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Apri qui una fotomappa della conca di Franscia

CAMPO FRANSCIA: LA STORIA E LA NATURA

La località di Campo Franscia (o, più correttamente e semplicemente, Franscia) si trova alla confluenza dei torrenti Scerscen e Cormor, i due rami, rispettivamente occidentale ed orientale, che si incontrano formando il torrente Lanterna, a sua volta il maggiore tributario del Mallero. Si tratta di una delle più note ed amene località della Val Lanterna. La “Guida alla Valtellina“ (II edizione, 1884, a cura di Fabio Besta, edita dal CAI di Sondrio) dedica ad essa le seguenti noti lusinghiere: “Da Lanzada (1050 m.) raggiunte in breve le falde del monte ad oriente si sale la ripidissima pendice fino al maggengo di Franscia (1600 m.) lungo un sentiero che si sviluppa in infiniti e ripidi risvolti.


La conca di Franscia dominata dal Sasso Moro

È un luogo singolare questo di Franscia e lascia nel visitatore la più viva impressione. Un’ampia distesa di prati di un bel verde alpino formano il fondo ameno di un quadro di severa grandezza. A settentrione si elevano scoscese rupi nere, le quali si aprono in un profondo spaccato per lasciar libero il varco alla Lanterna, che con corso rapido e tormentato porta al Mallero l’onda raccolta dal ghiacciaio di Scerscen. A mezzodì chiudono l’insenatura altre rupi in buona parte infrante per l’estrazione dell’amianto. Una di queste venne traforata da parte a parte con un’ampia galleria.
Al di là di esse il monte scende a precipizio nella Val Brutta, orrida valle che ha avuto nome appropriato. Sul versante di Val Brutta, oltre a nuove cave d’amianto, ve ne hanno due di pietra ollare: una antica, abbandonata, l’altra attiva e che può visitarsi da quelli a cui non ripugna lo scendere in profonda e umida caverna. Da Franscia si può salire a Campo Lungo, ricca alpe, e di là per un facile colle scendere al lago Palù e quindi alla Chiesa
”.


Campo Franscia

Dopo quasi un secolo e mezzo molte cose sono cambiate. Oggi si sale facilmente da Lanzada a Campo Franscia per la comoda strada e l’amianto non viene più estratto. Ma resta intatta la meraviglia che ci coglie quando, superata l’ultima lunga galleria sulla strada arditamente intagliata fra i tetri roccioni della Val Lanterna, usciamo alla luminosa ed ampia conca di Campo Franscia. È come ritrovare il sorriso dopo un momento di profonda malinconia.
Fa sorridere anche la genesi del nome attuale, che non è corretto. Infatti da sempre il villaggio è stato chiamato semplicemente Franscia. L’aggiunta di “Campo-“ si deve ad una situazione curiosa: la Guardia di Finanza progettò di costruire a Campomoro una caserma; il progetto, però, mutò e la scelta cadde su Franscia, ma nei documenti, già pronti, venne cancellato solo –moro, sostituito con –franscia; così nacque il toponimo “Campofranscia”. Il nome corretto dovrebbe dunque essere semplicemente "Franscia" e la sua genesi più probabile è da "fratta", che significa argine o terrapieno per contenere le acque di un torrente.


La Conca di Franscia ed il monte Spondascia

Un rapido viaggio nel tempo ci aiuta ad approfondire la conoscenza di questo luogo, vero baricentro delle terre alte di Lanzada. La splendida conca deve la sua origine all'immane potenza erosiva delle due lingue glaciali che fino al tardo quaternario, cioè fino a 15.000 anni fa, scendevano dal bacino di Scerscen, ad ovest, e da quello di Fellaria-Scalino, ad est. Le rocce di serpentino (serpentinite o serpentina, roccia metamorfica derivata dalla trasformazione della peridotite, proveniente dal mantello terrestre) ne furono levigate e modellate, assumendo quelle forme caratteristiche che conferiscono ai versanti circostanti l'aspetto così suggestivo. Il loro colore originario è verde ma, per la presenza di ossidi di ferro, in superficie subiscono alterazioni assumendo il caratteristico color rosso ruggine.
Con un repentino balzo in avanti sulla linea del tempo scopriamo che di qui passavano già in età romana merci e mercanti. Può sembrare singolare individuare in un luogo così decentrato una via commerciale, ma la scoperta di una moneta romana al passo di Canciano lo prova irrefutabilmente. E per salire dalla Valmalenco al passo di Canciano si deve passare per Frascia. La via commerciale proseguiva poi in Valle di Poschiavo portandosi all'importante valico del Bernina.


