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Apri qui una fotomappa dei versanti meridionale ed orientale della Colmen

Il Culmine di Dazio (con termine dialettale, Cólmen o Cùlmen, m. 913), è, sul versante retico, il punto più alto del territorio comunale di Morbegno. Con il suo inconfondibile profilo arrotondato, si pone come spartiacque fra la media e la bassa Valtellina, fra la piana di Ardenno, ad est, ed il conoide di Talamona, ad ovest. Qui l'andamento rettilineo della Valtellina, da Tirano ad Ardenno, subisce una brusca interruzione e descrive una doppia curva, proprio perché il fondovalle, nel suo corso sull’asse est-ovest, si trova la strada sbarrata da questa formazione montuosa.
Di essa scrive il Guler von Weineck, già governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina nel 1587-88, nell'opera "Rhaetia", pubblicata nel 1616: “All’estremo di questa pianura (di Dazio), verso mezzodì, sorge un piccolo monte, detto Colma di Dazio: è dirupato, sterile e roccioso, ma sulla cima ha una piccola pianura; ivi si notano le rovine di un antico castello e parimenti cisterne, cunicoli sotterranei e miniere di ferro abbandonate.”
Purtroppo non rimangono tracce né del castello, né dei misteriosi cunicoli. Resta invece il segno ben visibile, da sud, della miniera d'oro sfruttata fino alla fine del Settecento (miniéra d'òor); di oro si parla ancora in un documento ottocentesco, nel quale si menzionano tracce del prezioso metallo rinvenute nei pressi di Porcido, sempre sul versante sud della Culmen. Una montagna decisamente intrigante e misteriosa. Curiosa è la natura geologica del monte: le rocce della sua sommità sono costituite da un plutone granitico, il cosiddetto “granito di Dazio”, generato dall’intrusione di magma in una preesistente struttura di rocce metamorfiche. Ciò avvenne in tempi antichissimi, prima ancora che la catena alpina si fosse formata.Il monte, dunque, è un vero e proprio vegliardo, al cui cospetto le più alte ed eleganti cime del gruppo del Masino sono ancora giovani pivellini.
L’azione erosiva dei ghiacciai che nel quaternario scesero dalla Val Masino e dall’alta Valtellina fino alla bassa valle non riuscì, quindi, ad aver ragione di questo monte dal cuore di granito, che rimase, al centro della valle, come segno di tempi remotissimi. Tale azione, però, lo modellò, conferendogli la caratteristica forma arrotondata per la quale è facilmente riconoscibile dai più diversi angoli di visuale della media e bassa Valtellina. Aggiunge pregio alla zona la costituzione di un'area naturalistica protetta. La sua singolarità è legata anche alla profonda differenza dei versanti: quello rivolto a sud è arido, aspro e ripido, mentre quello che guarda a nord ed alla piana di Dazio ha caratteristiche molto simili ai versanti obobici, essendo decisamente più umido ed umbratile. La Culmen ospita fiori d'alta montagna, e vi scorazzano molte specie di animali, anche d'alta quota, come camosci, cervi, lepri, coturnici. Non mancano presenze meno rassicuranti, serpi e vipere.

Negli anni più recenti è stata molto valorizzata dal punto di vista escursionistico, anche grazie al contributo del CAI di Morbegno. E' nata un'associazione legata a quella che è definita "montagna magica", per il suo fascino arcano e le molteplici suggestioni che suscita. Si tratta dell'Associazione Colmen – la Montagna Magica (sio web: www.associazionecolmen.it).

 


Il versante est della Colmen dal ponte della Sirta

Sulla pianetta sommitale del Culmine troviamo un rifugio aperto di recente (maggio 2016) e chiamato La Casermetta. Il rifugio nasce dalla ristrutturazione di una caserma militare costruita nella prima guerra mondiale ma utilizzata anche nella seconda, adibita dal 2006 a casa privata. Il Rifugio è aperto su prenotazione e offre piatti tipici della cucina valtellinese. Non essendovi acqua sulla cima, l'esercizio risulta leggermente difficoltoso ma viene altamente ripagato dalle persone che frequentano il luogo che apprezzano le meraviglie della Colmen. L'intento del rifugio, gestito da Carlo Cadregari (tel. 3472264390; info carlo.cadregari@libero.it) è quello di valorizzare il territorio nel massimo rispetto e nella cura di questo luogo a lungo dimenticato.


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

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DA DAZIO AL CULMINE DI DAZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Piana di Dazio - Cima della Colmen
1 h e 30 min.
420
T
SINTESI. Appena prima (per chi proviene da Milano) della curva dx del ponte degli archi, che introduce al tirone di Ardenno, lasciamo la ss 38 prendendo a sinistra e seguendo la strada che attraversa la frazione di Pilasco, fino al suo termine, presso il quale parcheggiamo, salendo poi sulla ripida stradetta che passa a destra della chiesetta di Pilasco (m. 304). La stradetta volge a sinistra e prosegue, con fondo in cemento ed alcuni tornanti, lasciando poi il posto ad una larga mulattiera che taglia il fianco settentrionale della Colmem (o Culmine di Dazio). Superata una cappelletta, usciamo dal bosco sul limite orientale della piana di Dazio, confluendo in una pista la quale si immette nella strada sterrata Dazio-Regolido.La percorriamo verso sinistra, in direzione di Dazio e ci immettiamo nella provinciale che da Ganda sale a Dazio. Proseguiamo diritti sul lato sinistro della strada, fino a trovare sulla destra la stradetta che scende al cimitero. Proseguiamo su questa stradetta, che diventa una pista che entra nel bosco e comincia a risalire il versante settentrionale della Colmen, piegando a sinistra e passando per il Crotto. Nella successiva salita la pista propone diversi tornanti, che nell'ultimo tratto si fanno più serrati, fino alla pianetta della cima della Colmen (m. 913), dove si trova il rifugio La Casermetta (tel. 3472264390).


