DA SPRIANA AL RIFUGIO VAL DI TOGNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Spriana-Bedoglio-Piazzo-Portola-Rifugio Val di Togno
2 h e 30 min.
600
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio in Valmalenco e dopo il ponte sul torrente Valdone prendiamo a destra allo svincolo segnalato per Spriana. Oltrepassato il ponte sul Mallero la carozzabile sale con alcni tornanti a Spriana, dove parcheggiamo presso la chiesa di San Gottardo (m. 754). Cerchiamo, proprio davanti al campanile, il cartello che segnala la partenza della mulattiera per la Val di Togno. Seguiamo la mulattiera (bolli gialli con bordo viola) che, larga e comoda, mantiene un andamento verso sud-est. Saliamo, così, con molta gradualità, senza strappi, fino alle case di Bedoglio (m. 936). Intercettiamo una pista sterrata ma lasciamo quasi subito, imboccando, ad un tornante sinistrorso, sulla destra, il sentiero per la Val di Togno, segnalato da un cartello. Oltrepassata una centralina di rilevazione dei movimenti della frana di Spriana, superiamo un ombroso vallone. Dopo alcuni tornantini, il sentiero ci porta sul limite inferiore dei prati di Pòrtola (pòrtula, m. 1077). Qui, oltrepassata una fontana, sale per un buon tratto, superando le baite più basse, fino ad un bivio, segnalato su un masso, al quale prendiamo a destra proseguendo direttamente per la Val di Togno. Il sentiero comincia ad addentrarsi in Val di Togno, sale molto gradualmente, supera un corpo franoso e presenta punti un po’ sporchi, prima di scendere sul fondovalle, dove si trova un ponticello che permette di superare il torrente Antognasco. Passiamo, così, sul lato orientale del fondovalle; qui il sentiero riprende a salire e, superata una fascia di massi, intercetta la pista sterrata che sale da Arquino. In breve saliamo ad un parcheggio. Appena oltre il parcheggio, la carrozzabile scavalca, su un ponte, l’Antognasco. Oltre il ponte, una rapida sequenza di tornantini sx-dx-sx-dx-sx porta ad un bivio: prendendo a destra, ci portiamo proprio sotto il Rifugio Val di Togno (m. 1317).

L'alpe Grüm, o Grom (sö 'n gróm, da "grumus", altura) è uno sperduto fazzoletto di prati, con poche baite diroccate, sul fianco sud-occidentale della Val di Togno, in territorio del comune di Spriana. Caricata fino agli anni cinquanta, sarebbe poi caduta nell'oblio se non vi fossero stati scoperti interessanti graffiti, che ne fanno oggi meta di un'interessante escursione, sicuramente eccentrica rispetto agli itinerari più frequentati della stessa Val di Togno, che pure non brulica di appassionati dell'escursionismo.
Due sono le possibili vie d'accesso: da Spriana o dal maggengo di Carnale, nel territorio del comune di Montagna in Valtellina.
Spriana è il primo comune che si incontra, sulla destra (est), salendo in Valmalenco. Si può facilmente raggiungere il suo centro impegnando lo svincolo, a destra, che si trova dopo aver oltrepassato il primo ponte sul torrente Valdone, a 6 km da Sondrio. Lo svincolo ci introduce ad un ponte sul torrente Màllero (m. 665), che qui corre, rabbioso, nella profonda forra segnata da marmitte dei giganti e legata alla leggenda della Belina, giovane di Spriana: costei, come vuole una nota leggenda, vi si gettò, disperata, dopo aver saputo che il promesso sposo, il cavaliere Gianni, si era unito in matrimonio, durante una campagna militare, con un’altra donna. Sul lato opposto (orientale) della valle una strada porta, con qualche tornante, al centro del paese (m. 754), dopo 1,6 chilometri, salendo all’ombra di tranquilli castagneti.
