alla pista che sostituisce la storica mulattiera selciata completata nel 1582, non a caso in un periodo nel quale era interesse comune della Serenissima Repubblica di Venezia (cui apparteneva la Bergamasca) e delle Tre Leghe Grigie (signore dei tre Terzieri di Valtellina) incrementare i commerci (nel medesimo periodo viene tracciata, con il medesimo scopo, la più famosa Via Priula che percorre la Valle del Bitto di Albaredo). La pista attuale risale l’intera valle e scende dal passo di Dordona a Foppolo, ed è molto amata e transitata da amanti della muntain-bike. Il passo di Dordona, poi, merita un discorso a sé, per i resti delle fortificazioni della linea difensiva Cadorna che vi si trovano.
La Prima Guerra Mondiale è conosciuta anche come la "grande guerra", ed impegnò l'esercito del Regno d'Italia contro quello dell'Impero Austroungarico su diversi fronti. La linea del fronte passava dallo Stelvio ed interessava i gruppi dell'Ortles, del Cevedale e dell'Adamello. Lo stato maggiore italiano temeva che la pressione austriaca potesse determinare un cedimento su questo versante, con la conseguente invasione della Valtellina. Se anche questa, poi, fosse stata persa, per l'esercito nemico si sarebbe aperta una facile porta per l'invasione delle grandi città del nord, e l'esercito italiano sarebbe stato preso, nella pianura Padana, fra due fuochi e posto in una situazione strategicamente drammatica. Il rischio era reso più concreto dalla possibilità che gli Austriaci invadessero la neutrale Svizzera, passando per i Grigioni e la Val Poschiavina. Per fronteggiarlo, il generale Cadorna decide di allestire una serie di fortificazioni sui passi orobici di più facile accesso, come quelli di Dordona, san Marco, di Verrobbio e di Stavello, al fine di evitare che l'esercito nemico li utilizzasse per invadere su più direttrici, attraverso le valli bergamasche, la pianura Padana. Tali postazioni erano costituite da trincee, polveriere, cunicoli e postazioni di osservazione e di artiglieria. Oggi se ne possono osservare i resti, i ruderi di un fronte mancato, perché, per fortuna, la guerra non giunse mai ad insanguinare il bel suolo orobico.
Una delle più facili escursioni per visitare questa valle affascinante e questi luoghi sfiorati dalla storia è quella che permette di visitare la Val Madre, nel cuore delle Orobie centrali. La valle, anche per le attività di estrazione del ferro che vi si esercitavano fu, fino al secolo XVI, una delle più importanti del versante orobico valtellinese ed una delle più interessate dai commerci con il versante bergamasco (il paese che si trova al suo sbocco, Fusine, deve il suo nome alle fucine nelle quali il ferro veniva lavorato).


Fotomappa dell'alta Val Madre

DA VALMADRE AL PASSO DI DORDONA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Valmadre-Forni-Baita della Croce-Passo di Dordona
3 h
870
E
SINTESI. Da Fusine parte una carozzabile (chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati: va acquistato il pass in centro al paese) che sale alla Madonnina (m. 552), a Ca' Manari (m. 800) ed a Valmadre (m. 1195). Qui, o poco più avanti, possiamo parcheggiare. La strada prosegue come pista sterrata che si addentra in Valmadre, passando per le Teccie (m. 1250) e le baite Forni (m. 1452), raggiunge il fondo della valle e ne risale l'ultimo gradino con diversi tornanti, passando a sinistra del rifugio Casera di Dordona (m. 1930) e raggiungendo il passo di Dordona (m. 2061).


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Raggiungiamo, dunque, Fusine, staccandoci dalla statale 38 al primo svincolo a sinistra all'altezza di San Pietro-Berbenno (per chi proviene da Milano). Percorso un tratto in direzione opposta, ad una rotonda impegniamo la terza uscita immettendoci in un cavalcavia che passa sopra la strada statale. Oltre il cavalcavia la strada provinciale curva a destra e si dirige verso Fusine. Superata la piazza centrale del paese, proseguiamo andando a sinistra e verso monte. Dal limite orientale del paese parte una strada asfaltata (accesso consentito solo previo acquisto del permesso nel bar al centro del paese) che risale, per diversi chilometri, il fianco montuoso che sovrasta il paese.