Franscia

Nei secoli successivi, dopo il collasso dell'impero romano, i commerci si contrassero, ma non scomparvero. Il villaggio di Franscia legava però la sua economia anche e soprattutto alla pastorizia ed alle attività estrattive di serpentino, pietra ollare, talco ed amianto. Di qui passavano dunque bestiame, fieno, prodotti caseari e minerali. Dalle minieri aperte più in alto, nel Vallone di Scerscen, le donne scendevano portando fin qui carici di minerale pesanti fino a 50 kg. Lungo il torrente, poi, numerosi mulini azionavano i torni per la lavorazione della pietra ollare e la produzione dei famosi lavecc', uno dei più caratteristici prodotti della Valmalenco.
Verso la fine dell'ottocento sembrava essere l'amianto il più promettente business di questo angolo di Valmalenco, tanto da attrarre imprenditori inglesi della londinese United Asbestos Company Limited (che subentrò alla società Di Baviera-Del Carona costituita nel 1867) ed ingegneri francesi. Siccome il termine "Franscia" significa, in dialetto, "Francia" molti lo ricondussero appunto alla presenza di Francesi. In realtà il termine era già in uso nei secoli precedenti.


Campo Franscia

Venendo ad anni molto più recenti, nel 1950 ci fu una radicale svolta. Venne dapprima elaborato il progetto di usare la conca per costruire una diga e quindi sommergerla sotto un profondo lago. Poi però venne scelta per il progetto la più alta località di Campomoro. Sempre nel 1950 venne costruita la strada Lanzada-Campo Franscia-Campomoro dalla società idroelettrica Vizzola (che poi divenne ENEL), per la costruzione degli invasi di Campomoro e Gera. Essa ha favorito la trasformazione della località da villaggio di pastori e minatori a località turistica molto frequentata ed apprezzata.
Il ripiano più basso è posto ad una quota di 1550 metri ed è contornato da dossi e declivi sui quali sono distribuiti piccoli nuclei di baite. Si tratta di baite che ben rappresentano i moduli costruttivi tipici della valle, con uso misto di muratura (basamento ed angoli) e legno (chiusura delle pareti). Di solito di trovano affiancate lungo un medesimo muro l'abitazione (ca') e la stalla-fienile (masùn).


Le cime di Musella viste dai dossi di Franscia

Fino al 1960 a Franscia era attiva anche una caserma della Guardia di Finanza, perché l’attività dei contrabbandieri dalla Val Lanterna alla Valle di Poschiavo fu per diversi decenni, nel secolo scorso, un’importante integrazione della magra economia della valle.
La chiesetta di Santa Barbara, posta in posizione più alta, a sinistra della strada che dal parcheggio di Franscia sale alle case dei dossi di Franscia venne costruita nel 1940 ed è il riferimento devozionale degli abitanti di Campo Franscia. La scelta della santa non è certo a caso: si tratta della patrona dei minatori. Dalla chiesetta si gode di un ottimo colpo d'occhio sul pizzo Scalino, che svetta ad est, sul monte Spondascia, alla sua sinistra, sul massiccio Sasso Nero ed infine, a nord, sulle occhieggianti cime di Musella.


Il pizzo Scalino visto dai Dossi di Franscia

Vicino a Campo Franscia, infine, è stato allestito l'Ecomuseo della Bagnada, in corrispondenza del giacimento di talco della Bagnada, scoperto verso la fine degli anni ’20 del secolo scorso dalla Società Anonima cave di Amianto (in seguito Mineraria Valtellinese) dell’Ing. Grazzani di Milano, e sfruttato fino al 1987.