La strada, dopo l’ultimo tornante sinistrorso, passa a valle di un enorme e scuro masso erratico, sulla cui sommità sta, quasi arroccata, la chiesetta della Madonna della Speranza (la madóna), dove l’infelice Belina ed il suo amato Gianni si scambiarono, ancora felici ed ignari del futuro, le promesse di eterno amore, e dove ancora, si dice, appaiono agli innamorati che qui si danno convegno, nelle chiare sere d’autunno, i loro fantasmi, quello di Gianni, condannato ad una folle corsa, su un nero cavallo, che termina con un salto nel cuore oscuro del Mallero (màler), quello di Belina, immobile e triste testimone del tormento del giovane traditore.
A proposito di dolori, non bisogna dimenticare che accanto a quelli dello spirito ci sono anche quelli del corpo, che affliggono tutti i mortali, soggetti al soffrire per loro stessa natura. Ebbene, c'è un modo di dire scherzoso in Valmalenco, proprio riferito a questa chiesetta: basta percorrerne il perimetro per verder cessato il mal di denti, ed ogni altro male. La spiegazione non cela alcun mistero o miracolo: è impossibile girare intorno all'edificio sacro senza precipitare dal masso strapiombante sul quale è edificata, e con ciò stesso vedere, con la fine della vita, la fine di ogni dolore.
Proseguendo per un breve tratto, raggiungiamo la piazza del paese, dove troviamo il municipio e la chiesa parrocchiale di S. Gottardo (la gésa), edificata verso la fine del Quattrocento e consacrata nel 1489. Questa chiesa era legata, anticamente, a quella di Montagna in Valtellina, sul versante retico sopra Sondrio; se ne staccò, successivamente, anche se Spriana rimase legata, più che alla Valmalenco, alla vicina Val di Togno. Presso la chiesa si staglia il bel campanile, di epoca assai più recente (1904), e si trova il piccolo cimitero.
Il termine “cimitero” deriva dal greco “koimetérion”, che significa dormitorio, luogo del riposo: qui tutto, effettivamente, suscita l’impressione di un solitario e tranquillo riposo, di una vita che interrompe il tuo turbinoso fluire per assumere una quieta e mesta fissità. Fra le poche case rimane un esiguo numero di persone. Se all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso Spriana contava, infatti, 771 abitanti, all’inizio del terzo millennio questi si sono ridotti a 150.
Fra i fattori che ne hanno determinato lo spopolamento va ricordata la situazione di instabilità geologica del tormentato versante sud-occidentale del monte Foppa (m. 2461): si tratta del vasto movimento franoso noto, appunto, come frana di Spriana, che tante apprensioni suscitò ai tempi dell’alluvione del 1987, e che viene ora monitorato capillarmente. Se l’enorme massa di materiale instabile, infatti, precipitasse nel Mallero (màler), ostruendolo con un effetto-diga, si potrebbe determinare una successiva rovinosa rottura di tale diga, che scaglierebbe su Sondrio una gran quantità di materiale alluvionale con quella violenza dirompente che il Mallero, lo sanno bene coloro che ne conoscono la storia, periodicamente mostra. Per evitare tale rischio è stata, recentemente, costruita anche una galleria di by-pass per consentire il deflusso delle acque nell’eventualità di un improvviso movimento della frana.
Il piccolo nucleo di Scilironi (scilirùn, m. 657), ben visibile anche dalla strada principale per Chiesa Valmalenco, è diventato un po’ l’emblema di questa situazione di minacciosa sospensione: si tratta di un gruppo di case abbandonate ed arroccate quasi a ridosso dell’ultimo strapiombo con il quale il versante sembra precipitare nel Mallero. Una stradina, che si stacca, sulla destra, dalla strada che sale a Spriana al primo tornante sinistrorso, porta in breve alle case, dove regna un silenzio irreale, una quiete immota che sembra preludere ad una catastrofe ormai segnata. Amori traditi, fantasmi, frane incombenti: tutto sembrerebbe dissuaderci dal proposito di visitare il paese, o di sceglierlo come base per effettuare escursioni o pedalate in mountain-bike. Ma si tratta di un’impressione ingannevole. Nel silenzio profondo della baite abbandonate il viandante solitario potrà forse ancora ascoltare, se ha orecchie per udirlo, il chiacchiericcio fitto degli antichi abitanti, soprannominati "lèlèe", che avevano fama di essere lavoratori formidabili, ed anche un po' taccagni. Gli altri malenchi li canzonavano spesso, ricordando di quella volta in cui i lèlèe si erano calati fin giù nel cuore del letto del Mallero, incuranti del pericolo, pur di recuperare un prezioso asino che vi era finito dentro dopo una piena. In che condizioni fosse, lo possiamo ben immaginare; pensarono allora qual frutto potessero trarne, e deliberarono di cucinarlo come portata regina di un bel banchetto. A tutti i convitati dissero, però, che si trattava di carne di manzo di prima scelta.
