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DA CAMPOVICO A CERIDO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Campovico-Cerido
1 h e 15 min.
325
T
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) lasciamo la ss 38 dello Stelvio prendendo a sinistra. Dopo un cavalcavia siamo ad una rotonda, e proseguiamo diritti fino al ponte sul fiume Adda, al quale prendiamo a destra, imboccando la strada che sale a Dazio ma, al primo tornante sinistrorso, invece di proseguire in salita, abbandoniamola sulla destra, scendendo al ponte di Ganda e proseguendo, lasciato il ponte alla nostra destra, fino a Campovico (m. 235). Saliamo verso la ben visibile chiesa e lasciamo l'automobile nel comodo parcheggio presso il cimitero sottostante (m. 235). Raggiunto il sagrato della chiesa, vedremo una stradina, nel primo tratto asfaltata, che sale con diversi tornanti sul fianco montuoso, fino al bel borgo di Cermeledo (m. 461). Da qui saliamo alla strada asfaltata che si dirige a Dazio e scendiamo per un tratto, verso sinistra, fino ad incontrare, sulla nostra destra, la deviazione per Cerido (m. 560). Seguendo la stradina asfaltata in breve siamo all'antico nucleo.

Un'ottima occasione per conoscere alcuni aspetti della civiltà contadina nella Costiera dei Cèch, magari associando alla curiosità il desiderio di una breve passeggiata che, in ogni stagione, regala scorci di grande suggestione, può essere rappresentata dalla visita a Cerìdo, incantevole borgo nascosto fra i boschi del fianco montuoso che sovrasta Campovico, sul limite settentrionale del territorio comunale di Morbegno, ed al suo piccolo museo etnografico.
Se vogliamo arrivarci con l'automobile, lasciamo la statale 38 alla prima rotonda d'ingresso a Morbegno (per chi viene da Colico), deviando a sinistra (indicazioni per Traona e per la Costiera dei Cech). Superiamo così un ponte sulla ferrovia ed un semaforo; oltrepassato un secondo ponte, sull'Adda, prendiamo a destra, percorrendo la strada che sale a Dazio. Dopo un tornante sinistrorso ed un secondo destrorso, ci attende un lungo tratto in salita verso nord-est. Dopo circa due chilometri e mezzo e prima che la strada cominci a piegare a sinistra per avvicinarsi al solco della val Toate, prestiamo attenzione sul lato sinistro: vedremo un cartello che segnala la partenza di una stradina che sale verso Cerido, dove termina.
Percorso un breve tratto in salita sulla strada asfaltata, lasciamola, sulla sinistra, non appena troviamo le indicazioni per Cerido e la Centralina. Parte di qui una stradina che sale a Cerido. A lato della stradina, sulla sinistra, un sentiero porta, in breve, alla secentesca chiesa di S. Nazzaro di Cermeledo, la cui importanza è testimoniata dal fatto che nei secoli XVII e XVIII fu chiesa parrocchiale di Campovico, quando, come già ricordato, buona parte della popolazione del comune era concentrata qui. Il primo nucleo della "sgésa de scèrmelée", dedicata ai santi Nazzaro e Celso, fu edificato, dalla famiglia Castelli sannazzaro, nel 1369 e fu poi ampliato nel 1624.
Siamo in località Dosso del Visconte ("dossum sancti Nazarij, nel secolo XV, "dòs del viscùunt" o semplicemente "el dòs", con voce dialettale). La denominazione è legata al fatto che in epoca medievale probabilmente qui sorgeva un castello (di cui si sono perse le tracce), dimora del Visconte di Valtellina, investito della signoria sull'intera valle. Se così è, negli oscuri secoli IX e X il baricentro della Valtellina era qui. Oggi sul sagrato della chiesa regna quasi sempre una profondissima quiete, rotta veramente, forse, solo l'ultima domenica di luglio, quando si celebra la festa dei santi Nazzaro e Celso.
Di fronte alla facciata della chiesa c’è una cappella, con un dipinto presso il quale vale la pena sostare e meditare, perché apre uno squarcio storico di cui ci parla Giustino Renato Orsini nella sua Storia di Morbegno (Sondrio, 1959): “Le condizioni economiche della Valtellina, assai depresse dopo il suo passaggio ai Grigioni (1512) e per il distacco della Lombardia, cominciavano lentamente a risollevarsi per effetto dell'emigrazione. I nostri massicci montanari, pieni di buon volere, lasciavano in piccole frotte 11 loro paesello per recarsi nei luoghi più lontani: i Chiavennaschl a Palermo, a Napoli, a Roma, a Venezia e persino in Francia, a Vienna, nella Germania e nella Polonia: a Napoli i Delebiesi e quelli di Cosio Valtellino; a Napoli, Genova e Livorno quelli di Sacco; pure a Livorno ed Ancona i terrieri di Bema e di Valle; a Venezia quelli di Pedesina; a Verona quelli di Gerola; a Roma, Napoli e Livorno quelli d'Ardenno. Numerosi muratori e costruttori di tetti emigravano in Germania; e i montanari della Valmalenco si spargevano come barulli nei più diversi paesi.
Un quadro assai mediocre nella cappella antistante alla chiesa di S. Nazzaro in Cermeledo ci ritrae questi emigranti che, scalzi e in misere vesti, curvi sotto il loro fardello, arrivano ad un porto e ringraziano la  B. Vergine del viaggio compiuto.

