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ANELLO DI GEROLA 1 (GEROLA-RIF. SALMURANO) - 2 (RIF. SALMURANO-RIF. FALC) - 3 (RIF. FALC-PIZZO DEI TRE SIGNORI-GEROLA)

Conca di Salmurano

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rif. Salmurano-Bocchetta Salmurano-Rif. Benigni-Bocchetta di Trona-Valle e lago di Trona-Lago dell'Inferno-Rif. FALC
8 h
1130
E
SINTESI. Dal rifugio Salmurano (m. 1818), seguendo un sentierino alle sue spalle, ci portiamo verso il centro della conca, poi verso sinistra (est) e saliamo al passo di Salmurano (m. 2017), per poi volgere a destra e seguire il sentiero che raggiunge il canalone dei Piazzotti ("canalìgn di piazzòc'") e lo risale serpegiando fra roccette bagnate (attenzione; qualche semplice passo di arrampicata). Seguendo i segnavia risaliamo un ripido versante verso ovest, ad un bivio andiamo a destra (segnalazione per il rif. Benigni), saliamo verso nord e dopo pochi tornanti siamo all'altipiano dei Piazzotti, dove si trovano il rifugio Benigni (m. 2222) ed il lago dei Piazzotti. Ridiscendiamo al bivio ed ora proseguiamo sul secondo ramo, verso sud, piegando a destra, tagliando il ripido versante roccioso della Cima di Val Pianella e percorrendo il vallone con la solitaria baita della Mezzaluna. Il sentiero porta, poi, ad una prima bocchetta, che ci immette in un piccolo pianoro, attraversato il quale giungiamo alla bocchetta di val Pianella (“buchéta de la val Pianèla”), o passo Bocca di Trona, a 2224 metri. Lasciano le indicazioni per il rifugio Grassi e scendiamo in Val Pianella. Disceso il primo tratto, restando sul lato destro della valle giungiamo ad un ripiano (m. 2000 circa) ed alla deviazione segnalata per il lago Rotondo che ignoriamo, proseguendo nella discesa diritti, fino a giungere in vista del lago Zancone. I segnavia ci fanno passare a destra del lago Zancone e di quello di Trona (m. 1805). Ci immettiamo così nel sentiero che percorso verso sinistra scende ad un avvallamento e risale allo sbarramento del lago di Trona. Attraversiamo il camminamento della diga e riprendiamo a salire, superando alcune roccette e raggiungendo una larga fascia di detriti e sfasciumi scesi dal fianco occidentale del Pizzo Tronella. Qui dobbiamo fare attenzione alla deviazione a sinistra (segnata come Via direttissima al Pizzo dei Tre Signori, o anche, con abbreviazione, P. 3 S), che ci permette di raggiungere, affrontando alcuni ripidi tornanti, passando nella spaccatura di un roccione e superando un ultimo strappo, lo sbarramento del lago artificiale (ma di origine naturale) dell'Inferno (m. 2085), che attraversiamo su un comodo camminamento. Poi, sempre seguendo le abbondanti segnalazioni, ignoriamo una deviazione a sinistra, che si addentra nella valle dell'Inferno, e guadagniamo la bocchetta del Varrone, che si affaccia sulla conca nella quale è collocato, poche decina di metri sotto, il rifugio F.A.L.C. (m. 2126).


