Dal rifugio Benigni a Pescegallo
Apri qui una panoramica sul gruppo
del Masino dall'altipiano dei Piazzotti
Punti di partenza ed
arrivo
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Tempo necessario
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Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà
(T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti
esperti)
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Rif. Benigni-Lago
Rotondo-Lago Inferno-Lago Trona-Pescegallo
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5 h
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500
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E
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SINTESI.
Dal rifugio Benigni (m.
2222) scendiamo per breve tratto sul sentiero di
accesso e ad un bivio segnalato prendiamo a destra
(sentiero 101, indicazioni per il rifugio Grassi ed il
pizzo dei Tre Signori), tagliando il ripido versante
roccioso della Cima di Val Pianella e percorrendo il
vallone con la solitaria baita della
Mezzaluna. Il sentiero porta, poi, ad una
prima bocchetta, che ci immette in un piccolo pianoro,
attraversato il quale giungiamo alla bocchetta
di val Pianella (“buchéta de la val
Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri.
Lasciamo le indicazioni per il rifugio Grassi e
scendiamo in Val Pianella. Disceso il primo tratto,
restando al centro della valle giungiamo, intorno a
quota 2000, ad un bivio segnalato con la deviazione
per il lago Rotondo e prendiamo a
sinistra, salendo verso a sud-ovest ad un primo
pianoro, posto a circa 2100 metri, con grandi blocchi.
A questo pianoro possiamo giungere per via
più diretta lasciando appena sotto
la bocchetta di Val Pianella il sentiero
che scende lungo la valle e prendendo a
sinistra (segnalazione per il lago
Rotondo): seguiamo così un sentiero che traversa a
mezza costa il versante di sfasciumi sotto la cresta
di Gairolo, con qualche saliscendi ed un passaggio non
difficile ma esposto, fino ad intercettare iil
sentiero principale per il lago Rotondo appunto al
pianoro di quota 2100. Da qui il sentierino affornta
un secondo tratto di ripida salita fra roccette e
magri pascoli, verso ovest, che ci porta al ripiano
che ospita il lago Rotondo (m.
2256). Alla sua sinistra (per noi che lo raggiungiamo)
prosegue la salita (occhio ai segnavia), non in
direzione della prima bocchetta che vediamo in alto,
ma più a sinistra, su un faticoso canalone detritico,
verso sud-ovest (attenzione sempre ai segnavia).
Superata una placca con elementare arrampicata siamo
infine alla bocchetta Paradiso,
appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata
anche bocchetta degli Undici (m. 2450). Scendiamo ora
sul versante opposto della Valle dell'Inferno, ripido
ma non difficile, con una prima diagonale a destra ed
una seconda a sinistra, raggiungendo la bocchetta
dell'Inferno (m. 2306). Prendiamo poi a destra
(nord-ovest) e cominciamo a discendere la valle. Più
in basso il tracciato dal lato destro della valle
piega a sinistra e, superato un piccolo e grazioso
specchio d'acqua, corre lungo il versante sinistro
della valle, tenendosi piuttosto alto rispetto al
lago, ed attraversando alcuni punti un po' esposti.
Incontrata una deviazione a sinistra per il rifugio
F.A.L.C., la ignoriamo, seguendo invece il sentiero
che conduce allo sbarramento del lago Inferno
(m. 2085). Attraversato il camminamento da sinistra a
destra, imbocchiamo, poi, il sentiero, segnalato, che
scende deciso verso destra, in direzione del lago di
Trona, passando, nel primo tratto, in un angusto
corridoio roccioso e sul corpo di una grande frana,
per intercettare, alla fine, un più tranquillo
sentiero che, percorso verso destra, porta dalla diga
di Trona. Oltrepassato il camminamento,
affrontiamo un breve strappo, per sormontare un
gradino roccioso, fino al comodo sentiero che,
percorso verso sinistra, porta al terrazzo del Pich.
Da qui, sempre volgendo a destra, procediamo per un
tratto in piano, poi pieghiamo a sinistra e con ripidi
tornantini scendiamo all’ampio e ridente pianoro che
si stende ai piedi della bassa val Tronella. Superato
il torrente Tronella (prestiamo sempre attenzione ai
segnavia) attraversiamo verso est uno splendido bosco
di conifere usciti dal quale ci ritroviamo a Pescegallo.
|
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dall'altipiano dei Piazzotti
Iniziamo la terza giornata lasciando il rifugio Benigni (m. 2222). Scendiamo per breve tratto sul sentiero di accesso e ad un bivio segnalato prendiamo a destra (sentiero 101, indicazioni per il rifugio Grassi ed il pizzo dei Tre Signori), tagliando il ripido versante roccioso della Cima di Val Pianella e percorrendo il vallone con la solitaria baita della Mezzaluna. Il sentiero passa per una pozza e porta, poi, ad una prima bocchetta, che ci immette in un piccolo pianoro, attraversato il quale giungiamo alla bocchetta di val Pianella (“buchéta de la val Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri. Lasciamo, quindi, definitivamente il sentiero 101, che prosegue verso il rifugio Grassi, e torniamo in Val Gerola, cominciando la discesa in valle di Trona. La meta è il già citato lago Rotondo ("làch Redont").
