Suggestioni dantesche fra Val Pianella e Valle dell'Inferno, in alta Val Gerola
Il pizzo Paradiso, nonostante i
suoi 2493 metri, è un’elevazione poco significativa, la seconda,
dopo la cima del Giarolo (m. 2443) sulla dorsale che scende a
sud fino al poderoso pizzo di Trona (m. 2510), passando per la
quota 2500 ed il cosiddetto falso Trona (m. 2491). Si tratta
della dorsale che separa la Val Pianella, ad est, dalla Valle
dell’Inferno, ad ovest, in alta Val Gerola. Un’elevazione poco
significativa perché si eleva di poco rispetto al crinale della
dorsale, ma vanta all’attivo del suo appeal un elemento di non
poco conto, il nome. Appunto: chi non sogna di salire in
Paradiso? Se poi questa salita avviene elevandosi sopra una
Valle dell’Inferno, la faccenda assume coloriture dantesche.
Mettiamo in bilancio la panoramicità della cima, l’assenza di
difficoltà alpinistiche ed il fatto che l’ascensione costituisce
un modesto surplus di impegno nel contesto di una più ampia ed
affascinante traversata, ed abbiamo tutti gli elementi per
inscrivere questo pizzo nell’elenco delle cime da collezionare.
La salita al pizzo costituisce un breve prolungamento della
traversata dalla Val Pianella (quella del lago di Trona) e la
Valle dell’Inferno (con il lago omonimo), prevista dall’ampio
tour deli laghi dell’alta Val Gerola. Può comunque effettuarsi
partendo dalla Val Pianella (con consigliata discesa in Valle
dell’Inferno) o in senso contrario, come suggestivo itinerario
dantesco dall’Inferno al Paradiso, attraverso il Purgatorio di
una salita severa ma semplice. In entrami i casi si passa dalla
bocchetta del Paradiso, quella settentrionale (per distinguerla
dalla bocchetta meridionale posta sul lato opposto rispetto al
pizzo del Paradiso). Vediamo la prima possibilità.
PIZZO PARADISINO (DALLA VAL PIANELLA)
Punti di partenza ed
arrivo
|
Tempo necessario
|
Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà
(T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti
esperti)
|
Pescegallo-Val
Tronella-Laghi di Trona e Zancone-Lago Rotondo-bocchetta
Paradiso-Pizzo Paradiso-Valle e lago dell'Inferno-Lago
di Trona-Pescegallo
|
8-9 h
|
1100
|
EE
|
SINTESI. Alla
prima rotonda all'ingresso di Morbegno
(per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla
successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo
la provinciale della Val Gerola, saliamo a Gerola
Alta e proseguiamo fino al termine della
strada, a Pescegallo (m. 1450).
Parcheggiamo qui ed incamminiamoci sul sentiero che si
trova ad ovest degli impianti di risalita (indicazioni
per l'anello dei laghi). Il sentiero entra subito in
una pineta, sale e raggiunge presso una baita isolata
la deviazione a sinistra per la Val Tronella. La
ignoriamo e
proseguiamo uscendo dal bosco. Superato il torrente Tronella cominciamo a salire con ripidi tornanti un
ampio dosso che costituisce il fianco orientale
del Pizzo del Mezzodì, per poi prendere a destra
e raggiungere, con un tratto pianeggiante verso
nord-ovest il dosso panoramico con una
pozza e la baita di quota 1835 (il
Pich).
Il sentiero prosegue volgendo a sinistra e
procedendo quasi in piano verso l'imbocco della Val
Pianella, in direzione sud-ovest, fino ad incontrare, sulla
sinistra, la deviazione a sinistra per il
lago Zancone ed il lago Rotondo. Ci stacchiamo,
quindi, dal sentiero principale, che scende al
bacino artificiale utilizzato dall'ENEL (1805 m.), e
percorriamo il sentiero segnalato che si inoltra
nella Val Pianella, passando a
sinistra dei laghi di Trona e Zancone. Il sentiero, ben
segnalato, non è sempre evidente, supera una fascia
di grandi massi erratici e sale verso sud fino al
punto nel quale si incontra, ad una quota
approssimativa di 2000 metri, la già citata e
segnalata deviazione (a destra,
per chi sale) per il lago Rotondo.
Andiamo
quindi a destra, verso sud-ovest, salendo ad un primo
pianoro, posto a circa 2100 metri, con grandi blocchi.
Un secondo tratto di ripida salita fra roccette e
magri pascoli, verso ovest, ci porta al ripiano che
ospita il lago Rotondo (m. 2256).
Alla sua sinistra (per noi che lo raggiungiamo)
prosegue la salita (occhio ai segnavia), non in
direzione della prima bocchetta che vediamo in alto,
ma più a sinistra, su un faticoso canalone detritico,
verso sud-ovest (attenzione sempre ai segnavia).
Superata una placca con elementare arrampicata siamo
infine alla bocchetta Paradiso,
appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata
anche bocchetta degli Undici (m. 2450). Andiamo a
sinistra, cioè a sud, risalendo per ripidi corridoi
erbosi ed elementari roccette il versante
sud-occidentale del pizzo, fino alla sua cima (m.
2493). Ridiscesi alla bocchetta, proseguiamo la
discesa verso sinistra (ovest), cioè sul versante
opposto della Valle dell'Inferno, ripido ma non
difficile, su sentiero non marcato ma ben visibile e
segnalato, fino alla bocchetta dell'Inferno (m. 2306).
Prendiamo poi a destra (nord-ovest) e cominciamo a
discendere la valle. Più in basso il tracciato dal
lato destro della valle piega a sinistra e, superato
un piccolo e grazioso specchio d'acqua, corre lungo il
versante sinistro della valle, tenendosi piuttosto
alto rispetto al lago, ed attraversando alcuni punti
un po' esposti. Incontrata una deviazione a sinistra
per il rifugio F.A.L.C., la ignoriamo, seguendo invece
il sentiero che conduce allo sbarramento del lago
Inferno (m. 2085). Attraversato il
camminamento da sinistra a destra, imbocchiamo, poi,
il sentiero, segnalato, che scende deciso verso
destra, in direzione del lago di Trona, passando, nel
primo tratto, in un angusto corridoio roccioso e sul
corpo di una grande frana, per intercettare, alla
fine, un più tranquillo sentiero che, percorso verso
destra, porta dalla diga di Trona.
Oltrepassato il camminamento, affrontiamo un breve
strappo, per sormontare un gradino roccioso, fino al
comodo sentiero che, percorso verso sinistra, i
riporta al sentiero percorso all'andata ed al terrazzo
del Pich. Da qui, sempre volgendo a
destra, procediamo per un tratto in piano, poi
pieghiamo a sinistra e con ripidi tornantini scendiamo
all’ampio e ridente pianoro che si stende ai piedi
della bassa val Tronella. Superato il torrente
Tronella (prestiamo sempre attenzione ai segnavia)
attraversiamo verso est uno splendido bosco di
conifere usciti dal quale ci ritroviamo a Pescegallo.
|
Torrione della Sfinge e pizzo dei Tre
Signori dalla bocchetta Paradiso
Alla
prima rotonda all'ingresso di Morbegno
(per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla
successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo la
provinciale della Val Gerola, saliamo a Gerola Alta.
Proseguiamo per il Villaggio Pescegallo (m. 1454), dove
termina la strada provinciale 7 della Val Gerola.
Ci dirigiamo
agli impianti di risalita di Pescegallo.
Alle spalle dell’edificio da cui parte la seggiovia, verso
ovest, inizia un sentiero, segnalato con segnavia
rosso-bianco-rossi (percorso 8), che punta in direzione
nord-ovest, entrando ben presto in un bel bosco. Incontriamo
presso una baita isolata, dopo una prima salita, la deviazione
a sinistra, segnalata, per la Val Tronella.