Apri qui una fotomappa dei sentieri dell'alta Val Gerola

La seconda giornata della traversata (o la prima, se ne abbiamo solo due a disposizione: in tal caso partiamo dal Villaggio Pescegallo e saliamo per la pista sterrata al rifugio, proseguendo come qui di seguito descritto) inizia con il passaggio dalla signoria delle Tre Leghe, entro i cui confini si è snodata l’intera prima giornata, a quella di Venezia. Dobbiamo, infatti, risalire l'alpe, per raggiungere il passo di Salmurano (“buchéta de salmüràa”, denominato anche, dai bergamaschi, “pàs de selmürà”, a m. 2017), il cui incavo è già ben visibile sulla parte occidentale (destra) dell'ampia conca. Per farlo abbiamo due possibilità: seguire una traccia che sale al centro della conca, fino al punto di arrivo della sciovia, per poi piegare a destra e guadagnare il passo, oppure seguire un sentiero che corre lungo il fianco occidentale (di destra) della conca (la parte alta del “séntèr de salmüràa”, che sale all’alpe dalla Valle di Fenile), congiungendosi al primo in prossimità del valico. Salendo, potremo ammirare da vicino, alla nostra destra, la compatta compagine della Rocca di Pescegallo (o Denti della Vecchia, “ul filùn de la ròca” o “denc’ de la végia”, cinque torrioni il più alto dei quali è quotato m. 2125 e che vengono visti come un unico torrione da Gerola, chiamato anche “piz de la matìna” perché il sole vi sosta, appunto, la mattina).
In entrambi i casi ci ritroveremo di fronte alla graziosa statua della Madonnina, sul cui sfondo si disegnano in primo piano, verso nord, le più famose cime del gruppo del Masino-Disgrazia, vale a dire, da sinistra, i pizzi Badile, Cengalo e del Ferro, la cima di Zocca, la punta Allievi, la cima di Castello, la punta Rasica, i pizzi Torrone, il monte Sissone e, inconfondibile nella sua mole preminente, il monte Disgrazia. Sul lato opposto (meridionale) si apre di fronte ai nostri occhi, invece, la solitaria conca terminale dell'alta valle Salmurano, che, insieme alla valle dell'Inferno, confluisce nella valle di Ornica (Val Brembana, provincia di Bergamo).
Lasciamo, ora, la signoria delle Tre Leghe ed incamminiamoci sui sentiero della Serenissima. Prendiamo a destra (ovest), seguendo il sentiero che, perdendo leggermente quota, punta al piede di un grande intaglio nella parete rocciosa, il canalino del
canalone dei Piazzotti ("canalìgn di piazzoc'"), percorso da un ruscello e piuttosto ripido. La risalita del canalino, che dal passo di Salmurano sembra decisamente inaccessibile, non è, in realtà, complicata, in quanto richiede solo qualche semplice passo di arrampicata (leggi: si devono utilizzare, in qualche passaggio, anche le mani) e va fatta seguendo il percorso dettato dai segnavia rosso-bianco-rossi. Giunti alla sommità del canalino, ci ritroviamo in un piccolo pianoro e, seguendo il sentiero, affrontiamo un ulteriore strappo, prima di guadagnare un secondo e ben più ampio pianoro roccioso, sul quale sono collocati il rifugio Benigni (m. 2282) ed il lago dei Piazzotti.
L'ampio pianoro è un piccolo gioiello nascosto nel cuore delle Orobie occidentali. Innanzitutto rappresenta un osservatorio straordinariamente suggestivo sul versante retico, soprattutto sulle cime del gruppo Masino-Disgrazia.
In particolare, partendo da sinistra distinguiamo l’affilata cima del monte Spluga o Cima del Calvo (m. 2967), posto all’incontro di Valle di Spluga, Val Ligoncio e Valle dei Ratti. Mentre la testata della Valle dell’Oro resta nascosta, vediamo buona parte di quella della Val Porcellizzo, partendo proprio dal pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075), seguito dal passo Porcellizzo (m. 2950), che congiunge la valle omonima all’alta Val Codera. Ecco, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195).


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Segue il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Chiudono la testata i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas da bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed il pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267). Procedendo verso est, ecco il pizzo del Ferro centrale (m. 3287), il torrione del Ferro (m. 3070) ed il pizzo del Ferro orientale (m. 3200), che costituiscono la testata della Valle del Ferro (laterale della Val di Mello) e sono chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”. Alla loro destra la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima, seguita dalla punta Allievi (m. 3121), dalla cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri), e dalla punta Rasica (rèsga, m. 3305).


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I tre poderosi pizzi Torrone (turùn, occidentale, m. 3351, centrale, m. 3290, ed orientale, m. 3333) chiudono la valle omonima, che precede l’ampia Val Cameraccio, sulla cui testata si pongono il monte Sissone (sisùn, m. 3330), la punta Baroni, o cima di Chiareggio settentrionale (m. 3203), le cime di Chiareggio centrale (m. 3107 e 3093), il passo di Mello (m. 2992), fra Val Cameraccio e Val Sissone, in Valmalenco, ed il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678), che chiude la Valle di Preda Rossa. Le due cime, pur così vicine, sono geologicamente separate, in quanto appartengono a mondi diversi: dal grigio granito del monte Pioda si passa al rosseggiante serpentino del monte Disgrazia. A destra di questa cime si distinguono i due maggiori Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114). A destra del monte Disgrazia si cede la testata della Valmalenco, sulla quale si distinguono i pizzi Roseg, Scerscen Bernina, Argient, Zupò e Palù. Alla loro destra si vedono anche pizzo Scalino, punta Painale e vetta di Ron.


