Apri qui una panoramica sul lago Nero di Verva e sul pizzo Dosdé

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Eita-Passo di Verva-Lago Nero-Lago di quota 2600
3 h e 30 min.
950
E
SINTESI. Salendo in automobile da Grosio in Val Grosina (acquisto del pass giornaliero a Fusino), procediamo in direzione di Eita e passiamo dal lato destro (per noi) a quello sinistro della valle. Superato il ponte di Guer (cartello), troviamo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx, poi un ampio spiazzo per il parcheggio sulla destra della strada (m. 1620 circa). Proseguiamo fino alla fine della carozzabile ad Eita (m. 1703), dove parcheggiamo. Ci incamminiamo sulla pista che sale a nord e raggiungiamo il passo di Verva (m. 2301). Scendiamo per un breve tratto dal passo, fino ad un cartello sul lato destro della strada, con l’indicazione “Lago Nero – Cima Piazzi”.  Ci dirigiamo verso est fino a giungere in vista del torrentello che scende dalla Vedretta di Verva, per poi seguirlo rimanendo alla sua destra. Descriviamo, così, un arco che piega gradualmente a sud-est, fino a raggiungere, su sentiero, il ripiano che si stende a sud della modesta elevazione quotata 2557 metri sulla carta IGM. Dal ripiano, piegando verso destra, saliamo infine, superando una fascia di sfasciumi, all’ampia conca che ospita il lago Nero (m. 2586). Un ultimo sforzo ci permette di salire alla conca di Verva, dove si trova, nascosto, un alto lago di dimensioni simili a quelle del Lago Nero di Verva, ma di colore molto diverso, cioè blu lattiginoso. Per raggiungerlo dobbiamo rimanere a sinistra (per chi sale) del lago Nero e procedere allontanandoci dal lago verso est, puntando ad un cordone morenico, Salendo fra antipatico pietrame ne gradagniamo il filo; sul lato opposto ecco la conca con il lago senza nome, a quota 2600. Una rapida discesa a zig-zag fra il pietrame ci permette di raggiungere la sua riva. Dal suo lago esce il rio Valù. Torniamo fine al Lago Nero di Verva per intraprendere la discesa seguendo la medesima via di salita. ITINERARIO ALTERNATIVO. Scendiamo per breve tratto dal passo in Val Verva, poi lasciamo la sterrata, andando a destra e portandoci ad un breve trinceramento scavato durante la prima Guerra Mondiale, per poi proseguire su una traccia di sentiero che risale il dosso erboso in direzione est-sud-est. Guadagnato un pianoro superiore, dove si nota anche una pozza prosciugara, pieghiamo a sinistra, risalendo, su traccia di sentiero, ad un secondo pianoro, dove, piegando un po’ a destra, troviamo il lago Maurignino (m. 2465). Inizia, ora, la parte più impegnativa dell’escursione: per guadagnare il ripiano del lago Nero dobbiamo tagliare una faticosa fascia di grossi massi, procedendo con attenzione e salendo in diagonale (o meglio, descrivendo molto gradualmente un arco verso destra)  in direzione est-sud-est. La noiosa salita richiede cautela: i massi, che via via si fanno meno grossi, non sempre sono stabili. Alla fine, eccoci per questa seconda via al lago Nero. Il ritorno può avvenire per una delle due vie descritte sopra (passando, cioè, a sinistra o destra del rio di Valù.


Apri qui una fotomappa dell'anello del lago Nero di Verva

Fra i numerosi laghetti che costellano gli splendidi scenari alpestri dell’alta Valtellina quelli in alta Val Verva sono fra i meno conosciuti e frequentati. Eppure non demeritano quanto a bellezza, e profonda è la quiete dei luoghi che contribuiscono ad impreziosire con l’alterno ed incessante gioco di riflessi delle loro acque. Li troviamo in alta Val Verva, non lontano dall’omonimo passo, che congiunge questa valle con la parte più alta della Val Grosina, a nord di Eita.