Pianoro sul sentiero per il lago
Rotondo
Un sentiero più diretto per il lago si stacca quasi subito, sulla sinistra, dal sentiero principale, ma ci conviene ignorarlo, perché piuttosto faticoso e caratterizzato da un passaggio esposto. Scendiamo, dunque, fino a trovare, ad una quota di poco superiore ai 2000 metri, la deviazione segnalata, sulla sinistra, per il lago Rotondo, dato a 40 minuti. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano in questa salita, che supera una fascia di massi, sormonta un primo ripido versante erboso, attraversa un pianoro cui i grandi massi conferiscono un aspetto lunare e vince, infine, un secondo versante erboso, prima di guadagnare la conca che custodisce gelosamente il lago (m. 2256), posto proprio ai piedi del massiccio versante orientale del pizzo di Trona ("piz di vèspui"). Cose chiare e cose meno chiare sono legate a questo luogo magico.
Chiarissima l’origine glaciale del lago, riposto, come in uno scrigno, nell’ampia conca scavata dai ghiacciati in epoca remota. Cerchiamo di immaginare quest’epoca. Tutto iniziò nell’era quaternaria, cioè nell’ultima era geologica, iniziata forse 1.800.000 di anni fa. Iniziò con una grande glaciazione, che coinvolse tutta la catena alpina. Il ghiaccio ricopriva ogni cosa, fino ad una quota superiore ai 2.500 metri, ed i ghiacciai si estendevano fino alla Brianza. Immaginiamo lo scenario spettrale: una coltre bianca ed immobile, dalla quale emergevano, come modesti isolotti, a nord, solo le cime più alte del gruppo del Masino-Disgrazia. L’azione di questo enorme ghiacciaio, lenta, inesorabile, scandita in ritmi difficilmente immaginabili, cioè in migliaia di anni, cominciò a modellare le rocce sottostanti, scavando e levigando. Fu un’azione che si esercitò in quattro grandi momenti: tante furono, infatti, le successive glaciazioni (la quarta ebbe inizio 40.000 anni fa), prima dell’ultimo e definitivo ritiro dei ghiacci. La conca ai piedi del pizzo di Trona conservò traccia di quest’azione, cioè quelle acque scure che poi furono dall’uomo chiamate lago Rotondo.
Lago Rotondo e pizzo di Trona (clicca qui per
ingrandire l'immagine)
Fin
qui le cose chiare. Ciò che non è chiaro è la dinamica che ne
conserva l’equilibrio, dal momento che esso non ha immissari
visibili, né ci sono nevai che lo alimentino. Sicuramente i
fenomeni di carsismo che caratterizzano queste montagna posso
spiegare questo mistero. Niente affatto misteriosa, invece, è
la destinazione delle acque, che non sono sfuggite allo
sfruttamento idroelettrico, dal momento che una condotta
sotterranea le convoglia nel sottostante lago Inferno. Ma
l’aspetto più misterioso di questo luogo è l’enigmatico
rapporto fra il lago ed il pizzo di Trona. Ecco cosa ne scrive
Ivan Fassin, nel volumetto "Il conglomerato del diavolo"
(L'officina del libro, Sondrio, 1991): "Se la vetta è un
vertex...il lago è sicuramente il complementare vortex,
voragine e vertigine, spirale che trascina verso il basso.
In pochi luoghi che io conosca questo è chiaro come qui, ai
piedi del pur modesto pizzo di Trona, che si leva regolare
riflettendo le sue rossastre bastionate di roccia in questo
cupo laghetto, tondo e concluso, come un occhio della Terra
o forse come imbocco di misteriose vie sotterranee..."
Il nostro destino è quello di rimanere sospesi fra lago e
pizzo, nel senso che dobbiamo salire ancora, fino ad una
selletta posta a 2450 metri, sul crinale che separa la valle
di Trona dalla valle dell’Inferno. Si tratta della bocchetta
del Paradiso, cui porta un ripido versante occupato in gran
parte da sfasciumi: lo vediamo, a monte del lago, leggermente
sulla sinistra.
