A 2456 metri, fra le scure rocce del Sasso Nero
Apri qui una fotomappa del Vallone di Scerscen
Scarolda.
Una principessa, forse, di origine germanica, probabilmente, dato il
nome, molto bella, sicuramente. Una principessa rea di una qualche grave
colpa e per questo condannata a nascondere per sempre la sua bellezza
agli occhi degli uomini. Una bellezza che si è fatta pianto,
fino a sciogliersi interamente nelle mute acque di un lago rinserrato
e nascosto fra bastioni di rocce scure, il lago di Scarolda (lach de la scaróldo), appunto,
in Valmalenco.
Questo, forse, è accaduto, o qualcosa di simile, secondo quanto
suggerisce l’immaginazione. Certa è, invece, la bellezza
del lago, nascosto e quasi sconosciuto, lontano com’è dai
percorsi più noti e battuti della splendida valle al centro delle
Alpi Retiche. Lo circondano le muraglie del tormentato fianco orientale
del Sasso Nero (umèt), che separa due grandi rami superiori della Valmalenco,
l’alta Valmalenco (val del màler), percorsa dal torrente Màllero, ad occidente,
e il vallone di Scerscen (a sua volta ramo occidentale della val Lanterna; il termine “Scérscen” deriva, probabilmente, da quello dialettale “scérsc”, “cerchio”, e si riferisce alla conformazione dell’ampio catino glaciale che si apre, con forma circolare, ai piedi dei colossi della testata occidentale della Valmalenco),
percorso dal torrente omonimo, ad oriente. Ed è proprio per il
vallone di Scerscen che passa il quasi sconosciuto ma non difficile
percorso che ci può portare al lago. Le vie di accesso a quello
che è stato definito il Gran Canyon della Valmalenco sono fondamentalmente
due. La più breve parte da Campo Moro, dove termina la carozzabile
che sale da Lanzada. La più lunga parte, invece, da Campo Franscia (dalla voce lombarda "fraccia", argine o terrapieno che contiene un torrente; localmente solo “franscia”; l’aggiunta di “Campo-“ si deve ad una situazione curiosa: la Guardia di Finanza progettò di costruire a Campomoro una caserma; il progetto, però, mutò e la scelta cadde su Franscia, ma nei documenti, già pronti, venne cancellato solo –moro, sostituito con –franscia; così nacque il toponimo “Campofranscia”),
tappa intermedia per chi sale su questa carozzabile.
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Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Campomoro-Alpe Musella-Lago di Scarolda |
3h e 30 min. |
550 |
EE |
SINTESI. Saliamo in Valmalenco e raggiungiamo Lanzada, proseguendo per Canpo Franscia e Campomoro, dove parcheggiamo (m. 1990). Attraversiamo,
sul camminamento, la corona della grande diga portandoci sul suo lato
settentrionale, dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante.Qui ignoriamo il sentiero per il rifugio Marinelli ed imbocchiamo la pista sterrata. Ad un bivio stiamo a destra e raggiungiamo l'inizio della mulattiera che traversa ad ovest e raggiunge l'alpe Musella. Ora, invece
di seguire le indicazioni per i rifugi Carate e Marinelli, portiamoci
verso il limite sud-occidentale dell’alpe (quello opposto rispetto a quello raggiunto da noi), passando a monte di
una chiesetta posta su un piccolo poggio. Presso la più bassa
delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe troveremo
il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta
Via che passa per il vallone di Scerscen. Il sentiero procede in un bosco di larici, supera una roccia levigata grazie ad una passerella in legno, attraversa un corpo franoso e passa a sinistra delle ex-miniere di amianto (m. 2050). Superiamo su un ponte il torrente Scerscen da destra a sinistra (per noi), procediamo guidati dai triangoli gialli non lontano dalla sua riva e cominciamo a salire gradualmente. Dopo un baitello con sigla MMII, giungiamo ad un ampio pianoro, lo percorriamo per un buon tratto e prendiamo come punto di riferimento
un roccione che incontriamo sulla nostra destra. Proseguiamo ancora
per una decina di metri oltre il roccione, poi lasciamo il
sentiero, pieghiamo a sinistra ed attraversiamo il modesto corso d’acqua
che abbiamo appena attraversato in senso contrario e che scende proprio
dal lago di Scarolda. Guardando a monte, cioè al versante occidentale del vallone, vediamo proprio davanti a noi un dosso appena
pronunciato, delimitato, sulla sinistra, da un canalino sassoso. Saliamo rimanendo a destra del canalino sassoso, fino ad
approdare ad un corridoio che sale dalla nostra destra verso sinistra.
