1. Bar Bianco-Rif. Salmurano

2. Rif. Salmurano-Rif. Benigni

3. Rif. Benigni-Pescegallo


Apri qui una panoramica sul gruppo del Masino dall'altipiano dei Piazzotti

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rif. Benigni-Lago Rotondo-Lago Inferno-Lago Trona-Pescegallo
5 h
500
E
SINTESI. Dal rifugio Benigni (m. 2222) scendiamo per breve tratto sul sentiero di accesso e ad un bivio segnalato prendiamo a destra (sentiero 101, indicazioni per il rifugio Grassi ed il pizzo dei Tre Signori), tagliando il ripido versante roccioso della Cima di Val Pianella e percorrendo il vallone con la solitaria baita della Mezzaluna. Il sentiero porta, poi, ad una prima bocchetta, che ci immette in un piccolo pianoro, attraversato il quale giungiamo alla bocchetta di val Pianella (“buchéta de la val Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri. Lasciamo le indicazioni per il rifugio Grassi e scendiamo in Val Pianella. Disceso il primo tratto, restando al centro della valle giungiamo, intorno a quota 2000, ad un bivio segnalato con la deviazione per il lago Rotondo e prendiamo a sinistra, salendo verso a sud-ovest ad un primo pianoro, posto a circa 2100 metri, con grandi blocchi. A questo pianoro possiamo giungere per via più diretta lasciando appena sotto la bocchetta di Val Pianella il sentiero che scende lungo la valle e prendendo a sinistra (segnalazione per il lago Rotondo): seguiamo così un sentiero che traversa a mezza costa il versante di sfasciumi sotto la cresta di Gairolo, con qualche saliscendi ed un passaggio non difficile ma esposto, fino ad intercettare iil sentiero principale per il lago Rotondo appunto al pianoro di quota 2100. Da qui il sentierino affornta un secondo tratto di ripida salita fra roccette e magri pascoli, verso ovest, che ci porta al ripiano che ospita il lago Rotondo (m. 2256). Alla sua sinistra (per noi che lo raggiungiamo) prosegue la salita (occhio ai segnavia), non in direzione della prima bocchetta che vediamo in alto, ma più a sinistra, su un faticoso canalone detritico, verso sud-ovest (attenzione sempre ai segnavia). Superata una placca con elementare arrampicata siamo infine alla bocchetta Paradiso, appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata anche bocchetta degli Undici (m. 2450). Scendiamo ora sul versante opposto della Valle dell'Inferno, ripido ma non difficile, con una prima diagonale a destra ed una seconda a sinistra, raggiungendo la bocchetta dell'Inferno (m. 2306). Prendiamo poi a destra (nord-ovest) e cominciamo a discendere la valle. Più in basso il tracciato dal lato destro della valle piega a sinistra e, superato un piccolo e grazioso specchio d'acqua, corre lungo il versante sinistro della valle, tenendosi piuttosto alto rispetto al lago, ed attraversando alcuni punti un po' esposti. Incontrata una deviazione a sinistra per il rifugio F.A.L.C., la ignoriamo, seguendo invece il sentiero che conduce allo sbarramento del lago Inferno (m. 2085). Attraversato il camminamento da sinistra a destra, imbocchiamo, poi, il sentiero, segnalato, che scende deciso verso destra, in direzione del lago di Trona, passando, nel primo tratto, in un angusto corridoio roccioso e sul corpo di una grande frana, per intercettare, alla fine, un più tranquillo sentiero che, percorso verso destra, porta dalla diga di Trona. Oltrepassato il camminamento, affrontiamo un breve strappo, per sormontare un gradino roccioso, fino al comodo sentiero che, percorso verso sinistra, porta al terrazzo del Pich. Da qui, sempre volgendo a destra, procediamo per un tratto in piano, poi pieghiamo a sinistra e con ripidi tornantini scendiamo all’ampio e ridente pianoro che si stende ai piedi della bassa val Tronella. Superato il torrente Tronella (prestiamo sempre attenzione ai segnavia) attraversiamo verso est uno splendido bosco di conifere usciti dal quale ci ritroviamo a Pescegallo.