Lago di Trona dalla Val Pianella
Superato il torrente che scende da questa valle e cominciamo a salire con ripidi tornanti un ampio dosso che costituisce il fianco orientale del Pizzo del Mezzodì (è il tratto più faticoso dell'escursione, perché la pendenza è severa), per poi prendere a destra e raggiungere, con un tratto verso nord-ovest che permette di tirare il fiato, il dosso panoramico con la baita di quota 1835 (il Pich), un'alpe panoramica ingentilita da un piccolo specchio d'acqua. Fermiamoci un attimo e guardiamo verso sud: sfilano davanti al nostro sguardo tutte le vette del gruppo del Masino, i pizzi Badile e Cengalo, i pizzi del Ferro, la cima di Zocca, la punta Rasica, i pizzi Torrone, il monte Sissone, le cime di Chiareggio e, eminente per mole ed altezza, il monte Disgrazia.
Apri qui una fotomappa dei sentieri
dell'alta Val Gerola
Ora il
sentiero cambia nettamente direzione, volgendo a sinistra:
percorriamo, quindi, un lungo tratto sostanzialmente
pianeggiante verso sud-ovest, fino ad incontrare, sulla
sinistra, la deviazione a sinistra per il lago
Zancone ("làch Sancùn") ed il lago Rotondo. Ci
stacchiamo, quindi, dal sentiero principale, che scende al
bacino artificiale utilizzato dall'ENEL (1805 m), e
percorriamo il sentiero segnalato che si inoltra nella Val
Pianella, passando a sinistra dei laghi di Trona e
Zancone.
A
proposito di questi laghi, nella Guida alla Valtellina del CAI di Sondrio
edita nel 1884 leggiamo: "Nei laghetti di Gerola...guizza
una trota di piccola forma e di una carne rosso-sanguigna,
che è squisitissima".
Può essere inoltre interessante
leggere, a distanza di oltre un secolo, le note che sui laghi
di Trona (allora naturale) e Zancone stese il dott. Paolo
Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di
Sondrio, nell’operetta “I laghi alpini valtellinesi”,
edita a Padova nel 1894:
Questi due bei laghi sono posti a poca distanza fra loro
nel ramodestro della Valle dell'Inferno, che si congiunge
più sotto con quelladi Pescegallo, a formare la Val Ritto di
Gerola. Sono separati da alcuni cocuzzoli di roccia in
posto, formati di arenaria o conglomerati verdi, che si
estendono, alternartisi fra loro, nelle sponde dei duo
laghie di tutta la valletta che si apre fra il pizzo di
Trona (2508 m.), che sorge a S. ed il pizzo Tronella (2514
m.) ad E. NellaCarla geologica della Lombardia del Prof.
Taramelli i due laghi sono rappresentati nella generale
formazione del gneis; ma più giustamente sono figurati dal
Dott. Melzi nelle arenarie e conglomerali grossolani. I
versanti che si staccano dai monti sopra accennati e che
convergono fra loro a formare la valletta, che racchiude i
laghi, sono assai scoscesi, ove balze e dirupi si succedono
dai vertici più elevati fin presso le acque, le
quali occupano le cavità più inferiori della stretta
spaccatura, che diede origine alla Valle. I due laghi sono
dunque formati per dilacerazione prodotta nel sollevamento
della catena orobica. Valgono pertanto qui le stesse
osservazioni che feci a proposito dell'origine del lago
Venina, poiché il Curioni li crede, come quello, ed il
vicino lago dell'Inferno, formali in depressioni prodotte da
movimento del suolo.
Lago Zancone e Val Pianella (o Val di Trona)
Il primo
di questi laghi, che s'incontra risalendo la Valle, è quello
di Trona, detto anche delle Trote dal Curioni, nel luogo
sopra citato, come riportano pure le carte dell'Istituto
militare di Firenze; forse per l'abbondante pesca che di
tali pesci si faceva mia volta in questo lago; nome che ora
è affatto in disuso.
Esso ha forma ellittica, disposto colla maggior lunghezza
nel senso della Valle. Le sue sponde sono ripide assai, onde
la regione litorale presenta nella porzione più esterna ben
poca quantità di limo o di feltro organico visibile, il
quale è piuttosto copioso alla profondità di 5 e 6 metri a
poca distanza dalla sponda, dove ho calato l'apposito bidon
Forel, per farne conveniente pesca. È posto all'altitudine
di 1563 m. e presenta la superficie di 30000 m. q. Le sue
acque hanno una bella colorazione verde
azzurrognola,rappresentata dal num. V della scala Forel.
Val Pianella (o Val di Trona)
Lo
visitai il giorno 8 Settembre 1892 ed alle ore 10 aut.
trovai che la temperatura delle sue acque era di 8 gradi C.
mentre l'esterna era di 12 gradi, essendo il cielo
piovigginoso.
Ha per affluente l'emissario del lago Zancone, posto
alquanto più sopra, verso S.E., e scarica le sue acque per
una stretta gola che mette nel torrente della Valle
dell'Inferno.
Questo lago era un tempo
assai popolato di Trutta fario Lin. ma l’uso deplorevole
della dinamite ne distrusse, alcuni anni or sono, una
straordinaria quantità. I pochi individui sopravissuti si
moltiplicarono rapidamente, sicché torna dì qualche profitto
la pesca che vi fanno alcuni alpigiani di Gerola, nel mese
di Maggio, aprendo nel ghiaccio ampi buchi pei quali
lasciano calare le reti, essendo a quell'epoca, per la sua
posizione topografica, tuttavia gelato. Sarebbe cosa più che
mai utile pertanto il ripopolare anche questo lago
dell'ottima trota, con artificiale immissione di avannotti,
che vi prospererebbero certamente fino ad uguagliare, se non
a superare, l'antica popolazione. Fu certamente cattivo
consiglio quello di importarvi il Collus gobio Linn.. come
si fece in parecchi laghi della Valtellina, il quale é
necessario anzitutto di distruggere, poiché divora le uova
della trota.
Impronta fossile di un esemplare dei
tetrapodi del Permiano nelle rocce del comprensorio
Trona-Inferno
Il lago
Zancone è posto alquanto più in alto del lago di Trona ed
occupa l'ultima porzione della valletta sopra menzionata,
chiusa a S.E. da nude e scoscese roccie che s'innalzano
assai rapidamentesulle acque. Ha pur esso forma ellittica,
che si dirige colla maggior lunghezza nel senso della Valle,
alla quale pone termine verso S. E. Non ha vero affluente e
le sue acque derivano dalla fusione delle nevi e dalla
filtrazione attraverso gli abbondanti detriti che rivestono
le scoscese pendici ed il piede dei monti circostanti.
Lo smagliante colore celeste–chiaro delle sue acque,
paragonabile al num. II della scala Forel. produce assai
gradito contrasto colla selvaggia nudità delle roccie che lo
circondano. È posto all'altezza di 1778 m. sul mare, cioè
315 metri più alto del lago di Trona, ed ha una superficie
di 24.000 m. q.
Apri qui una panoramica sulla Val Pianella dal sentiero
per il lago Rotondo
Feci le
osservazioni termiche alle ore 2 pom. con cielo sempre
piovoso ed osservai nelle acque una temperatura di 7 gradi e
30 C., mentre nell'aria erano 13 gradi C. In alcuni seni
verso la punta N.O. rinvenni numerosi individui di Rana
temporaria Lino, ed i girini
si trovavano tuttavia nello stato di incipiente metamorfosi.