Bassa Valtellina e Culmine di Dazio

La salita alla cima partendo dalla piana di Dazio, per il versante nord, non è più che una facile passeggiata, che sfrutta una comoda e tranquilla mulattiera. Per effettuarla, dobbiamo partire dal cimitero del paese, staccandoci dalla strada principale che corre a sud del paese e percorrendo una pista sterrata (seguiamo le indicazioni per il Crotto). Ignorata una deviazione verso destra, raggiungiamo, in breve, il Crotto, per poi oltrepassarlo ed addentrarci in un bosco di castagni. La mulattiera, sempre evidente e ben segnalata, con segnavia rosso-bianco-rossi, sale, con ampi tornanti, verso la cima della Colmen (913 m), dove termina.
Se il tempo è bello, il panorama è molto ampio, sul versante della media Valtellina, su quello orobico e su quello della Val Màsino. Guardando a sud, possiamo vedere l’intera la val Vicima (la prima laterale che si trova, sulla sinistra, entrando in val di Tartano, dopo Campo) ed il passo di Vicima, che permette la traversata in Valmadre. L’occhio esperto può riconoscere, in primo piano e leggermente a sinistra rispetto alla val Vicima, un’altra Colmen, quella di Campo Tartano (il Culmine di Campo). Guardiamo ora verso nord: riconosceremo alcune importanti cime del gruppo del Masino-Disgrazia: da sinistra, i tre pizzi del Ferro (sciöma dò fèr), Occidentale, Centrale ed Orientale, la cima di Zocca e la cima di Castello; poi le cime della costiera Remoluzza-Arcanzo rubano la scena ai più importanti pizzi Torrone, ma non al monte Disgrazia, alla cui destra emerge la tozza sagoma del Sasso Arso.
Il pianoro della cima, dove troviamo anche un tavolino, sembra immerso, soprattutto in autunno ed in inverno, in un’atmosfera magica. Abbiamo superato circa 350 metri di dislivello, in un’ora di cammino. Possiamo anche percorrere un lungo tratto del crinale di cima, seguendo una traccia di sentiero ed incontrando una micro-pozza d’acqua.
Una preziosa segnalazione: la salita alla Colmen è possibile anche in mountain-bike; si tenga presente, però, che il fondo non sempre agevole la rende un po' faticosa.

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DA PANIGA AL CULMINE DI DAZIO (SENTEE DEL TARCI)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Paniga - Porcido - Cima della Colmen
2 h
670
EE
SINTESI. Procedendo sul tirone in uscita da Morbegno (per chi proviene da Milano), all'altezza di Talamona prendiamo a destra quando vediamo le indicazioni per Paniga. Curviamo a destra e ci immettiamo in una strada curvando ancora a destra e superando un sottopassaggio. All'uscita andiamo a destra, portandoci al semaforo del ponte di Paniga. Superato il ponte arcuato, siamo ad un trivio, al quale andiamo diritti, portandoci a Paniga, dove parcheggiamo presso la chiesa (m. 241). Sul lato opposto della strada, rispetto a parcheggio, cioè sul lato nord vediamo, su una roccia presso un muretto, un segnavia bianco-rosso, che indica la partenza del sentiero. Prendendo a sinistra ci portiamo ad una cappelletta e, seguendo un sentierino che corre alle spalle delle case a ridosso del versante meridionale della Colmen, raggiungiamo il punto nel quale inizia la salita. Su un muraglione di cemento, alla nostra destra, vediamo una grande scritta con una freccia verde, “Porcido”. Nella prima parte di sentiero serpeggia salendo ripido fra orti e vigne. Superato un grande rudere, ci portiamo ad n sistema di grandi reti paramassi, prendiamo a destra e proseguiamo verso nord-est, fra roccette e poggi esposti sul lato destro. Dopo una serie di tornantini siamo alla parte bassa dei prati di Porcido e, risalendoli in diagonale verso destra, ci portiamo alla chiesetta di S. Sebastiano (m. 586). Procediamo sulla mulattiera che va a siistra e lascia Porcido, fino ad un bivio al quale la lasciamo prendendo a destra (indicazioni per il Culmine ed il Sentée del Tarci). con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita, verso nord-est. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata. Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero, piegando con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assumendo un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto. Procedendo a destra siamo subito alla cima del Culmine di Dazio (m. 913).