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Iniziamo la terza giornata lasciando il rifugio Benigni (m. 2222). Scendiamo per breve tratto sul sentiero di accesso e ad un bivio segnalato prendiamo a destra (sentiero 101, indicazioni per il rifugio Grassi ed il pizzo dei Tre Signori), tagliando il ripido versante roccioso della Cima di Val Pianella e percorrendo il vallone con la solitaria baita della Mezzaluna. Il sentiero passa per una pozza e porta, poi, ad una prima bocchetta, che ci immette in un piccolo pianoro, attraversato il quale giungiamo alla bocchetta di val Pianella (“buchéta de la val Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri. Lasciamo, quindi, definitivamente il sentiero 101, che prosegue verso il rifugio Grassi, e torniamo in Val Gerola, cominciando la discesa in valle di Trona. La meta è il già citato lago Rotondo ("làch Redont").


Pianoro sul sentiero per il lago Rotondo

Un sentiero più diretto per il lago si stacca quasi subito, sulla sinistra, dal sentiero principale, ma ci conviene ignorarlo, perché piuttosto faticoso e caratterizzato da un passaggio esposto. Scendiamo, dunque, fino a trovare, ad una quota di poco superiore ai 2000 metri, la deviazione segnalata, sulla sinistra, per il lago Rotondo, dato a 40 minuti. I segnavia rosso-bianco-rossi ci guidano in questa salita, che supera una fascia di massi, sormonta un primo ripido versante erboso, attraversa un pianoro cui i grandi massi conferiscono un aspetto lunare e vince, infine, un secondo versante erboso, prima di guadagnare la conca che custodisce gelosamente il lago (m. 2256), posto proprio ai piedi del massiccio versante orientale del pizzo di Trona ("piz di vèspui"). Cose chiare e cose meno chiare sono legate a questo luogo magico.


Apri qui una fotomappa della salita al lago Rotondo ed alla bocchetta del Paradiso dalla Val Pianella

Chiarissima l’origine glaciale del lago, riposto, come in uno scrigno, nell’ampia conca scavata dai ghiacciati in epoca remota. Cerchiamo di immaginare quest’epoca. Tutto iniziò nell’era quaternaria, cioè nell’ultima era geologica, iniziata forse 1.800.000 di anni fa. Iniziò con una grande glaciazione, che coinvolse tutta la catena alpina. Il ghiaccio ricopriva ogni cosa, fino ad una quota superiore ai 2.500 metri, ed i ghiacciai si estendevano fino alla Brianza. Immaginiamo lo scenario spettrale: una coltre bianca ed immobile, dalla quale emergevano, come modesti isolotti, a nord, solo le cime più alte del gruppo del Masino-Disgrazia. L’azione di questo enorme ghiacciaio, lenta, inesorabile, scandita in ritmi difficilmente immaginabili, cioè in migliaia di anni, cominciò a modellare le rocce sottostanti, scavando e levigando. Fu un’azione che si esercitò in quattro grandi momenti: tante furono, infatti, le successive glaciazioni (la quarta ebbe inizio 40.000 anni fa), prima dell’ultimo e definitivo ritiro dei ghiacci. La conca ai piedi del pizzo di Trona conservò traccia di quest’azione, cioè quelle acque scure che poi furono dall’uomo chiamate lago Rotondo.


Lago Rotondo e pizzo di Trona (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Fin qui le cose chiare. Ciò che non è chiaro è la dinamica che ne conserva l’equilibrio, dal momento che esso non ha immissari visibili, né ci sono nevai che lo alimentino. Sicuramente i fenomeni di carsismo che caratterizzano queste montagna posso spiegare questo mistero. Niente affatto misteriosa, invece, è la destinazione delle acque, che non sono sfuggite allo sfruttamento idroelettrico, dal momento che una condotta sotterranea le convoglia nel sottostante lago Inferno. Ma l’aspetto più misterioso di questo luogo è l’enigmatico rapporto fra il lago ed il pizzo di Trona. Ecco cosa ne scrive Ivan Fassin, nel volumetto "Il conglomerato del diavolo" (L'officina del libro, Sondrio, 1991): "Se la vetta è un vertex...il lago è sicuramente il complementare vortex, voragine e vertigine, spirale che trascina verso il basso. In pochi luoghi che io conosca questo è chiaro come qui, ai piedi del pur modesto pizzo di Trona, che si leva regolare riflettendo le sue rossastre bastionate di roccia in questo cupo laghetto, tondo e concluso, come un occhio della Terra o forse come imbocco di misteriose vie sotterranee..."
Il nostro destino è quello di rimanere sospesi fra lago e pizzo, nel senso che dobbiamo salire ancora, fino ad una selletta posta a 2450 metri, sul crinale che separa la valle di Trona dalla valle dell’Inferno. Si tratta della bocchetta del Paradiso, cui porta un ripido versante occupato in gran parte da sfasciumi: lo vediamo, a monte del lago, leggermente sulla sinistra.