Apri qui una panoramica sul lago Nero di Verva ed il Sasso Maurigno

Il passo di Verva merita una breve presentazione che renda giustizia della sua importanza storica, poco conosciuta. L’origine del nome stesso può segnalarne l’importanza: deriva, forse, dal nome personale “Vervinius” che, a sua volta, contiene una radice etrusca simile a quella di “Berbenno” (anche se non è da escludere l’origine da “vevra”, “spineto”). Per la sua accessibilità relativamente facile (è posto a 2301 metri) e la sua posizione strategica (si apre fra il gruppo della cima Piazzi, ad est, ed il gruppo Cima Viola-Punta di Dosdè ad ovest), il passo rappresentò, in passato, una valida via alternativa di accesso al livignasco ed alle regioni di lingua tedesca, rispetto a quella che passava per il fondovalle valtellinese.


Apri qui una panoramica sulla Val Verva e sulla cima Piazzi

Immaginiamo un mercante veneziano di 4 o 5 secoli fa, che dal bresciano (Brescia, dal Quattocento alla fine del Settecento, apparteneva ai domini della Repubblica di Venezia), volesse valicare le Alpi: la via più breve sarebbe stata quella di risalire la Valcamonica, valicare il Mortirolo, scendere a Grosio, risalire l’intera val Grosina fino al passo di Verva (per il quale passava una buona mulattiera), scendere lungo la breve Val Verva, che confluisce nella Val Viola Bormina, percorrere quest’ultima fino ad Arnoga e raggiungere il Livignasco per il passo del Foscagno.
La zona del passo, che ora segna il confine fra i comuni di Grosio e Valdidentro, in passato fu oggetto di contesa, per i preziosi pascoli, fra il comune di Grosio e quello di Bormio, contesa che portò anche ad un fatto di sangue nel 1375 e che venne definitivamente composta con un atto notarile del 1547, che sanciva i confini degli alpeggi di “Verva et Davoxde”, del comune di Bormio, e di “Cassaurolo et Verva”, del comune di Grosio.
Ma
accadde anche di peggio. Galeazzo Visconti, deciso a riaffermare la propria signoria sulla ribelle Bormio, allestì una spedizione guidata dal capitano di ventura Giovanni Cane. Questi, invece di cercare di forzare le difese bormine alle torri di Serravalle, erette nella naturale strettoia al confine meridionale della contea con la Valtellina, le aggirò. Approfittò, infatti, dell’appoggio di Grosio e, il 30 novembre 1376, risalì l’intera Val Grosina, scendendo quindi per la Val Verva e la Val Viola, per piombare, infine, sulla piana di Bormio, che fu messa a ferro e fuoco.


Apri qui una panoramica sulla Valle di Eita e sul passo di Verva

A completare il quadro suggestivo concorre anche il mistero del Sasso di Castro (da "castrum", cioè fortificazione), cima che la carta IGM colloca a metà della Val Verva, ma che in realtà è posta più in alto, proprio sul versante occidentale del passo. Questo toponimo rimanda molto probabilmente, a riprova dell'importanza strategica del passo, ad una fortificazione successiva all'anno Mille, di cui però si è persa ogni traccia. Così come di queste antiche contese si è persa anche l’eco.
In un passato più recente, cioè nel secolo scorso, il passo divenne scenario di una partita che si ripeteva ad intervalli regolari sull'intero arco alpino di confine, quella fra contrabbandieri e finanzieri. I primi, che venivano dall'elvetica Val di Campo o dal livignasco, dovevano cercare di approfittare delle ore di luce più scarsa per eludere la sorveglianza dei finanzieri di stanza nella caserma di Eita, per transitare presso il passo e traversare in Val Campaccio (per il colle di Piazzi) o l'alpe Zandila (per il passo di Zandila) e scendere infine al fondovalle. Quando ormai da una ventina d'anni l'attività di contrabbando si era esaurita, la quiete del passo venne turbata da un nuovo epocale evento, l'immane frana della Val Pola, precipitata la mattina del 28 luglio 1987, che interruppe i collegamenti di fondovalle per Bormio. Durante quella tremenda estate il passo, raggiunto da una carrozzabile, fu utilizzato per transitare in alta Valtellina partendo da Grosio.
Ristabilito il collegamento di fondovalle, il passo tornò al suo antichissimo silenzio, interrotto solo dalla presenza di tranquilli bovini, di pochi escursionisti e di un discreto numero di bikers, che lo frequentano percorrendo uno dei più begli anelli di mountain-bike dell’intera Valtellina, l’anello della Cima Piazzi (Arroga-Bormio-Grosio-Val Grosina-Passo di Verva-Arnoga).


