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Castello di Mancapane

ANELLO DEL CASTELLO DI MANCAPANE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Santa Maria Perlungo-Castello di Mancapane-carrozzabile per San Giovanni-Santa Maria Perlungo
1 h e 15 min.
180
T
Santa Maria Perlungo-Castello di Mancapane-Ca' Bongiascia-San Giovanni-Santa Maria Perlungo
2 h
240
T
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina ed appena sopra la chiesa di San Giogrio ad un bivio andiamo a destra, seguendo le indicazini per l'alpe Mara e proseguendo sulla carozzabile fino a S. Maria Perlungo (m. 913), dove parcheggiamo. Scendiamo sulla strada fino al primo toroante sx, la lasciamo andando diritti, oltrepassiamo le baite di Ca' Zoia ed imbocchiamo il sentiero segnalato che supera la Valle dell'Orco, passa per il mulino di Ca' Mazza, traversa al torrente Davaglione e subito dopo arriva al poggio morenico del Castello di Mancapane (m. 909). Possiamo proseguire nell'anello per due vie. La prima prevede di salire su un sentierino che parte alle spalle del castello, sul lato sinistro, sale diritto sul dosso nella selva poi in una fascia di prati ed intercetta la carrozzabile per San Giovanni. Qui giunti andiamo a destra, superiamo la valle del Davaglione (m. 1050) e scendiamo ad intercettare a Ca' Verona la carrozzabile per l'Alpe Mara, che seguiamo in discesa fino a tornare a Santa Maria Perlungo. Il secondo anello prevede che dal castello si prosegua sul sentierino segnalato che scende al ponticello della Val di Sum e poi traversa a Ca' Bongiascia (m. 850), terminando alla strada asfaltata che sale a San Giovanni. La seguiamo in salita e dopo qualche tornante siamo ai prati ed alla chiesa di San Giovanni (m. 1016). Qui ad un bivio andiamo a destra, raggiungiamo il centro della valle del Davaglione e scendiamo ad intercettare la strada per l'Alpe Mara. Seguendola in discesa torniamo a Santa Maria Perlungo.


Apri qui una fotomappa del versante a monte di Montagna in Valtellina

In una valle nella quale le Tre Leghe Grigie, poco dopo averne assunto la signoria camuffata da protettorato, ordinarono lo smantellamento di castelli e fortificazioni (1526), non potendoli controllare con presidi armati permanenti, le poche vestigia dei castelli medievali assumono un particolare significato e meritano una visita attenta. Al centro della Valtellina si impone il celebre Castel Grumello, che guarda direttamente Sondrio. Assai meno vistoso ma non meno interessante è il Castello Mancapane, sul medesimo versante retico di Montagna in Valtellina, ma più in alto (m. 909) ed in posizione appartata, fra due rami del torrente Davaglione.
Con una camminata che si presta a diverse varianti lo si può visitare in tutte le stagioni. La via più classica e breve parte dalla chiesetta di Santa Maria Perlungo, posta quasi alla medesima quota (m. 913).


Santa Maria Perlungo

La raggiungiamo imboccando da Sondrio la strada provinciale Panoramica dei Castelli, che sale a Montagna in Valtellina passando per Colda. Giunti al semaforo in corrispondenza del quale dalla provinciale si stacca sulla sinistra la strada che sale al centro di Montagna, la lasciamo prendendo appunto a sinistra. Passiamo così per il centro di Montagna in Valtellina, raggiungendo un bivio segnalato: a sinistra si va a San Giovanni, a destra a Santa Maria ed all’alpe Mara.
Andiamo a destra, passando a monte della chiesa parrocchiale di S. Giorgio ed a sinistra del cimitero. Ignorata qui una deviazione che scende a sinistra, proseguiamo sulla strada per Santa Maria e l’alpe Mara. Dopo qualche tornante ed un ultimo tornante dx giungiamo in vista della chiesetta di Santa Maria Perlungo (Santa Maria Perlunch, m. 913), con uno spiazzo antistante al quale possiamo parcheggiare. Il luogo è panoramico e molto suggestivo. Vi è stata scoperta una stele con iscrizione tardo-etrusca, a riprova del fatto che il luogo, forse anche per motivi di culto, era abitato ben prima dell’avvento dell’Era cristiana. La chiesa era al centro della contrada omonima, che nel 1861 contava 65 abitanti. È attestata da documenti quattrocenteschi. In un documento del 1685 si fa divieto a chiunque possieda prati nella contrada di segare il primo fieno prima della ricorrenza di S. Pietro (fine giugno) ed il secondo prima di S. Bartolomeo (fine di agosto).