Apri qui una panoramica su lago Rotondo e pizzo di Trona

Dobbiamo chiamare a raccolta le energie residue, dunque, perché c'è ancora da salire: per portarci alla valle dell'Inferno dobbiamo, infatti, salire alla bocchetta alta collocata a circa 2450 metri (il punto di massima elevazione dell’anello), sfruttando un canalone detritico, lungo il quale il tracciato di salita è dettato dai segnavia, da seguire con attenzione. La salita, data la natura del terreno e la quota, è abbastanza faticosa.
Passiamo così a destra di un caratteristico torrione denominato Torre Maria o Torre del Lago (m. 2359). Alla fine ci infiliamo in uno scorbutico canalino e ci sono da sormontare, con qualche passo di facile arrampicata, anche alcune roccette (che possono risultare molto insidiose se sono bagnate o in presenza di neve), prima di raggiungere la sella erbosa della bocchetta.


La salita alla bocchetta Paradiso

C'è un senso di soddisfazione, dopo tanti sforzi, come di liberazione, che sembra echeggiare nella stessa denominazione della bocchetta, che infatti è chiamata la bocchetta Paradiso, appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata anche bocchetta degli Undici (m. 2450). A voler essere precisi, siccome una bocchetta del medesimo nome si trova poco più a sud sulla medesima dorsale, dovremmo specificare "Bocchetta Paradiso nord". La bocchetta si affaccia sulle ombre dell'inquietante valle dell'Inferno, ma è un luogo aperto, luminoso e panoramico.
Sul versante opposto ci attende un più riposante, ma sempre piuttosto ripido, declivio erboso: seguiamo, dunque, scrupolosamente i segnavia, che punteggiano un sentierino sempre visibile che scende diretto lungo il versante e, con un ultimo tratto verso sinistra, ci porta alla ben visibile bocchetta dell’Inferno (“buchéta de la val l Inferen”, m. 2306), per la quale passa il confine fra territorio della provincia di Sondrio e di Bergamo.


Apri qui una fotomappa della discesa dalla bocchetta del Paradiso alla Valle dell'Inferno

Ecco, dunque, la valle dell'Inferno, denominazione dettata dal colore rossastro delle rocce (colore dovuto alla presenza del conglomerato assai duro e pregiato, denominato Verrucano lombardo), ma, forse, anche da un clima un po' sinistro, quasi che nell'aria aleggiasse una minaccia indefinita o l'inespressa sofferenza di anime segregate qui da un verdetto di dannazione eterna. Suggestione dei nomi!
Sia come sia, incontriamo subito l'indicazione della via direttissima al Pizzo dei Tre Signori (“piz di tri ségnùr”, m. 2554, chiamato così, dopo il 1512 - prima era chiamato pizzo Varrone - perché punto d’incontro dei confini delle signorie delle Tre Leghe in Valtellina, degli Spagnoli nel milanese e dei Veneziani nella bergamasca): infatti è proprio la poderosa mole del celebre colosso orobico a chiudere la valle a sud-ovest. Noi, invece, seguiamo il sentiero che comincia a discendere la valle, in direzione della grande diga dell'Enel (m. 2085). Ci aspetteremmo di percorrerne il lato destro, ed invece il tracciato piega a sinistra e, superato un piccolo e grazioso specchio d'acqua, corre lungo il versante sinistro della valle, tenendosi piuttosto alto rispetto al lago, ed attraversando alcuni punti un po' esposti. Incontrata una deviazione a sinistra per il rifugio F.A.L.C., la ignoriamo, seguendo invece il sentiero che conduce allo sbarramento del lago Inferno.