Apri qui una panoramica sulla media Valtellina e la Val Tartano dalla Colmen

Non possiamo, infine, non riferire, in questa pagina dedicata al Culmine di Dazio, di una bella opportunità escursionistica resa possibile dalla recente iniziativa del CAI di Morbegno, che ha ripulito e segnalato l’antico sentiero che da Paniga sale a Porcido e di qui prosegue per la cima della Colmen. Un sentiero godibilissimo in autunno, inverno (in assenza di neve e su terreno asciutto) e primavera, che può costituire, oltretutto, un interessante quanto poco conosciuto itinerario che consente di raggiungere Dazio partendo dal fondovalle. Punto di partenza è il paesino di Paniga, ai piedi della Colmen, fra Campovico, ad ovest, e Desco, ad est.
Lo si raggiunge staccandosi dalla ss. 38, per chi proviene da Milano, allo svincolo segnalato per Paniga, sulla destra, dopo Morbegno e poco prima del viadotto sul torrente Tartano (allo svincolo corrisponde, sul lato opposto – settentrionale – della ss. 38 il ben visibile ponte arcuato di Paniga, che scavalca il fiume Adda). Una volta lasciata la strada statale, dopo pochi metri dobbiamo prendere a destra, passando sotto un cavalcavia. Dopo una successiva curva a destra, raggiungiamo il ponte di Paniga, sul quale il senso unico alternato è regolamentato da un semaforo.
Valicato il ponte, siamo a Paniga. Invece di piegare a sinistra (direzione per Campovico) o a destra (direzione per Desco), proseguiamo diritti, entrando in paese, e prendiamo, poi, a destra, fino al parcheggio nei pressi della chiesa dall'architettura decisamente moderna (la "sgésa növa de panìga", edificata nel 1979, che ha sostituito la "sgésa vèsgia de panìga", dedicata alla Madonna delle Grazie), riconoscibile per la pianta circolare: qui, a 241 metri, lasciamo l’automobile.
Sul lato opposto della strada, rispetto a parcheggio, cioè sul lato nord vediamo, su una roccia presso un muretto, un segnavia bianco-rosso, che indica la partenza del sentiero. Prendendo a sinistra ci portiamo ad una cappelletta e, seguendo un sentierino che corre alle spalle delle case a ridosso del versante meridionale della Colmen, raggiungiamo il punto nel quale inizia la salita.
Su un muraglione di cemento, alla nostra destra, vediamo una grande scritta con una freccia verde, “Porcido”, che segnala, appunto, il sentiero per il paesino di mezza costa che costituisce la tappa intermedia della salita alla Colmen.
Il sentiero, zigzagando, supera alcuni rustici e terrazzamenti coltivati (i "càamp") e guadagna rapidamente quota, regalando alcuni begli scorci su Paniga, Talamona e Morbegno. Si tratta di un bel sentiero, in parte scalinato e scavato nella roccia, che si inerpica sul ripido versante che sovrasta Paniga. Alcuni punto esposti sono protetti da corrimano. Dopo il primo strappo, raggiungiamo il muraglione di un rudere, oltrepassato il quale il sentiero riprende a salire, uscendo gradualmente dalla selva e dipanandosi fra rocce e vegetazione disordinata.
Di tanto in tanto, volgendo lo sguardo a destra, possiamo ammirare il conoide del torrente Tartano, Talamona e Paniga. Non allentiamo, però, l’attenzione, perché in alcuni punti un passo falso può procurare una caduta dalle conseguenze anche serie (e questo sia detto anche per alcuni punti del tratto Porcido-Culmine).


Porcido

I tornantini si succedono, anche serrati, ed il sentiero conserva l’andamento complessivo verso nord-est, passando non lontanto da una miniera d'oro sfruttata fino alla fine del Settecento (la "bögia de l'òòr", in località "el regulùn a la bögia de l'òòr", chiamata così per la presenza di una grossa quercia). Per alcuni erano giganteschi, di color verde cupo, con una spessa cresta sul dorso ed un’enorme bocca dalla quale saettava una lunga lingua biforcuta; per altri erano di più modeste dimensioni (non più di mezzo metro di lunghezza) e di un color grigio che si mimetizzava assai bene con quello delle pietre, per cui ci si accorgeva della loro presenza a fatica, solo per gli occhi fiammeggianti. Altri ancora narravano di averli visti sul tronco di talune piante: avevano lo stesso colore della corteccia, biancastro sulle betulle, marroncino sui castagni, verde fra le foglie.
Per molto tempo la paura impedì più sistematiche osservazioni: la gente era, infatti, convinta che questi esseri potessero stordire, ammaliare, aggredire, avvelenare addirittura chi si avvicinasse; era anche convinta che il loro potere malefico si esercitasse anche sulle colture, danneggiandole. Per questo era stato coniato anche un nome per il mostro di Paniga: “el dragu de la miniera de l’oor”, forse in accordo con le tante leggende che descrivono i draghi a guardia di tesori nascosti. Passò così un bel po’ di tempo, senza, però, che nessuno fosse vittima di aggressioni o peggio.
Alla fine la gente cominciò ad arrendersi all’evidenza ed a guardare con maggiore attenzione queste bestie, osservando che in effetti non erano molto grandi, avevano sì una cresta sul dorso, la lingua biforcuta, una bocca deforme e le dita delle zampe prensili, ma si cibavano solo di insetti e temevano l’uomo. Avevano, poi, la curiosa proprietà di assumere il colore dell’ambiente nel quale si trovavano, mimetizzandosi, così, piuttosto bene. Alla fine a qualcuno venne in mente che si potesse trattare si semplici... camaleonti (animali che effettivamente trovavavo in queste zone un habitat ideale).
Accompagnati dagli interrogaziovi sui draghi custodi del mitico oro, dopo qualche ultima giravolta fra muretti a secco, eccoci, dopo tre quarti d’ora circa dalla partenza, alla parte bassa occidentale dei prati di Porcido (purscìil). Questo nucleo incantevole riposa su un bel pianoro di mezza costa sul versante meridionale della Colmen, a 586 metri di quota. In passato fu frazione del comune di Campovico, mentre ora appartiene, con Campovico, al territorio di Morbegno, ed è abitato da famiglia di Dazio, Cadelsasso e Cadelpicco. Un nucleo di case, fra orti e vigneti, che conserva un incantevole sapore antico, impreziosito da una stupenda chiesetta (sgésa de purscìil), dedicata a S. Sebastiano, che appartiene alla parrocchia di Desco.
Qui giunge anche, dalla nostra destra, un sentiero che sale da Desco, il "sentée dé la piöda". Lo intercettiamo proprio alla chiesetta, e proseguiamo verso sinistra (ovest), attraversando, a monte, le baite ed i rustici, su una larga mulattiera, delimitata a monte da muretti a secco. In compagnia dei segnavia bianco-rossi, superiamo alcuni rustici alla nostra destra ed una semicurva a destra, in un punto nel quale il colpo d’occhio sulla bassa Valtellina è ampio e suggestivo.
Poi, dopo un ultimo pezzo in salita, su fondo assai buono, in “risc” (ciottoli lisci), troviamo due cartelli che segnalano un bivio, al quale, lasciando, la mulattiera, prendiamo a destra (Sentée del Tarci). I cartelli danno, nella direzione dalla quale proveniamo, Porcido a 10 minuti e Paniga a 40 minuti, e, nella direzione nella quale proseguiamo, il Culmine di Dazio a 45 minuti. Abbandoniamo, dunque, la direzione verso ovest, seguendo un sentierino che procede in direzione opposta (est), con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata, che incombe sul sentiero con il suo muraglione meridionale.
Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata, che scende verso sud appena ad ovest della cima del Culmine. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero. Davanti a noi, ad est, l’impressionante salto roccioso che scende verso il fondovalle a sud della cima del Culmine. Alla sua destra, il solco terminale della Val Tartano ed il conoide del Tartano.