Di fronte abbiamo uno scuro salto roccioso.
Pieghiamo, quindi, a sinistra, seguendo il corridoio, fino a giungere
in prossimità del suo termine. Pieghiamo, ora, a destra, risalendo
una china che ci porta ad un bel terrazzo erboso. Guardando in alto, leggermente a
destra, possiamo ora facilmente distinguere la porta di accesso al pianoro
nascosto che ospita il lago. Si tratta proprio della soglia dalla quale
scende il torrentello che esce dal lago. Salendo
in diagonale verso destra, ne raggiungiamo il piede. Restiamo, quindi,
a sinistra del corso d’acqua, superando rocce rotte e massi con
un po’ di attenzione. Poi, quasi alla fine della porta, ci portiamo
sulla destra ed approdiamo ad uno splendido pianoro ed al lago di Scarolda (m. 2432). |
Apri qui una fotomappa della salita dalla diga di Campomoro alla bocchetta delle Forbici
Raccontiamo
entrambe le possibilità. Nel primo caso punto di partenza è
la diga di Campo Moro (m. 1990), che si raggiunge salendo, da Chiesa
Valmalenco (a 15,5 km da Sondrio) verso Campo Franscia (m. 1550, 8 km
da Chiesa Valmalenco) e da Campo Franscia (dalla voce lombarda "fraccia", argine o terrapieno che contiene un torrente), su strada interamente asfaltata,
a Campomoro (cammòor, 6 km da Campo Franscia (dalla voce lombarda "fraccia", argine o terrapieno che contiene un torrente). Qui si trova ampia possibilità
di parcheggio. Lasciata l’automobile, iniziamo il cammino attraversando,
sul camminamento, la corona della grande diga e portandoci sul suo lato
settentrionale, dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante.
Qui parte, segnalato, il più frequentato sentiero per il rifugio
Marinelli.
Noi, invece, dobbiamo proseguire sulla strada sterrata, in leggera discesa,
e, ad un bivio, prendere a destra, fino ad incontrare, dopo una breve
salita, ancora sulla destra, la marcata mulattiera, segnalata, che si
stacca dalla pista e, con un primo tratto in salita, si dirige, attraversando
un bel bosco di larici, verso l’alpe Musella (dal diminutivo della voce lombarda "mosa", luogo paludoso); si tratta di una
mulattiera che sale da Campo Franscia e, dopo aver superato l’alpe Foppa (fópo), giunge ad intercettare, in questo punto, la pista, consentendo
di effettuare una bella passeggiata da Campo Franscia all’alpe Musella.
La mulattiera guadagna gradualmente quota, superando i 2000 metri, e
ci regala alcuni scorci davvero bucolici, nello splendido
scenario di un rado bosco di larici. Superiamo, così, dopo un
breve ripido tratto, un roccione liscio e raggiungiamo un’incantevole
pianetta, dove un ponticello ci permette di oltrepassare il torrentello
che scende dal fianco sud-occidentale del poderoso massiccio del monte
Moro (m. 3108). Un ultimo tratto, in leggera discesa, ci conduce all’uscita
dal bosco: siamo all’alpe Musella, ampia e tranquilla conca che
si stende ai piedi delle cime omonime e del monte Moro, che la incorniciano
a nord e nord-est, e dell’ampio fianco del monte delle Forbici
(m. 2910), che la chiude a nord-ovest. Superato un secondo ponticello,
raggiungiamo un primo gruppo di baite, sul limite meridionale dell’alpe.
Qui si trovano anche i rifugi Musella (m. 2021) e Mitta (m. 2020): nei
pressi del secondo troviamo facilmente il sentiero che sale, in un bosco
di larici, dall’alpe Campascio (campàasc, m. 1844). È, questo, un
tratto della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, ed insieme
del più classico e lungo itinerario per il rifugio Marinelli,
quello cioè che parte da Campo Franscia, proseguendo fino al
rifugio Carate Brianza (m. 2636) e, varcata la Bocchetta delle Forbici (buchèl di fòrbes),
al rifugio Marinelli.