Ca' Zoia

La camminata parte da qui, ridiscendendo lungo la carrozzabile in direzione del primo tornante sx. Qui lasciamo la strada proseguendo diritti, attraversando la Valle dell’Orco (val de l’Orch: se vi sono ancora o mai vi furono orchi, dimorano nel cuore del bosco più a monte o più a valle) e passando per le vicine case della contrada Ca’ Zoia (Ca Zöija, m. 900), anch’essa in passato ben popolata (74 abitanti nel 1861). La contrada prende il nome dalla famiglia omonima, attestata già nel secolo XV (Lorenzo del Zoia, 1440). Un pannello illustrativo mostra la configurazione di questa zona di mezza montagna, segnalando il sentiero per il Castello di Mancapane.


Il castello di Mancapane

Il sentiero è assai breve. Raggiunto il limite occidentale di Ca’ Zoia, oltre una fontana, pieghiamo leggermente a sinistra e scendiamo in una selva di Castagni attraversando la parte alta della appena accennata della Valle di Doss (Val di Dòs). Scendiamo ancora, verso sud-ovest, raggiungendo il Mulino di Ca’ Mazza, di particolare interesse anche per la sua configurazione “a schiaffo", per cui la ruota è orientata orizzontalmente (in piano), anziché, come d’ordinario, verticalmente. È quindi collegata direttamente alle macine e sfrutta l’energia legata alla velocità dell'acqua che la “schiaffeggia”, anziché il suo peso, come invece di solito accade con le più diffuse ruote verticali a gradini. La buona conservazione del mulino è legata ad un restauro curato dalla Comunità Montana Valtellina di Sondrio.
Qui il sentiero piega a destra e traversa al ponticello sul torrente Davaglione (Davagliùn) oltre il quale ci troviamo di fronte alla caratteristica collinetta morenica sulla quale è edificato il Castello di Mancapane (Castèl del Mancapan, m. 909).


Castello di Mancapane

La struttura è posta nella parte alta di una radura e, dopo le ultime ristrutturazioni, appare ben conservata. Il nome “Mancapane” non poteva mancare di accendere la fantasia popolare, che ha costruito lo scenario di un assedio nel quale il presidio del castello fu preso per fame. Probabilmente, però, si tratta della storpiatura da “Catapani”, a sua volta contrazione di “De Capitani”. Se così fosse, il castello sarebbe stato costruito, secondo una fonte, nel 1327, dai Guelfi Capitanei di Sondrio, per poter controllare il maggior Castel Grumello, in mano ai Ghibellini de Piro. Le caratteristiche murarie fanno però ipotizzare una edificazione di poco precedente, cioè della seconda metà del secolo XIII.
Particolare la struttura. Si tratta di un unico complesso che sopravvisse discretamente all’opera di demolizione voluta dai Grigioni. È costituito da una torre e da muro di cinta. Il piano all'interno del recinto è di due metri più alto rispetto al livello esterno. L’accesso era quindi assicurato da una scala di legno. La stessa cosa si riproduce per l’accesso alla torre, di due metri più alto rispetto al piano interno, ed anche qui serviva una scala retraibile. Vi alloggiava una piccola guarnigione che aveva una funzione essenzialmente di osservazione. Per assicurare la difesa in caso di assalti la struttura disponeva però anche di una serie di feritoie, anche a scivolo, per poter più facilmente gettare massi o olio bollente contro eventuali assedianti. La posizione piuttosto defilata della struttura pose però interrogativi che alimentarono una leggenda curiosa: un lungo cunicolo avrebbe messo direttamente in comunicazione il castello Mancapane con il ben maggiore castel Grumello fra Montagna e Sondrio. L’idea popolare era che il primo fosse una specie di ultimo presidio in caso di minaccia gravissima alla più forte struttura del castel Grumello.
Ne parla anche Lina Rini Lombardini, nella raccolta "In Valtellina, colori di leggende e tradizioni" (Ramponi, Arti Grafiche, Sondrio, 1961, pg. 122): "Perché ebbe nome Mancapane, il piccolo castello poco sopra il formidabile di Grumello, pure dei Capitanei, divenuti ormai, da guelfi, ghibellini? Perché gli assalitori Comaschi, dopo aver ostruito la galleria sotterranea che li univa e aver distrutto Grumello, gli avevan posto lungo spietato assedio, e tutte le sue genti morirono di fame. Non resta di Grumello, tra il verde, che un tratto di muro merlato e, ricordo d'ore procellose, la pietra in cui sono scavate delle buche: «lì si fondevano le bombe di ferro»." Ovviamente di questi misteriosi cunicoli, così come di quelli di cui si favoleggiò per molti altri più celebri castelli, non si è mai trovato nulla.


