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Dici Cassandra e sei nel cuore del mito, di uno dei
miti più singolari ed inquietanti fra quelli che ci sono giunti
dall'antica Grecia. Ne è protagonista la figlia di Priamo che,
avendo rifiutato l'amore di Apollo, fu colpita dalla maledizione di
annunciare sciagure che si sarebbero avverate, senza però essere
creduta da nessuno. Profetizzò così la caduta di Troia;
nessuno le credette, ma Troia cadde veramente. Ora Cassandra,
impietrita dal dolore, è uno dei pizzi che fa da corona alla
maestosa mole del monte Disgrazia. |
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Ma è anche uno dei valloni più
selvaggi ed aspri delle alpi Retiche. E' poi un ghiacciaio che si
annida nel ripido vallone che scende dalla parete meridionale del
Disgrazia. |
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Ed è, infine, una serie di laghetti dove le acque
del ghiacciaio, come azzurre lacrime, riposano sconsolate. |
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Visitare questi luoghi, legati
ad un misterioso annuncio di sventura, non è però né
pericoloso né difficile. L'escursione può essere concentrata
in una sola giornata, salendo con l'automobile al parcheggio poco distante
dalla località Piasci, oppure diluita in due, con pernottamento
al rifugio Bosio.
Raccontiamo la prima possibilità. Saliamo a Torre S. Maria, in
Valmalenco e, poco prima di giungere alla bella chiesa parrocchiale,
deviamo a sinistra, seguendo il cartello che indica i Rifugi Alpini.
Una strada, con fondo in asfalto nel primo tratto, in cemento ed in
terra battuta nel secondo, conduce, dopo una lunga salita, ad un bivio.
Prendiamo a destra, seguendo il cartello che indirizza alla località
Piasci. Dopo una marcata discesa raggiungiamo il parcheggio, oltre il
quale dobbiamo proseguire a piedi. Varchiamo un ponte ed in breve siamo
ai bei prati dei Piasci. Salendo verso sinistra, superiamo una
chiesetta |
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e raggiungiamo il
rifugio Cometti (m. 1720). |
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Qui dobbiamo ignorare i
triangoli gialli dell'Alta Via della Valmalenco, che sale da qui all'alpe
di Arcoglio, e seguire invece le indicazioni per il rifugio Bosio.
Attraversiamo così, su una traccia di sentiero, la parte alta dei
prati, raggiungendo le ultime baite, |
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alle spalle delle quali, superato un cancelletto in
legno, lasciamo i Piasci ed entriamo in un bel bosco di larici. |
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Il sentiero è qui
ben visibile, anche se i segnavia sono quasi assenti. |
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Non
possiamo comunque sbagliare: ignorando una deviazione che scende verso
destra, percorriamo un lungo tratto salendo molto gradualmente. Ci
attende poi uno strappo severo, con qualche tornante secco, che ci fa
guadagnare quota e ci permette di entrare in Val Torreggio (Val del Turéc'). Il
sentiero riprende quindi un andamento dolce: si alternano tratti nel
bosco ad uscite in alcune amene radure, |
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dalle quali possiamo già
ammirare i Corni Bruciati, che si stagliano sul fondo della valle. |
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Superata l'alpe Palù
(m. 1971), |
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attraversiamo alcuni
corridoi limitati da bastioni rocciosi, |
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con un bel colpo d'occhio
sui Corni di Airale, alla nostra destra, |
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prima di raggiungere il rifugio Bosio (m. 2086), posto al
limite del lungo ed incantevole pianoro terminale della Val Torreggio (Val del Turéc'), |
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dove il torrente omonimo
scende tranquillo |
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fra alcuni massi
ciclopici.