Val Tartano e monti di Talamona dal Sentée del Tarci
(clicca qui per ingrandire)

Il sentiero, ora, piega, con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assume un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto.
Qui ci attende lo scenario più gentile di una rada selva, che il sole non fatica ad impregnare con la sua luce. Finora ci siamo mossi sul territorio del comune di Morbegno: ora raggiungiamo il confine che lo separa da quello di Dazio, e che passa proprio per il crinale del Culmine.


Panorama sulla media Valtellina dal Culmine di Dazio

Seguendo i segnavia, su alcuni massi e tronchi d’albero, proseguiamo verso destra, fino a due cartelli, che indicano la direzione per il Culmine e quella per Porcido e Paniga (dalla quale siamo saliti).
Il cartello serve assai poco a noi, che potremmo facilmente procedere a vista, ma è preziosissimo, per trovare il punto in cui il sentierino si tuffa nel canalone, per chi lo percorre scendendo (che deve prestare attenzione a non seguire il sentierino che percorre per un buon tratto, verso ovest, il crinale sommitale del Culmine).


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

Poche decine di metri ancora, e, lasciato alla nostra destra un baitone in fase di ristrutturazione, siamo alla cima del Culmine di Dazio. Lo scenario si apre, a nord, magnificamente, sui pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) e le vette della Valle di Zocca. Sul pianoro sommatale del Culmine (m. 913) troviamo un nuovo cartello, che dà, nella direzione dalla quale siamo saliti, Porcido a 40 minuti e Paniga ad un’ora e 10 minuti.
Lo abbiamo raggiunto in un paio d'ore di cammino (il dislivello in salita è di circa 670 metri). Da qui possiamo comodamente scendere a Dazio seguendo la larga mulattiera che parte a nord-est della cima.


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DA DESCO AL CULMINE DI DAZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Desco - Porcido - Cima del Culmine di Dazio
2 h
630
EE
SINTESI. Procedendo sul tirone in uscita da Morbegno (per chi proviene da Milano), all'altezza di Talamona prendiamo a destra quando vediamo le indicazioni per Paniga. Curviamo a destra e ci immettiamo in una strada curvando ancora a destra e superando un sottopassaggio. All'uscita andiamo a destra, portandoci al semaforo del ponte di Paniga. Superato il ponte arcuato, siamo ad un trivio, al quale andiamo a destra, portandoci dopo breve salita a Desco, dove parcheggiamo l'automobile presso la chiesa di S. Maddalena (m. 290). Qui i cartelli del sentiero per Porcido e la Colmen ci guidano salendo sulla carozzabile e lasciandola, al primo tornante dx, per imboccare una pista sulla sinistra. Dopo una sequenza di tornanti dx-sx, al sucessivo tornante dx la lasciamo prendendo a sinistra ed imboccando un sentierino che procede verso ovest e taglia un corpo franoso, guadagnando poi quota con una lunga serie di tornantini. Ad un primo bivio stiamo a destra, ad un secondo bivio prendiamo a sinistra, tagliando un roccione strapiombante e riemergendo alla luce del versante solatio dei Cech. Ci accoglie una baita solitaria ed un prato; il sentiero, però, la lascia a sinistra e piega a destra, risalendo, con rapidi tornantini, una fascia di boscaglia e roccette. Dopo una breve salita, ad un nuovo bivio dobbiamo ignorare la traccia di destra, stando sulla traccia più debole e tagliando un prato. Questa traccia sembra quasi subito prendere a destra e dirigersi verso un muretto a secco; in realtà dobbiamo procedere diritti, presso il limite inferiore del prato (più avanti troviamo due segnavia, su una robinia e su un muretto a secco). Poi pieghiamo leggermente a destra (i segnavia ci aiutano) e, con rapida sequenza di tornantini dx-sx, superiamo un muretto a secco. Superato un secondo muretto, passiamo a monte di un rudere di baita; ci portiamo, quindi, a superare un terzo muretto. Volgiamo, quindi, verso destra, superando una nuova sequenza di tre muretti, il primo ben scalinato, il secondo con scala appena abbozzata, il terzo con scala discreta, prima di giungere finalmente in vista della parte bassa dei prati di Porcido. In breve siamo alla chiesetta di S. Sebastiano (m. 586). Procediamo sulla mulattiera che va a siistra e lascia Porcido, fino ad un bivio al quale la lasciamo prendendo a destra (indicazioni per il Culmine ed il Sentée del Tarci). con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita, verso nord-est. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata. Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero, piegando con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assumendo un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto. Procedendo a destra siamo subito alla cima del Culmine di Dazio (m. 913).