Pare che in questo lago non viva la Trutta fario Línn., ma
si potrebbe certo molto utilmente tentarvi una artificiale
immissione di avannotti, trovandosi io condizioni non troppo
differenti da quelle del lago di Trona. Il feltro organico
infatti vi abbonda anche qui, ad una certa profondità, e
dall'esame che ne feci risultò costituito di alghe non del
tutto differenti da quello del lago di Trona; per la qual
cosa ho creduto potere esporre insieme le Diatomee di questi
due laghi.”
Riprendiamo il cammino. Il sentiero, ben
segnalato, non è sempre evidente, supera una fascia di grandi
massi erratici e sale verso sud fino al punto nel quale si
incontra, ad una quota approssimativa di 2000 metri, la già
citata e segnalata deviazione (a destra, per
chi sale) per il lago Rotondo.
Percorriamo un comprensorio di grande
interesse naturalistico, una sorta di pre-Jurassic Park, che
ci proietta indietro nel tempo di parecchio, diciamo ad un'era
compresa fra i 260 ed i 230 milioni di anni fa, il Permiano,
quando lo scenario di questi luoghi non presentava montagne,
ma laghi e paludi, fra i quali si aggiravano curiosi animali
al confine fra anfibi e rettili, simili a lucertoloni a 4
zampe (tetrapodi), gli antenati dei futuri dinosauri del
Giurassico.
Apri qui una panoramica
su lago Rotondo e pizzo di Trona
Alcune delle loro impronte nel fango, che mostrano con molta evidenza gli artigli delle zampe, si sono essiccate e per uno straordinario concorso di eventi geologici conservate come fossili nelle rocce violette che per primo ha notato Remo uffoni, guardiano delle dighe ENEL di Trona ed Inferno. Se abbiamo parecchio tempo per cercare fra roccette e gande e soprattutto molta fortuna, potremmo anche imbatterci nelle tracce remotissime di questi lucertoloni.
Lago Rotondo e pizzo di Trona (clicca qui per
ingrandire l'immagine)
Qualunque
esito abbia avuto la nostra ricerca, giunti al bivio nel cuore
della Val Pianella per l'una o per l'altra via cominciamo la salita
al lago Rotondo, in direzione ovest, raggiungendo
un primo pianoro, posto a circa 2100 metri. Il paesaggio qui è
veramente lunare: alcuni grandi massi contribuiscono
a rendere lo scenario più selvaggio, quasi si trattasse di un
luogo mai toccato da piede d'uomo. Ci attende ora un secondo
tratto di salita, non meno aspro del primo, per sormontare il
ripido declivio erboso che ci separa dal terrazzo che ospita
la gemma più preziosa che l'itinerario ci riserva, il
misterioso e nascosto lago Rotondo (m.
2256), di cui non è ancora chiara la dinamica che ne conserva
l'equilibrio, dato che non ha immissari visibili. Il lago è
dominato dalla poderosa mole del Pizzo di Trona, e vale la
pena di perdere un po' di tempo per percorrerne le rive e
gustare la severa bellezza di questo luogo remoto ed
affascinante.
Ecco cosa ne scrive Ivan Fassin, nel volumetto "Il
conglomerato del diavolo" (L'officina del libro,
Sondrio, 1991): "Se la vetta è un vertex...il lago è
sicuramente il complementare vortex, voragine e vertigine,
spirale che trascina verso il basso. In pochi luoghi che io
conosca questo è chiaro come qui, ai piedi del pur modesto
pizzo di Trona ("piz di vèspui", cioè
il pizzo del vespro, sul quale il sole indugia la sera, m.
2510), che si leva regolare riflettendo le sue
rossastre bastionate di roccia in questo cupo laghetto,
tondo e concluso, come un occhio della Terra o forse come
imbocco di misteriose vie sotterranee..."
Salita verso la bocchetta Paradiso
Dobbiamo chiamare a raccolta le energie residue, dunque, perché c'è ancora da salire: per portarci alla valle dell'Inferno dobbiamo, infatti, salire alla bocchetta alta collocata a circa 2450 metri (il punto di massima elevazione dell’anello), sfruttando un canalone detritico, lungo il quale il tracciato di salita è dettato dai segnavia, da seguire con attenzione. La salita, data la natura del terreno e la quota, è abbastanza faticosa.
La salita alla bocchetta Paradiso
Passiamo così a destra di un caratteristico torrione denominato Torre Maria o Torre del Lago (m. 2359). Alla fine ci infiliamo in uno scorbutico canalino e ci sono da sormontare, con qualche passo di facile arrampicata, anche alcune roccette (che possono risultare molto insidiose se sono bagnate o in presenza di neve), prima di raggiungere la sella erbosa della bocchetta. C'è un senso di soddisfazione, dopo tanti sforzi, come di liberazione, che sembra echeggiare nella stessa denominazione della bocchetta, che infatti è chiamata la bocchetta Paradiso, appena a nord del panoramico pizzo omonimo, chiamata anche bocchetta degli Undici (m. 2450). A voler essere precisi, siccome una bocchetta del medesimo nome si trova poco più a sud sulla medesima dorsale, dovremmo specificare "Bocchetta Paradiso nord". La bocchetta si affaccia sulle ombre dell'inquietante valle dell'Inferno, ma è un luogo aperto, luminoso e panoramico.
Salita verso la bocchetta Paradiso
Manca un quarto d'ora alla cima del pizzo Paradiso. Dobbiamo infatti piegare a sinistra, cioè a sud, risalendo per ripidi corridoi erbosi ed elementari roccette il versante sud-occidentale del pizzo Paradiso, fino alla sua cima (m. 2493).
Apri qui una panoramica sul gruppo
del Masino dal Pizzo Paradiso
Una cima molto panoramica, soprattutto verso nord, dove, alle spalle del falso Trona e del pizzo di Trona, si vede l'imponente gruppo del Masino-Disgrazia. Dopo uno scorcio della testata della Val dei Ratti e la Costiera dei Cech, vediamo, partendo da sinistra, l’affilata cima del monte Spluga o Cima del Calvo (m. 2967), posto all’incontro di Valle di Spluga, Val Ligoncio e Valle dei Ratti. Mentre la testata della Valle dell’Oro resta nascosta, vediamo buona parte di quella della Val Porcellizzo, partendo proprio dal pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075), seguito dal passo Porcellizzo (m. 2950), che congiunge la valle omonima all’alta Val Codera.
Pizzo di Trona, lago Rotondo e panorama
settentrionale dal pizzo Paradiso
Ecco, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Chiudono la testata i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas da bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed il pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267). Procedendo verso est, ecco il pizzo del Ferro centrale (m. 3287), il torrione del Ferro (m. 3070) ed il pizzo del Ferro orientale (m. 3200), che costituiscono la testata della Valle del Ferro (laterale della Val di Mello) e sono chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”. Alla loro destra la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima, seguita dalla punta Allievi (m. 3121), dalla cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri), e dalla punta Rasica (rèsga, m. 3305).
La Valsassina vista dalla cima del
pizzo Paradiso
I tre poderosi pizzi Torrone (turùn, occidentale, m. 3351, centrale, m. 3290, ed orientale, m. 3333) chiudono la valle omonima, che precede l’ampia Val Cameraccio, sulla cui testata si pongono il monte Sissone (sisùn, m. 3330), la punta Baroni, o cima di Chiareggio settentrionale (m. 3203), le cime di Chiareggio centrale (m. 3107 e 3093), il passo di Mello (m. 2992), fra Val Cameraccio e Val Sissone, in Valmalenco, ed il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678), che chiude la Valle di Preda Rossa.