Ma la meta preferita, specialmente dai terrieri della zona dei Cech, da Dubino sino a Vervio, fu Roma, dove il Pontefice, anche per sostenere la fede cattolica combattuta dai Grigioni, accordò loro protezione e privilegi. Nella dogana di terra in piazza S. Pietro furono loro riservati ventiquattro posti di facchini, e alcuni posti anche nell'ospedale dell'Isola Tiberina; formavano pure la compagnia dell'annona, come facchini, misuratori e macinatori di granaglie; e furono detti Grigi, provenendo da luoghi dominati dai Grigioni. Perciò il cardinale Pallavicino chiamò ingiuriosamente la nostra valle patria dei facchini. Effettivamente fu quello il loro prima impiego, nel quale salirono anche al grado di capo-squadra, come vediamo dal nome assunto dai Caporali di Cino e dai Caporali di Dazio…”

Nei pressi della chiesa, ad ovest, si trova il centro della Comunità di recupero di ex-tossicodipendenti denominata “La Centralina” (insediata nell'edificio dell'ex "colonia de scèrmelée", o "uspìzi", sede, fino al 1977, della Colonia estiva Martinelli dell'orfanotrofio femminile provinciale di Morbegno).
Ecco cosa scrive di questi luoghi Giovanni Guler von Weineck, governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina nel 1587-88, nell'opera "Rhaetia", pubblicata a Zurigo nel 1616: “Dopo Cermeledo vi è un luogo chiamato Dosso del Visconte: ivi in antico sorgeva un vetusto castello, che in seguito passò alla famiglia dei Castelli San Nazaro, patrizi di Como. Essi poi, fra Cermeledo e il castello edificarono una chiesa in onore di S. Nazaro, omonima ad altra chiesa che sorgeva in Como, presso il loro castello, e donde la famiglia aveva assunto il suo titolo e nome di Castelli San Nazaro.”

Vale però la pena spendere tre quarti d'ora per salire a piedi, partendo da Campovico. Per raggiungere il paese, imbocchiamo la strada che sale a Dazio ma, al primo tornante sinistrorso, invece di proseguire in salita, abbandoniamola sulla destra, scendendo al ponte di Ganda e proseguendo, lasciato il ponte alla nostra destra, fino a Campovico (m. 235). Saliamo verso la ben visibile chiesa e lasciamo l'automobile nel comodo parcheggio presso il cimitero sottostante. Raggiunto il sagrato della chiesa, vedremo una stradina, nel primo tratto asfaltata, che sale con diversi tornanti sul fianco montuoso, fino al bel borgo di Cermeledo (m. 461). Da qui saliamo alla strada asfaltata che si dirige a Dazio e scendiamo per un tratto, verso sinistra, fino ad incontrare, sulla nostra destra, la deviazione già citata per Cerido.