Bassa Valtellina vista da Desco

Lla più classica escursione che ha come punto di partenza Desco è la salita a Porcido, con eventuale prosecuzione per Dazio e di qui per il Culmine di Dazio (oppure con il sentiero diretto Porcido-Culmine, il Sentée del Tàrci, dedicato alla memoria di Tarcisio Mattei). Portiamoci, dunque, con l’automobile all’ingresso di Desco, superando, sulla nostra sinistra, la fontana-lavatoio chiamata “funtàna de dèsch”. Passando di fronte alla chiesa, pieghiamo a sinistra, trovando subito, sulla sinistra, il parcheggio al quale lasciamo l’automobile (m. 290).
Incamminiamoci, poi, proseguendo sulla medesima via, fino al primo tornante dx, al quale la lasciamo per imboccare una pista sterrata che prosegue sulla sinistra (ovest). All’inizio non c’è alcuna indicazione, ma dopo un breve tratto vediamo, su un masso, alla nostra destra, un segnavia rosso-bianco-rosso. La pista, dopo il primo tratto, volge a destra (il fondo è quasi interamente colonizzato dall’erba) e prosegue all’ombra di una selva. Quando le piante si aprono un po’, sulla destra, abbiamo un colpo d’occhio ottimo sul conoide del Tartano. Proseguiamo fino al successivo tornante sx, dopo il quale ignoriamo, alla nostra destra, un sentierino che si stacca dalla pista e giungiamo ad un punto nel quale la pista passa fra due grandi muraglioni paramassi (realizzati per difendere il paese dal versante di rocce fragili a monte, che in passato ha già scaricato grandi massi, uno dei quali, come detto, ha demolito l’edificio della latteria).
La pista volge nuovamente a destra, ma noi la lasciamo imboccando un sentiero che se ne stacca sulla sinistra proprio al tornante (pochi metri dopo la partenza troviamo, sulla destra, una sorgente), procede per un breve tratto a destra di un muraglione e poi sale gradualmente, sempre in direzione ovest, tagliando il piede di un primo corpo franoso. La traccia è piuttosto esigua ed assediata dalla vegetazione: consigliabile procedere con gambe e braccia coperte. Poi, dopo una breve salitella, attraversiamo un corpo franoso più grande, detto "bàres", e vediamo, alla nostra destra, un piccolo crocifisso. La traccia si fa un po’ più marcata, e propone una sequenza di tornantini dx-sx-dx-sx; al primo tornante dx troviamo, su un masso, un nuovo segnavia rosso-bianco-rosso. Segue una serrata sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx-dx-sx; al successivo tornante dx vediamo di fronte a noi, seminascosto dalla vegetazione, un grande roccione: stiamo risalendo il vallone del purscìil, chiuso ed ombroso, colonizzato da vegetazione disordinata, ma il sentiero ora è ben visibile, delimitato anche da muretti a secco, e ci si rende conto che in passato doveva essere una via di comunicazione piuttosto importante. Si tratta del “sentée de la piöda”, e non facciamo fatica a capire perché fosse chiamato così (roccioni e massi la fanno da padrone, almeno in questo tratto).
Superato un nuovo tornante sx, al successivo dx troviamo un bivio: il ramo di sinistra, sostenuto da un bellissimo muro a secco, taglia l’aspro fianco roccioso del vallone per uscire al versante di prati e vigneti; noi, però, proseguiamo rimanendo nel vallone, cioè prendendo a destra. Segue una sequenza di
tornanti sx-dx-sx-dx-sx, prima di un secondo bivio: anche stavolta il ramo di sinistra è sostenuto da un muro a secco ardito e magistrale. Ora dobbiamo prendere a sinistra (attenzione ad un passaggio esposto a sinistra), tagliando un roccione strapiombante e riemergendo alla luce del versante solatio dei Cech. Ci accoglie una baita solitaria ed un prato; il sentiero, però, la lascia a sinistra e piega a destra, risalendo, con rapidi tornantini, una fascia di boscaglia e roccette. Dopo una breve salita, eccoci ad un nuovo bivio: la traccia più marcata prende a destra e rientra nel vallone, ma noi dobbiamo proseguire, su traccia più debole, a sinistra, tagliando un prato (purtroppo qui, come in altri passaggi, non vi è alcuna segnalazione). Questa traccia sembra quasi subito prendere a destra e dirigersi verso un muretto a secco; in realtà dobbiamo procedere diritti, presso il limite inferiore del prato (solo poco più avanti due segnavia, su una robinia e su un muretto a secco, ci confortano sulla bontà della scelta). Poi pieghiamo leggermente a destra (i segnavia qui ci aiutano) e, con rapida sequenza di tornantini dx-sx, superiamo un muretto a secco. Superato un secondo muretto, passiamo a monte di un rudere di baita; ci portiamo, quindi, a superare un terzo muretto. Volgiamo, quindi, verso destra, superando una nuova sequenza di tre muretti, il primo ben scalinato, il secondo con scala appena abbozzata, il terzo con scala discreta, prima di giungere finalmente in vista delle baite più basse di Porcido (purscìil). Salendo sul sentiero,giungiamo ad intercettare una traccia che proviene da destra.
Questo nucleo incantevole riposa su un bel pianoro di mezza costa sul versante meridionale della Colmen. In passato fu frazione del comune di Campovico, mentre ora appartiene, con Campovico, al territorio di Morbegno. Un nucleo di case, fra orti e vigneti, che conserva un incantevole sapore antico, impreziosito da una stupenda chiesetta, la sgésa de puscìil, dedicata a S. Sebastiano, sulla cui facciata, cui fa ombra un enorme abete rosso, leggiamo "Porcido, frazione di Morbegno". Il sentiero sale fra le poche case, gli orti e le vigne, in un'atmosfera quasi irreale. Non bisogna però pensare che si tratti di luoghi abbandonati: nei finesettimana, anche d'inverno, qui si incontreranno persone che salgono in baita per gustarsi il tepore di questi luoghi (si tratta di famiglie di Dazio, Cadelsasso e Cadelpicco).
Il panorama sulla bassa Valle di Tartano, sulla bassa Val Gerola e sulla bassa Valtellina è assai felice. Proseguendo sempre verso nord-ovest, sulla cosiddetta "strada de purscìil", superiamo il nucleo di case e vigneti denominato "cà di car" (Cara, sulla carta IGM). Passiamo, poi, a destra di un ottimo punto panoramico, un piccolo terrazzo erboso segnalato ed attrezzato con panchine, dal quale si domina la bassa Valtellina, dal conoide del Tartano all'alto Lario: si tratta del "balabén" (chiamato così dal soprannome di una famiglia). Poco oltre, sulla destra, parte il già menzionato "sentée del Tàrci" (cartello), che, ottimamente segnalato da segnavia bianco-rossi dal CAI di Moprbegno, effettua una lunga diagonale verso destra e, uscito all'aperto, vince un vallone desolato che precede la cima del Culmine di Dazio. Se, invece, restiamo sulla "strada de purscìil", dopo aver superato il punto nel quale parte, sulla destra, un altro sentiero (attrezzato con corde in qualche punto esposto) che raggiunge la cima del Culmine salendo al crinale e percorrendolo, raggiungiamo una cappelletta ed infine ci immettiamo in una carrozzabile che ci fa perdere leggermente quota, con qualche tornante, ma ci regala, soprattutto in autunno, uno splendido gioco di colori, nella cornice di bellissimi boschi di castagno.
La carrozzabile, nella quale confluisce, da sinistra, una pista secondaria, termina immettendosi nella strada asfaltata che sale da Morbegno a Dazio: siamo alla piana di Dazio (dàsc), e percorriamo la strada verso destra, in direzione del paese, che raggiungiamo dopo circa un’ora di cammino, avendo superato approssimativamente 300 metri di dislivello in salita.