Vediamo, ora, come raggiungere da Spriana il rifugio Val di Togno, per poi salire all'alpe. Questo itinerario si segnala anche come interessante anello di mountain-bike, che sfrutta due piste, l’una da Arquino, l’altra da Spriana, per raggiungere il rifugio di Val di Togno.
Lasciata l’automobile nel centro di Spriana, cerchiamo, proprio davanti al campanile, il cartello che segnala la partenza della mulattiera per la Val di Togno, che, insieme alla carrozzabile che sale da Arquino ed al sentiero che proviene da Carnale, sopra Montagna in Valtellina, rappresenta una delle classiche vie di accesso alla Val di Togno. Sul cartello sono riportati i tempi necessari per raggiungere diverse possibili mete, tutte disposte lungo la direttrice Spriana - Rifugio Val di Togno: Bedoglio (dal dialettale “bedoia”, betulla), a 15 minuti, Piazzo e Chignolet, a 25 minuti, Cao, a 40 minuti, Paroli e Dosso, a 50 minuti, il rifugio Val di Togno, a 2 ore; sono, poi, segnalate altre mete, raggiungibili dal rifugio, vale a dire l’alpe Grüm, a 3 ore (sempre da Spriana), l’alpe Castellaccio, a 3 ore e 20 minuti, il rifugio De Dosso (all’alpe Painale, in alta Val di Togno), a 4 ore (ma quest’ultima indicazione è troppo ottimistica: dal rifugio Val di Togno sono, infatti, necessarie circa due ore di cammino per raggiungere il rifugio De Dosso).
Nella parte bassa del campanile troviamo un bollo giallo con bordo viola: si tratta del primo di una serie di segnavia che, proponendo sempre il singolare abbinamento di colori, ci guidano nella traversata alla volta della Val di Togno (analoghi segnavia si trovano sul sentiero Carnale-Rifugio Val di Togno). Salutiamo, dunque, le case di Spriana, e le aspre formazioni rocciose che si aprono con prepotenza un varco fra i boschi che le sovrastano, per addentrarci in una splendida cornice boschiva, seguendo la mulattiera che, larga e comoda, mantiene un andamento verso sud-est. Saliamo, così, con molta gradualità, senza strappi, fino alle case di Bedoglio (bèdói, m. 926, dalla voce dialettare che significa "betulla"), strette in un abbraccio antico e solidale, per far fronte, nei limiti di quel che è concesso a tutte le cose che nascono, alle ingiurie del tempo. La frazione era abitata, prima del 1940, da una trentina di famiglie; venne poi, nel 1965, abbandonata, in seguito alla frana di un vicino avvallamento. La tentazione sarebbe quella di soffermarsi nel cuore di questo abbraccio, per gustare le trame del fitto dialogo fra ombre e luce, nelle giornate serene, ma è bene dar retta alla voce della prudenza, che sconsiglia di sostare in mezzo ad edifici pericolanti. Possiamo, però, fermarci appena oltre il limite delle case, meditando sul significato di quella prossimità di pietre che era, un tempo, una prossimità di destini, vite, pensieri, fatiche e dolori.
Rimettiamoci in cammino: in breve la mulattiera intercetta una pista sterrata, che sale fin qui staccandosi, sulla destra, in corrispondenza dell’ultimo tornante sinistrorso della già citata strada che dal ponte sul Mallero (màler) conduce a Spriana. Annotiamo mentalmente questa pista: verrà di nuovo menzionata nel racconto dell’itinerario di mountain-bike. La pista, sale ancora per qualche tornante e termina in località Piazzo (m. 1029).