Apri qui una panoranica sulla piana di Eita

Una curiosità, per concludere: lo spartiacque fra Valle di Eita e Val Verva non costituiva, come ci si potrebbe aspettare, il confine fra il territorio del comune di Grosio (Terziere superiore della Valtellina) e quello della Contea di Bormio, in quanto esso seguiva una linea immaginaria congiungente il Sasso di Castro (elevazione posta immediatamente ad ovest del passo) al Corno Sinigaglia. Rientrava, quindi, nel territorio di Grosio una piccola porzione dell’alta Val Verva, e precisamente la parte alta della valle che si apre ai piedi della Vedretta di Verva, cioè della Val de Valù. Non potendo costringere gli armenti a rispettare questo criterio altimetrico, rimase fissata la consuetudine secondo la quale il bestiame degli alpeggiatori della Val Grosina pascolava sul lato sinistro della valle, quello degli alpeggiatori della Valdidentro sul lato destro.


La Pirla ed i pascoli sotto Eita

Vediamo come raggiungere i laghetti salendo dalla Val Grosina. Lasciata la ss. 38 all’altezza di Grosio (Gròs, m. 653), entriamo in paese e prendiamo a sinistra, imboccando la strada per la Val Grosina, che, attraversata, dopo 2 km, la frazione di Ravoledo (Raulé, m. 864), si addentra sul fianco orientale della valle, all’altezza della chiesetta di S. Giacomo Maggiore Apostolo. Dopo 9 km siamo a Fusino (Fusìn, m. 1203), all’altezza della confluenza della Val Grosina Occidentale (Val de Dòsa) nel solco principale della valle (Val de Eita o Val de S-cén), presso lo sbarramento idroelettrico che serve la centrale A.E.M. di Grosio.