Apri qui una panoramica
su lago Rotondo e pizzo di Trona
Dobbiamo
chiamare a raccolta le energie residue, dunque, perché c'è
ancora da salire: per portarci alla valle dell'Inferno
dobbiamo, infatti, salire alla bocchetta alta collocata a
circa 2450 metri (il punto di massima elevazione dell’anello),
sfruttando un canalone detritico, lungo il quale il tracciato
di salita è dettato dai segnavia, da seguire con attenzione.
La salita, data la natura del terreno e la quota, è abbastanza
faticosa.
Passiamo così a destra di un caratteristico torrione
denominato Torre Maria o Torre del Lago (m. 2359). Alla fine
ci infiliamo in uno scorbutico canalino e ci sono da
sormontare, con qualche passo di facile arrampicata, anche
alcune roccette (che possono risultare molto insidiose se sono
bagnate o in presenza di neve), prima di raggiungere la sella
erbosa della bocchetta.
La salita alla bocchetta Paradiso
C'è un senso
di soddisfazione, dopo tanti sforzi, come di liberazione, che
sembra echeggiare nella stessa denominazione della bocchetta,
che infatti è chiamata la bocchetta Paradiso,
appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata anche
bocchetta degli Undici (m. 2450). A voler essere precisi,
siccome una bocchetta del medesimo nome si trova poco più a
sud sulla medesima dorsale, dovremmo specificare "Bocchetta
Paradiso nord". La bocchetta si affaccia sulle ombre
dell'inquietante valle dell'Inferno, ma è un luogo aperto,
luminoso e panoramico.
Sul versante opposto ci attende un più riposante, ma sempre
piuttosto ripido, declivio erboso: seguiamo, dunque,
scrupolosamente i segnavia, che punteggiano un sentierino
sempre visibile che scende diretto lungo il versante e, con un
ultimo tratto verso sinistra, ci porta alla ben visibile bocchetta
dell’Inferno (“buchéta de la val l Inferen”, m.
2306), per la quale passa il confine fra territorio della
provincia di Sondrio e di Bergamo.
Apri qui una fotomappa della discesa
dalla bocchetta del Paradiso alla Valle dell'Inferno
Ecco,
dunque, la valle dell'Inferno, denominazione dettata dal
colore rossastro delle rocce (colore dovuto alla presenza del
conglomerato assai duro e pregiato, denominato Verrucano
lombardo), ma, forse, anche da un clima un po' sinistro, quasi
che nell'aria aleggiasse una minaccia indefinita o
l'inespressa sofferenza di anime segregate qui da un verdetto
di dannazione eterna. Suggestione dei nomi!
Sia come sia, incontriamo subito l'indicazione della via
direttissima al Pizzo dei Tre Signori (“piz di tri ségnùr”, m.
2554, chiamato così, dopo il 1512 - prima era chiamato pizzo
Varrone - perché punto d’incontro dei confini delle signorie
delle Tre Leghe in Valtellina, degli Spagnoli nel milanese e
dei Veneziani nella bergamasca): infatti è proprio la poderosa
mole del celebre colosso orobico a chiudere la valle a
sud-ovest. Noi, invece, seguiamo il sentiero che comincia a
discendere la valle, in direzione della grande diga dell'Enel
(m. 2085). Ci aspetteremmo di percorrerne il
lato destro, ed invece il tracciato piega a sinistra e,
superato un piccolo e grazioso specchio d'acqua, corre lungo
il versante sinistro della valle, tenendosi piuttosto alto
rispetto al lago, ed attraversando alcuni punti un po'
esposti. Incontrata una deviazione a sinistra per il rifugio
F.A.L.C., la ignoriamo, seguendo invece il sentiero che
conduce allo sbarramento del lago Inferno.
Per illustrare meglio le caratteristiche di
questo lago e dell'ambiente che lo ospita riportiamo le
informazioni che ci vengono offerte dal già citato volume "Laghi
alpini di Valtellina e Valchiavenna", di Riccardo De
Bernardi, Ivan Fassin, Rosario Mosello ed Enrico Pelucchi,
edito dal CAI, sez. di Sondrio, nel 1993:
“All'estremità occidentale il comprensorio di Trona si
chiude, sotto le vette del Pizzo Tre Signori e del Pizzo
Varrone, con una sorta di corridoio costituito dai due
valloni d'Inferno. bergamasco e valtellinese, posti in
continuità e separati da una alta bocchetta (Bocchetta
d'Inferno, appunto). Nel vallone che scende verso la Val
Gerola c'era un laghetto, ingrandito ora dall'intervento
umano che ha eretto una diga in una gola più a valle. Il
livello del lago si è alzato di 30-35 m, la superficie è ora
molto più estesa, ma permane il colore cupo delle acque, che
va dall'azzurro intenso al viola, a seconda delle ore e
della luce. Un lago lungo, affiancato da scogliere dirupate,
come confitto e incastrato tra il Pizzo Varrone e
il Pizzo di Trona, ai piedi di una gradonata ciclopica che
scende dal passo e dal Pizzo Tre Signori, che campeggia
sullo sfondo.”