Apri qui una panoramica sul gruppo
del Masino e sul monte Disgrazia dal pizzo Paradiso
Le due cime, pur così vicine, sono geologicamente separate, in quanto appartengono a mondi diversi: dal grigio granito del monte Pioda si passa al rosseggiante serpentino del monte Disgrazia. A destra di questa cime si distinguono i due maggiori Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114). A destra del monte Disgrazia si cede la testata della Valmalenco, sulla quale si distinguono i pizzi Roseg, Scerscen Bernina, Argient, Zupò e Palù. Alla loro destra si vedono anche pizzo Scalino, punta Painale e vetta di Ron.
Discesa dalla bocchetta Paradiso
Più
lontana, a destra, la cima Piazzi. Poi lo sguardo raggiunge il
gruppo dell'Ortles. Ad est la splendida fuga di quinte delle
Orobie, mentre a sud ottimo è il colpo d'occhio sulla
Valsassina. Ad ovest, infine, il massiccio pizzo dei Tre
Signori mostra da qui un profilo molto arrotondato e purtoppo
sottrae allo sguardo buona parte del panorama.
Se non vogliamo tornare per la medesima via di slita, possiamo
allungare l'escursione scendendo alla Valle dell'INferno, sul
versante opposto, occidentale.
Discesa verso la bocchetta dell'Inferno
La discesa sfrutta un più riposante, ma sempre piuttosto ripido, declivio erboso: seguiamo, dunque, scrupolosamente il sentiero non marcato ma ben visibile (segnavia), nella rapida discesa la quale, con un ultimo tratto verso sinistra, ci porta alla sulfurea bocchetta dell’Inferno (“buchéta de la val l Inferen”, m. 2306), per la quale passa il confine fra territorio della provincia di Sondrio e di Bergamo. Ecco, dunque, la valle dell'Inferno, denominazione dettata dal colore rossastro delle rocce (colore dovuto alla presenza del conglomerato assai duro e pregiato, denominato Verrucano lombardo), ma, forse, anche da un clima un po' sinistro, quasi che nell'aria aleggiasse una minaccia indefinita o l'inespressa sofferenza di anime segregate qui da un verdetto di dannazione eterna. Suggestione dei nomi!
Discesa verso la bocchetta dell'Inferno
Sia come
sia, incontriamo subito l'indicazione della via direttissima
al Pizzo dei Tre Signori (“piz di tri ségnùr”, m. 2554,
chiamato così, dopo il 1512 - prima era chiamato pizzo Varrone
- perché punto d’incontro dei confini delle signorie delle Tre
Leghe in Valtellina, degli Spagnoli nel milanese e dei
Veneziani nella bergamasca): infatti è proprio la poderosa
mole del celebre colosso orobico a chiudere la valle a
sud-ovest. Noi, invece,
seguiamo il sentiero che comincia a discendere la valle, in
direzione della grande diga dell'Enel (m. 2085). Ci
aspetteremmo di percorrerne il lato destro, ed invece il
tracciato piega a sinistra e, superato un piccolo e grazioso
specchio d'acqua, corre lungo il versante sinistro della
valle, tenendosi piuttosto alto rispetto al lago, ed
attraversando alcuni punti un po' esposti. Incontrata una
deviazione a sinistra per il rifugio F.A.L.C., la ignoriamo,
seguendo invece il sentiero che conduce allo sbarramento del lago
Inferno.
Per illustrare meglio le caratteristiche di
questo lago e dell'ambiente che lo ospita riportiamo le
informazioni che ci vengono offerte dal già citato volume "Laghi
alpini di Valtellina e Valchiavenna", di Riccardo De
Bernardi, Ivan Fassin, Rosario Mosello ed Enrico Pelucchi,
edito dal CAI, sez. di Sondrio, nel 1993:
“All'estremità
occidentale il comprensorio di Trona si chiude, sotto le
vette del Pizzo Tre Signori e del Pizzo Varrone, con una
sorta di corridoio costituito dai due valloni d'Inferno.
bergamasco e valtellinese, posti in continuità e separati da
una alta bocchetta (Bocchetta d'Inferno, appunto). Nel
vallone che scende verso la Val Gerola c'era un laghetto,
ingrandito ora dall'intervento umano che ha eretto una diga
in una gola più a valle. Il livello del lago si è alzato di
30-35 m, la superficie è ora molto più estesa, ma permane il
colore cupo delle acque, che va dall'azzurro intenso al
viola, a seconda delle ore e della luce. Un lago lungo, affiancato
da scogliere dirupate, come confitto e incastrato tra il
Pizzo Varrone e il Pizzo di Trona, ai piedi di una gradonata
ciclopica che scende dal passo e dal Pizzo Tre Signori, che
campeggia sullo sfondo.”
Attraversato il camminamento da sinistra a
destra, imbocchiamo, poi, il sentiero, segnalato, che scende
deciso verso destra, in direzione del lago di Trona, passando,
nel primo tratto, in un angusto corridoio roccioso e sul corpo
di una grande frana, per intercettare, alla fine, un più
tranquillo sentiero
che proviene, da destra, proprio dalla diga di Trona.
Seguendolo verso destra, raggiungiamo, infine, lo sbarramento
della diga. Oltrepassato il camminamento, affrontiamo un breve
strappo, per sormontare un gradino roccioso, fino al comodo
sentiero che, percorso verso sinistra, porta al terrazzo
erboso del Pich (si tratta dell’itinerario descritto per la
versione breve dell’anello, che ora dobbiamo percorrere a
rovescio).
Riprendiamo il cammino sulla larga
mulattiera, che ci conduce al Pich, piccolo
alpeggio estremamente panoramico, ingentilito da un piccolo
specchio d'acqua. Da qui, proseguendo verso destra, procediamo
per un tratto in piano, poi pieghiamo a sinistra e con ripidi
tornantini scendiamo all’ampio e ridente pianoro che si stende
ai piedi della bassa val Tronella. Superato il torrente
Tronella (prestiamo sempre attenzione ai segnavia) attraversiamo verso est
uno splendido bosco di conifere usciti dal quale ci ritroviamo
a Pescegallo.
PIZZO PARADISINO (DALLA VALLE DELL'INFERNO)
Punti di partenza ed
arrivo
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Tempo necessario
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Dislivello in altezza
in m. |
Difficoltà
(T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti
esperti)
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Pescegallo-Diga di Trona-Diga e Valle dell'Inferno-Bocchetta del Paradiso-Pizzo del Paradiso-Lago Rotondo-Val Pianella-Diga di Trona-Pescegallo |
9 h
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1100
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EE
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SINTESI. Alla
prima rotonda all'ingresso di Morbegno
(per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla
successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo
la provinciale della Val Gerola, saliamo a Gerola
Alta e proseguiamo fino al termine della
strada, a Pescegallo (m. 1450).