Porcido

Vediamo, ora, più da vicino il "sentée del Tarci", che si stacca, come già detto, dalla mulattiera Porcido-Dazio, sulla destra, poco oltre il terrazzo del Balabén. I cartelli danno, nella direzione dalla quale proveniamo, Porcido a 10 minuti e Paniga a 40 minuti, e, nella direzione nella quale proseguiamo, il Culmine di Dazio a 45 minuti. Abbandoniamo, dunque, la direzione verso ovest, seguendo un sentierino che procede in direzione opposta (est), con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata, che incombe sul sentiero con il suo muraglione meridionale.
Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata, che scende verso sud appena ad ovest della cima del Culmine. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero. Davanti a noi, ad est, l’impressionante salto roccioso che scende verso il fondovalle a sud della cima del Culmine. Alla sua destra, il solco terminale della Val Tartano ed il conoide del Tartano.
Il sentiero, ora, piega, con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assume un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto.
Qui ci attende lo scenario più gentile di una rada selva, che il sole non fatica ad impregnare con la sua luce. Finora ci siamo mossi sul territorio del comune di Morbegno: ora raggiungiamo il confine che lo separa da quello di Dazio, e che passa proprio per il crinale del Culmine.
Seguendo i segnavia, su alcuni massi e tronchi d’albero, proseguiamo verso destra, fino a due cartelli, che indicano la direzione per il Culmine e quella per Porcido e Paniga (dalla quale siamo saliti).
Il cartello serve assai poco a noi, che potremmo facilmente procedere a vista, ma è preziosissimo, per trovare il punto in cui il sentierino si tuffa nel canalone, per chi lo percorre scendendo (che deve prestare attenzione a non seguire il sentierino che percorre per un buon tratto, verso ovest, il crinale sommitale del Culmine).
Poche decine di metri ancora, e, lasciato alla nostra destra un baitone in fase di ristrutturazione, siamo nei pressi del culmine. Lo scenario si apre, a nord, magnificamente, sui pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) e le vette della Valle di Zocca. Sul pianoro sommatale del Culmine (m. 913) troviamo un nuovo cartello, che dà, nella direzione dalla quale siamo saliti, Porcido a 40 minuti e Paniga ad un’ora e 10 minuti.
Lo abbiamo raggiunto in
due ore circa di cammino (il dislivello in salita è di circa 630 metri). Da qui possiamo comodamente scendere a Dazio seguendo la larga mulattiera che parte a nord-est della cima.

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DALLA CIMA DELLA COLMEN A PORCIDO E DESCO PER IL SENTIERO DI CRESTA OVEST
(ANELLO DELLA COLMEN)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cima della Colmen - Sentiero di Cresta Ovest - Porcido - Paniga
3 h
- (700 in discesa)
EE
SINTESI. Dalla cima della Colmen procediamo verso ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi e passando accanto a diverse pozze, fino alla radura del Lègunc'. Il sentiero scende poi leggermente e giunge ad un bivio: il sentiero di destro scende sul versante nord della Colmen, nel bosco, fino alla piana di Dazio, mentre quello di sinistra procede in un bosco di betulle, scendendo ad una fascia di rocce fra le quali serpeggia volgendo a sinistra (tratto atrezzato da corde fisse; direzione sud-ovest). Dopo un ultimo tratto nel bosco, intercettiamo la pista sterrata e la seguiamo scendendo verso sinistra, fino al nucleo di mezza costa di Porcido (m. 586). Scendendo dalla chiesetta di San Sebastiamo a destra, lungo i muretti a secco, ci portiamo sul limite di destra dove parte il segnalato Sentée del Tarci, che scende fra poggi esposti (attenzione) e roccioni del selvaggio basso versante a monte di Paniga, raggiungendo alcune grandi reti paramassi e, dopo un ultimo ripido tratto fra orti e vigne, terminando a Paniga. (ripercorriamo a rovesco il sentiero sopra descritto).