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Poi, accanto al bel lago glaciale dei Piazzotti, ce ne sono altri due, più piccoli e posto più a monte: vale la pena di visitarli, sono due piccoli gioielli. In terzo luogo, con un piccolo sforzo supplementare, possiamo facilmente salire dal pianoro alla Cima Occidentale di Piazzotti, dirigendoci, verso sud-ovest, alla volta della ben visibile croce della cima (m. 2349). Unico neo: sono, questi, luoghi che non entusiasmeranno gli amanti della montagna silenziosa e tranquilla, dal momento che, soprattutto in alta stagione, sono frequentati da un molteplice nugolo di camminatori che salgono fin qui da Ornica e che non hanno fatto alcun voto di silenzio clausurale.
Ora presentiamo due possibili varianti per effettuare la seconda parte della traversata, che si conclude al rifugio Falc. La prima, o variante bassa, passa per la stupenda Val Tronella, altro luogo forte della civiltà del Bitto; la seconda, o variante alta, passa, invece, per la selvaggia e lunare valle di Trona. In entrambi i casi, ci si ritrova alla diga di Trona, per salire, infine, al rifugio Falc (detto, dialettalmente, "cà dul bola").


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Variante bassa. A poca distanza dal rifugio, a nord, si trova l’imbocco del canalino che immette nella bellissima val Tronella. Un percorso segnalato da segnavia rosso-bianco-rossi lo percorre e discende l’intera valle, fino ad intercettare il sentiero che dal Villaggio Pescegallo sale alla diga di Trona. Il primo tratto della discesa, che propone anche un passaggio esposto, richiede attenzione e cautela, e va percorso seguendo il tracciato dettato dai segnavia. Rientriamo, così, in terra di Valtellina e tocchiamo luoghi più tranquilli, scendendo il ripido versante di sfasciumi che si stende ai piedi della testata della valle.
Bellissima la cornice delle cime dolomitiche che la delimitano ad ovest e ad est: a sinistra possiamo ammirare il Torrione della Mezzaluna, m. 2333, il pizzo della Mezzaluna, m. 2373 (“li mezzalüni”), il Torrione di Tronella, m. 2311, ed il pizzo del Mezzodì, m. 2116 (i “turiùn de pìich”); a destra si propone, invece, la formazione della Rocca di Pescegallo o dei Denti della Vecchia, m. 2125 (“filùn de la ròca” o “dénc de la végia”). Si tratta di formazioni che costituiscono le espressione più tipiche delle montagne di questa zona. La geologia ci insegna che la testata della Val Gerola fa parte dell’anticrinale orobica, con un nucleo di duro gneiss rivestito di più friabili rocce sedimentarie, facilmente modellabili da vento ed acqua, che ne hanno cavato torrioni, guglie e pizzi, un frammento di Dolomiti perso in una landa troppo occidentale.
Il sentiero scende, quindi, all’alpeggio privato di Tronella (“trunèla”), già citata nel 1329. A quota 1808 troviamo una sorgente impetuosa, le cui acque sono raccolte in un piccolo invaso: si tratta della sorgente di Tronella. Presso l’invaso, un cartello ci informa che proseguendo nella discesa si raggiunge, dopo 40 minuti, Pescegallo, mentre prendendo a destra si traversa all’alpe Salmurano, seguendo un tratto della Gran Via delle Orobie. Continuiamo, quindi, a scendere, in una cornice di larici e radure di rara bellezza, fino ad intercettare, a 1600 metri circa di quota, il sentiero Pescegallo-Trona. Qui prendiamo a sinistra, raggiungendo il guado del torrente che scende dalla Val Tronella (“ul bit de trunéla”: ricordiamo che “bit”, da cui Bitto, significa torrente, corso d’acqua) e portandoci ad una bella conca di prati, dalla quale il sentiero prosegue attaccando deciso il fianco orientale del versante che separa la Val Tronella dalla Valle di Trona. Dopo un tratto di salita severa, il sentiero piega a destra e ci porta sul filo del dosso, occupato da una bella spianata prativa (Pich), da una amena pozza e dalla baita quotata 1857 metri. Il sentiero prosegue aggirando il dosso ed addentrandosi sul fianco orientale della Valle di Trona, fino a raggiungere lo sbarramento che contiene il lago di Trona (m. 1805). Qui ci fermiamo, aspettando coloro che avessero scelto di percorrere, dal rifugio Benigni, la variante alta.