Parcheggiamo qui ed incamminiamoci sul sentiero che si
trova ad ovest degli impianti di risalita (indicazioni
per l'anello dei laghi). Il sentiero entra subito in
una pineta, sale e raggiunge presso una baita isolata
la deviazione a sinistra per la Val Tronella. La
ignoriamo e
proseguiamo uscendo dal bosco. Superato il
torrente Tronella cominciamo a salire con
ripidi tornanti un ampio dosso che costituisce il
fianco orientale del Pizzo del Mezzodì, per poi
prendere a destra e raggiungere, con un tratto
pianeggiante verso nord-ovest il dosso
panoramico con una pozza e la baita di
quota 1835 (il Pich). Il sentiero prosegue volgendo a
sinistra e salendo gradualmente verso l'imbocco
della Val Pianella, in direzione sud-ovest. Scende quindi ad
un avvallamento e risale al camminamento dello
sbarramento del lago di Trona. Oltre
il camminamento, riprendiamo a salire, superando
alcune roccette (con un primo tratto protetto
sulla destra) e raggiungendo un pianoro a sinistra
del quale vediamo la baita solitaria quotata 1888
metri. Qui dobbiamo prestare attenzione, perché
troviamo un bivio non molto evidente, al quale si
stacca, sulla sinistra del sentiero principale, un
sentierino che sale, per via
direttissima, al lago dell’Inferno. Non
c’è segnalazione. Unico ausilio,
l’indicazione su un masso “lago Zancone”; poco più
avanti, ad un nuovo bivio, lasciamo la traccia per
il lago Zancone che va a sinistra e proseguiamo a
destra (indicazione lago Inferno direttissima). Il
sentierino non è molto visibile e risale il
l’ampio versante di sfasciumi che si stende ai
piedi del limite settentrionale della costiera del
pizzo di Trona; dopo un traverso a destra, supera
un passaggino esposto sulla destra (attenzione!),
per poi risalire, con molti tornantini, un
versante di sfasciumi; lasciati gli sfasciumi
sulla sinistra, continua nella salita (pochi i
segnavia), con un curioso passaggio su roccia che
si apre ad una cavità nella roccia
(corda
fissa). Infine passiamo a
sinistra di un forno fusore e raggiungiamo gli
edifici nei pressi del camminamento della diga del
lago dell’Inferno (m. 2085).
Anche qui attraversiamo il
camminamento e sul lato opposto, ad un bivio,
ignoriamo le indicazioni per la bocchetta del Varrone
(sentiero che sale a destra) e procediamo diritti sul
sentiero più basso per la valle dell'Inferno. Seguendo i segnavia passaimo alti, a
destra, del lago d'Inferno, lo lasciamo alle spalle e
ci portiamo ai piedi del ripido vallone che adduce
alla bocchetta dell'Inferno. Sempre seguendo i
segnavia, risaliamo il vallone zigzagando fra le
pietraie, fino alla bocchetta dell'Inferno
(m. 2306), che si affaccia sulla valle omonima nel
versante orobico meridionale. Lasciamo qui il sentiero
che scende per questa valle e prendiamo a sinistra
(est), seguendo il debole ma sempre visibile e
segnalato sentierino che risale il ripido versante
verso est, nel primo tratto tendendo leggermente a
sinistra, poi un po' a destra e districandosi fra le
roccette, fino al più tranquillo versante erboso
risalito il quale siamo alla bocchetta
Paradiso (m. 2450), che si affaccia sulla
Val Pianella. Prendiamo ora a destra e saliamo fra
corridoio erbosi, roccette e terreno smottato, stando
a destra del crinale, fino alla cima del pizzo
Paradiso (m. 2493). Il percorso, in
condizioni di terreno buone, non è difficile, ma
richiede comunque attenzione. Ridiscesi alla bocchetta
Paradiso, se non vogliamo tornare per la medesima via
di salita scendiamo a destra in Val Pianella, seguendo
i segnavia e superando nel primo tratto un canalino
ostico e scorbutico (attenzione), che può diventare
pericoloso con neve o roccette bagnate. Poi la discesa
prosegue su terreno pietroso. Rendendo a sinistra
scendiamo al ben visibile lago Rotondo
(m. 2256). Passiamo a destra del lago e cerchiamo la
partenza del sentierino segnalato che scende diretto
verso ovest, passando sul margine destro di un ripiano
intermedio intorno a quota 2100, prima di raggiungere
il fondo della Val Pianella. Al bivio
di quota 2000 lasciamo a destra la trccia
che sale alla bocchetta di Val Pianella e prendiamo a
sinistra , proseguendo la discesa verso nord. Il
sentiero ci porta all'ampio ripiano che ospita il lago
Zancone. Dopo aver attraversato una fascia
di massi ciclopici, restiamo un po' alti rispetto al
fondovalle e quindi del lago Zancone (m. 1856), alla
cui destra passiamo. Proseguiamo a mezza costa,
passando alti ed a destra anche del lago di
Trona, fino ad intercettare il sentiero
principale che porta alla diga di Trona. Lo seguiamo
verso destra e procedendo in piano ripassiamo dal Pich,
poi volgiamo a destra e dopo un ratto in piano
scendiamo su ripido versante all'imbocco della Val
Tronella. Prestando attenzione ai segnavia
ripercorriamo a rovescio il sentiero che ci riporta a
Pescegallo.
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qui una fotomappa della salita al pizzo Paradiso dalla
bocchetta dell'Inferno
Se vogliamo
salire al pizzo Paradiso per la Valle dell'Inferno, da moderni
emuli di Dante, dobbiamo seguire per buon tratto la via di
salita al pizzo dei Tre Signori, fino ad un bivio poco sotto
la bocchetta del Varrone, per prendere poi qui a sinisttra,
risalire la Valle dell'I,ferno fino alla bocchetta omonima e
di qui, volgendo a destra, salire alla bocchetta Paradiso.
Stacchiamoci dunque dalla SS 38 dello Stelvio alla prima
deviazione a destra in corrispondenza della rotonda
all'ingresso a Morbegno (per chi viene da Milano). Ad una
nuova rotonda prendiamo di nuovo a destra, superiamo un ponte
e ci portiamo alla partenza della provinciale della Val
Gerola. Dopo 15 chilometri, siamo a Gerola Alta (m. 1053), e
dobbiamo scegliere fra due possibili itinerari, che si
congiungono al rifugio F.A.L.C., e che partono da Pescegallo o
da Laveggiolo.
Il primo, piuttosto articolato, ha come punto di partenza il Villaggio
Pescegallo (m. 1454), dove termina, oltrepassata
Gerola, la strada provinciale n. 7 della Val Gerola.
Parcheggiata qui l'automobile, dirigiamoci verso l'edificio da
cui parte la seggiovia per il rifugio Salmurano. Alle sue
spalle inizia un sentiero, segnalato da due cartelli e da
segnavia rosso-bianco-rossi (percorso 8), che punta in
direzione nord-ovest, entrando ben presto in un bel bosco. I
cartelli indicano i due percorsi 144 (sentiero dell’Homo
Salvadego, con il rifugio
Benigni dato a 2 ore e 15 minuti ed il rifugio Trona
Soliva a 2 ore e 30 minuti) e 148 (con il lago di Trona dato
ad un’ora e 40 minuti ed il lago Rotondo a 3 ore): la
direttrice che ci interessa è quella lago di Trona-lago
Inferno-Bocchetta di Piazzocco. Entrati in una bel bosco di
abeti rossi, dopo un tratto di severa pendenza raggiungiamo la
pianetta di quota 1550, dove troviamo un pannello che ci parla
delle diverse conifere che possiamo trovare nei boschi della
valle.
Poco dopo, a quota 1590, usciamo dal bosco presso una baita
isolata sul Dossetto: qui alcuni cartelli
segnalano la deviazione, a sinistra, per la Val Tronella ed il
rifugio Benigni (dato ad un’ora e 50 minuti) e la prosecuzione
del sentiero principale, con il lago di Trona dato ad un’ora e
10 minuti. Proseguendo diritti, passiamo, quindi, a monte di
un roccione liscio e, dopo alcuni strappetti, raggiungiamo una
splendida radura (m. 1620): guardando in alto, davanti a noi,
vediamo sulla destra il tondeggiante torrione di Tronella (m.