Noi, però, non dobbiamo salire lungo la pista, ma staccarcene quasi subito, imboccando, ad un tornante sinistrorso, sulla destra, il sentiero per la Val di Togno, segnalato da un cartello. Oltrepassata una centralina di rilevazione dei movimenti della frana di Spriana, ci ritroviamo, così, nel cuore di un ombroso vallone: qui il sentiero, in alcuni tratti, corre a ridosso di grandi roccioni, prima di raggiungere una zona più luminosa. Qualche apertura del bosco ci permette di gustare un panorama interessante, verso ovest e nord-ovest. Di fronte a noi, sul lato opposto della bassa Valmalenco, si mostra l’intero solco della Val Valdone, che precipita, quasi, dalla bocchetta omonima, fra il monte Rolla (m. 2277, a sinistra, sud) ed il monte Canale (m. 2522, a destra, nord), sul fondovalle. Verso nord-ovest, cioè più a destra, si mostra la dorsale scandita, da destra, dal monte Braccia (còrgn de bracia, m. 2909), dal passo Ventina ("pas de la venténa", m. 2675, fra la val Sassersa e la val Ventina, sull’itinerario della seconda tappa dell’Alta Via della Valmalenco), dal pizzo Rachele (m. 2998) e dalla cima Sassersa (m. 2977). Dopo alcuni tornantini, il sentiero ci porta sul limite inferiore dei prati di Pòrtola (pòrtula, m. 1077), frazione costituita da due nuclei, denominati paröö e càu, dove possiamo trovare caratteristiche dimore rurali quasi tutte dotate di un forno per il pane e di una cisterna dove, esaurita, nel 1900, la sorgente che alimentava il nucleo, si raccoglieva, dal tetto, l'acqua piovana. Qui, oltrepassata una fontana, sale per un buon tratto, superando le baite più basse, fino ad un bivio, segnalato su un masso: prendendo a destra proseguiamo direttamente per la Val di Togno, mentre prendendo a sinistra possiamo salire ai prati più alti, per poi tornare ad intercettare, prendendo a destra, la mulattiera per la Val di Togno. Possiamo quindi scegliere l’una o l’altra possibilità.
Stiamo aggirando il largo dosso che separa la bassa Valmalenco dalla Val di Togno, valle misteriosa per eccellenza, legata a leggende di streghe (che fanno sentire il loro lugubre lamento notturno, assumendo le sembianze della cavra bèsüla), di anime dannate per il vizio della gola (il cui tormento eterno consiste nel doversi cibare dei magri pascoli della valle) e di anime di ricchi sondriesi dediti in vita ad ogni sorta di gozzoviglia (che ripetono, nottetempo, i loro folli divertimenti terrorizzando chi abbia la sventura di assistervi). Incontriamo alcuni bivi, ai quali dobbiamo prendere a sinistra, seguendo sempre i segnavia giallo-viola.