Attraversato il camminamento da sinistra a destra,
imbocchiamo, poi, il sentiero, segnalato, che scende deciso
verso destra, in direzione del lago di Trona, passando, nel
primo tratto, in un angusto corridoio roccioso e sul corpo di
una grande frana, per intercettare, alla fine, un più
tranquillo sentiero che proviene, da destra, proprio dalla diga
di Trona. Seguendolo verso destra, raggiungiamo,
infine, lo sbarramento della diga. Oltrepassato il
camminamento, affrontiamo un breve strappo, per sormontare un
gradino roccioso, fino al comodo sentiero che, percorso verso
sinistra, porta al terrazzo erboso del Pich (si tratta
dell’itinerario descritto per la versione breve dell’anello,
che ora dobbiamo percorrere a rovescio). Se, però, abbiamo
percorso la variante lunga dell’anello, manca ancora
all’appello il lago Zancone, che dobbiamo,
quindi, visitare, prima di chiuderlo: in tal caso, invece di
prendere a sinistra, prendiamo a destra, imboccando la
deviazione segnalata che si inoltra nella valle di Trona e
raggiungendo, in breve, lo splendido specchio d’acqua, posto
poco a monte del lago di Trona.
Apri qui una fotomappa della discesa
alla bocchetta di Varrone dalla bocchetta dell'Inferno
Sostando
sulle sue rive, potremo cercare se sia ancora vero quel che
scrive la Guida alla Valtellina del CAI di Sondrio edita nel
1884: "Nei laghetti di Gerola...guizza una trota di
piccola forma e di una carne rosso-sanguigna, che è
squisitissima".
Può
essere interessante leggere, a distanza di oltre un secolo, le
note che sui laghi di Trona (allora naturale) e Zancone stese
il dott. Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo
“G. Piazzi” di Sondrio, nell’operetta “I laghi alpini
valtellinesi”, edita a Padova nel 1894:
Questi due bei laghi sono posti a poca distanza fra loro
nel ramodestro della Valle dell'Inferno, che si congiunge
più sotto con quelladi Pescegallo, a formare la Val Ritto di
Gerola. Sono separati da alcuni cocuzzoli di roccia in
posto, formati di arenaria o conglomerati verdi, che si
estendono, alternartisi fra loro, nelle sponde dei duo
laghie di tutta la valletta che si apre fra il pizzo di
Trona (2508 m.), che sorge a S. ed il pizzo Tronella (2514
m.) ad E. NellaCarla geologica della Lombardia del Prof.
Taramelli i due laghi sono rappresentati nella generale
formazione del gneis; ma più giustamente sono figurati dal
Dott. Melzi nelle arenarie e conglomerali grossolani. I
versanti che si staccano dai monti sopra accennati e che
convergono fra loro a formare la valletta, che racchiude i
laghi, sono assai scoscesi, ove balze e dirupi si succedono
dai vertici più elevati fin presso le acque, le
quali occupano le cavità più inferiori della stretta
spaccatura, che diede origine alla Valle. I due laghi sono
dunque formati per dilacerazione prodotta nel sollevamento
della catena orobica. Valgono pertanto qui le stesse
osservazioni che feci a proposito dell'origine del lago
Venina, poiché il Curioni li crede, come quello, ed il
vicino lago dell'Inferno, formali in depressioni prodotte da
movimento del suolo.
Il primo di questi laghi, che s'incontra risalendo la
Valle, è quello di Trona, detto anche delle Trote dal
Curioni, nel luogo sopra citato, come riportano pure le
carte dell'Istituto militare di Firenze; forse per
l'abbondante pesca che di tali pesci si faceva mia volta in
questo lago; nome che ora è affatto in disuso.