Per illustrare meglio le caratteristiche di questo lago e dell'ambiente che lo ospita riportiamo le informazioni che ci vengono offerte dal già citato volume "Laghi alpini di Valtellina e Valchiavenna", di Riccardo De Bernardi, Ivan Fassin, Rosario Mosello ed Enrico Pelucchi, edito dal CAI, sez. di Sondrio, nel 1993:
All'estremità occidentale il comprensorio di Trona si chiude, sotto le vette del Pizzo Tre Signori e del Pizzo Varrone, con una sorta di corridoio costituito dai due valloni d'Inferno. bergamasco e valtellinese, posti in continuità e separati da una alta bocchetta (Bocchetta d'Inferno, appunto). Nel vallone che scende verso la Val Gerola c'era un laghetto, ingrandito ora dall'intervento umano che ha eretto una diga in una gola più a valle. Il livello del lago si è alzato di 30-35 m, la superficie è ora molto più estesa, ma permane il colore cupo delle acque, che va dall'azzurro intenso al viola, a seconda delle ore e della luce. Un lago lungo, affiancato da scogliere dirupate, come confitto e incastrato tra il Pizzo Varrone e il Pizzo di Trona, ai piedi di una gradonata ciclopica che scende dal passo e dal Pizzo Tre Signori, che campeggia sullo sfondo.”

Attraversato il camminamento da sinistra a destra, imbocchiamo, poi, il sentiero, segnalato, che scende deciso verso destra, in direzione del lago di Trona, passando, nel primo tratto, in un angusto corridoio roccioso e sul corpo di una grande frana, per intercettare, alla fine, un più tranquillo sentiero che proviene, da destra, proprio dalla diga di Trona. Seguendolo verso destra, raggiungiamo, infine, lo sbarramento della diga. Oltrepassato il camminamento, affrontiamo un breve strappo, per sormontare un gradino roccioso, fino al comodo sentiero che, percorso verso sinistra, porta al terrazzo erboso del Pich (si tratta dell’itinerario descritto per la versione breve dell’anello, che ora dobbiamo percorrere a rovescio). Se, però, abbiamo percorso la variante lunga dell’anello, manca ancora all’appello il lago Zancone, che dobbiamo, quindi, visitare, prima di chiuderlo: in tal caso, invece di prendere a sinistra, prendiamo a destra, imboccando la deviazione segnalata che si inoltra nella valle di Trona e raggiungendo, in breve, lo splendido specchio d’acqua, posto poco a monte del lago di Trona.


Apri qui una fotomappa della discesa alla bocchetta di Varrone dalla bocchetta dell'Inferno

Sostando sulle sue rive, potremo cercare se sia ancora vero quel che scrive la Guida alla Valtellina del CAI di Sondrio edita nel 1884: "Nei laghetti di Gerola...guizza una trota di piccola forma e di una carne rosso-sanguigna, che è squisitissima".
Può essere interessante leggere, a distanza di oltre un secolo, le note che sui laghi di Trona (allora naturale) e Zancone stese il dott. Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di Sondrio, nell’operetta “I laghi alpini valtellinesi”, edita a Padova nel 1894:
Questi due bei laghi sono posti a poca distanza fra loro nel ramodestro della Valle dell'Inferno, che si congiunge più sotto con quelladi Pescegallo, a formare la Val Ritto di Gerola. Sono separati da alcuni cocuzzoli di roccia in posto, formati di arenaria o conglomerati verdi, che si estendono, alternartisi fra loro, nelle sponde dei duo laghie di tutta la valletta che si apre fra il pizzo di Trona (2508 m.), che sorge a S. ed il pizzo Tronella (2514 m.) ad E. NellaCarla geologica della Lombardia del Prof. Taramelli i due laghi sono rappresentati nella generale formazione del gneis; ma più giustamente sono figurati dal Dott. Melzi nelle arenarie e conglomerali grossolani. I versanti che si staccano dai monti sopra accennati e che convergono fra loro a formare la valletta, che racchiude i laghi, sono assai scoscesi, ove balze e dirupi si succedono dai
vertici più elevati fin presso le acque, le quali occupano le cavità più inferiori della stretta spaccatura, che diede origine alla Valle. I due laghi sono dunque formati per dilacerazione prodotta nel sollevamento della catena orobica. Valgono pertanto qui le stesse osservazioni che feci a proposito dell'origine del lago Venina, poiché il Curioni li crede, come quello, ed il vicino lago dell'Inferno, formali in depressioni prodotte da movimento del suolo.
Il primo di questi laghi, che s'incontra risalendo la Valle, è quello di Trona, detto anche delle Trote dal Curioni, nel luogo sopra citato, come riportano pure le carte dell'Istituto militare di Firenze; forse per l'abbondante pesca che di tali pesci si faceva mia volta in questo lago; nome che ora è affatto in disuso. 