Ci affacciamo, così, sulla bassa Val di Togno, di cui vediamo un primo scorcio del selvaggio fianco orientale, segnato da un tormentato fronte franoso. In alto scorgiamo due cime, quella conica quotata m. 2565 e, alla sua sinistra, la più nota Corna Mara (o Corno di Mara, m. 2807). Il sentiero, in questo tratto, sale molto gradualmente, supera un corpo franoso e presenta punti un po’ sporchi, prima di scendere sul fondovalle, dove si trova un ponticello che permette di superare il torrente Antognasco. Passiamo, così, sul lato orientale del fondovalle; qui il sentiero riprende a salire e, superata una fascia di massi, intercetta la pista sterrata che sale da Arquino (pista chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati). Qui troviamo un cartello escursionistico dà, nella direzione dalla quale proveniamo, Portola ad un’ora. Poco più avanti, raggiungiamo un parcheggio con un pannello che riporta la carta escursionistica dei sentieri del comune di Spriana. Troviamo anche alcuni cartelli escursionistici che danno il rifugio Val di Togno a 10 minuti, il rifugio De Dosso a 2 ore e 50 minuti ed il monte Foppa a 3 ore e 40 minuti. Appena oltre il parcheggio, la carrozzabile scavalca, su un ponte, l’Antognasco. Oltre il ponte, una rapida sequenza di tornantini sx-dx-sx-dx-sx porta ad un bivio: prendendo a destra, ci portiamo proprio sotto il Rifugio Val di Togno (m. 1317), ricavato da una dimessa caserma della Guardia di Finanza. Il punto è, infatti, strategico: qui convergono le tre direttrici di accesso alla valle da Spriana, Arquino e Carnale. I finanzieri ingaggiavano, quindi, in questa ombrosa valle un serrato duello contro i contrabbandieri che, con le loro bricolle di 25-30 kg, tornavano dalla Valle di Poschiavo, cercando di eluderne la sorveglianza. Il rifugio è posto in località Ca’ Baldini (Ca’ Baldìn), nel territorio del comune di Spriana, maggese che veniva monticato fino agli anni sessanta del secolo scorso da contadini delle frazioni di Spriana Mialli e Portola. Il maggese apparteneva, però, in passato alla quadra S. Giovanni di Montagna, ed infatti Baldini è il cognome di una famiglia originaria di S. Giovanni. Siamo a quota 1317, ed abbiamo superato, in due ore e mezza di cammino, un dislivello di 560 metri circa.


Carnale

DA CARNALE AL RIFUGIO VAL DI TOGNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carnale-Rifugio Val di Togno
1 h e 30 min.
150
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina e di qui proseguiamo sulla carozzabile per i maggenghi, prendendo a sinistra al primo bivio e salendo verso San Giovanni. Proseguiamo sulla medesima strada che termina al maggengo di Carnale (m. 1250), dove parcheggiamo. Superiamo le ultime baite ed incontriamo il punto nel quale parte la pista tagliafuoco, tracciata di recente, che piega a destra ed effettua una traversata fino a Stogegarda. Noi dobbiamo, invece, proseguire diritti (indicazioni per il rifugio Val di Togno), fino al punto nel quale la pista si restringe e lascia il posto ad un sentiero, ben marcato ma scarsamente segnalato (radi bolli viola e gialli), che ci si addentra in un bel bosco. Superata una sorta di porta nella roccia ed un punto di sosta attrezzato. Il sentiero sale fino a circa 1400 metri e si mantiene per un po’, con qualche saliscendi, su questa quota, finché giunge ad aggirare un fianco roccioso, con un passaggio esposto, ma protetto, cominciando poi a scendere, fino a raggiungere un ampio corpo franoso. La discesa termina al ponticello quotato m. 1305, sul quale attraversiamo il torrente Antognasco. Una brevissima salita ci porta, infine, alle baite di Ca’ Baldini ed al rifugio di Val di Togno (m. 1317).

Vediamo, ora, come giungere al rifugio Val di Togno da Carnale, maggengo panoramico posto a circa 1250 metri e raggiungibile facilmente da Montagna in Valtellina. Le baite sono poste su un dosso che guarda ad un lato alla Valmalenco, dove è visibile fra l’altro, sulla destra, il pizzo Malenco, dall’altro alla catena orobica, chiusa dalla piramide del monte Legnone. Lasciata l’automobile al parcheggio dove termina la strada asfaltata (qui si trova un pannello escursionistico con la carta dei sentieri nel comune di Montagna), saliamo lungo una carrozzabile con fondo sterrato ed in cemento, fino a raggiungere le baite di Carnale, intercettando una carrozzabile che proviene da destra. Procedendo verso sinistra, superiamo le ultime baite ed incontriamo il punto nel quale parte la pista tagliafuoco, tracciata di recente, che piega a destra ed effettua una traversata fino a Stogegarda.
Noi dobbiamo, invece, proseguire diritti (indicazioni per il rifugio Val di Togno), fino al punto nel quale la pista si restringe e lascia il posto ad un sentiero, ben marcato ma scarsamente segnalato (radi bolli viola e gialli), che ci si addentra in un bel bosco. Superata una sorta di porta nella roccia ed un punto attrezzato dove sostare per gustare la tranquillità dei luoghi (si tratta, infatti, di un percorso poco battuto), il sentiero sale fino a circa 1400 metri e si mantiene per un po’, con qualche saliscendi, su questa quota, finché giunge ad aggirare un fianco roccioso, con un passaggio esposto, ma protetto, cominciando poi a scendere, fino a raggiungere un ampio corpo franoso.