Apri qui una panoramica del lago
d'Inferno, del pizzo di Trona e del pizzo dei Tre Signori
Esso
ha forma ellittica, disposto colla maggior lunghezza nel
senso della Valle. Le sue sponde sono ripide assai, onde la
regione litorale presenta nella porzione più esterna ben
poca quantità di limo o di feltro organico visibile, il
quale è piuttosto copioso alla profondità di 5 e 6 metri a
poca distanza dalla sponda, dove ho calato l'apposito bidon
Forel, per farne conveniente pesca. È posto all'altitudine
di 1563 m. e presenta la superficie di 30000 m. q. Le sue
acque hanno una bella colorazione verde
azzurrognola,rappresentata dal num. V della scala Forel.
Lo visitai il giorno 8 Settembre 1892 ed alle ore 10 aut.
trovai che la temperatura delle sue acque era di 8 gradi C.
mentre l'esterna era di 12 gradi, essendo il cielo
piovigginoso.
Ha per affluente l'emissario del lago Zancone, posto
alquanto più sopra, verso S.E., e scarica le sue acque per
una stretta gola che mette nel torrente della Valle
dell'Inferno.
Questo lago era un tempo assai
popolato di Trutta fario Lin. ma l’uso deplorevole della
dinamite ne distrusse, alcuni anni or sono, una straordinaria
quantità. I pochi individui sopravissuti si moltiplicarono
rapidamente, sicché torna dì qualche profitto la pesca che
vi fanno alcuni alpigiani di Gerola, nel mese di Maggio,
aprendo nel ghiaccio ampi buchi pei quali lasciano calare le
reti, essendo a quell'epoca, per la sua posizione
topografica, tuttavia gelato. Sarebbe cosa più che mai utile
pertanto il ripopolare anche questo lago dell'ottima trota,
con artificiale immissione di avannotti, che vi
prospererebbero certamente fino ad uguagliare, se non a
superare, l'antica popolazione. Fu certamente cattivo
consiglio quello di importarvi il Collus gobio Linn.. come
si fece in parecchi laghi della Valtellina, il quale é
necessario anzitutto di distruggere, poiché divora le uova
della trota.
Il lago Zancone è posto alquanto più in alto del lago di
Trona ed occupa l'ultima porzione della valletta sopra
menzionata, chiusa a S.E. da nude e scoscese roccie che
s'innalzano assai rapidamentesulle acque. Ha pur esso forma
ellittica, che si dirige colla maggior lunghezza nel senso
della Valle, alla quale pone termine verso S. E. Non ha vero
affluente e le sue acque derivano dalla fusione delle nevi e
dalla filtrazione attraverso gli abbondanti detriti che
rivestono le scoscese pendici ed il piede dei monti
circostanti.
Lo smagliante colore celeste–chiaro delle sue acque,
paragonabile al num. II della scala Forel. produce assai
gradito contrasto colla selvaggia nudità delle roccie che lo
circondano. È posto all'altezza di 1778 m. sul mare, cioè
315 metri più alto del lago di Trona, ed ha una superficie
di 24.000 m. q.
Lago Zancone
Feci le
osservazioni termiche alle ore 2 pom. con cielo sempre
piovoso ed osservai nelle acque una temperatura di 7 gradi e
30 C., mentre nell'aria erano 13 gradi C. In alcuni seni
verso la punta N.O. rinvenni numerosi individui di Rana
temporaria Lino, ed i girini si trovavano tuttavia nello
stato di incipiente metamorfosi. Pare che in questo lago non
viva la Trutta fario Linn., ma si potrebbe certo molto
utilmente tentarvi una artificiale immissione di avannotti,
trovandosi io condizioni non troppo differenti da quelle del
lago di Trona. Il feltro organico infatti vi abbonda anche
qui, ad una certa profondità, e dall'esame che ne feci
risultò costituito di alghe non del tutto differenti da
quello del lago di Trona; per la qual cosa ho creduto potere
esporre insieme le Diatomee di questi due laghi.”
Apri qui una panoramica dell'imbocco
della Valle della Pietra
Riprendiamo il cammino sulla larga
mulattiera, che ci conduce al Pich, piccolo
alpeggio estremamente panoramico, ingentilito da un piccolo
specchio d'acqua. Da qui, proseguendo verso destra, procediamo
per un tratto in piano, poi pieghiamo a sinistra e con ripidi
tornantini scendiamo all’ampio e ridente pianoro che si stende
ai piedi della bassa val Tronella. Superato il torrente
Tronella (prestiamo sempre attenzione ai segnavia)
attraversiamo verso est uno splendido bosco di conifere usciti
dal quale ci ritroviamo a Pescegallo.