Il Lègunc'

Esiste anche un sentiero che percorre il crinale opposto della Colmen, quello ovest, e può essere sfruttato per chiudere un anello intermedio rispetto a quelli sopra descritti. Se vogliamo percorrerlo, dalla cima della Colmen dobbiamo procedere verso ovest, ignorando le indicazioni del cartello che segnala alla nostra sinistra la partenza del “Sentée del Tarci” (il cartello dà Porcido a 40 minuti e Paniga ad un'ora e 10 minuti).
Incamminiamoci su una debole traccia che passa accanto a due piccole pozze. Poco oltre troviamo altri cartelli, che segnalano, nella direzione nella quale procediamo, Dazio, mentre a sinistra è segnalato di nuovo il Sentée del Tarci. Procedendo sul largo crinale della Colmen, guidati dai segnavia bianco-rossi, troviamo altre pozze. Procediamo nella boscaglia, ma ben presto usciamo ad una larga radura che ospita una pozza di maggiori dimensioni, quasi un microlaghetto, chiamato “Lègunc'”, letteralmente “lago unto”, perché le sue acque stagnanti non sono limpide. Sul lato opposto della radura ritroviamo il sentiero che scende in una sorta di corridoio, passando a sinistra di un roccione che mostra una curiosa cavità.


Il sentiero della cresta ovest

Poco oltre, un bivio segnalato da un cartello: a destra parte il sentiero che scende a Dazio, serpeggiando sul versante settentrionale della Colmen, mentre procedendo diritti ci dirigiamo alla località Portatia. Possiamo scegliere entrambe le soluzioni, tenendo presente che la prima abbrevia di molto i tempi, ma la seconda è più panoramica e suggestiva, anche se propone qualche passaggio non banale. Raccontiamo questa seconda opzione.
Procedendo verso ovest-nord-ovest, ed il bosco gradualmente muta: ora sono le felci e le betulle a fare la parte del leone. Il bosco più aperto comincia a regalare bellissimi scorci sulla bassa Valtellina, con Morbegno e l'imbocco della Val Gerola in primo piano. La traccia poi esce dalla boscaglia e si porta ad una fascia di roccioni. Camminiamo tenendo sempre d'occhio segnavia ed ometti, cominciando a scendere fra facili rocce scalinate, con alcuni tratti esposti sul lato sinistro (da evitare in caso di rocce bagnate). Ben presto siamo ad un tratto attrezzato con corda fissa, che ci assiste nel punto in cui il sentiero piega a sinistra, scendendo per una sorta di canalino.


Il sentiero della cresta ovest

Poi le difficoltà sono finite: procediamo in un tranquillo bosco di betulle, in direzione sud-ovest, anche se gli arcani roccioni della Colmen non cessano di far sentire la loro presenta alla nostra destra. Al termine della discesa intercettiamo la pista sterrata che scende a sinistra verso Porcido (data a 30 minuti, mentre Paniga è data ad un'ora).
Scendiamo ora verso sinistra, su una bella mulattiera, raggiungendo Porcido (m. Scendendo dalla chiesetta di San Gaetano a destra, lungo i muretti a secco, ci portiamo sul limite di destra dove parte il segnalato Sentée del Tarci, che scende fra poggi esposti (attenzione) e roccioni del selvaggio basso versante a monte di Paniga, raggiungendo alcune grandi reti paramassi e, dopo un ultimo ripido tratto fra orti e vigne, terminando a Paniga. (ripercorriamo a rovesco il sentiero sopra descritto).

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DALLA CIMA DELLA COLMEN A DESCO PER IL SENTIERO DI CRESTA EST (PERIPLO DELLA COLMEN)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cima della Colmen - Sentiero di Cresta Est - Desco
1 h e 30 min.
30 (720 in discesa)
EE
SINTESI. Dalla cima della Colmen scendiamo lungo la pista sterrata che porta a Dazio, fino al secondo tornante sx, al quale troviamo il pannello che segnala la partenza del sentiero di Cresta Est. Lasciamo la pista scendendo verso est e seguendo con attenzione i segnavia ed agli ometti che dettano il percorso sul filo di cresta (attenzione ai salti sul lato destro). Più in basso il sentiero piega a sinistra ed entra nel bosco, scendendo fino ad un bivio segnalato, al quale pieghiamo a destra. seguendo il sentiero (segnavia rosso-bianco-rossi) che si affaccia al selvaggio versante orientale del Culmen. Il sentiero taglia il versante con saliscendi e tratti scavati nella roccia e protetti da corrimano (massima attenzione), giungendo un bivio segnalato da cartelli (m. 500), al quale prendiamo a sinistra proseguendo sulla comoda mulattiera che con andamento quasi interamente diritto inizia una decisa discesa, traversa al versante meridionale della Colmen e termina alle case alte di Desco dalle quali, seguendo la strada carrozzabile o una viuzza che passa fra le case, scendiamo al parcheggio presso la chiesa di S. Maddalena (m. 290).


Media Valtellina dalla cresta est

Da qui possiamo comodamente scendere a Dazio seguendo la larga mulattiera che parte a nord-est della cima. Se però non manca l'esperienza escursionistica ma fa difetto il tempo, la via più breve per tornare a Desco è quella che sfrutta il sentiero di Cresta Est, inaugurato nel maggio del 2012 a cura dell'Associazione Colmen – la Montagna Magica (sio web: www.associazionecolmen.it). Si tratta di un sentiero che con buone condizioni di terreno non comporta problemi, ma richiede comunque costante attenzione, perché la traccia è debole ed assediata da una vegetazione invadente, ed in alcuni tratti c'è una pericolosa esposizione sul lato meridionale (di destra). Va quindi percorso prestando costante attenzione ai segnavia.