Noi dobbiamo, però, procedere per altra via, portandoci verso
il limite sud-occidentale dell’alpe e passando a monte di una
chiesetta posta su un piccolo poggio.
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Campo Franscia -Alpe Musella-Lago di Scarolda |
4h e 20 min. |
950 |
EE |
SINTESI. Saliamo in Valmalenco e, superata Lanzada, ci portiamo a Campo Franscia, dove ci stacchiamo verso sinistra dalla strada per Campomoro e ci portiamo a parcheggiare al secondo ponte, sullo Scerscen. Appena prima dell'imbocco del ponte troviamo la mulattiera che sale all'alpe Foppa (m, 1825). Pieghiamo a sinistra, seguiamo il bordo dell'alpe poi pieghiamo a destra e riprendiamo a salire fino ad intercettare la pista Campomoro-Campascio. La seguiamo per breve tratto verso destra, in salita, fino a trovare sulla sinistra il sentiero segnalato per l'alpe Musella. Dopo un tratto in salita ed uno quasi in piano, usciamo alla piana dell'alpe Musella (m. 2020), dove troviamo i rifugi di Mitta e Musella. Ora, invece
di seguire le indicazioni per i rifugi Carate e Marinelli, portiamoci
verso il limite sud-occidentale dell’alpe, passando a monte di
una chiesetta posta su un piccolo poggio. Presso la più bassa
delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe troveremo
il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta
Via che passa per il vallone di Scerscen. Il sentiero procede in un bosco di larici, supera una roccia levigata grazie ad una passerella in legno, attraversa un corpo franoso e passa a sinistra delle ex-miniere di amianto (m. 2050). Superiamo su un ponte il torrente Scerscen da destra a sinistra (per noi), procediamo guidati dai triangoli gialli non lontano dalla sua riva e cominciamo a salire gradualmente. Dopo un baitello con sigla MMII, giungiamo ad un ampio pianoro, lo percorriamo per un buon tratto e prendiamo come punto di riferimento
un roccione che incontriamo sulla nostra destra. Proseguiamo ancora
per una decina di metri oltre il roccione, poi lasciamo il
sentiero, pieghiamo a sinistra ed attraversiamo il modesto corso d’acqua
che abbiamo appena attraversato in senso contrario e che scende proprio
dal lago di Scarolda. Guardando a monte, cioè al versante occidentale del vallone, vediamo proprio davanti a noi un dosso appena
pronunciato, delimitato, sulla sinistra, da un canalino sassoso. Saliamo rimanendo a destra del canalino sassoso, fino ad
approdare ad un corridoio che sale dalla nostra destra verso sinistra.
Di fronte abbiamo uno scuro salto roccioso.
Pieghiamo, quindi, a sinistra, seguendo il corridoio, fino a giungere
in prossimità del suo termine. Pieghiamo, ora, a destra, risalendo
una china che ci porta ad un bel terrazzo erboso. Guardando in alto, leggermente a
destra, possiamo ora facilmente distinguere la porta di accesso al pianoro
nascosto che ospita il lago. Si tratta proprio della soglia dalla quale
scende il torrentello che esce dal lago. Salendo
in diagonale verso destra, ne raggiungiamo il piede. Restiamo, quindi,
a sinistra del corso d’acqua, superando rocce rotte e massi con
un po’ di attenzione. Poi, quasi alla fine della porta, ci portiamo
sulla destra ed approdiamo ad uno splendido pianoro ed al lago di Scarolda (m. 2432). |
Ma prima raccontiamo come raggiungere l’alpe Musella partendo da Campo Franscia.
L'alpe Musella
La mulattiera, che costituisce l’antica via di accesso ai rifugi
alti Carate Brianza e Marinelli, parte alle spalle dell’Albergo-Ristorante
Fior di Roccia, esce dall’abitato e sale, con un primo tratto
ripido, in direzione nord-nord-est, allontanandosi gradualmente
dalle gole dello Scerscen. Il suo fondo è ampio e piacevole da
percorrere. Il tracciato, piegando gradualmente in direzione nord-est,
si snoda ai piedi di massicci roccioni strapiombanti, la cui mole incombente,
sulla sinistra, è resa più cupa dalla coloritura nerastra
che talora assumono: sembrano lì lì per porre termine
a quell’innaturale sospensione e precipitare, seppellendolo, sull’inerme
escursionista che ne viola i recessi.