Quante ore di cammino sono necessarie per chiudere questo
indimenticabile anello? 7, circa, per la versione lunga, 5 per
quella più breve. Nel primo caso il dislivello in altezza è di
circa 1400 metri, nel secondo di circa 1100 metri.
Apri qui una panoramica sulla Val
Gerola dal sentiero Trona-Tronella
CARTA DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)
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PASSI E PENSIERI DI IVAN FASSIN
Il 28 giugno del 2015 è scomparso Ivan Fassin, grande uomo di cultura che ha vissuto la passione per la montagna e quella per il pensiero e le scienze umane come dimensioni profondamente legate. Nel suo volumetto “Il conglomerato del diavolo – Fantasticherie alpine” (Sondrio, L'officina del Libro, 1991) così racconta una sua escursione in questi luoghi (salita da Pescegallo, per il passo di Salmurano, all'altipiano dei Piazzotti ed alla cime dei Piazzotti occidentale, discesa alla boccehtta di Val Pianella e traversata alla bocchetta d'Inferno per il sentiero 101, discesa alla bocchetta di Varrone e traversata alla bocchetta di Trona, discesa al lago di Trona ed all'imbocco della Val Pianella o Val di Trona):
Rifugio Benigni
“Sbuchiamo sul dosso delle Foppe di Pescegallo… Traversata in fondo la valle risaliremo per per il più diretto sentiero… sotto il costone della cima orientale di Piazzotti, all'aereo passo di Salmurano. Intanto già da un po' andavamo guardando i primi contrafforti del regno del conglomerato, vale a dire la costiera turrita dei Denti della Vecchia, illuminata dai primi raggi del sole, rosa.violacea come piccole dolomiti locali. Al passo, come accade, si presenta una situazione geografica del tutto diversa da quella immaginata: una fossa profonda, rotondeggiante, ancora in ombra, costituisce la testata della Val Salmurano… Ora il sentiero si sviluppa per un tratto pianeggiante o in leggera discesa, tagliando in costa i ripidi pendii erbosi sotto gli erti colonnati di conglomerato rossiccio che fanno da sostegno, su questo lato, alla Cima Piazzotti (est). La via poi si inerpica entro un singolare canale sassoso, in cui prosperano certi fiori gialli.. A quanto pare l'incertezza dei crinali e dei deflussi va fatta risalire almeno all'era glaciale, quando il ghiacciaietto sospeso sull'altopiano Piazzotti, intanto che scavava la piccola fossa in cui oggi si annida il lago, riversava le sue lingue sia verso la Val Tronella che su questo lato.
Laghetto superiore dei Piazzotti
Ci avviamo sul pendio tutto solcato da vallette che, sviluppandosi per qualche centinaio di metri (e cento in altitudine) porta alla cima Piazzotti occidentale. Saliamo ancora verso la croce, preceduti da un silenzioso giovane che punta a quella meta come un pellegrino frettoloso; dall'altra parte della valle, tra nebbie dense e grigiastre, un gregge sta abbarbicato in posizione impossibile sul torrione di Giacomo: belano e invocano forse sale o acqua, che scarseggia. Da queste parti sembrano comunicare più gli animali che gli uomini… Dalla vetta gettiamo uno sguardo nel grigiore opaco della valle di Trona, e una occhiata nostalgica al torrione della Mezzaluna, che appare come un miraggio, ancora illuminato dal sole, in un solco della cresta; poi ci affrettiamo a scendere, nella convinzione che il tempo precipiti.