Apri qui una panoramica del lago d'Inferno, del pizzo di Trona e del pizzo dei Tre Signori

Esso ha forma ellittica, disposto colla maggior lunghezza nel senso della Valle. Le sue sponde sono ripide assai, onde la regione litorale presenta nella porzione più esterna ben poca quantità di limo o di feltro organico visibile, il quale è piuttosto copioso alla profondità di 5 e 6 metri a poca distanza dalla sponda, dove ho calato l'apposito bidon Forel, per farne conveniente pesca. È posto all'altitudine di 1563 m. e presenta la superficie di 30000 m. q. Le sue acque hanno una bella colorazione verde azzurrognola,rappresentata dal num. V della scala Forel.
Lo visitai il giorno 8 Settembre 1892 ed alle ore 10 aut. trovai che la temperatura delle sue acque era di 8 gradi C. mentre l'esterna era di 12 gradi, essendo il cielo piovigginoso.
Ha per affluente l'emissario del lago Zancone, posto alquanto più sopra, verso S.E., e scarica le sue acque per una stretta gola che mette nel torrente della Valle dell'Inferno.
Questo lago era un tempo assai popolato di Trutta fario Lin. ma l’uso deplorevole della dinamite ne distrusse, alcuni anni or sono, una straordinaria quantità. I pochi individui sopravissuti si moltiplicarono rapidamente, sicché torna dì qualche profitto la pesca che vi fanno alcuni alpigiani di Gerola, nel mese di Maggio, aprendo nel ghiaccio ampi buchi pei quali lasciano calare le reti, essendo a quell'epoca, per la sua posizione topografica, tuttavia gelato. Sarebbe cosa più che mai utile pertanto il ripopolare anche questo lago dell'ottima trota, con artificiale immissione di avannotti, che vi prospererebbero certamente fino ad uguagliare, se non a superare, l'antica popolazione. Fu certamente cattivo consiglio quello di importarvi il Collus gobio Linn.. come si fece in parecchi laghi della Valtellina, il quale é necessario anzitutto di distruggere, poiché divora le uova della trota.
Il lago Zancone è posto alquanto più in alto del lago di Trona ed occupa l'ultima porzione della valletta sopra menzionata, chiusa a S.E. da nude e scoscese roccie che s'innalzano assai rapidamentesulle acque. Ha pur esso forma ellittica, che si dirige colla maggior lunghezza nel senso della Valle, alla quale pone termine verso S. E. Non ha vero affluente e le sue acque derivano dalla fusione delle nevi e dalla filtrazione attraverso gli abbondanti detriti che rivestono le scoscese pendici ed il piede dei monti circostanti.
Lo smagliante colore celeste–chiaro delle sue acque, paragonabile al num. II della scala Forel. produce assai gradito contrasto colla selvaggia nudità delle roccie che lo circondano. È posto all'altezza di 1778 m. sul mare, cioè 315 metri più alto del lago di Trona, ed ha una superficie di 24.000 m. q.


Lago Zancone

Feci le osservazioni termiche alle ore 2 pom. con cielo sempre piovoso ed osservai nelle acque una temperatura di 7 gradi e 30 C., mentre nell'aria erano 13 gradi C. In alcuni seni verso la punta N.O. rinvenni numerosi individui di Rana temporaria Lino, ed i girini si trovavano tuttavia nello stato di incipiente metamorfosi. Pare che in questo lago non viva la Trutta fario Linn., ma si potrebbe certo molto utilmente tentarvi una artificiale immissione di avannotti, trovandosi io condizioni non troppo differenti da quelle del lago di Trona. Il feltro organico infatti vi abbonda anche qui, ad una certa profondità, e dall'esame che ne feci risultò costituito di alghe non del tutto differenti da quello del lago di Trona; per la qual cosa ho creduto potere esporre insieme le Diatomee di questi due laghi.”


Apri qui una panoramica dell'imbocco della Valle della Pietra

Riprendiamo il cammino sulla larga mulattiera, che ci conduce al Pich, piccolo alpeggio estremamente panoramico, ingentilito da un piccolo specchio d'acqua. Da qui, proseguendo verso destra, procediamo per un tratto in piano, poi pieghiamo a sinistra e con ripidi tornantini scendiamo all’ampio e ridente pianoro che si stende ai piedi della bassa val Tronella. Superato il torrente Tronella (prestiamo sempre attenzione ai segnavia) attraversiamo verso est uno splendido bosco di conifere usciti dal quale ci ritroviamo a Pescegallo.
Quante ore di cammino sono necessarie per chiudere questo indimenticabile anello? 7, circa, per la versione lunga, 5 per quella più breve. Nel primo caso il dislivello in altezza è di circa 1400 metri, nel secondo di circa 1100 metri.