Il pizzo Scalino visto dai Dossi di Franscia

ANELLO FRANSCIA-SASSO ALTO

Punti di partenza ed arrivo (anello escursionistico)
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Campo Franscia-Ciudée-Cima Sassa-Rifugio Motta-Sasso Alto-Passo di Campolungo-Dosso dei Vetti-Campo Franscia
6-7 h
1000
EE

SINTESI. Da Sondrio Saliamo in Valmalenco portandoci presso Torre di S. Maria sul suo lato destro (per noi), passando per Lanzada e proseguendo sulla carrozzabile fino all'ultima galleria che precede Campo Franscia. Qui giunti, lasciamo la strada piegando a destra e parcheggiando (m. 1550). Ci incamminamo seguendo la strada che supera con un ponte il torrente Scerscen e prosegue salendo gradualmente verso sud-sud.ovest, in direzione dei nuclei occidentali di Franscia. Raggiunte la baite dei prati alti, la strada piega a sinistra, proponendo qualche tornante in una macchia boscosa, e termina alle baite più alte del Ciudèe. Di qui partono due sentieri. Uno sale verso destra, in direzione del Dosso dei Vetti, l'altro sale verso sinistra, salendo all'ultimo lembo dei prati, indicato erroneamente sulla carta IGM e su quella CTS come "Piode". Imbocchiamo questo secondo sentiero, il 339, seguendo le indicazioni per la Cima Sassa ed i seguenti segnavia. Saliamo lungo una breve fascia boscosa verso sud-su-ovest, raggiungendo dopo pochi minuti la località cartografata sulla carta IGM come Piode (m. 1700). Piegando a destra saliamo alle baite alte ed alle loro spalle proseguiamo sul sentierino che entra nel bosco, proseguendo nella salita verso ovest, con un primo tratto molto ripido, passando sul ciglio di un salto roccioso alla nostra sinistra (attenzione!). Proseguiamo nella splendida cornice di pini silvestri. La pendenza si fa meno aspra ed a quota 1950 dobbiamo prestare attenzione ad un bivio. Dobbiamo restare sul sentiero principale che va a sinistra ed inizia a scendere verso sud-ovest, traversando al maggengo di Cima Sassa, ignorando il sentierino 339-1 che sale verso destra (nord). Il sentiero 339 inizia una lunga discesa verso sud-ovest, passando ai piedi dei roccioni del fianco orientale del Sasso Alto (o Monte Motta). Superato un primo avvallamento, ne superiamo un altro più marcato, che si origina proprio dalla cima del Sasso Alto, scendendo verso sud. Il sentiero piega quindi leggermente a sinistra e, dopo una decina di minuti di discesa esce dalla pineta alla parte alta dei prati del maggengo di Cima Sassa (m. 1721). Per proseguire nell'anello dobbiamo riprendere a salire, verso il rifugio Motta, sfruttando un sentiero segnalato che vediamo alla nostra destra. Il sentiero inizia a salire verso nord-ovest addentrandosi subito, con rapidi tornanti, in un bosco di pini mughi ed abeti. Ai tornanti seguono una lunga diagonale verso ovest ed altri tornanti, finché si raggiunge una seconda ampia radura. Sul limite di destra della radura i segnavia indirizzano ad un’ultima diagonale, che si dirige, superando una fascia di rocce, verso sinistra ed è protetta, nei punti esposti, dalle corde fisse. Quest’ultimo tratto conduce in cima al crinale occidentale del monte Motta (o sasso Alto, “sas òlt”). Dopo un breve percorso verso ovest (sinistra), giungiamo in prossimità del rifugio Motta (m. 2142). Seguiamo ora una debole traccia che sale verso est-nord-est, seguendo il largo crinale che scende ad ovest dal Sasso Alto. Con un po' di fatica raggiungiamo la panoramicissima cima del Sasso Alto (m. 2336), punto di arrivo degli impianti di risalita del Palù. Da qui possiamo poi scendere facilmente alla larga sella del passo di Campolungo, zigzagando fra facili roccioni e strisce di pascolo. Dal passo di Campolungo (m. 2167) proseguiamo la discesa verso destra (est), lungo la pista sterrata che raggiunge le baite dell'alpe Campolungo (canlùunch, m. 2110). Proseguiamo nella discesa imboccando la striscia erbosa della pista che scende verso nord, intercettando, a quota 2020, il percorso segnalato dell'Alta Via della Valmalenco (triangoli gialli), che scende fin qui dal Bocchel del Torno. Pieghiamo a destra (est) e proseguiamo scendendo ancora accompagnati dai triangoli gialli, seguendo la striscia erbosa di una nuova pista di sci. La pista propone anche tratti anche piuttosto ripidi, circondata dalla cornice di splendidi boschi di conifere. A quota 1830 metri ci troviamo ad un bivio, segnalato da un cartello: alla nostra sinistra l'Alta Via della Valmalenco prosegue sulla mulattiera che traversa all'alpe Campascio (campàasc). Noi invece e proseguiamo verso destra sulla pista in direzione sud-est, passando, dopo un breve tratto, a destra dell'ameno cocuzzolo del Dosso dei Vetti e raggiungendo l’edificio dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813, a 2 km. circa dal passo di Campolungo). Qui la pista termina, lasciando il posto ad una mulattiera con fondo irregolare. Proseguiamo scendendo sul lungo fianco del Dosso dei Vetti (dus di vét), mentre davanti ai nostri occhi si riapre la conca di Franscia. Al termine della discesa ci riportiamo sulla strada asfaltata che abbiamo percorso nel primo tratto della salita. Scendendo verso sinistra attraversiamo di nuovo il ponte sul torrente Scerscen e concludiamo l'anello tornando al parcheggio dove abbiamo lasciato l'automobile.