Il sentiero 101 sotto la cima dei Piazzotti occidentale
Non però per ritornare al rifugetto Benigni esposto a tutti i venti sul piccolo altopiano là in fondo, né divallando su Trona lungo una enorme ganda che riempie un vasto canale, bensì calando cauti sulla bocchetta di val Pianella, tra l'erba scivolosa, su una traccia sommaria, ma distinta… Proseguiamo… su un bel percorso che va verso il rifugio Grassi, correndo in quota sul versante meridionale del gruppo. Ma ovviamente vediamo poco più che il sentiero, intuiamo un “sopra” tetro e incombente, un “sotto” che fugge via: il cammino esige qualche attenzione, correndo alto su pendii erbosi ripidi, e più di rado traversando scogli e crestoni rocciosi… In questa tetraggine avanziamo molto rapidamente, apprezzando però l'intelligenza del tracciato, e la sua “esposizione” (ce ne aveva resi avvertiti la pallidezza di un ragazzo che col padre lo percorreva in senso opposto al nostro, e che avevamo incontrato all'inizio sul dosso di Giarolo), finché approdiamo a un piccolo circo invaso da enormi massi e, dopo lo scavalcamento di un ennesimo crestone, ci infiliamo nel rettilineo vallone d'Inferno (bergamasco). A sinistra la Sfinge è invisibile nella nebbia…
Lago Zancone e Val Pianella (o Val di Trona)
Così, dopo la bocchetta d'Inferno… andiamo di corsa su un sentierino che fa lievi saliscendi su canali e pascoli ripidi che scivolano verso il lago, alla bocchetta di Varrone, più un largo spiazzo che un passo, quasi uno svaso da cui l'antico ghiacciaio prendeva la via della Val Varrone. Anche noi ci affacciamo a guardare la testata di quella valle, il rifugetto FALK che sembra oggi deserto… Dall'altra parte di questa dorsale che fa da testata alla Val Varrone, sopra l'altro passo (Bocchetta di Trona) un piccolo bunker d'alta quota, resto forse di trinceramenti militari, poi chiesetta e poggi ridotto a rudere, porta ancora il nome, un po' incredibile, di Casa Pio XI. Nello squallore dell'interno (umido antro gelido), ancora una lapide ricorda la tragica vicenda di un giovane caduto sul Pizzo di Trona…
Bocchetta di Val Pianella (o di Val di Trona)
Dopo un altro tratto di costa, scendiamo cautamente alla diga e la traversiamo, un po' sorpresi di non trovare perentori divieti né arcigni custodi. Scivoliamo rapidamente giù per le pendici franose sotto i dentini di Trona, lungo una traccia non certo migliorata dalle discariche dei lavori, fino a una baita isolata su un dosso. Da lì, piegando verso la val Trona, aggiriamo verso monte il lago e andiamo a sostare… presso le casupole dell'alpe sotto il lago Zancone… Sul pianoro irregolare alcuni enormi massi erratici collocati in equilibrio precario sembrano minacciare la valle sottostante e il lago, verdeggiante in un raggio di sole. In fondo alla valle, grandi massi ora spaccati si devono essere scontrate scendendo da differenti postazioni, come fossero state fatte rovinare da un popolo di giganti in una contesa intestina…
Pizzo di Tronella
Mentre sosto trasognato e
un po' incerto, un violento scampanio di rochi “zampugn” e
urla scomposte di umani sull'altro versante della valle mi
richiamano a una scena d'altri tempi. Una lunga fila di capre,
seguire da un pastore vociante, si snoda controluce lungo un
sentiero di mezzacosta, un sentiero apposito, una via di
penetrazione in questo regno della pietra, diretta a chissà
quale meta che non si indovina prossima. Questa immagine fa da
contrappeso alla turba di turisti sparpagliati in cima al lago
che, appostati da ore di attesa del sole che scarseggia, non
la smettono di lanciare urla sguaiate.
Val Pianella (o Val di Trona)
Nello scarto fra i due suoni si insinua una riflessione su quale doveva essere la vita quassù un tempo, nella pur breve stagione del pascolo. Luoghi, temo, non troppo amati, per la loro asprezza, la solitudine, la distanza dal fondovalle. Impossibile attribuire ai coloni una disinteressata contemplazione della selvaggia natura, presi com'erano dalla cruda necessità. Alla base di storie e leggende, che vi saranno state di certo, come sembrano attestare anche i sinistri toponimi, non la gioia del fantasticare, ma solo forse i terrori infantili e la noia dell'adulto nelle ore della sorveglianza al pascolo, e poi il tenace ricordare delle donne e l'ironica verbosità degli anziani.
Val Pianella (o Val di Trona)
Non credo vi fosse né più felicità (che talora si associa all'incoscienza) né più costanza, memoria continuità. Forse si partiva per l'alpe come poi per il lavoro nella Bassa o diretti in Merica: per tornare cioè muti, più allucinati dalla fatica e dall'isolamento…. Mi semra che che non sappiamo quasi nulla di ciò che veramente fu, di ciò che passò per le teste dei nostri antenati. E così è come se ci mancasse una chiave per intendere il vero spirito dei luoghi.”
Lago di Trona
Così Ivan Fassin racconta, nel
medesimo volume, la salita da Pescegallo al lago Rotondo, in Val
Pianella (o Valle di Trona):
“Il sentiero sale ingannevole nel bosco di abeti e larici,
solo a tratti erto, fino al pianoro della bassa val di
Tronella, tutto piastre montonate, praticelli stentati, acque
di risorgiva. Un calécc apparentemente ancora in uso
testimonia forme di pastorizia quasi del tutto abbandonate.
Ritroveremo più in alto altri ricoveri provvisori, segno di un
tempo in cui non era un problema il disagio del pastore, e le
mucche erano un tesoro da non abbandonare neanche un momento.