Percorrendo questa strada, in breve siamo alle case di questo splendido borgo ("scerìi, m. 508), attestato per la prima volta in un documento del 1357, nella forma "Zerido", che regala un'atmosfera unica e davvero suggestiva. Un nucleo ricco di storia e di una curiosa e simpatica umanità. Basti pensare ad alcuni soprannomi delle famiglie che un tempo lo popolavano, e che si sono trasferiti ai luoghi.
Un gruppo di case e terreni è chiamato "cagazéchìn": vi abitava un tal Venina, cui non faceva difetto certamente il buonumore, e che era solito raccontare, con aria serissima e compresa, delle straordinarie qualità del suo asino, parente, alla lontana, della famosa gallina dalle uova d'oro, dato che quello (l'asino, s'intende), quando andava di corpo, non deponeva a terra vile sterco, ma preziosissimi zecchini d'oro. Un altro gruppo di case è denominato "orài", dal soprannome di un ramo della famiglia Alberti, un componente della quale, emigrato in America e tornato al paese natìo, intercalava ogni frase con un sonoro "all right", nel quale esprimeva tutta l'ammirazione per quel lontano e grande paese. Un terzo gruppo di case era quello dei "giascgià", dal soprannome di un ramo della famiglia Busnarda, derivato dalla curiosa abitudine di un suo componente: lo incontravi, e ti salutava con un "Ehilà, ehilà."; gli chiedevi come stesse, e ti sentivi rispondere un "Bene, bene"; ti lamentavi che le stagioni non sono più quelle di una volta, ed avevi come risposta un cenno di assenso ed un convinto "Già, già..." Per chiudere con un'ultima pennellata queste scarne note di colore, varrà la pena di ricordare che a Cerido venne, molti e molti anni or sono, avvistato un animale più unico che raro, il "ghetùn ghèt", "gattone gatto", una sorta di folletto, alto un’ottantina di centimetri, con le orecchie appuntite e pelose, le lunghe braccia, le dita dotate di unghie affilate e gli occhi giallastri e fosforescenti, che brillavano, sinistri e diabolici, sul far della sera e nel cuore della notte, terrore dei bambini disubbidienti. Una lince, forse.
Rapide pennellate sulla Cerido degli anni trenta del secolo scorso si trovano nello splendido affresco della Naguarido di quei tempi tracciato da Ines Busnarda Luzzi in "Case di sassi " (Edizioni Lo Faro, 1980): "Cerido è il nome di una frazioncina di poche case, diviso in due fra il comune di Civo e quello di Morbegno, ma che è sotto la giurisdizione della parrocchia di Roncaglia. Da gennaio a marzo vi abita parte della gente di Vallate e parte di quella di Naguarido, che vi possiede terreni e case. D'inverno il luogo è caldo. Ma non è per questo che vi si trasmigra, ma per far mangiare alle bestie il fieno che si è raccolto, per concimare i prati e lavorare le vigne, perché noi il vino si faceva lì e le nostre cantine erano a Cerido. Ora anche Cerido è quasi abbandonato e poche vigne sono ancora coltivate. E' a Cerido "basso" che pochi mesi fa (siamo nel 1980) è stato riscoperto il famoso torchio che faceva il nostro vino, che risulta il più antico torchio conosciuto in Italia. Il tempo e vandali l'hanno devastato e di esso non rimangono che i pezzi mastodontici che non si sono potuti asportare: nel locale il tetto è crollato e le pareti stanno per farlo. Anche noi vi avevamo una casa, ben soleggiata, ma meno comoda di quella di Naguarido. Io ci stavo mal volentieri perché in quel periodo mi trovavo isolata e senza amiche; non avevamo la luce elettrica e la sera per non consumare petrolio, si cenava, a volte, alla luce del fuoco e si andava a dormire alle otto, o anche prima."
Raggiunte le case di Cerido, vedremo facilmente anche un cartello che ci indirizza al Torchio di Cerido, quello menzionato dalla Busnarda. Si tratta di un piccolo museo della civiltà contadina, un torchio vinario e di un frantoio oleario del secolo XVII (funzionanti fino agli anni '40 del secolo scorso), cui si sono aggiunti altri interessanti oggetti della vita contadina nei secoli passati (gerli, tini e tinozze, stadere, irroratori, mazze, stai, ceste, pentole, lampade, borracce, cappelli, e così via). La gentile signora Amelia Margnelli si renderà, poi, disponibile a fornire notizie interessanti su questi strumenti che rappresentavano, nell'economia contadina, risorse essenziali in una zona nella quale la viticoltura si è sempre avvalsa di un'ottima esposizione al sole. 