A quota 1770 circa il sentiero piega leggermene a sinistra, assumendo
un andamento verso nord e raggiungendo il limite orientale della nascosta
conca erbosa dell’alpe Foppa (fópo, m. 1825). Qui, volgendo ancora a
sinistra, attraversa, su un ponticello, un piccolo corso d’acqua,
corre per un breve tratto verso ovest, lungo il limite settentrionale
dell’alpe, per poi piegare a destra e riprendere a salire in direzione
nord-est. Dopo un breve tratto in salita, la mulattiera intercetta,
a quota 1900 circa, una pista sterrata che proviene, da destra, dalla
diga di Campomoro e prosegue, verso sinistra, fino all’alpe Campascio (campàasc).
Seguiamo per un breve tratto la pista, che sale, verso destra, fino
a trovare, sulla nostra destra, la ripresa della mulattiera, con segnalazione
per l’alpe Musella. Si tratta della mulattiera già descritta,
che ci porta, alla fine, all’alpe Musella.
ALPE MUSELLA-VALLONE DI SCERSCEN-LAGO DI SCAROLDA
Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen
Ora vediamo come addentrarci nel vallone di Scerscen. Portiamoci alla
cappelletta, oltrepassiamola e raggiungiamo il gruppo
di baite poste sul limite occidentale dell’alpe, dove, presso
quella più bassa, troveremo il triangolo giallo che segnala la
variante della V tappa dell’Alta Via. Imbocchiamo, così,
un sentiero che per un buon tratto corre, con qualche saliscendi, in
un bosco di larici, tagliando le estreme propaggini di rocce arrotondate
che scendono dallo sperone meridionale del monte delle Forbici. Il suo nome è legato ad un curioso errore: infatti localmente è chiamato "bar oolt", letteralmente "caprone alto", perché segna il confine superiore delle proprietà usufruibili per il pascolo da parte degli abitanti di Torre S. Maria, mentre il vero, anzi, i veri monti delle Forbici ("sas di fòrbes") sono le cime segnate sulle carte come cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; più ad est, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”). Ormai, però, questa trasposizione è entrata nell'uso, e difficilmente verrà corretta.
Il sentiero,
raggiunto un punto panoramico che ci permette di gettare un’occhiata
sulla piana dell’alpe Campascio (campàasc), occupata, nella parte occidentale,
da detriti alluvionali, piega a destra, esce dal bosco e taglia il selvaggio
fianco sud-occidentale del monte delle Forbici.
Ad un certo punto, sulla nostra destra, si impone allo sguardo una singolare
e quasi surreale formazione rocciosa, massiccia, levigata, dalle sfumature
nere e rossastre; rappresenta un po’ un punto di svolta, in quanto
il panorama, alle nostre spalle, dominato dalla costiera Valmalenco
- Val di Togno, con il pizzo Scalino sulla sinistra, comincia a chiudersi,
mentre si apre gradualmente quello del vallone. Passando ai piedi di
questa formazione, potremo individuare, a pochi metri dal sentiero,
alla nostra destra, un tronco di cono di serpentino, levigato, con alcune
scritte, alto circa tre metri. Alla sua sommità, una curiosa
cavità, che lo fa sembrare uno scranno. Si tratta della “poltrona
del diavolo” di cui parla una delle tante leggende legate a questi
luoghi che, solitari e selvaggi come sono, non hanno mancato di accendere
la fantasia popolare. Sembra però che uno dei motivi più probabili di questa denominazione sia che un tempo i ragazzi amavano salirvi sopra passando da dietro, trovandosi, però, spesso nella spiacevole condizione di non riuscire a scendere.
Poco
oltre, una grande roccia arrotondata ed esposta si frappone al nostro
cammino: non potremmo superarla in sicurezza senza l’ausilio della
passerella in legno costruita sul suo fianco e corredata di una corda
fissa. Poi il sentiero attraversa un corpo franoso, prima di condurci
alle miniere abbandonate di amianto, a quota 2050, segnalate da un cartello
della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, che dà anche
il Cimitero degli Alpini ad un’ora di cammino. A poca distanza
dalle miniere, raggiungiamo il ponte che ci porta sul lato opposto del
vallone nel quale stiamo entrando, cioè sul lato occidentale.