Eita

Ignoriamo, qui, la deviazione a sinistra che porta in Val Grosina Occidentale e proseguiamo sul fianco orientale della valle, passando poi sul lato opposto e raggiungendo un secondo ponte, quello del Gùer, che ci permette di attraversare il rio d’Avedo, il quale scende dalla valle omonima (Val de Avé, laterale occidentale della Val Grosina). La strada si fa più stretta e propone diversi tornanti, prima di portarci alla piana che si stende ai piedi di Eita (dalla quale si può vedere la caratteristica cascata della Pirla) e, dopo circa 14 km e mezzo, all’ampia conca glaciale che ospita le baite di Eita (éita, m. 1701), fra le quali spicca la chiesetta dedicata alla Madonna Immacolata di Lourdes, con il caratteristico campanile staccato. Nei suoi pressi troviamo anche il rifugio di Eita ed un’ampia spianata che ci consente di parcheggiare l’automobile. Il luogo, ameno e tranquillo, è meta di soggiorno estivo di un buon numero di grosini e villeggianti. Non facile capire quale sia l’etimologia del nome, che forse rimanda all’alto tedesco “ahto” o all’inglese “eight”, che significano “otto”.
Un cartello segnala il sentiero Italia (S. I., con numerazione 201), che giunge fin qui da Malghera (data a 6 ore e 10 minuti), dal passo di Vermolera (dato a 4 ore e 10 minuti) e dai laghi di Tres (dati a 2 ore), e prosegue in direzione del rifugio Falck (dato a 50 minuti), del passo di Verva (dato a 2 ore e 10 minuti) e del rifugio Viola (dato a 5 ore e 40 minuti). Ci incamminiamo, dunque, in questa seconda direzione, lungo una pista sterrata chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati, che procede in direzione nord, tagliando il fianco orientale del Sasso di Conca (Sasa de Conca, m. 3150) e del Sasso Colosso (Sas Calòs, m. 2532), incorniciato da un bosco di abeti, pini gembri ed ontani. Nella salita oltrepassiamo due vallecole, la maggiore Val di Conca e la più modesta Val di Pisi. Alla nostra destra vediamo il fronte dell’ultimo gradino di soglia che ci introduce al tratto terminale della Val Grosina, incorniciato dalla severa parete meridionale del Sasso Maurigno (Sas Maurégn, m. 3062). Più a destra, infine, vale a dire ad est, si apre la solitaria valle del Rio Cassavrolo (Ruasch de Casauröl), che culmina nel passo di Zandila (Pas de Zandila, o Sandina) e nel monte omonimo (m. 2936).
Dopo un tratto incassato nella roccia, oltrepassiamo una terza vallecola, la Val di Piégni, e raggiungiamo la soglia del gradino, trovando un bivio: i cartelli ci informano che proseguendo sulla pista principale ci dirigiamo al passo di Verva, dato ad un’ora e venti minuti (Sentiero Italia, di cui stiamo percorrendo un tratto), ad Arnoga, data a 3 ore e 35 minuti o al rifugio Viola, dato a 4 ore e 50 minuti, mentre imboccando il sentiero che se ne stacca sulla destra scendiamo in pochi minuti al ben visibile rifugio Falck, della sezione di Dervio del C.A.I. (m. 2005; per informazioni, telefonare allo 0341 851013).
Dopo un breve tratto pianeggiante, ci affacciamo alla parte terminale della Val Grosina, che, nel primo tratto, ci propone l’ampio pianoro della località delle Acque Sparse (Acqui Spèrsi), dove, alla nostra destra, l’acqua di numerose sorgenti che confluiscono nel Rio di Verva (Ruasch de Vèrba) dà origine, grazie ad uno sbarramento di massi, ad un incantevole laghetto (laghetto della Acque Sparse, m. 2024), incorniciato da una splendida pecceta. Sul lato opposto, cioè alla nostra sinistra (ovest) si mostra il fianco orientale del Sasso Colosso (“Sas Calòs”, m. 2532). Guardando a nord riconosciamo facilmente quella che ci appare essere la depressione del passo (in realtà la sella introduce ad un gradino superiore, che da qui non si vede, e sul quale il passo è posto effettivamente). Ma il panorama è dominato, a nord-est, dalla severa e vertiginosa parete sud-occidentale del Sasso Maurign (“Sas Maurégn”, m. 3062), ben visibile già da Eita. Poco più avanti, sulla sinistra, incontriamo un altarino ed un’edicola dedicata alla Madonna del Lago, eretta il 16 agosto 1995, in ricordo della visita come pellegrino di Sua Eminenza l’allora Cardinale di Milano Carlo Maria Martini.