Apri qui una fotomappa del versante orientale del Sasso Alto o Monte Motta

Franscia può essere base di diverse interessanti camminate. Fra queste l'anello Franscia-Musella. Ma si può scegliere anche la salita alla "ricca alpe" citata dalla Guida alla Valtellina", cioè l'alpe Campolungo, ed al vicino "facile colle", il passo di Campolungo. L'escursione può essere prolungata con la salita alla vicina cima del Monte Motta o Sasso Alto e può essere concatenata ad anello sfruttando i due sentieri che passano per il Ciudée (Piode) ed il dosso dei Vetti. Si tratta di un anello che richiede attenzione nel tratto Piode-Campolungo, per evitare di perdere il sentiero e di svivolare in alcuni tratti esposti. Vediamo come percorrerlo.
Raggiunta Sondrio seguendo la ss 38 dello Stelvio, alla rampa di imbocco della tangenziale, se veniamo da Milano, la lasciamo prendendo a destra ed entrando in Sondrio, fino alla prima rotonda, dove prendiamo a sinistra ed imbocchiamo la strada provinciale della Valmalenco. Superata Mossini, superiamo il ponte sul torrente Valdone e giunti in vista di Torre di S. Maria andiamo a destra imboccando il ponte sul Mallero. Proseguiamo nella salita restando a destra del Mallero. Ignorata la deviazione a sinistra per Chiesa in Valmalenco, proseguiamo fino alla rotonda, alla quale prendiamo a destra attraversando Lanzada. Proseguiamo sulla strada che dopo qualche tornante ed alcune gallerie esce al ripiano di Campo Franscia (m. 1550). Qui lasciamo la strada prendendo a sinistra e parcheggiando l'automobile all'ampio parcheggio.
Ci incamminamo seguendo la strada che supera con un ponte il torrente Scerscen e prosegue salendo gradualmente verso sud-sud.ovest, in direzione dei nuclei occidentali di Franscia. Raggiunte la baite dei prati alti, la strada piega a sinistra, proponendo qualche tornante in una macchia boscosa, e termina alle baite più alte del Ciudèe, maggengo disposto su un'ampia fascia di prati proprietà delle famiglie Nana, Salvetti e Parolini. Il suo nome è legato alle attività estrattive ed alla produzione delle "piode": ancora oggi si vede l'imbocco di diverse gallerie scavate in passato.


Ciudée

Sentiero Ciudée-Cima Sassa

Di qui partono due sentieri. Uno sale verso destra, in direzione del Dosso dei Vetti, proseguendo per l'alpe Campascio, l'alpe Campolungo o il Bocchel del Torno, l'altro sale verso sinistra, salendo all'ultimo lembo dei prati, indicato erroneamente sulla carta IGM e su quella CTS come "Piode" (cioè "Ciudèè", che però deve correttamente riferirsi alle baite più in basso).
Imbocchiamo questo secondo sentiero, il 339, seguendo le indicazioni per la Cima Sassa ed i successivi segnavia. Saliamo lungo una breve fascia boscosa verso sud-su-ovest, raggiungendo dopo pochi minuti la località cartografata sulla carta IGM come Piode (m. 1700). Piegando a destra saliamo alle baite alte ed alle loro spalle proseguiamo sul sentierino che entra nel bosco, proseguendo nella salita verso ovest, con un primo tratto molto ripido, passando sul ciglio di un salto roccioso alla nostra sinistra. Poi la pendenza si fa meno aspra e procediamo nella splendida cornice di pini silvestri. A quota 1950 dobbiamo prestare attenzione ad un bivio. Dobbiamo restare sul sentiero principale che va a sinistra ed inizia a scendere verso sud-ovest, traversando al maggengo di Cima Sassa, ignorando il sentierino 339-1 che sale verso destra (nord).