2311, il “pìich”) e, alla sua sinistra, i pizzi di Mezzaluna
(“li mezzalüni”, vale a dire
il pizzo di Mezzaluna, m. 2333, la Cima di Mezzo ed il
caratteristico ed inconfondibile uncino del torrione di
Mezzaluna, m. 2247). Superiamo, poi, tre torrentelli
(altrettanti rami del “bit de trunèla”, il torrente che scende
dalla Val Tronella) e saliamo, con qualche tornantino, ad un
ampio versante occupato da un pascolo (m. 1660). Entriamo in
un ampio recinto per il bestiame (delimitato da un basso
muretto perimetrale) uscendone verso sinistra. Alla nostra
sinistra la Val Tronella si mostra ora in tutta la sua
bellezza: sul suo lato sinistro vediamo anche la costiera che
la delimita ad est, costituita dalla cosiddetta Rocca di
Pescegallo (o Denti della Vecchia, “ul filùn de la ròca” o
“denc’ de la végia”, cinque torrioni il più alto dei quali è
quotato m. 2125 e che vengono visti come un unico torrione da
Gerola, chiamato anche “piz de la matìna” perché il sole vi
sosta, appunto, la mattina).
Inizia ora una salita faticosa: inanellando un tornante dopo
l’altro, guadagniamo quota sul ripido versante a monte dei
pascoli. Dopo una prima serie di tornantini, effettuiamo un
traverso a sinistra; segue una sequenza di tornanti
dx-sx-dx-sx-dx, all’ultimo dei quali (m. 1810) si stacca,
sulla sinistra, il sentiero che si addentra in Val Tronella
(si tratta della Gran Via delle Orobie, che giunge fin qui da
destra e prosegue per il lago di Pescegallo, dato ad un’ora e
10 minuti, il passo di Verrobbio, dato ad un’ora e 50 minuti,
ed il passo di San Marco, dato a 2 ore e 50 minuti). Se invece
proseguiamo sul sentiero principale i cartelli danno il lago
di Trona a 30 minuti, il lago Zancone a 50 minuti, il lago
Rotondo ad un’ora e 50 minuti ed il rifugio Trona Soliva ad
un’ora. Di questi luoghi noi toccheremo solo il primo.
Proseguiamo, dunque, verso destra, con un ultimo strappo, poco
prima della fine del quale notiamo
un sentierino che si stacca dal nostro sulla sinistra; non ci
sono cartelli, solo la scritta, su un masso, “1/2 luna”,
perché esso porta proprio ai piedi del celeberrimo e
suggestivo uncino di roccia del torrione della Mezzaluna.
Ignorata la deviazione, per un bel tratto proseguiamo diritti,
con diversi saliscendi, allietati dallo spettacolo delle cime
del gruppo del Masino, che si mostrano, dal pizzo Badile al
monte Disgrazia, proprio davanti a noi. Cominciano a
moltiplicarsi anche le indicazioni della segnaletica
“orizzontale”: su diversi massi troviamo le indicazioni “Pizzo
3 S” e “Rifugio Falc”.
Passiamo, così, leggermente a valle della baita quotata 1857 e
raggiungiamo uno splendido terrazzo sul filo del dosso che
scende, verso nord, dalla costiera Mezzaluna-Tronella. Alle
nostre spalle il picco roccioso denominato pizzo del Mezzodì
(m. 2116); davanti a noi una pozza e la baita quotata 1835
metri. Sul fondo, lo splendido scenario del gruppo del Masino.
Un luogo davvero stupendo. Il cartello della G.V.O. nella
quale ci siamo immessi, dà ora il lago di Trona a 20 minuti ed
i rifugi Falc e casera di Trona ad un’ora. Ora il sentiero
cambia nettamente direzione: prendiamo a sinistra e
percorriamo quindi, dopo una breve salitella, un lungo tratto
sostanzialmente pianeggiante verso sud-ovest, avvicinandoci
alla soglia della Valle di Trona, circondati da splendidi
larici. Guardando a destra, vediamo bene il fianco occidentale
dell’alta Valle della Pietra, con la bocchetta di Trona (la
riconosciamo per il traliccio nei suoi pressi) e, alla sua
destra, l’ampio terrazzo dell’alpe di Trona soliva, dominato
dalla forma regolare del pizzo Mallasc (“melàsc”, m. 2465);
alla sua sinistra, invece, in primo piano si mostra una delle
più belle cime
del comprensorio, il cono arrotondato del pizzo di Trona (“piz
di vèspui”, cioè il pizzo del vespro, sul quale, guardando da
Gerola, il sole indugia la sera, m. 2510). Usciti all’aperto,
troviamo i cartelli (m. 1890) che segnalano la deviazione a
sinistra (sentiero 148) per il lago Zancone ("làch sancùn",
dato a 20 minuti) ed il lago Rotondo ("làch redont", dato ad
un’ora e 20 minuti). Noi, invece, restiamo sulla G.V.O. (un
cartello dà Laveggiolo a 2 ore e 10 minuti, l’alpe Combana a 4
ore e 20 minuti e l’alpe Culino a 5 ore e 10 minuti, ma
nessuna di queste mete ci interessa).
Inizia ora una ripida discesa; passiamo, poi, fra due grandi
massi erratici rossastri, superiamo una pianetta e scendiamo
al camminamento dello sbarramento artificiale di
Trona, bacino utilizzato dall'ENEL (1805 m). Oltre
il camminamento, riprendiamo a salire, superando alcune
roccette (con un primo tratto protetto sulla destra) e
raggiungendo un pianoro a sinistra del quale vediamo la baita
solitaria quotata 1888 metri.
Qui dobbiamo prestare attenzione, perché troviamo un bivio non
molto evidente, al quale si stacca, sulla sinistra del
sentiero principale, un sentierino che sale, per via
direttissima, al lago dell’Inferno.
Non c’è segnalazione e dobbiamo aguzzare la vista. Unico
ausilio, l’indicazione su un masso “lago Zancone”; poco più
avanti, ad un nuovo bivio, lasciamo la traccia per il lago
Zancone che va a sinistra e proseguiamo a destra (indicazione
lago Inferno direttissima). Il sentierino non è molto visibile
e risale il l’ampio versante di sfasciumi che si stende ai
piedi del limite settentrionale della costiera del pizzo di
Trona; dopo un traverso a destra, supera un passaggino esposto
sulla destra (attenzione!), per poi risalire, con molti
tornantini, un versante di sfasciumi; lasciati gli sfasciumi
sulla sinistra, continua nella salita (pochi i segnavia), con
un curioso passaggio su roccia che si apre ad una “truna”
(cavità: da qui il toponimo “Trona” frequente in questa zona,
con riferimento alle miniere di ferro): qui una corda fissa ci
aiuta a non finirci dentro; infine passiamo a sinistra di un
forno fusore e raggiungiamo gli edifici nei pressi del
camminamento della diga del lago dell’Inferno,
sul suo lato sinistro (m. 2085); attraversiamo il camminamento
e troviamo, sul lato opposto, un sentierino che sale verso la
bocchetta del Varrone (m. 2126).
Ad un bivio, però, ignoriamo le
indicazioni per la bocchetta del Varrone (sentiero che sale
a destra) e procediamo diritti sul sentiero più basso per la
valle dell'Inferno. Seguendo i
segnavia passaimo alti, a destra, del lago d'Inferno, lo
lasciamo alle spalle e ci portiamo ai piedi del ripido
vallone che adduce alla bocchetta dell'Inferno. Sempre
seguendo i segnavia, risaliamo il vallone zigzagando fra le
pietraie, fino alla bocchetta dell'Inferno
(m. 2306), che si affaccia sulla valle omonima nel versante
orobico meridionale.
Lasciamo qui il sentiero che scende per questa valle e
prendiamo a sinistra (est), seguendo il debole ma sempre
visibile e segnalato sentierino che risale il ripido
versante verso est, nel primo tratto tendendo leggermente a
sinistra, poi un po' a destra e districandosi fra le
roccette, fino al più tranquillo versante erboso risalito il
quale siamo alla bocchetta Paradiso (m.