Apri qui una panoramica sul passo di Verva

La pista piega leggermente a sinistra (andamento nord-nord-ovest), salendo con molta gradualità. Guardando a sinistra, vediamo il torrentello che scende da un ripiano sospeso poco meno di duecento metri più in alto rispetto al fondovalle. Si tratta dei Rogi del Lèch, e scende dal lago Colosso (“lèch de Calòs”, m. 2303), piccola perla glaciale che se ne sta, nascosta alla nostra vista, a nord del Sasso Colosso, a nord-est del Sasso di Conca e ad est dei Sassi Rossi. Osservando con attenzione, scorgiamo il sentiero che si stacca, sulla sinistra, dalla pista più a monte (nei pressi dei ricoveri della località Le Crote) e sale fino al laghetto. Questo è alimentato dalla vedretta del Sasso Colosso (“Védrégia de Sas Calos”), che occupava l’ampio canalone a sud-ovest, ma che oggi si è ritirata appena sotto le rocce sottostanti la vetta del Sasso di Conca (m. 3150). Il suo nome originale è “Lèch Turchìn”, cioè lago Turchino, per lo splendido colore delle acque, e può costituire un’ottima meta escursionistica alternativa (o anche aggiuntiva) rispetto ai laghetti nei pressi del passo di Verva.
La successiva salita ci porta alle ai già citati rudimentali ricoveri dell’alpeggio delle Crote (“I Cròti”, m. 2175), ricavati sfruttando massi aggettanti ai piedi del severo pendio ai piedi del versante sud-occidentale del Sasso Maurignino (“Sas Mauregnìn”, m. 2673): tutto qui richiama l’essenzialità e gli stenti della vita d’alpeggio. Una ventina di minuti di cammino ci separano dal passo, che guadagniamo dopo pochi tornanti (nei pressi dei quali si può individuare, sulla destra, un manufatto militare: si tratta di una piccola grotta scavata nella roccia, al fine di permettere di dominare l’alta valle che si stende a sud del passo di Verva). Sul passo troviamo due cartelli: il primo dà, nella direzione dalla quale proveniamo, il rifugio Falck a 50 minuti ed Eita ad un'ora e 20 minuti; il secondo dà, nella direzione opposta (nord) l'alpe Campo ad un'ora e 20 minuti, Arnoga a 2 ore e 15 minuti ed il rifugio Viola a 3 ore e 30 minuti.
Dai 2301 metri del passo di Verva si apre, a nord, la Val Verva, laterale meridionale della Val Viola Bormina, che, aprendosi verso ovest da Arnoga fino al confine svizzero, separa il Livignasco dalla Val Grosina. Davanti a noi, nel breve scorcio che si apre a nord, si dipingono contro il cielo alcune cime nei pressi del passo di Foscagno. Ben più possenti e vicine (ma per vederle bene dobbiamo scendere un po’ dal passo) le cime che coronano il lato orientale dell’alta Val Verva, vale a dire, da sinistra, il corno di Sinigaglia (m. 3062, la cui denominazione ricorda Giorgio Sinigaglia, uno dei primi che, che sul finire dell’ottocento, si dedicarono all’esplorazione del gruppo della cima Piazzi, e che per primo salì, il 10 agosto 1896, con Pietro Rinaldi, il Sasso Maurigno), la cima Piazzi (m. 3439, la più alta del gruppo omonimo, dedicata al celebre astronomo pontasco che scoprì il pianetino Cerere), la cima quotata 3241 metri, il colle dei Piazzi (m. 3022) ed il pizzo Campaccio (“Piz Campac’”, m. 3143). Il crinale dell’alta Val Verva prosegue, nel suo lato meridionale, passando per i già citati Sasso Maurigno e Sasso Maurignino. Fra il pizzo Campaccio ed il Sasso Maurigno si apre un ampio canalone nella cui parte alta si annida quel che resta della Vedretta di Verva.
L’escursione prosegue dal passo verso la meta conclusiva, il lago Nero, il più ampio di un piccolo sistema di laghetti che si annidano nella parte alta della Val de Valù. La via più semplice per raggiungerlo è la seguente: scendiamo per un breve tratto dal passo, fino ad un cartello sul lato destro della strada, con l’indicazione “Lago Nero – Cima Piazzi”.  


Val Verva

La seconda indicazione si giustifica tenendo presente che la via più semplice per raggiungere tale cima pass appunto per l’ampio versante di sfasciumi che possiamo vedere davanti a noi, a sud-ovest della cima stessa. Purtroppo per ora (estate 2007) entrambi gli itinerari non sono adeguatamente serviti da segnavia. Comunque raggiungere il lago Nero non è un problema. Ci si dirige verso est fino a giungere in vista del torrentello che scende dalla Vedretta di Verva, per poi seguirlo rimanendo alla sua destra. Descriviamo, così, un arco che piega gradualmente a sud-est, fino a raggiungere il ripiano che si stende a sud della modesta elevazione quotata 2557 metri sulla carta IGM. Dal ripiano, piegando verso destra, saliamo infine, superando una fascia di sfasciumi, all’ampia conca che ospita il lago Nero (“Lèch Négru”, m. 2586), posto fra il Sasso Maurignino, a destra, e la “Védrégia de Sas Maurégn”, a destra (ormai ridotta a colata di sfasciumi).