Nella discesa si passa sotto un cupo roccione verticale, che sembra incombere minaccioso sul capo. Superato il corpo franoso, il sentiero percorre un ultimo tratto nel bosco e passa nei pressi della località denominata Buco dell’Orso (böc de l’urs), perché qui, nel 1880, venne ucciso l’ultimo orso della Val di Togno. Fu una fine ingloriosa: il plantigrado venne, infatti, finito a colpi di triénza (tridente) da alcuni contadini. Accompagnati dal pensiero che tributa un omaggio alla triste fine dell’animale, proseguiamo, raggiungendo in ponticello quotato m. 1305 (punt de cà baldìn), che permette di attraversare il torrente Antognasco, le cui magre acque sono alimentate da una vicina sorgente (il torrente fa, qui, da confine fra i comuni di Montagna e Spriana), e di portarsi sul lato sinistro (per noi) della valle. È interessante notare che, poco a monte di questo ponte, si possono ancora osservare i “canevèi dal lac’”, piccole costruzioni in pietra a volta tondeggiante, che assicuravano, all’interno, una temperatura costante sufficientemente fresca per conservare il latte e consentire l’affioramento della panna. Una brevissima salita ci porta, infine, alle baite di Ca’ Baldìn ed al rifugio di Val di Togno, dopo circa un’ora e mezza di cammino da Carnale.
Ricordiamo, per completezza d'informazione, che si può salire al rifugio anche per la strada carrozzabile della Val di Togno: è, però, necessario acquistare il permesso di transito presso il municipio di Spriana o presso il bar-alimentari Sigma-Punto di Ponchiera, frazione di Sondrio (la si raggiunge da piazza Garibaldi salendo, ad est del Mallero, verso il castello Masegra). La carrozzabile parte dalla località Caparè di Arquino ed è segnalata da un cartello della Comunità Montana di Sondrio, che dà la Val di Togno a 7 km. Attenzione, però, a non seguire fino in fondo la stradina asfaltata: si deve prendere, dopo un bivio, a destra, seguendo le indicazioni di un cartello escursionistico che dà il rifugio Val di Togno a 2 ore e 30 minuti, il rifugio De Dosso a 5 ore e 30 minuti ed il monte Foppa a 6 ore e 30 minuti. Inizia la salita al Rifugio Val di Togno, su strada sterrata con fondo non buono (alcuni tratti in cemento, o con la duplice striscia in cemento sulla quale far correre i pneumatici, rendono un po’ meno disagevole la salita, che comunque si deve effettuare a velocità alquanto ridotta, diciamo di 20 km orari al massimo).
La pista sterrata supera per due volte l'Antognasco: una prima volta da sinistra a destra, una seconda, subito dopo il parcheggio sopra citato (al quale, però, conviene lasciare l'automobile), da destra a sinistra, e termina dopo un paio di tornanti, ad una piazzola, per lasciare il posto alla mulattiera che risale la valle, passando per Ca’ Brunai (m. 1376), l’alpe Rogneda (m. 1668) e l’alpe Guat (m. 1816), fino a raggiungere, superata la stretta dell’ultimo gradino roccioso, la splendida piana dell’alpe Painale (m. 2098), dove si trovano il laghetto omonimo ed il rifugio De Dosso (m. 2119), a circa due ore di cammino dal rifugio Val di Togno.