Qui, per un buon tratto, procediamo sul limite dei depositi alluvionali
del torrente Scerscen, prima di guadagnare un po’ quota, guidati
dai segnavia (triangoli gialli) sul fianco sinistro (per noi) del vallone.
Si apre, intanto, il superbo scenario delle più alte cime di
Valmalenco: le prime ad apparire sono il pizzo Sella (m. 3511), a sinistra,
ed il pizzo Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio, m. 3937), a destra. Ben presto appaiono, poi, più
a destra, i pizzi Scerscen (m. 3971) e Bernina (m. 4049). Ancora più
a destra, ecco la caratteristica ed inconfondibile Cresta Güzza
(m. 3869). Chiude la superba testata della Valmalenco, sul lato destro,
il pizzo Argient (forma dialettale per "Argento"; nell'ottocento veniva chiamato Piz Ladner, poi anche Piz Blondina; m. 3945).
Il vallone di Scerscen
Possiamo finalmente apprezzare l'imponenza e la suggestione del vallone che stiamo risalendo.
La valle, o vallone, di Scèrscen ("valùn de scérscen") è stata definita il Gran Canyon della Valmalenco: paragone azzardato se prendiamo in considerazione le dimensioni, azzeccato, invece, se ci riferiamo alla suggestione che questa grande conca di detriti alluvionali, che si stende ai piedi dei giganti della testata della valle, suscita. Una suggestione legata alla solitudine dei luoghi, assai meno percorsi rispetto alle vie escursionistiche più classiche della Valmalenco, ed all’acuta sensazione della propria piccolezza, che si sperimenta di fronte alla vastità degli spazi che gradualmente si aprono ed alla verticalità della compagine delle cime che chiudono l’orizzonte a nord. La storia di questo imponente bacino è assai interesssante ed istruttiva. Nei quasi tre secoli della cosiddetta Piccola Età Glaciale, dalla seconda metà del Cinquecento agli inizi dell'Ottocento, le temperature medie subirono un marcato calo. In quel periodo l'aspetto del Vallone di Scerscen era assai diverso dall'attuale. Un unico imponente ghiacciaio ne era padrone, con una superficie complessiva di circa 20 kmq. La sua lingua più bassa raggiungeva lo sbocco del vallone che sale alla forca d'Entova.
Il cimitero degli Alpini nel cuore del Vallone di Scerscen
La risalita delle temperature dalla seconda metà dell'Ottocento ne minò gradualmente la consistenza, frammentandolo nei cinque nuclei che vi troviamo oggi, la vedretta di Scercen inferiore (590 ha), quella di Scerscen superiore (553 ha), il ghiacciaietto Marinelli (28 ha), la vedretta di Caspoggio (52,5 ha) e quella di Musella (11,5 ha), con una superficie complessiva di circa il 65% di quella del ghiacciaio unificato. Le proiezioni per i decenni futuri vedono purtroppo un'accelerazione del ritiro dei ghiacciai per il ben noto processo di global warming. In futuro il Vallone di Scerscen dovrebbe essere interamente dominato dall'elemento minerale, con la presenza dei ghiacciai ridotta a sporadiche chiazze o addirittura annullata.
Il Vallone di Scerscen
Continuiamo a guadagnare gradualmente quota, portandoci verso il fianco
roccioso che chiude alla nostra sinistra (ovest) il
vallone, dove oltrepassiamo un baitello, a ridosso della roccia, presso
il quale una scritta, “MMII anno internazionale della montagna”
ricorda che il 2002 è stato dedicato, in tutto il mondo, alla
multiforme realtà della montagna. Attraversato da sinistra a
destra un modesto torrentello, approdiamo, quindi, ad un ampio pianoro.
Mentre alla nostra destra la massiccia complesso roccioso che culmina
nel monte delle Forbici rende sempre meglio visibile, le cime della
testata della Valmalenco cominciano a defilarsi, nascoste dai possenti
gradoni rocciosi che si trovano nella parte medio-alta del vallone.
A sinistra si fa sempre più slanciata la cima quotata 3006, immediatamente
a nord della forca d’Entova (buchèta d’éntua, termine che significa, etimologicamente, posto fra due corsi d'acqua, dai termini lombardi "ent" ed "ova"), cima che nasconde alla vista le più
famose cime del Sasso d’Entova (sasa d’éntua, m. 3329), del pizzo Malenco (m.
3438) e del pizzo Tramoggia (m. 3441), posti a nord-ovest della stessa.