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CARTA DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)

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GALLERIA DI IMMAGINI


PASSI E PENSIERI DI IVAN FASSIN

Il 28 giugno del 2015 è scomparso Ivan Fassin, grande uomo di cultura che ha vissuto la passione per la montagna e quella per il pensiero e le scienze umane come dimensioni profondamente legate. Nel suo volumetto “Il conglomerato del diavolo – Fantasticherie alpine” (Sondrio, L'officina del Libro, 1991) così racconta una sua escursione in questi luoghi (salita da Pescegallo, per il passo di Salmurano, all'altipiano dei Piazzotti ed alla cime dei Piazzotti occidentale, discesa alla boccehtta di Val Pianella e traversata alla bocchetta d'Inferno per il sentiero 101, discesa alla bocchetta di Varrone e traversata alla bocchetta di Trona, discesa al lago di Trona ed all'imbocco della Val Pianella o Val di Trona):


Rifugio Benigni

Sbuchiamo sul dosso delle Foppe di Pescegallo… Traversata in fondo la valle risaliremo per per il più diretto sentiero… sotto il costone della cima orientale di Piazzotti, all'aereo passo di Salmurano. Intanto già da un po' andavamo guardando i primi contrafforti del regno del conglomerato, vale a dire la costiera turrita dei Denti della Vecchia, illuminata dai primi raggi del sole, rosa.violacea come piccole dolomiti locali. Al passo, come accade, si presenta una situazione geografica del tutto diversa da quella immaginata: una fossa profonda, rotondeggiante, ancora in ombra, costituisce la testata della Val Salmurano… Ora il sentiero si sviluppa per un tratto pianeggiante o in leggera discesa, tagliando in costa i ripidi pendii erbosi sotto gli erti colonnati di conglomerato rossiccio che fanno da sostegno, su questo lato, alla Cima Piazzotti (est). La via poi si inerpica entro un singolare canale sassoso, in cui prosperano certi fiori gialli.. A quanto pare l'incertezza dei crinali e dei deflussi va fatta risalire almeno all'era glaciale, quando il ghiacciaietto sospeso sull'altopiano Piazzotti, intanto che scavava la piccola fossa in cui oggi si annida il lago, riversava le sue lingue sia verso la Val Tronella che su questo lato.


Laghetto superiore dei Piazzotti

Ci avviamo sul pendio tutto solcato da vallette che, sviluppandosi per qualche centinaio di metri (e cento in altitudine) porta alla cima Piazzotti occidentale. Saliamo ancora verso la croce, preceduti da un silenzioso giovane che punta a quella meta come un pellegrino frettoloso; dall'altra parte della valle, tra nebbie dense e grigiastre, un gregge sta abbarbicato in posizione impossibile sul torrione di Giacomo: belano e invocano forse sale o acqua, che scarseggia. Da queste parti sembrano comunicare più gli animali che gli uomini… Dalla vetta gettiamo uno sguardo nel grigiore opaco della valle di Trona, e una occhiata nostalgica al torrione della Mezzaluna, che appare come un miraggio, ancora illuminato dal sole, in un solco della cresta; poi ci affrettiamo a scendere, nella convinzione che il tempo precipiti.


Il sentiero 101 sotto la cima dei Piazzotti occidentale

Non però per ritornare al rifugetto Benigni esposto a tutti i venti sul piccolo altopiano là in fondo, né divallando su Trona lungo una enorme ganda che riempie un vasto canale, bensì calando cauti sulla bocchetta di val Pianella, tra l'erba scivolosa, su una traccia sommaria, ma distinta… Proseguiamo… su un bel percorso che va verso il rifugio Grassi, correndo in quota sul versante meridionale del gruppo. Ma ovviamente vediamo poco più che il sentiero, intuiamo un “sopra” tetro e incombente, un “sotto” che fugge via: il cammino esige qualche attenzione, correndo alto su pendii erbosi ripidi, e più di rado traversando scogli e crestoni rocciosi… In questa tetraggine avanziamo molto rapidamente, apprezzando però l'intelligenza del tracciato, e la sua “esposizione” (ce ne aveva resi avvertiti la pallidezza di un ragazzo che col padre lo percorreva in senso opposto al nostro, e che avevamo incontrato all'inizio sul dosso di Giarolo), finché approdiamo a un piccolo circo invaso da enormi massi e, dopo lo scavalcamento di un ennesimo crestone, ci infiliamo nel rettilineo vallone d'Inferno (bergamasco). A sinistra la Sfinge è invisibile nella nebbia…