Questa prima parte dell'escursione, che richiede un'ora di cammino o
poco più, avviene in una cornice naturalistica veramente incantevole,
caratterizzata da tonalità gentili, che evocano sentimenti di
pace ed armonia. |
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Da qui in poi, però,
tutto cambia, seppur gradualmente. Attraversiamo il Torreggio, su un
bel ponte gettato nel 2000 dai cacciatori. Sul lato opposto
dirigiamoci verso sinistra, |
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seguendo le bandierine rosso-bianco-rosse
che segnano il sentiero che sale al rifugio Desio (ora pericolante),
presso il passo di Corna Rossa (dal quale si scende in valle di
Preda Rossa). |
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Inizialmente il sentiero ha un andamento quasi pianeggiante,
poi comincia a salire, piegando anche, per un breve tratto, a destra
(prestiamo attenzione ai segnavia, per non perdere questo cambiamento
di direzione). Ci stiamo avvicinando alla Val Airale (Val di Rai), sassosa e severa
propaggine della Val Torreggio (Val del Turéc'). I pascoli si fanno, infatti, sempre
più radi, cedendo il passo a massi grandi e piccoli. |
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Prima di raggiungere un
evidente gradino roccioso, incontriamo, un'evidente segnalazione che
indica la deviazione per il passo della Cassandra. Ci stacchiamo
così sulla destra dal sentiero per la Desio e risaliamo un poco
pronunciato dosso erboso, a sinistra di una piccola cascata. |
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Troviamo ben presto un secondo bivio:
le indicazioni per il passo ci indirizzano a destra, ma ci conviene
proseguire verso sinistra, per evitare di dover superare alcune roccette
non prive di qualche insidia. La traccia di sinistra, segnalata da
segnavia bianco-rossi, ci permette di raggiungere la sommità di un
bastione roccioso: ci troviamo così sul limitare di un bel pianoro,
dove si osservano anche i resti di una baita (m. 2391). |
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Ora dobbiamo lasciare
i segnavia bianco-rossi, che proseguono verso sinistra, puntando a destra,
fino a ricongiungerci con il ramo di destra che abbiamo lasciato poco
sotto (per intercettarlo, basta osservare i segnavia rosso-bianco-rossi
su alcuni grandi massi).
I segnavia ci guidano nella risalita di un largo corridoio occupato
da grandi massi. |
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Il corridoio |
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conduce |
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ad un secondo pianoro,
occupato in gran parte dal più grande dei laghetti della Cassandra
(m. 2464), |
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le cui dimensioni possono
variare anche considerevolmente fra l'inizio e la fine della
stagione estiva. Il colore azzurro delle sue acque crea un singolare
contrasto con le tonalità grigio-rossicce delle rocce che dominano
il grande anfiteatro che lo circonda. |
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Intorno
allo specchio d'acqua, infatti, rocce di ogni dimensione, placche rocciose
e torrioni severi la fanno da padrone. Verso sud-est, in particolare,
sono i Corni di Airale ad imporsi con il loro profilo aspro e quasi
cupo. Un'inafferrabile profezia di sciagura sembra aleggiare in questi
luoghi segregati da muraglie che escludono da ogni lato lo sguardo da
un più ampio orizzonte. |
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Proseguiamo: i segnavia
ci guidano in una faticosa risalita, a sinistra del laghetto, fra
massi enormi, |
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fino ad
un terrazzo occupato da una grande ganda che il ghiacciaio della
Cassandra, ritirandosi, ha lasciato dietro di sé. |
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Dopo un traverso verso
sinistra, |
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lasciamo alla nostra
sinistra un corno roccioso e risaliamo un secondo e più ampio
corridoio, |
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fino a raggiungere un
terzo pianoro, interamente occupato dalla morena. I segnavia
proseguono verso sinistra e ci conducono ben presto ad un bivio:
prendendo a destra si sale, sfruttando un ampio canalone, al passo
della Cassandra (m. 3097), oltre il quale ci si ritrova alla sommità
del ghiacciaio della Ventina. |
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Prendendo invece a sinistra e seguendo i segnavia rossi
e le indicazioni per il rifugio Desio si punta in direzione del ben
visibile ghiacciaio della Cassandra, il cui fronte è ormai ridotto
ad un balcone pensile che si annida nel canalone della parete sud del
monte Disgrazia. |
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l pizzo della Cassandra
(m. 3226) è là, a destra del passo, appena accennato sul massiccio
fronte di rocce rossastre che chiude il vallone omonimo. Più a
sinistra, invece, si innalzano, maestosi ed imponenti, i
contrafforti rocciosi che culminano nella vetta del monte Disgrazia,
che, visto da qui, sembra incombere con la sua poderosa mole. |
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Ancora un breve tratto
sul terreno che un tempo apparteneva al ghiacciaio, |
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ed ecco un piccolo laghetto, lacrima gentile ed azzurra
in questi luoghi dove il senso di un'imminente ed indecifrabile tragedia
sembra essersi fatto pietra. |
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Qualche passo su un
nevaio, ignorando la deviazione a sinistra della traccia per il
rifugio Desio, |
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ed ecco un laghetto più
ampio, a quota 2700 m. circa, |
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collocato proprio sotto
l'estrema propaggine del ghiacciaio ed in gran parte ghiacciato
anche a stagione avanzata. |
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Soffermiamoci presso la sua riva ad ascoltarne il silenzio. Forse la
sventura profetizzata è quella che ci appare tutt'intorno: |
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un giorno anche le più
maestose pareti saranno sgretolate, e non ne rimarrà che un deserto
di massi. |
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Ma anche noi, come gli antichi
Troiani, non crederemo a questa profezia e, tornando, serberemo l'immagine
della poderosa parete del Disgrazia come simbolo dell'eterno che non
passa.
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