2450), che si affaccia sulla Val Pianella. Prendiamo ora a
destra e saliamo fra corridoio erbosi, roccette e terreno
smottato, stando a destra del crinale, fino alla cima del pizzo
Paradiso (m. 2493). Il percorso, in condizioni di
terreno buone, non è difficile, ma richiede comunque
attenzione.
Pizzo di Trona, valle dell'Inferno e pizzo dei Tre Signori
Ridiscesi alla bocchetta Paradiso, se non vogliamo tornare
per la medesima via di salita scendiamo a destra in Val
Pianella, seguendo i segnavia e superando nel primo tratto
un canalino ostico e scorbutico (attenzione), che può
diventare pericoloso con neve o roccette bagnate. Poi la
discesa prosegue su terreno pietroso. Rendendo a sinistra
scendiamo al ben visibile lago Rotondo (m.
2256).
Passiamo a destra del lago e cerchiamo la partenza del
sentierino segnalato che scende diretto verso ovest,
passando sul margine destro di un ripiano intermedio intorno
a quota 2100, prima di raggiungere il fondo della
Val Pianella. Al bivio di quota 2000
lasciamo a destra la trccia che sale alla bocchetta di Val
Pianella e prendiamo a sinistra , proseguendo la discesa
verso nord. Il sentiero ci porta all'ampio ripiano che
ospita il lago Zancone. Dopo aver
attraversato una fascia di massi ciclopici, restiamo un po'
alti rispetto al fondovalle e quindi del lago Zancone (m.
1856), alla cui destra passiamo. Proseguiamo a mezza costa,
passando alti ed a destra anche del lago di Trona,
fino ad intercettare il sentiero principale che porta alla
diga di Trona. Lo seguiamo verso destra e procedendo in
piano ripassiamo dal Pich, poi volgiamo a
destra e dopo un ratto in piano scendiamo su ripido versante
all'imbocco della Val Tronella. Prestando attenzione ai
segnavia ripercorriamo a rovescio il sentiero che ci riporta
a Pescegallo.
Discesa al lago Rotondo
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PASSI E PENSIERI DI IVAN FASSIN
Il 28 giugno del 2015 è scomparso Ivan Fassin, grande uomo di cultura che ha vissuto la passione per la montagna e quella per il pensiero e le scienze umane come dimensioni profondamente legate. Nel suo volumetto “Il conglomerato del diavolo – Fantasticherie alpine” (Sondrio, L'officina del Libro, 1991) così racconta una sua escursione in questi luoghi (salita da Pescegallo, per il passo di Salmurano, all'altipiano dei Piazzotti ed alla cime dei Piazzotti occidentale, discesa alla boccehtta di Val Pianella e traversata alla bocchetta d'Inferno per il sentiero 101, discesa alla bocchetta di Varrone e traversata alla bocchetta di Trona, discesa al lago di Trona ed all'imbocco della Val Pianella o Val di Trona):
Rifugio Benigni
“Sbuchiamo sul dosso delle Foppe di Pescegallo… Traversata in fondo la valle risaliremo per per il più diretto sentiero… sotto il costone della cima orientale di Piazzotti, all'aereo passo di Salmurano. Intanto già da un po' andavamo guardando i primi contrafforti del regno del conglomerato, vale a dire la costiera turrita dei Denti della Vecchia, illuminata dai primi raggi del sole, rosa.violacea come piccole dolomiti locali. Al passo, come accade, si presenta una situazione geografica del tutto diversa da quella immaginata: una fossa profonda, rotondeggiante, ancora in ombra, costituisce la testata della Val Salmurano… Ora il sentiero si sviluppa per un tratto pianeggiante o in leggera discesa, tagliando in costa i ripidi pendii erbosi sotto gli erti colonnati di conglomerato rossiccio che fanno da sostegno, su questo lato, alla Cima Piazzotti (est). La via poi si inerpica entro un singolare canale sassoso, in cui prosperano certi fiori gialli.. A quanto pare l'incertezza dei crinali e dei deflussi va fatta risalire almeno all'era glaciale, quando il ghiacciaietto sospeso sull'altopiano Piazzotti, intanto che scavava la piccola fossa in cui oggi si annida il lago, riversava le sue lingue sia verso la Val Tronella che su questo lato.
Laghetto superiore dei Piazzotti
Ci avviamo sul pendio tutto solcato da vallette che, sviluppandosi per qualche centinaio di metri (e cento in altitudine) porta alla cima Piazzotti occidentale. Saliamo ancora verso la croce, preceduti da un silenzioso giovane che punta a quella meta come un pellegrino frettoloso; dall'altra parte della valle, tra nebbie dense e grigiastre, un gregge sta abbarbicato in posizione impossibile sul torrione di Giacomo: belano e invocano forse sale o acqua, che scarseggia. Da queste parti sembrano comunicare più gli animali che gli uomini… Dalla vetta gettiamo uno sguardo nel grigiore opaco della valle di Trona, e una occhiata nostalgica al torrione della Mezzaluna, che appare come un miraggio, ancora illuminato dal sole, in un solco della cresta; poi ci affrettiamo a scendere, nella convinzione che il tempo precipiti.
Il sentiero 101 sotto la cima dei Piazzotti occidentale
Non però per ritornare al rifugetto Benigni esposto a tutti i venti sul piccolo altopiano là in fondo, né divallando su Trona lungo una enorme ganda che riempie un vasto canale, bensì calando cauti sulla bocchetta di val Pianella, tra l'erba scivolosa, su una traccia sommaria, ma distinta… Proseguiamo… su un bel percorso che va verso il rifugio Grassi, correndo in quota sul versante meridionale del gruppo. Ma ovviamente vediamo poco più che il sentiero, intuiamo un “sopra” tetro e incombente, un “sotto” che fugge via: il cammino esige qualche attenzione, correndo alto su pendii erbosi ripidi, e più di rado traversando scogli e crestoni rocciosi… In questa tetraggine avanziamo molto rapidamente, apprezzando però l'intelligenza del tracciato, e la sua “esposizione” (ce ne aveva resi avvertiti la pallidezza di un ragazzo che col padre lo percorreva in senso opposto al nostro, e che avevamo incontrato all'inizio sul dosso di Giarolo), finché approdiamo a un piccolo circo invaso da enormi massi e, dopo lo scavalcamento di un ennesimo crestone, ci infiliamo nel rettilineo vallone d'Inferno (bergamasco). A sinistra la Sfinge è invisibile nella nebbia…
Lago Zancone e Val Pianella (o Val di Trona)
Così, dopo la bocchetta d'Inferno… andiamo di corsa su un sentierino che fa lievi saliscendi su canali e pascoli ripidi che scivolano verso il lago, alla bocchetta di Varrone, più un largo spiazzo che un passo, quasi uno svaso da cui l'antico ghiacciaio prendeva la via della Val Varrone. Anche noi ci affacciamo a guardare la testata di quella valle, il rifugetto FALK che sembra oggi deserto… Dall'altra parte di questa dorsale che fa da testata alla Val Varrone, sopra l'altro passo (Bocchetta di Trona) un piccolo bunker d'alta quota, resto forse di trinceramenti militari, poi chiesetta e poggi ridotto a rudere, porta ancora il nome, un po' incredibile, di Casa Pio XI. Nello squallore dell'interno (umido antro gelido), ancora una lapide ricorda la tragica vicenda di un giovane caduto sul Pizzo di Trona…
Bocchetta di Val Pianella (o di Val di Trona)
Dopo un altro tratto di costa, scendiamo cautamente alla diga e la traversiamo, un po' sorpresi di non trovare perentori divieti né arcigni custodi. Scivoliamo rapidamente giù per le pendici franose sotto i dentini di Trona, lungo una traccia non certo migliorata dalle discariche dei lavori, fino a una baita isolata su un dosso. Da lì, piegando verso la val Trona, aggiriamo verso monte il lago e andiamo a sostare… presso le casupole dell'alpe sotto il lago Zancone… Sul pianoro irregolare alcuni enormi massi erratici collocati in equilibrio precario sembrano minacciare la valle sottostante e il lago, verdeggiante in un raggio di sole. In fondo alla valle, grandi massi ora spaccati si devono essere scontrate scendendo da differenti postazioni, come fossero state fatte rovinare da un popolo di giganti in una contesa intestina…
Pizzo di Tronella
Mentre sosto trasognato e
un po' incerto, un violento scampanio di rochi “zampugn” e
urla scomposte di umani sull'altro versante della valle mi
richiamano a una scena d'altri tempi. Una lunga fila di capre,
seguire da un pastore vociante, si snoda controluce lungo un
sentiero di mezzacosta, un sentiero apposito, una via di
penetrazione in questo regno della pietra, diretta a chissà
quale meta che non si indovina prossima. Questa immagine fa da
contrappeso alla turba di turisti sparpagliati in cima al lago
che, appostati da ore di attesa del sole che scarseggia, non
la smettono di lanciare urla sguaiate.