Castello del Mancapane

Riflettendo su questi enigmi possiamo gustare il panorama che si mostra a sud: un colpo d’occhio ampio sul fondovalle dal colle di Teglio a quello di Triangia ed una bella veduta delle Orobie centrali, che mostrano le loro cime più alte nel gruppo dei pizzi di Scais, Redorta e Coca, la triade dei “tremila” orobici.
Dopo la sosta meditativa e contemplativa, si tratta di decidere se tornare in una ventina di minuti o poco più per la medesima via dell’andata, oppure proseguire con una camminata ad anello. In questo secondo caso due sono le possibilità aperte. L’anello più breve sfrutta un sentierino che dal castello sale diritto fino ad intercettare la carrozzabile Ca’ Verona-San Giovanni. Il sentiero non è segnalato, ma non è difficile trovarlo, alle spalle del castello, sul lato di sinistra. Sale seguendo approssimativamente il centro del dosso che separa la valle del Davaglione ad est (destra) dalla Val de Sum a sinistra (ovest). Nel primo tratto resta nella selva, poi esce ad una fascia di prati. Salendo diritti finiamo per intercettare la strada che da San Giovanni, che vediamo vicina alla nostra sinistra, traversa verso est alle baite di Ca’ Verona, presso le quali intercetta la carrozzabile per l’alpe Mara, che abbiamo utilizzato salendo a Santa Maria.


San Giovanni

Una volta raggiunta la sede stradale, andiamo a destra, scavalcando il torrente Davaglione a circa 1050 metri. Scendiamo poi fino ad intercettare la carrozzabile per l’alpe Mara, alle baite di Ca’ Verona (Ca’ Véruna o Ca’ Verona, m. 1000; la denominazione deriva dal nome a un’antica famiglia di Montagna, oggi scomparsa). Qui prendiamo a destra, proseguendo nella discesa. Impegniamo subito un tornante sx e scendiamo per un buon tratto verso sud-est, fino al successivo tornante dx presso il quale torniamo a Santa Maria Perlungo, recuperando l’automobile.
Un anello più ampio è invece quello che passa per San Giovanni. Torniamo al Castello di Mancapane e questa volta proseguiamo sul sentiero segnalato che scende verso sinistra (per chi guardi verso monte), cioè verso sud-ovest, superando subito su un ponticello la Val de Sum. Piegando leggermente a sinistra (sud) scende in una selva dalla quale esce alle baite della località Ca’ Bongiascia (Ca’ Bungiascia, m. 850), frazione che nel 1861 contava 61 abitanti.
Il sentiero confluisce nella strada asfaltata che sale a San Giovanni. La seguiamo in salita per alcuni tornanti, fino a giungere alla parte bassa dei prati della località San Giovanni. Un sentierino ci permette di salire direttamente alla quattrocentesca chiesetta di San Giovanni (San Giuàn, m. 1016), al centro della contrada omonima (122 abitanti nel 1861) e di una delle quadre dell’antico comune di Montagna. Saliamo dalla chiesa alla carrozzabile ed andiamo a destra (nord-est), portandoci quasi in piano al solco della Valle del Davaglione. Da qui in avanti l’anello più ampio coincide con quello più breve: scendiamo infatti fino ad intercettare la strada per l’alpe Mara che seguiamo in discesa fino a tornare a Santa Maria Perlungo.


San Giovanni

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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