Un'erta scarpata, solcata da un sentiero che vorrebbe essere a
tornanti dolci, ma è solo un serpentello sassoso, porta
all'alpe Trona vaga…
Il lago Zancone
Da qui innanzi c'è un tratto pianeggiante che si addentra nella valle di Trona, e dopo un passaggio in un bosco di larici soprattutto gradito nei ritorni assolati, sale in costa un po' irregolarmente, lasciando in basso i due laghi di Trona (artificializzato con diga) e Zancone (senz'altro più suggestivo, benchè ormai in un ambiente spoglio e rupestre). Si passa per i resti delle baracche e impianti già ricordati…
Il lago Zancone
Mentre udiamo una ingiustificata caduta di sassi dalle pendici del Pizzo Tronella che rotolano fin sul tratto di sentiero che abbiamo appena percorso, mi vien fatto di pensare che qui, in questa soglia malcerta tra “domestico” (si fa per dire) e selvatico, doveva essere situato il regno dell'uomo selvatico, tra pascoli magri abitati da qualche capra, grandi massi e ricoveri di fortuna… Forse anche poco fa era lui che, invisibile, difendeva il suo territorio, imitando la natura (poiché lui non sa, come noi, forzarla, ma solo ne sfrutta le tendenze e le potenzialità, tanto che si dice abbia insegnato agli umani con cui in passato venne in contatto alcune arti casearie e perfino minerarie, da bonaccione quale in fondo doveva essere).
Massi ciclopici in Valle di Trona
Raggiungiamo il fondo della vallata, la via riprende a salire forte, poi piega a destra verso il pianoro sospeso in cui s'annida il lago Rotondo, lasciando il più noto tracciato che porta alla Bocchetta di Val Pianella… In un deserto sassoso (altrove a questa quota su falcia l'erba) pascolano poche muccherelle, del tutto abbandonate, presso uno dei numerosi affioramenti d'acqua (che per il resto sembra scorrere in gran parte in profondità). Prima di affrontare due erte balze, solcate da un sentiero ripido e sassoso ci fermiamo ad esaminare una piccola stazione d'alpeggio (non so come altrimenti chiamare questa che non è un'alpe, ma un insieme di due ricoveri – provvisori, più che temporanei – in grotta, sotto questi giganteschi massi addossati, con pochi interventi umani, tracce di muretto a secco, in un angolo un asse per servire da panca – strano che nessuno l'abbia ancora bruciato -), ovviamente innominata sulle carte, anzi neanche rappresentata. Nè c'è (più) alcun pastore cui chiedere informazioni… La roccia conglomeratica si erode in forme singolari, come fosse cariata o come un torrone che perda le nocciole. Cascano fuori i ciottoli già cementati nella sedimentazione di ere lontane, e si avviano forse ad altre cementazioni. In pochi altri siti si toccano con mano, come qui, l'indefesso lavoro che affatica anche la natura inanimata…
Il lago Rotondo
Quando giungiamo al lago, capisco di essere arrivato alla meta… Giù il lago è un “luogo naturale” per così dire “completo”, un po' come una vetta. Se la vetta è un vertex, un axis mundi,… il lago è sicuramente il complementare vortex, voragine e vertigine, spirale che trascina verso il basso. In pochi luoghi che io conosca questo è chiaro come qui, ai piedi del pur modesto pizzo di Trona, che si leva regolare ritlettendo le sue rossastre bastionate di roccia in questo cupo laghetto, tondo e concluso, come un occhio della Terra o forse come un imbocco di misteriose vie sotterranee (ha la regolarità dei laghi d'origine vulcanica, e la stessa opacità profonda dell'acqua). Mi pare di cogliere il senso di tante “fantasie di gorgo” (la mano che si sporge dall'acqua e trascina giù l'incauto pescatore o il fanciullo ignaro, le fate dell'acqua, le sirene di tutti i tempi, il popolo verdastro dei subacquei, col suo mondo completo simile al nostro; il cunicolo – il cammino – che collega le acque ad altre acque) e insieme mi meraviglio, di una più naturale ammirazione, per un lago rotondo che sta al centro (pressapoco) di un comprensorio rotondo, una gigantesca iterazione, il ribaltamento di un simbolismo che mi affascina anche se non riesco bene a comprenderlo… “
Ricovero di pastori in Valle di Trona
Escursioni e camminate (consigli ed
indicazioni; I miei canali su YouTube: paesi e campane, rifugi e vette, passi e poesie, poesie, musica)
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