Media Valtellina dalla cresta est

Scendendo dalla cima della Colmen sulla medesima pista di salita, al secondo tornante sx troviamo un pannello che annuncia la partenza del sentiero. Lasciamo dunque la pista prendendo ad est, per portarci, dopo breve tratto in piano fra roccioni affioranti e felci, ad un cartello che dà Desco ad un'ora e 20 minuti. Poco più avanti scendiamo ad un curioso roccione, che sembra un pulpito che guarda in direzione della media Valtellina aperta davanti ai nostri occhi, fino al lontano gruppo dell'Adamello. Scendiamo poi verso sinistra, in un oceano di felci, a destra del limite del bosco di pini silvestri. E' di rigore non perdere d'occhio i segnavia rosso-bianco-rossi su massi o piccoli ometti.


Uovo di drago

Nel primo tratto zigzaghiamo fra roccette, poi Scendiamo ad un crinale più ampio brullo, saliamo su un piccolo poggio e torniamo a scendere su un sentierino che si vede appena. Siamo sempre in prossimità dei salti di roccia del versante meridionale, ed il colpo d'occhio sulla piana di Ardenno e sulla bassa Val Tartano è davvero suggestivo. Superato un ometto su un roccione, troviamo più in basso un segnavia su un uovo di drago. Tale è, infatti, secondo un'antichissima leggenda, ogni masso erratico che si trovi in una posizione difficile da spiegare con le normali dinamiche naturali. Non di masso si tratta, allora, ma di uovo pietrificato di drago, deposto nei tempi remoti nei quali i draghi erano signori anche delle Alpi Retiche, come leggiamo anche in S. Agostino.


Lo sbarramento di Ardenno dal sentiero che taglia il fianco orientale della Colmen

Scendiamo ancora, a poca distanza dal limite del bosco, raggiungendo un punto nel quale si vede con ottima panoramica dall'alto lo sbarramento artificiale sul fiume Adda al limite sud-occidentale della piana di Ardenno. Dopo un evidente segnavia su un ometto, pieghiamo un po' a sinistra, procedendo nella boscaglia. Ci immergiamo gradualmente nel bosco, il crinale è ormai alle nostre spalle, e, dopo qualche tornantino, siamo ad un bivio: mentre prendendo a sinistra procediamo in direzione del Crotto di Dazio, prendendo a destra imbocchiamo il sentiero (segnavia rosso-bianco-rossi) che taglia tutta la parte medio-bassa del versante est della Colmen, terminando alle baite a monte di Desco, che un cartello dà a 40 minuti.


Mulattiera che scende a Dazio

Si tratta di un sentiero suggestivo e panoramicissimo, con tratti scavati nella roccia, esposti e protetti. Dopo un primo tratto in leggera discesa, ci attende la prima calata in un avvallamento roccioso,che richiede cautela e buone condizioni del sentiero. La prima parte della traversata è infatti quella più ostica, perché attraversa un versante dirupato. Nella seconda parte, invece, superato il vallone centrale per il quale passa anche il confine fra comune di Ardenno e comune di Morbegno (nel quale rientriamo), procediamo su un versante che alterna radure brulle alla boscaglia. Si tratta del versante che probabilmente ispirò una celebre poesia di Quasimodo, riportata in appendice. Al termine della traversata il sentiero giunge ad un bivio segnalato da cartelli (m. 500), al quale prendiamo a sinistra proseguendo sulla comoda mulattiera che con andamento quasi interamente diritto inizia una decisa discesa, nella selva che, a tratti, si apre proponendo un ottimo colpo d'occhio sulla media Valtellina e sullo sbarramento sul fiume Adda ad Ardenno. La mulattiera traversa al versante meridionale della Colmen e termina alle case alte di Desco dalle quali, seguendo la strada carrozzabile o una viuzza che passa fra le case, ridiscendiamo al parcheggio presso la chiesa di S. Maddalena (m. 290).


Apri qui una panoramica sul gruppo del Masino dalla Colmen

APPENDICE: La dolce collina

Lontani uccelli aperti nella sera
tremano sul fiume. E la pioggia insiste
e il sibilo dei pioppi illuminati
dal vento. Come ogni cosa remota
ritorni nella mente. Il verde lieve
della tua veste è qui fra le piante
arse dai fulmini dove s’innalza
la dolce collina d’Ardenno e s’ode
il nibbio sui ventagli di saggina.

Forse in quel volo a spirali serrate
s’affidava il mio deluso ritorno,
l’asprezza, la vinta pietà cristiana,
e questa pena nuda di dolore.
Hai un fiore di corallo sui capelli.
Ma il tuo viso è un’ombra che non muta;
(cosi fa morte). Dalle scure case
del tuo borgo ascolto l’Adda e la pioggia,
o forse un fremere di passi umani,
fra le tenere canne delle rive.

Salvatore Quasimodo - nuove poesie

Che ebbe a che fare il poeta siciliano, premio Nobel per la letteratura nel 1959, con questa sperduta landa retica? Quasimodo fu assunto come geometra al Genio Civile e trasferito nel 1934 a Milano; di qui, un po’ per punizione, venne assegnato per qualche tempo all’ufficio di Sondrio. La poesia fa riferimento ad un ricordo femminile legato ad Ardenno. Impossibile sapere chi, difficile capire quale sia esattamente il luogo nel quale il ricordo prende corpo. Un luogo sicuramente vicino al fiume Adda, in vista del Culmine di Dazio (questa è con tutta probabilità la “dolce collina”, così qualificata per il suo aspetto arrotondato). Il resto è legato alla suggestione poetica, che si anima dell’indeterminato e trae vita dall’indefinito.

 

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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