DAL RIFUGIO VAL DI TOGNO ALL'ALPE GRUM

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio Val di Togno-Alpe Grüm
2 h
620
E
SINTESI. Dal Rifugio Val di Togno (m. 1317) ridiscendiamo alla piazzola-parcheggio nella quale termina la pista sterrata che sale da Arquino. Qui parte un sentiero non segnalato che, salendo in direzione ovest, raggiunge le baite del Dosso (m. 1391), ben visibili a sinistra del rifugio. Raggiunte le baite, il sentiero volge a sinistra e, proseguendo in direzione sud-ovest, attraversa un corpo franoso, cominciando a salire, fino ad un bivio, al quale, seguendo un cartello che segnala l’alpe Grom, prendiamo a destra. Imbocchiamo così il sentiero per l’alpe, segnalato da alcuni segnavia gialli. Saliamo con ripidi tornantini nel bosco fino alpe Costa di Val di Togno, a m. 1750 circa. Qui il sentiero volge decisamente a destra (una freccia gialla su un masso ci aiuta a non perderlo) e, superate le ultime baite, riprende a salire, meno ripido, verso l’alpe Grüm (o Grom), in direzione nord-est. Dopo un tratto in pineta e qualche breve saliscendi, eccoci ai 1856 metri dei prati della modesta alpe.

Noi, invece, per salire da Ca' Baldini all'alpe Grüm, seguiamo un percorso diverso. Dalla piazzola nella quale termina la pista sterrata che sale da Arquino parte un sentiero non segnalato che, salendo in direzione ovest, raggiunge le baite del Dosso (m. 1391), ben visibili a sinistra del rifugio, ai piedi dell’aspro versante occidentale della valle, segnato da severe formazioni rocciose che si mostrano nella fascia dei boschi. Raggiunte le baite, il sentiero volge a sinistra e, proseguendo in direzione sud-ovest, attraversa un corpo franoso, cominciando a salire, fino ad un bivio, al quale, seguendo un cartello che segnala l’alpe Grom, prendiamo a destra. Imbocchiamo così il sentiero per l’alpe, segnalato da alcuni segnavia gialli.
Nel primo tratto esso sale, con ripidi tornanti, in un bel bosco di betulle, cui si sostituiscono, più in alto, i primi abeti. Dopo circa 45 minuti di salita raggiungiamo il limite superiore dei prati dell’alpe Costa di Val di Togno, a m. 1750 circa. Qui il sentiero volge decisamente a destra (una freccia gialla su un masso ci aiuta a non perderlo) e, superate le ultime baite, riprende a salire, meno ripido, verso l’alpe Grüm (o Grom), in direzione nord-est. Dopo un tratto in pineta e qualche breve saliscendi, eccoci ai 1856 metri dei prati della modesta alpe. Si tratta di un’alpe secondaria, rispetto all’alpe Costa ed all’alpe Castellaccio, che si trova a monte, sul crinale che scende a sud dal monte Foppa, fra Val di Togno e Valmalenco, a 2003 metri. Su alcune carte l’alpe Grüm non è neppure segnata, ma, dopo la scoperta delle tracce di insediamenti preistorici, essa è uscita dalla penombra di luogo secondario per assumere il rango di luogo di interesse storico-etnografico rilevante.
Troviamo, qui, qualche baita diroccata, ai piedi di una fascia di grandi massi che termina a ridosso del versante roccioso del monte Foppa. Si tratta di massi che, con tutta probabilità, offrirono un rifugio agli uomini preistorici che scelsero, in un’epoca compresa fra il II ed il I millennio a.C., questo luogo per la sua felice posizione, dalla quale si potevano scorgere gli animali da cacciare. Su diversi massi si trovano, perimetrati da una segnalazione in giallo, i graffiti che restano come testimonianza di questo antichissimo insediamento: si tratta di una vasca per la raccolta dell’acqua, con canaletti di afflusso e deflusso, di figure antropomorfe e di coppelle con canaletti di deflusso. Altre incisioni risalgono ad epoche storiche, più vicine a noi: si possono riconoscere, accanto a segni dal significato più oscuro, croci, sigle e date. A proposito di acqua, è interessante osservare come la mancanza di un adeguato approvvigionamento idrico sia stato il motivo più importante che ha condannato a morte l'alpeggio, agli inizi degli anni cinquanta. Prima si poteva soddisfare il bisogno d'acqua solamente attingendo ad una piccola sorgente, assai malagevole, perché posta in un angusto anfratto nella roccia, posto più o meno all'altezza della testa di un adulto. Solo con gran fatica si riuscì ad incanalare l'acqua dell'anfratto, dopo che più volte chi aveva tentato di farlo aveva rischiato di rimanervi incastrato.