Lago Zancone e Val Pianella (o Val di Trona)

Così, dopo la bocchetta d'Inferno… andiamo di corsa su un sentierino che fa lievi saliscendi su canali e pascoli ripidi che scivolano verso il lago, alla bocchetta di Varrone, più un largo spiazzo che un passo, quasi uno svaso da cui l'antico ghiacciaio prendeva la via della Val Varrone. Anche noi ci affacciamo a guardare la testata di quella valle, il rifugetto FALK che sembra oggi deserto… Dall'altra parte di questa dorsale che fa da testata alla Val Varrone, sopra l'altro passo (Bocchetta di Trona) un piccolo bunker d'alta quota, resto forse di trinceramenti militari, poi chiesetta e poggi ridotto a rudere, porta ancora il nome, un po' incredibile, di Casa Pio XI. Nello squallore dell'interno (umido antro gelido), ancora una lapide ricorda la tragica vicenda di un giovane caduto sul Pizzo di Trona…


Bocchetta di Val Pianella (o di Val di Trona)

Dopo un altro tratto di costa, scendiamo cautamente alla diga e la traversiamo, un po' sorpresi di non trovare perentori divieti né arcigni custodi. Scivoliamo rapidamente giù per le pendici franose sotto i dentini di Trona, lungo una traccia non certo migliorata dalle discariche dei lavori, fino a una baita isolata su un dosso. Da lì, piegando verso la val Trona, aggiriamo verso monte il lago e andiamo a sostare… presso le casupole dell'alpe sotto il lago Zancone… Sul pianoro irregolare alcuni enormi massi erratici collocati in equilibrio precario sembrano minacciare la valle sottostante e il lago, verdeggiante in un raggio di sole. In fondo alla valle, grandi massi ora spaccati si devono essere scontrate scendendo da differenti postazioni, come fossero state fatte rovinare da un popolo di giganti in una contesa intestina…


Pizzo di Tronella

Mentre sosto trasognato e un po' incerto, un violento scampanio di rochi “zampugn” e urla scomposte di umani sull'altro versante della valle mi richiamano a una scena d'altri tempi. Una lunga fila di capre, seguire da un pastore vociante, si snoda controluce lungo un sentiero di mezzacosta, un sentiero apposito, una via di penetrazione in questo regno della pietra, diretta a chissà quale meta che non si indovina prossima. Questa immagine fa da contrappeso alla turba di turisti sparpagliati in cima al lago che, appostati da ore di attesa del sole che scarseggia, non la smettono di lanciare urla sguaiate.


Val Pianella (o Val di Trona)

Nello scarto fra i due suoni si insinua una riflessione su quale doveva essere la vita quassù un tempo, nella pur breve stagione del pascolo. Luoghi, temo, non troppo amati, per la loro asprezza, la solitudine, la distanza dal fondovalle. Impossibile attribuire ai coloni una disinteressata contemplazione della selvaggia natura, presi com'erano dalla cruda necessità. Alla base di storie e leggende, che vi saranno state di certo, come sembrano attestare anche i sinistri toponimi, non la gioia del fantasticare, ma solo forse i terrori infantili e la noia dell'adulto nelle ore della sorveglianza al pascolo, e poi il tenace ricordare delle donne e l'ironica verbosità degli anziani.


Val Pianella (o Val di Trona)

Non credo vi fosse né più felicità (che talora si associa all'incoscienza) né più costanza, memoria continuità. Forse si partiva per l'alpe come poi per il lavoro nella Bassa o diretti in Merica: per tornare cioè muti, più allucinati dalla fatica e dall'isolamento…. Mi semra che che non sappiamo quasi nulla di ciò che veramente fu, di ciò che passò per le teste dei nostri antenati. E così è come se ci mancasse una chiave per intendere il vero spirito dei luoghi.