Val Pianella (o Val di Trona)
Nello scarto fra i due suoni si insinua una riflessione su quale doveva essere la vita quassù un tempo, nella pur breve stagione del pascolo. Luoghi, temo, non troppo amati, per la loro asprezza, la solitudine, la distanza dal fondovalle. Impossibile attribuire ai coloni una disinteressata contemplazione della selvaggia natura, presi com'erano dalla cruda necessità. Alla base di storie e leggende, che vi saranno state di certo, come sembrano attestare anche i sinistri toponimi, non la gioia del fantasticare, ma solo forse i terrori infantili e la noia dell'adulto nelle ore della sorveglianza al pascolo, e poi il tenace ricordare delle donne e l'ironica verbosità degli anziani.
Val Pianella (o Val di Trona)
Non credo vi fosse né più felicità (che talora si associa all'incoscienza) né più costanza, memoria continuità. Forse si partiva per l'alpe come poi per il lavoro nella Bassa o diretti in Merica: per tornare cioè muti, più allucinati dalla fatica e dall'isolamento…. Mi semra che che non sappiamo quasi nulla di ciò che veramente fu, di ciò che passò per le teste dei nostri antenati. E così è come se ci mancasse una chiave per intendere il vero spirito dei luoghi.”
Lago di Trona
Così Ivan Fassin racconta, nel
medesimo volume, la salita da Pescegallo al lago Rotondo, in Val
Pianella (o Valle di Trona):
“Il sentiero sale ingannevole nel bosco di abeti e larici,
solo a tratti erto, fino al pianoro della bassa val di
Tronella, tutto piastre montonate, praticelli stentati, acque
di risorgiva. Un calécc apparentemente ancora in uso
testimonia forme di pastorizia quasi del tutto abbandonate.
Ritroveremo più in alto altri ricoveri provvisori, segno di un
tempo in cui non era un problema il disagio del pastore, e le
mucche erano un tesoro da non abbandonare neanche un momento.
Un'erta scarpata, solcata da un sentiero che vorrebbe essere a
tornanti dolci, ma è solo un serpentello sassoso, porta
all'alpe Trona vaga…
Il lago Zancone
Da qui innanzi c'è un tratto pianeggiante che si addentra nella valle di Trona, e dopo un passaggio in un bosco di larici soprattutto gradito nei ritorni assolati, sale in costa un po' irregolarmente, lasciando in basso i due laghi di Trona (artificializzato con diga) e Zancone (senz'altro più suggestivo, benchè ormai in un ambiente spoglio e rupestre). Si passa per i resti delle baracche e impianti già ricordati…
Il lago Zancone
Mentre udiamo una ingiustificata caduta di sassi dalle pendici del Pizzo Tronella che rotolano fin sul tratto di sentiero che abbiamo appena percorso, mi vien fatto di pensare che qui, in questa soglia malcerta tra “domestico” (si fa per dire) e selvatico, doveva essere situato il regno dell'uomo selvatico, tra pascoli magri abitati da qualche capra, grandi massi e ricoveri di fortuna… Forse anche poco fa era lui che, invisibile, difendeva il suo territorio, imitando la natura (poiché lui non sa, come noi, forzarla, ma solo ne sfrutta le tendenze e le potenzialità, tanto che si dice abbia insegnato agli umani con cui in passato venne in contatto alcune arti casearie e perfino minerarie, da bonaccione quale in fondo doveva essere).
Massi ciclopici in Valle di Trona
Raggiungiamo il fondo della vallata, la via riprende a salire forte, poi piega a destra verso il pianoro sospeso in cui s'annida il lago Rotondo, lasciando il più noto tracciato che porta alla Bocchetta di Val Pianella… In un deserto sassoso (altrove a questa quota su falcia l'erba) pascolano poche muccherelle, del tutto abbandonate, presso uno dei numerosi affioramenti d'acqua (che per il resto sembra scorrere in gran parte in profondità). Prima di affrontare due erte balze, solcate da un sentiero ripido e sassoso ci fermiamo ad esaminare una piccola stazione d'alpeggio (non so come altrimenti chiamare questa che non è un'alpe, ma un insieme di due ricoveri – provvisori, più che temporanei – in grotta, sotto questi giganteschi massi addossati, con pochi interventi umani, tracce di muretto a secco, in un angolo un asse per servire da panca – strano che nessuno l'abbia ancora bruciato -), ovviamente innominata sulle carte, anzi neanche rappresentata. Nè c'è (più) alcun pastore cui chiedere informazioni… La roccia conglomeratica si erode in forme singolari, come fosse cariata o come un torrone che perda le nocciole. Cascano fuori i ciottoli già cementati nella sedimentazione di ere lontane, e si avviano forse ad altre cementazioni. In pochi altri siti si toccano con mano, come qui, l'indefesso lavoro che affatica anche la natura inanimata…
Il lago Rotondo
Quando giungiamo al lago, capisco di essere arrivato alla meta… Giù il lago è un “luogo naturale” per così dire “completo”, un po' come una vetta. Se la vetta è un vertex, un axis mundi,… il lago è sicuramente il complementare vortex, voragine e vertigine, spirale che trascina verso il basso. In pochi luoghi che io conosca questo è chiaro come qui, ai piedi del pur modesto pizzo di Trona, che si leva regolare ritlettendo le sue rossastre bastionate di roccia in questo cupo laghetto, tondo e concluso, come un occhio della Terra o forse come un imbocco di misteriose vie sotterranee (ha la regolarità dei laghi d'origine vulcanica, e la stessa opacità profonda dell'acqua). Mi pare di cogliere il senso di tante “fantasie di gorgo” (la mano che si sporge dall'acqua e trascina giù l'incauto pescatore o il fanciullo ignaro, le fate dell'acqua, le sirene di tutti i tempi, il popolo verdastro dei subacquei, col suo mondo completo simile al nostro; il cunicolo – il cammino – che collega le acque ad altre acque) e insieme mi meraviglio, di una più naturale ammirazione, per un lago rotondo che sta al centro (pressapoco) di un comprensorio rotondo, una gigantesca iterazione, il ribaltamento di un simbolismo che mi affascina anche se non riesco bene a comprenderlo… “
Ricovero di pastori in Valle di Trona
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