Ora dobbiamo prestare attenzione, perché per salire al lago,
che si trova sul versante del massiccio del Sasso Nero che sta alla
nostra sinistra, dobbiamo seguire una via che non è segnata,
e sulla quale non troviamo se non qualche scampolo malcerto di traccia
di sentiero. Per questo dobbiamo avvalerci di esperienza escursionistica,
anche se non ci sono passaggi davvero impegnativi o pericolosi. Percorriamo,
dunque, per un buon tratto il pianoro, e prendiamo come punto di riferimento
un roccione che incontriamo sulla nostra destra. Proseguiamo ancora
per una decina di metri oltre il roccione, poi pieghiamo lasciamo il
sentiero, pieghiamo a sinistra ed attraversiamo il modesto corso d’acqua
che abbiamo appena attraversato in senso contrario e che scende proprio
dal lago di Scarolda.
Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen
Osserviamo,
ora, il fianco del monte che dovremo risalire. Dalla nostra destra,
distingueremo una fascia di grandi massi, un modesto calecc (appena
la base di quattro mura in pietra), una fascia erbosa che sale fino
ad un roccione scuro, dal quale (non sempre) scende una modesta cascatella,
una fascia di gande e sfasciumi e, proprio davanti a noi, un dosso appena
pronunciato, delimitato, sulla sinistra, da un canalino sassoso che
sembra l’alveo prosciugato di un modesto torrentello. È
proprio questo modesto dosso che sfrutteremo per la salita, che avviene
su terreno irregolare, ma non eccessivamente faticoso, con una pendenza
abbordabile. Saliamo rimanendo a destra del canalino sassoso, fino ad
approdare ad un corridoio che sale dalla nostra destra verso sinistra.
Di fronte abbiamo uno scuro salto roccioso.
Pieghiamo, quindi, a sinistra, seguendo il corridoio, fino a giungere
in prossimità del suo termine. Pieghiamo, ora, a destra, risalendo
una china che ci porta ad un bel terrazzo erboso, con una suggestiva
veduta sulla testata della Valmalenco. Il terrazzo si colloca proprio
sopra il salto roccioso menzionato. Guardando in alto, leggermente a
destra, possiamo ora facilmente distinguere la porta di accesso al pianoro
nascosto che ospita il lago. Si tratta proprio della soglia dalla quale
scende il torrentello che esce da esso: è circondata da bastioni
roccioso, ma al centro è sufficientemente larga da consentire
un passaggio abbastanza agevole.
Salendo
in diagonale verso destra, ne raggiungiamo il piede. Restiamo, quindi,
a sinistra del corso d’acqua, superando rocce rotte e massi con
un po’ di attenzione. Poi, quasi alla fine della porta, ci portiamo
sulla destra ed approdiamo ad uno splendido pianoro, che si apre, inatteso,
fra le scure muraglie rocciose, a quota 2432 metri. Al centro del pianoro
vediamo i segni di un microlaghetto, al suo termine la modesta soglia
che lascia intuire un secondo pianoro e, sul fondo, le scure muraglie
del Sasso Nero. Percorriamo, quindi, la piana ed aggiriamo, sulla sinistra,
il dosso centrale che ci separa dal secondo pianoro, ed eccoci alla
conca terminale.
Vediamo il lago di Scarolda solo quando ormai siamo nei suoi pressi. Un lago splendido,
a quota 2456 metri. Se il sole lo illumina, le sue acque, di un blu
intenso, regalano uno spettacolo incantevole. Per guardarlo dall’alto,
risaliamo un po’ il versante di sfasciumi alla nostra sinistra,
fino a dominarne il profilo. Poi scendiamo sulla sua riva occidentale.
Il panorama, ad est, è chiuso da tre cime, cioè, da sinistra,
dalla punta Marinelli, dalla cima occidentale di Musella e dal monte
delle Forbici. Per l’intera durata della nostra presenza, la dura
pena che Scarola deve scontare viene sospesa, perché ci siamo
noi ad ammirarne la bellezza.