Apri qui una panoramica dell'alta Val Verva e del passo di Verva

Il lago Nero non va confuso con l’omonimo specchio d’acqua collocato in alta Valle di Avedo, sotto il passo di Dosdé. Il nostro laghetto, di dimensioni non modeste, è di origine morenica; nelle sue scure acque fatica a specchiarsi il profilo regolare e severo del pizzo Dosdè (“Piz Dusdé”, m. 3280), che si staglia ad ovest. Vagando un po’ nel ripiano a sud-est del lago possiamo scovare altri due specchi d’acqua, di dimensioni assai più ridotte, ma comunque pur sempre suggestivi e bellissimi spicci di cielo conficcati nell’arida e fredda terra d’alta quota. Da qui buono ottimo è il colpo d’occhio sul sistema di torri del gruppo Sinigaglia-Piazzi, oltre che sulla Vedretta di Verva.


Apri qui una panoramica del Lago Nero di Verva

Un ultimo sforzo ci permette di salire alla conca di Verva, dove si trova, nascosto, un alto lago di dimensioni simili a quelle del Lago Nero di Verva, ma di colore molto diverso, cioè blu lattiginoso. Per raggiungerlo dobbiamo rimanere a sinistra (per chi sale) del lago Nero e procedere allontanandoci dal lago verso est, puntando ad un cordone morenico, Salendo fra antipatico pietrame ne gradagniamo il filo; sul lato opposto ecco la conca con il lago senza nome, a quota 2600. Una rapida discesa a zig-zag fra il pietrame ci permette di raggiungere la sua riva. Dal suo lago esce il tio Valù. Torniamo fine al Lago Nero di Verva per intraprendere la discesa seguendo la medesima via di salita.


Apri qui una fotomappa del ripiano del Lago Nero di Verva e del lago di quota 2600

Una variante di discesa sfrutta una traccia di sentiero che scende tenendo il lato opposto del torrentello di Valù; per farlo dobbiamo procedere in direzione opposta rispetto al lago Nero, scendere ad attraversarlo e passare, su terreno morenico, alla sua destra, per poi seguirlo proseguendo nella discesa (bisogna però prestare attenzione ad un punto nel quale la traccia, con terra un po’ smossa, è un po’ esposta su una micro-gola del torrentello).


Apri qui una panoramica dalla pozza presso il Lago Nero di Verva

Se vogliamo, però, scovare tutti i laghetti dell’alta Val Verva (ne manca uno all’appello, il laghetto Maurignino), possiamo seguire un diverso itinerario, più impegnativo. Torniamo, dunque, al passo di Verva. Appena sotto il passo, lasciamo la sterrata, sulla destra, portandoci ad un breve trinceramento scavato durante la prima Guerra Mondiale, per poi proseguire su una traccia di sentiero che risale il dosso erboso in direzione est-sud-est. Guadagnato un pianoro superiore, dove si nota anche una pozza prosciugata, pieghiamo a sinistra, risalendo, su traccia di sentiero, ad un secondo pianoro, dove, piegando un po’ a destra, troviamo il lago Maurignino (“Lèch Mauregnìn”), posto a 2465 metri e dominato, a sud, dalla mole rocciosa del Sasso Maurignino.
Inizia, ora, la parte più impegnativa dell’escursione: per guadagnare il ripiano del lago Nero dobbiamo tagliare una faticosa fascia di grossi massi, procedendo con attenzione e salendo in diagonale (o meglio, descrivendo molto gradualmente un arco verso destra)  in direzione est-sud-est.


Il lago Maurignino

La noiosa salita richiede cautela: i massi, che via via si fanno meno grossi, non sempre sono stabili. Alla fine, eccoci per questa seconda via al lago Nero, dopo circa tre ore dalla partenza da Eita (il dislivello approssimativo in altezza è di 890 metri). Il ritorno può avvenire per una delle due vie descritte sopra (passando, cioè, a sinistra o destra del rio di Valù.


Apri qui una panoramica dalla pozza vicino al Lago Nero di Verva

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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