Lago di Trona

Così Ivan Fassin racconta, nel medesimo volume, la salita da Pescegallo al lago Rotondo, in Val Pianella (o Valle di Trona):
Il sentiero sale ingannevole nel bosco di abeti e larici, solo a tratti erto, fino al pianoro della bassa val di Tronella, tutto piastre montonate, praticelli stentati, acque di risorgiva. Un calécc apparentemente ancora in uso testimonia forme di pastorizia quasi del tutto abbandonate. Ritroveremo più in alto altri ricoveri provvisori, segno di un tempo in cui non era un problema il disagio del pastore, e le mucche erano un tesoro da non abbandonare neanche un momento. Un'erta scarpata, solcata da un sentiero che vorrebbe essere a tornanti dolci, ma è solo un serpentello sassoso, porta all'alpe Trona vaga…


Il lago Zancone

Da qui innanzi c'è un tratto pianeggiante che si addentra nella valle di Trona, e dopo un passaggio in un bosco di larici soprattutto gradito nei ritorni assolati, sale in costa un po' irregolarmente, lasciando in basso i due laghi di Trona (artificializzato con diga) e Zancone (senz'altro più suggestivo, benchè ormai in un ambiente spoglio e rupestre). Si passa per i resti delle baracche e impianti già ricordati…


Il lago Zancone

Mentre udiamo una ingiustificata caduta di sassi dalle pendici del Pizzo Tronella che rotolano fin sul tratto di sentiero che abbiamo appena percorso, mi vien fatto di pensare che qui, in questa soglia malcerta tra “domestico” (si fa per dire) e selvatico, doveva essere situato il regno dell'uomo selvatico, tra pascoli magri abitati da qualche capra, grandi massi e ricoveri di fortuna… Forse anche poco fa era lui che, invisibile, difendeva il suo territorio, imitando la natura (poiché lui non sa, come noi, forzarla, ma solo ne sfrutta le tendenze e le potenzialità, tanto che si dice abbia insegnato agli umani con cui in passato venne in contatto alcune arti casearie e perfino minerarie, da bonaccione quale in fondo doveva essere).


Massi ciclopici in Valle di Trona

Raggiungiamo il fondo della vallata, la via riprende a salire forte, poi piega a destra verso il pianoro sospeso in cui s'annida il lago Rotondo, lasciando il più noto tracciato che porta alla Bocchetta di Val Pianella… In un deserto sassoso (altrove a questa quota su falcia l'erba) pascolano poche muccherelle, del tutto abbandonate, presso uno dei numerosi affioramenti d'acqua (che per il resto sembra scorrere in gran parte in profondità). Prima di affrontare due erte balze, solcate da un sentiero ripido e sassoso ci fermiamo ad esaminare una piccola stazione d'alpeggio (non so come altrimenti chiamare questa che non è un'alpe, ma un insieme di due ricoveri – provvisori, più che temporanei – in grotta, sotto questi giganteschi massi addossati, con pochi interventi umani, tracce di muretto a secco, in un angolo un asse per servire da panca – strano che nessuno l'abbia ancora bruciato -), ovviamente innominata sulle carte, anzi neanche rappresentata. Nè c'è (più) alcun pastore cui chiedere informazioni… La roccia conglomeratica si erode in forme singolari, come fosse cariata o come un torrone che perda le nocciole. Cascano fuori i ciottoli già cementati nella sedimentazione di ere lontane, e si avviano forse ad altre cementazioni. In pochi altri siti si toccano con mano, come qui, l'indefesso lavoro che affatica anche la natura inanimata…


Il lago Rotondo

Quando giungiamo al lago, capisco di essere arrivato alla meta… Giù il lago è un “luogo naturale” per così dire “completo”, un po' come una vetta. Se la vetta è un vertex, un axis mundi,… il lago è sicuramente il complementare vortex, voragine e vertigine, spirale che trascina verso il basso. In pochi luoghi che io conosca questo è chiaro come qui, ai piedi del pur modesto pizzo di Trona, che si leva regolare ritlettendo le sue rossastre bastionate di roccia in questo cupo laghetto, tondo e concluso, come un occhio della Terra o forse come un imbocco di misteriose vie sotterranee (ha la regolarità dei laghi d'origine vulcanica, e la stessa opacità profonda dell'acqua). Mi pare di cogliere il senso di tante “fantasie di gorgo” (la mano che si sporge dall'acqua e trascina giù l'incauto pescatore o il fanciullo ignaro, le fate dell'acqua, le sirene di tutti i tempi, il popolo verdastro dei subacquei, col suo mondo completo simile al nostro; il cunicolo – il cammino – che collega le acque ad altre acque) e insieme mi meraviglio, di una più naturale ammirazione, per un lago rotondo che sta al centro (pressapoco) di un comprensorio rotondo, una gigantesca iterazione, il ribaltamento di un simbolismo che mi affascina anche se non riesco bene a comprenderlo…


Ricovero di pastori in Valle di Trona

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