Apri qui una panoramica sul gruppo del Masino dall'altipiano dei Piazzotti

Variante alta. Nei pressi del punto al quale giunge il sentiero che abbiamo percorso per salire al rifugio Benigni, ne parte un secondo verso sud-ovest (destra; indicazioni per il rifugio Grassi). Dopo aver tagliato il roccioso versante sud-orientale della cima dei Piazzotti, il sentiero porta ad solitario vallone che confluisce, da occidente, nell’alta valle di Salmurano. Incontriamo, sulla nostra strada, una nuova pozza, prima di accedere al breve corridoio che precede la bocchetta di Trona (detto anche passo Bocca di Trona o bocchetta di Val Pianella, “buchéta de la val pianèla”, m. 2224), che si affaccia sull’alta valle di Trona. Lasciamo, quindi, definitivamente il sentiero 101, che prosegue verso il rifugio Grassi, e con esso la terra della Serenissima, tornando in terra di Valtellina e cominciando la discesa in Valle di Trona, o Val Pianella, a 2224 metri.


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Ci affacciamo così nella selvaggia Val Pianella, i cui fianchi sono chiusi a destra dal Torrione della Mezzaluna e dal Torrione di Tronella (m. 2311) ed a sinistra dall'inconfondibile profilo conico del Pizzo di Trona (“piz di vèspui”, m. 2510). Disceso il primo tratto, restando sul lato destro della valle, giungiamo ad un ripiano (m. 2000 circa) dove troviamo la deviazione segnalata, a sinistra, per il lago Rotondo ("làch Redont"). Ignoriamola proseguiamo diritti tenendo la destra della valle, fino a fiancheggiare gli splendidi laghi Zancone (“lach sancùn”) e di Trona (“lach de truna”), il primo naturale ed il secondo formato da uno sbarramento idroelettrico dell'Enel su un precedente lago naturale. Il lago Zancone, in particolare, è di particolare bellezza, per cui vale la pena di soffermarsi nei pressi della sua riva per ammirarlo. 


Apri qui una panoramica dell'imbocco della Valle della Pietra

Le varianti bassa ed alta si incontrano qui. Vediamo, ora, come terminare la giornata. Oltre lo sbarramento della diga riprendiamo a salire, superando alcune roccette e raggiungendo una larga fascia di detriti e sfasciumi scesi dal fianco occidentale del Pizzo Tronella. Qui dobbiamo fare attenzione alla deviazione a sinistra (segnata come Via direttissima al Pizzo dei Tre Signori, o anche, con abbreviazione, P. 3 S), che ci permette di raggiungere, con uno strappetto severo, lo sbarramento del lago artificiale (ma di origine naturale) dell'Inferno (“lach l’infèren”, m. 2085), che attraversiamo su un comodo camminamento. 


Apri qui una panoramica del lago d'Inferno, del pizzo di Trona e del pizzo dei Tre Signori

Poi, sempre seguendo le abbondanti segnalazioni, ignoriamo una deviazione a sinistra, che si addentra nella valle dell'Inferno (“val l’Infèren”), e guadagniamo una sella, che si affaccia sulla conca nella quale è collocato, poche decina di metri sotto, il rifugio F.A.L.C. (che è un acronimo dell'espressione latina Ferant Alpes Laetitiam Cordibus, cioè Arrechino le Alpi gioia ai cuori.).


Apri qui una panoramica del lago d'Inferno, del pizzo di Trona e del pizzo dei Tre Signori

Scendendo al rifugio mettiamo piede sul territorio della terza signoria, che in età moderna era rappresentata dalla dominazione spagnola, la quale, dal milanese, raggiungeva il limite superiore del lago di Como. Il rifugio, a 2120 metri, è stato aperto il 18 settembre 1949 per iniziativa dell’omonima Società Alpinistica milanese, ed è punto di appoggio per il secondo pernottamento: lo abbiamo raggiunto dopo aver superato, in circa 7-8 ore, oltre 1100 metri di dislivello.