Poi viene il tempo di scendere, e di lasciare la profondissima solitudine
di questi luoghi. Per la medesima via di salita, torniamo in fondo al
vallone, proseguendo nella discesa fino all’alpe Musella. Se siamo
saliti fa Campo Franscia, possiamo tornare per due interessanti vie
alternative. La
prima corre nei pressi della selvaggia parte inferiore del vallone Scendiamo,
dunque, all’alpe Foppa (fópo), ripercorrendo in parte il percorso già
effettuato. Raggiunta l’alpe, prendiamo, però, a destra,
fino al suo limite occidentale, dove troviamo, aiutati dai triangoli
gialli, un sentierino che si dipana fra alcuni grandi massi e comincia
a scendere verso ovest-sud-ovest, con un andamento in diversi punti
piuttosto ripido. La traccia è incerta, per cui non dobbiamo
perdere il riferimento dei segnavia.
Il lago Scarolda e, sullo sfondo, il monte delle Forbici
Il primo tratto della discesa si mantiene a destra di un vallone secondario: poi, raggiunta una sorta di porta nella roccia, pieghiamo decisamente a destra, assumendo la direzione sud-est. Alla nostra sinistra incombe un minaccioso fronte di roccioni strapiombanti, mentre a destra intravediamo la profonda e scura forra che il torrente Scerscen si è scavato nel suo corso impetuoso. Si tratta delle gole dello Scerscen, profonde e selvagge, che raggiungono in alcuni punti l’altezza di cento metri. In alcuni punti ne possiamo scorgere uno spaccato impressionante. Proseguendo nella medesima direzione e piegando, alla fine, leggermente a destra, il sentierino ci porta ad una fascia di rocce levigate, discese le quali intercettiamo la mulattiera Franscia-Musella, già percorsa in salita, poco sopra il punto di partenza. Abbiamo percorso, nella discesa dall’alpe Foppa (fópo), il sentiero di interesse naturalistico segnalato con la lettera D, che troviamo segnata su alcuni massi.
Il lago Scarolda
La seconda via alternativa passa, invece, per l’alpe Campascio (campàasc),
alla quale possiamo scendere dall’alpe Musella (dal diminutivo della voce lombarda "mosa", luogo paludoso), seguendo il sentiero
indicato, oppure, per via più breve, imboccando un sentierino
che si stacca sulla destra dal sentiero che esce dal vallone di Scerscen,
in corrispondenza di un punto in cui il bosco si dirada. Se lo troviamo,
lo possiamo seguire tranquillamente fino
alla piana dell’alpe. Dobbiamo, poi, raggiungere il limite meridionale
dell’alpe Campascio (campàasc) e, seguendo le indicazioni (triangoli gialli
dell’Alta Via della Valmalenco), piegare leggermente a destra
(ignorando le indicazioni del Sentiero D per Campo Franscia), fino ad
un ponte di legno sul torrente Scerscen. Sul lato opposto del ponte
troviamo la larga e comoda mulattiera che, con andamento sostanzialmente
pianeggiante, attraversa uno splendido bosco di larici e confluisce
nella pista sterrata che scende dal passo di Campolungo. Qui confluisce
anche, come indica un cartello, da destra il sentiero che scende dal
bocchel del Torno (buchèl di tórn, o tùrn), e che costituisce la prosecuzione
della V tappa per chi, sceso dalla Marinelli, prosegua verso il rifugio
Palù (toponimo assai diffuso, che deriva da "palude").
Noi, invece, dobbiamo scendere sulla pista, che passa vicino al Dosso dei Vetti (dus di vét) e si conclude, poco sotto, in prossimità dell’ex-rifugio
Scerscen (m. 1813). Alla pista si sostituisce una larga mulattiera,
che scende fino alle case alte di Campo Franscia, dalle quali, percorrendo
la strada asfaltata, torniamo all’automobile.
La salita al lago da Campo Franscia richiede circa 4 ore, che si riducono
a poco più di 3 se partiamo da Campo Moro. Il dislivello è,
nel primo caso, di circa 950 metri, nel secondo di circa 530 metri.
Un’ultima nota, di carattere cartografico: sulle carte IGM e Kompass
questo itinerario non è segnato, mentre viene indicata una traccia
di sentiero che raggiunge il pianoro del lago da nord, staccandosi dalla
traccia che dal vallone di Scerscen sale alla forca d’Entova.
Bisogna però tener presente che mentre questa seconda traccia
è segnalata dai segnavia dell’Alta Via, la deviazione per
il lago non lo è. Inoltre questo percorso è meno intuitivo,
ed assai più lungo rispetto a quello descritto.
Il lago Scarolda
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere
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