Per visitare il torchio bisogna contattare il Comune di Morbegno al numero 0342/606207, dal lunedì al venerdì in orario 9-12, oppure via email all'associazione info@evaltellina.com

Terminata questa suggestiva immersione nel passato, possiamo continuare a respirare il profumo di questa terra impregnata di sole e di silenzi antichi salendo ancora, lungo il sentiero che, attraversato un bel bosco, conduce alla strada asfaltata che congiunge Vallate a Serone (dove si trova il municipio del comune di Civo).

ANELLO CAMPOVICO-CERIDO-VALLATE-DAZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Campovico-Cerido-Vallate-Dazio-Campovico
3 h
475
T
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) lasciamo la ss 38 dello Stelvio prendendo a sinistra. Dopo un cavalcavia siamo ad una rotonda, e proseguiamo diritti fino al ponte sul fiume Adda, al quale prendiamo a destra, imboccando la strada che sale a Dazio ma, al primo tornante sinistrorso, invece di proseguire in salita, abbandoniamola sulla destra, scendendo al ponte di Ganda e proseguendo, lasciato il ponte alla nostra destra, fino a Campovico (m. 235). Saliamo verso la ben visibile chiesa e lasciamo l'automobile nel comodo parcheggio presso il cimitero sottostante (m. 235). Raggiunto il sagrato della chiesa, vedremo una stradina, nel primo tratto asfaltata, che sale con diversi tornanti sul fianco montuoso, fino al bel borgo di Cermeledo (m. 461). Da qui saliamo alla strada asfaltata che si dirige a Dazio e scendiamo per un tratto, verso sinistra, fino ad incontrare, sulla nostra destra, la deviazione per Cerido (m. 560). Seguendo la stradina asfaltata in breve siamo all'antico nucleo. Salendo alle case alte, imbocchiamo la larga mulattiera che passa presso un grande masso e piega a destra, salendo per buon tratto diritta. Ignoriamo una deviazione a sinistra per Dazio e restiamo sulla mulattiera principale, che piega gradualmente a sinistra, passa a destra di un poggio boscoso (cappelletta) ed esce ai prati sotto Vallate (m. 710), terminando, dopo un ponticello in legno, alla strada carrozzabile che da Dazio sale a Vallate. Torniamo indietro e appena prima del ponticello, seguendo il cartello del Sentiero Anna, imbocchiamo una pista-mulattiera che scende verso destra, seguendo per un tratto il corso del torrente e poi allontanandosene verso sinistra. Dopo un tornante dx ed uno sx, la mulattiera si congiunge ad una strada asfaltata che porta al centro di Dazio. Per tornare a Cerido proseguiamo così: scendiamo per un buon tratto lungo la strada provinciale n. 10 Dazio-Morbegno, fino a trovare, sulla destra, una specie di pista che si restringe subito a sentiero (all'inizio del quale c'è una cappelletta in pessime condizioni). Il sentiero effettua un traverso che si conclude al parcheggio di Cerido. Se però siamo saliti da Campovico, ignoriamo la stradina e scendiamo ancora sulla strada carrozzabile fino alla prima deviazione a sinistra, che porta alle case di Cermeledo. Qui, a destra, presso una fonntana coperta, troviamo la partenza della stradella segita salendo: la seguiamo ridiscendendo alla chiesa di Campovico ed al parcheggio presso il Cimitero.