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CARTA DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)

GALLERIA DI IMMAGINI


PASSI E PENSIERI DI IVAN FASSIN

Il 28 giugno del 2015 è scomparso Ivan Fassin, grande uomo di cultura che ha vissuto la passione per la montagna e quella per il pensiero e le scienze umane come dimensioni profondamente legate. Nel suo volumetto “Il conglomerato del diavolo – Fantasticherie alpine” (Sondrio, L'officina del Libro, 1991) così racconta una sua escursione in questi luoghi (salita da Pescegallo, per il passo di Salmurano, all'altipiano dei Piazzotti ed alla cime dei Piazzotti occidentale, discesa alla boccehtta di Val Pianella e traversata alla bocchetta d'Inferno per il sentiero 101, discesa alla bocchetta di Varrone e traversata alla bocchetta di Trona, discesa al lago di Trona ed all'imbocco della Val Pianella o Val di Trona):


Rifugio Benigni

Sbuchiamo sul dosso delle Foppe di Pescegallo… Traversata in fondo la valle risaliremo per per il più diretto sentiero… sotto il costone della cima orientale di Piazzotti, all'aereo passo di Salmurano. Intanto già da un po' andavamo guardando i primi contrafforti del regno del conglomerato, vale a dire la costiera turrita dei Denti della Vecchia, illuminata dai primi raggi del sole, rosa.violacea come piccole dolomiti locali. Al passo, come accade, si presenta una situazione geografica del tutto diversa da quella immaginata: una fossa profonda, rotondeggiante, ancora in ombra, costituisce la testata della Val Salmurano… Ora il sentiero si sviluppa per un tratto pianeggiante o in leggera discesa, tagliando in costa i ripidi pendii erbosi sotto gli erti colonnati di conglomerato rossiccio che fanno da sostegno, su questo lato, alla Cima Piazzotti (est). La via poi si inerpica entro un singolare canale sassoso, in cui prosperano certi fiori gialli.. A quanto pare l'incertezza dei crinali e dei deflussi va fatta risalire almeno all'era glaciale, quando il ghiacciaietto sospeso sull'altopiano Piazzotti, intanto che scavava la piccola fossa in cui oggi si annida il lago, riversava le sue lingue sia verso la Val Tronella che su questo lato.


Laghetto superiore dei Piazzotti

Ci avviamo sul pendio tutto solcato da vallette che, sviluppandosi per qualche centinaio di metri (e cento in altitudine) porta alla cima Piazzotti occidentale. Saliamo ancora verso la croce, preceduti da un silenzioso giovane che punta a quella meta come un pellegrino frettoloso; dall'altra parte della valle, tra nebbie dense e grigiastre, un gregge sta abbarbicato in posizione impossibile sul torrione di Giacomo: belano e invocano forse sale o acqua, che scarseggia. Da queste parti sembrano comunicare più gli animali che gli uomini… Dalla vetta gettiamo uno sguardo nel grigiore opaco della valle di Trona, e una occhiata nostalgica al torrione della Mezzaluna, che appare come un miraggio, ancora illuminato dal sole, in un solco della cresta; poi ci affrettiamo a scendere, nella convinzione che il tempo precipiti.


Il sentiero 101 sotto la cima dei Piazzotti occidentale

Non però per ritornare al rifugetto Benigni esposto a tutti i venti sul piccolo altopiano là in fondo, né divallando su Trona lungo una enorme ganda che riempie un vasto canale, bensì calando cauti sulla bocchetta di val Pianella, tra l'erba scivolosa, su una traccia sommaria, ma distinta… Proseguiamo… su un bel percorso che va verso il rifugio Grassi, correndo in quota sul versante meridionale del gruppo. Ma ovviamente vediamo poco più che il sentiero, intuiamo un “sopra” tetro e incombente, un “sotto” che fugge via: il cammino esige qualche attenzione, correndo alto su pendii erbosi ripidi, e più di rado traversando scogli e crestoni rocciosi… In questa tetraggine avanziamo molto rapidamente, apprezzando però l'intelligenza del tracciato, e la sua “esposizione” (ce ne aveva resi avvertiti la pallidezza di un ragazzo che col padre lo percorreva in senso opposto al nostro, e che avevamo incontrato all'inizio sul dosso di Giarolo), finché approdiamo a un piccolo circo invaso da enormi massi e, dopo lo scavalcamento di un ennesimo crestone, ci infiliamo nel rettilineo vallone d'Inferno (bergamasco). A sinistra la Sfinge è invisibile nella nebbia…