Ora, qui, regna un’arcana solitudine, ed un profondissimo silenzio dal quale pare giungere ancora, lontana e vaga, l’eco di una vita millenaria che ha animato questi luoghi.
Ancora oggi, come quattro millenni fa, è la piramide del Corno di Mara (il corno del drago, secondo la probabile etimologia dalla radice prelatina "mara", che ha generato nomi di diversi insetti con caratteristiche demoniache, e che si trova anche in voci europee che significano "incubo" - "nightmare", in inglese, "cauchmare", in francese, "mara" nell'alto tedesco -) ad imporsi allo sguardo, verso nord-est, di chi si guardi intorno. Guardando verso sud-est, invece, riconosciamo, oltre il boscoso crinale che separa la bassa Val di Togno dal versante retico sopra Montagna in Valtellina, le più alte cime della catena orobica centrale, sulla testata delle valli di Scais e d’Arigna. Le quattro ore di cammino necessarie per giungere fino a qui da Spriana (il dislivello approssimativo è di 1200 metri) sono ampiamente ripagate dal fascino e dalla suggestione di questi luoghi.
Anche gli amanti della mountain-bike possono valutare seriamente la possibilità di raggiungerli, con un interessante percorso misto che passa per il rifugio Val di Togno. La salita dal rifugio all’alpe va effettuata, però, a piedi. Ecco, comunque, come sfruttare la Val di Togno per effettuare un anello di mountain-bike quasi interamente ciclabile.
Punto di partenza ed arrivo è Arquino, piccolo centro in comune di Sondrio, a 471 metri: lo si raggiunge staccandosi, sulla destra, dopo aver oltrepassato Mossini, dalla strada che risale la Valmalenco. Parcheggiata l’automobile, possiamo iniziare a salire in mountain-bike da qui, lungo la pista, chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati, che si addentra in Val di Togno, fino al rifugio. La pista, nel primo tratto, sale sul versante occidentale della valle, passando a valle di Mialli; poi, a valle di Portola, passa sul lato opposto, raggiungendo, dopo circa 6,8 km, il rifugio.
Per il ritorno, sfruttiamo, invece, la già citata pista sterrata che da Spriana sale alla località Piazzo. Per raggiungerla, dobbiamo percorrere, al contrario, la seconda parte dell’itinerario sopra descritto per raggiungere il rifugio da Spriana. Torniamo, dunque, indietro per un tratto sulla pista sterrata, fino a trovare, sulla destra, in una fascia di massi franati dal versante orientale della valle, la partenza del sentiero che scende fino al ponticello in metallo sul torrente Antognasco. Seguendo questo sentiero, segnalato dai segnavia giallo-viola, tagliamo, in leggera discesa, il fianco occidentale della bassa Val di Togno, fino a raggiungere i bellissimi prati di Piazzola. Il sentiero è solo in piccola parte ciclabile. Giunti a Piazzola, scendiamo alle baite più basse e cerchiamo la ripartenza del sentiero sul limite sinistro dei prati. Il sentiero, dopo un primo tratto a sinistra, volge a destra e prosegue fino ad intercettare, dopo qualche tornantino in discesa, la pista sterrata per il Piazzo. Anche questo tratto è solo in piccola parte ciclabile.
Ora, però, possiamo risalire in sella e cominciare una facile discesa, fra i giochi di luce delle piante che circondano la pista. Dopo diversi tornanti, effettuiamo un ultimo traverso in direzione nord-ovest, con un tratto in leggera salita, fino a raggiungere l’ultimo tornante sinistrorso della strada che sale a Spriana. Non manchiamo di visitare il paese, prima di scendere al ponte sul torrente Mallero, che ci consente di immetterci sulla strada che da Sondrio sale in Valmalenco. Percorriamola in discesa, attraversando il ponte sul torrente Valdone, fino a trovare, sulla sinistra, lo svincolo per Arquino, sfruttando il quale torniamo al punto di partenza, dopo aver percorso circa 18 km in un tempo approssimativo di 3 ore e mezza.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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