Vediamo come. Dal centro di Cerido parte una mulattiera, che in realtà è la prosecuzione di quella che da Campovico sale a Cermeledo, e che porta alla frazione di Vallate, sopra Dazio. Se abbiamo tempo e voglia, proseguiamo questa immersione nel cuore della più antica civiltà contadina.  Passiamo sotto una curiosa passerella in legno che da un roccione porta all’ingresso di un fienile posto in alto rispetto al piano della strada e volgiamo a destra, passando a sinistra del muro di un rustico. La mulattiera volge, poi, a sinistra e sale diritta, fino ad una fontana, piegando poi leggermente a sinistra e passando a destra delle baite più alte. In corrispondenza di un enorme masso sotto il quale è stato ricavato un baitello piega, poi, decisamente a destra, e sale, con fondo splendido, in risc'. Propone, poi, una successione di tornanti sx e dx (il fondo diventa meno largo, ma sempre ben marcato). Il traverso a destra ci fa passare sotto un rudere di baita e ci porta ad una cappelletta, nella quale viene raffigurata una Madonna con Bambino con ai lati san Sebastiano e San Rocco, il protettore degli appestati, che mostra, come da iconografia classica, una piaga sulla coscia. Viene sponteneo un pensiero: nei secoli passati neppure le selve salvavano dal terribile morbo, il cui contagio giungeva talora, come nell’epidemia del 1629-31, a falcidiare intere popolazioni.
A destra della cappelletta parte un sentierino, segnalato da un cartello, per Ca’ Donai, al limite occidentale di Dazio; noi invece restiamo sulla mulattiera principale, che volge leggermente a sinistra e sale ancora per un tratto, a sinistra di una splendida selva di betulle. Poi percorriamo un tratto pianeggiante, fino ad una nuova cappelletta, dove la mulattiera piega leggermente a sinistra e taglia il fianco alto della Val Toate (sentiamo, più in basso, il rumoreggiare del torrente). Un’ultima salitezza ci porta ad uscire dal bosco ai prati sotto Vallate (m. 710), e qui notiamo, a sinistra, una curiosa formazione rocciosa tondeggiante in mezzo al
prato più basso ed un ancor più curioso castagno con il tronco cavo nella parte bassa. La mulattiera, subito dopo aver attraversato su un ponticello in cemento il torrente Toate, si congiunge, infine, con la strada asfaltata che da Dazio sale verso Serone.
Per chiudere questa splendida passeggiata possiamo scendere, per via più breve, a
Dazio: appena dopo il ponticello non saliamo alla strada, ma, seguendo il cartello del Sentiero Anna, imbocchiamo una pista-mulattiera che scende verso destra, seguendo per un tratto il corso del torrente e poi allontanandosene verso sinistra. Dopo un tornante dx ed uno sx, la mulattiera si congiunge ad una strada asfaltata che porta al centro di Dazio.
Per tornare a Cerido proseguiamo così: scendiamo per un buon tratto lungo la strada provinciale n. 10 Dazio-Morbegno, fino a trovare, sulla destra, una specie di pista che si restringe subito a sentiero (all'inizio del quale c'è una cappelletta in pessime condizioni). Il sentiero effettua un traverso che si conclude al parcheggio di Cerido.
Se però siamo saliti da Campovico, ignoriamo la stradina e scendiamo ancora sulla strada carrozzabile fino alla prima deviazione a sinistra, che porta alle case di Cermeledo. Qui, a destra, presso una fonntana coperta, troviamo la partenza della stradella segita salendo: la seguiamo ridiscendendo alla chiesa di Campovico ed al parcheggio presso il Cimitero.



CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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