Lago Zancone e Val Pianella (o Val di Trona)

Così, dopo la bocchetta d'Inferno… andiamo di corsa su un sentierino che fa lievi saliscendi su canali e pascoli ripidi che scivolano verso il lago, alla bocchetta di Varrone, più un largo spiazzo che un passo, quasi uno svaso da cui l'antico ghiacciaio prendeva la via della Val Varrone. Anche noi ci affacciamo a guardare la testata di quella valle, il rifugetto FALK che sembra oggi deserto… Dall'altra parte di questa dorsale che fa da testata alla Val Varrone, sopra l'altro passo (Bocchetta di Trona) un piccolo bunker d'alta quota, resto forse di trinceramenti militari, poi chiesetta e poggi ridotto a rudere, porta ancora il nome, un po' incredibile, di Casa Pio XI. Nello squallore dell'interno (umido antro gelido), ancora una lapide ricorda la tragica vicenda di un giovane caduto sul Pizzo di Trona…


Bocchetta di Val Pianella (o di Val di Trona)

Dopo un altro tratto di costa, scendiamo cautamente alla diga e la traversiamo, un po' sorpresi di non trovare perentori divieti né arcigni custodi. Scivoliamo rapidamente giù per le pendici franose sotto i dentini di Trona, lungo una traccia non certo migliorata dalle discariche dei lavori, fino a una baita isolata su un dosso. Da lì, piegando verso la val Trona, aggiriamo verso monte il lago e andiamo a sostare… presso le casupole dell'alpe sotto il lago Zancone… Sul pianoro irregolare alcuni enormi massi erratici collocati in equilibrio precario sembrano minacciare la valle sottostante e il lago, verdeggiante in un raggio di sole. In fondo alla valle, grandi massi ora spaccati si devono essere scontrate scendendo da differenti postazioni, come fossero state fatte rovinare da un popolo di giganti in una contesa intestina…


Torrione di Tronella

Mentre sosto trasognato e un po' incerto, un violento scampanio di rochi “zampugn” e urla scomposte di umani sull'altro versante della valle mi richiamano a una scena d'altri tempi. Una lunga fila di capre, seguire da un pastore vociante, si snoda controluce lungo un sentiero di mezzacosta, un sentiero apposito, una via di penetrazione in questo regno della pietra, diretta a chissà quale meta che non si indovina prossima. Questa immagine fa da contrappeso alla turba di turisti sparpagliati in cima al lago che, appostati da ore di attesa del sole che scarseggia, non la smettono di lanciare urla sguaiate.


Val Pianella (o Val di Trona)

Nello scarto fra i due suoni si insinua una riflessione su quale doveva essere la vita quassù un tempo, nella pur breve stagione del pascolo. Luoghi, temo, non troppo amati, per la loro asprezza, la solitudine, la distanza dal fondovalle. Impossibile attribuire ai coloni una disinteressata contemplazione della selvaggia natura, presi com'erano dalla cruda necessità. Alla base di storie e leggende, che vi saranno state di certo, come sembrano attestare anche i sinistri toponimi, non la gioia del fantasticare, ma solo forse i terrori infantili e la noia dell'adulto nelle ore della sorveglianza al pascolo, e poi il tenace ricordare delle donne e l'ironica verbosità degli anziani.


Val Pianella (o Val di Trona)

Non credo vi fosse né più felicità (che talora si associa all'incoscienza) né più costanza, memoria continuità. Forse si partiva per l'alpe come poi per il lavoro nella Bassa o diretti in Merica: per tornare cioè muti, più allucinati dalla fatica e dall'isolamento…. Mi semra che che non sappiamo quasi nulla di ciò che veramente fu, di ciò che passò per le teste dei nostri antenati. E così è come se ci mancasse una chiave per intendere il vero spirito dei luoghi.


Lago di Trona

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