Apri qui una fotomappa della salita dalla Baita Forni al passo di Dordona

Oltrepassiamo così la bella chiesetta della Madonnina (m. 552) e le baite di Ca' Manari (m. 800), per poi effettuare un lungo traverso verso ovest, che ci introduce nella valle, sul fianco orientale.
Dopo un ultimo tratto in terra battuta, la strada ci porta al centro di Valmadre (m. 1195), dove, lasciata l'automobile nel parcheggio vicino al piccolo cimitero, troviamo, oltre ad alcune belle baite, una graziosa chiesetta ed una meridiana che ci ricorda come il tempo, scorrendo implacabile, ci toglie, a poco a poco, la vita. Ciascuno reagirà a questo messaggio secondo il proprio carattere e la propria sensibilità (con qualche scongiuro o qualche meditazione): in ogni caso questo ammonimento non ci impedirà di inoltrarci nella valle, seguendo la comoda carrozzabile che, dopo aver attraversato due volte il torrente Marasco, ci porta al piano delle baite Forni (m. 1452). Qui ci si presentano due possibilità: Possiamo lasciare la strada sterrata seguendo una traccia che parte dalla baita alla nostra destra e, dopo aver fiancheggiato un torrente, porta ad un ponticello che ci permette di oltrepassarlo e di trovare, poco oltre, una ben visibile mulattiera che sale verso sul fianco occidentale della valle, oppure possiamo proseguire fino alla fine della strada, imboccare un sentierino che, piegando a destra, attraversa tre corsi d'acqua, raggiungere un dosso erboso con una baita e, risalendolo, intercettare la mulattiera sopra citata.
Il sentiero giunge poi ad un bivio: lasciamo la traccia di destra, che sale alla casera di Dordona, per seguire quella di sinistra, che punta alla baita della Croce, che si trova nei pressi di un grande traliccio (m. 1944).
Il suo nome è legato alla presenza di una croce, in corrispondenza di un trivio, segnalato da un cartello: prendendo a destra si sale alla bocchetta dei Lupi (m. 2316), che conduce in val Lunga (Val di Tartano), mentre prendendo a sinistra si raggiunge la casera di Valbona e si può salire al passo omonimo (m. 2324), che porta in Val Cervia; in entrambi i casi si percorre un tratto dell'Alta Via delle Orobie. Noi, però, ignoriamo entrambe queste possibilità, e proseguiamo nella salita, seguendo i segnavia bianco-rossi. Per la verità non ci si può sbagliare, perché il passo è lì, ben visibile, davanti ai nostri occhi, e può essere raggiunto anche con una salita a vista. Dopo circa due ore e mezza - tre ore di cammino, eccoci infine al passo di Dordona (m. 2061), una larga sella che introduce all'alta val Brembana (dal passo sono ben visibili Fòppolo e le relative piste di sci).
Proprio sul passo troviamo, oltre a qualche resto di altre fortificazioni, un cunicolo scavato nella roccia, che conduce ad un osservatorio dal quale si domina buona parte della Val Madre. Queste fortificazioni furono costruite fra il 1916 ed i primi mesi del 1917 dalla milizia territoriale, costituita in gran parte da soldati reclutati sul posto o, più raramente, su base regionale. L'area della cosiddetta "linea Cadorna", che correva su buona parte del crinale orobico, era presidiata da tre battaglioni della Milizia territoriale, dalle compagnie alpine Morbegno, Tirano, Edolo e Vestone e da quattro drappelli di Alpini sciatori della Regia Guardia di Finanza.
Dopo la drammatica ritirata conseguente alla disfatta di Caporetto gran parte di questi reparti venne inviata al fronte, perché la linea Cadorna aveva assunto un'importanza strategica minore, di fronte alla minaccia prioritaria di uno sfondamento della linea del fronte che si era stabilizzata sul Piave.
Oggi si stenta a credere che questi luoghi, che sembrano votati alla pace ed al silenzio, abbiano potuto ospitare uomini e mezzi che sarebbero dovuti servire per la guerra. Una guerra di cui non sembra più aleggiare, qui, che un vago ricordo, mentre sullo sfondo là, a nord, la mole regale del monte Disgrazia sembra ispirare altri pensieri.


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CARTE DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE MAP (FAIR USE)

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).

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