Pizzo Scalino da Cima Sassa

Il sentiero 339 inizia una lunga discesa verso sud-ovest, passando ai piedi dei roccioni del fianco orientale del Sasso Alto (o Monte Motta). Superato un primo avvallamento, ne superiamo un altro più marcato, che si origina proprio dalla cima del Sasso Alto, scendendo verso sud. Il sentiero piega quindi leggermente a sinistra e, dopo una decina di minuti di discesa esce dalla pineta alla parte alta dei prati del maggengo di Cima Sassa (m. 1721).


Le baite di Cima Sassa

Si tratta di un gruppo di baite poste in ottima posizione panoramica, sullo sfondo del pizzo Scalino, che mostra ad est uno profilo splendido. A sinistra del pizzo Scalino si mostra il monte Spondascia (decisamente più goffo, quasi patetico a fronte dell’armonia del nobile vicino). Sul lato opposto, alle spalle del pizzo Rachele occhieggia una cima non meno nota e nobile, il monte Disgrazia, caro alle cronache alpinistiche inglesi come “Picco Glorioso”. Veglia sull'antico nucleo una cappelletta dedicata alla Beata Vergine del Rosario. Da questa località possiamo imboccare una pista che scende al maggengo di Ponte, dove si trova il rifugio omonimo.


Sentiero Cima Sassa-Rifugio Motta

Per proseguire nell'anello, però, dobbiamo riprendere a salire, verso il rifugio Motta, sfruttando un sentiero segnalato che vediamo alla nostra destra. Il sentiero inizia a salire verso nord-ovest addentrandosi subito, con rapidi tornanti, in un bosco di pini mughi ed abeti. Ai tornanti seguono una lunga diagonale verso ovest ed altri tornanti, finché si raggiunge una seconda ampia radura. In alcuni punti della salita il panorama verso sud mostra scorci suggestivi: lo sguardo, oltre il solco della Valmalenco, raggiunge la catena orobica.


Sentiero Cima Sassa-Rifugio Motta

Sul limite di destra della radura i segnavia indirizzano ad un’ultima diagonale, che si dirige, superando una fascia di rocce, verso sinistra ed è protetta, nei punti esposti, dalle corde fisse. Quest’ultimo tratto conduce in cima al crinale occidentale del monte Motta (o sasso Alto, “sas òlt”). Appaiono subito, in uno scorcio esiguo sullo sfondo, le più alte cime della Valmalenco, i pizzi Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio), Scerscen, Bernina e Palù. Sulla destra, invece, si mostra in primo piano la cima del monte Motta, raggiunta dagli impianti di risalita. Verso nord ovest sono ben visibili, da destra, il Sasso d’Entova (sasa d’éntua) ed il pizzo Fora (sasa de fura o sasa ffura). Sotto la mole imponente delle cime lo sguardo incontra la bella pineta del Palù, con al centro il lago omonimo.


Tratto attrezzato sul sentiero che sale al rifugio Motta

Dopo un breve percorso verso ovest (sinistra), si giunge in prossimità del rifugio Motta (m. 2142), posto in una posizione molto panoramica. Sotto il rifugio si trovano percorsi attrezzati per l'esercizio di arrampicata sportiva. Dal rifugio buona è anche la visuale sul versante occidentale della Valmalenco. Verso sud, oltre la Valmalenco, si vede una sezione della parte centrale della catena orobica.

Rifugio Motta

Seguiamo ora una debole traccia che sale verso est-nord-est, seguendo il largo crinale che scende ad ovest dal Sasso Alto. Con un po' di fatica raggiungiamo la panoramicissima cima del Sasso Alto (m. 2336), punto di arrivo degli impianti di risalita del Palù.

Panorama settentrionale dal monte Sasso Alto

Eccellente il panorama. Possiamo ammirare a sud-ovest il pizzo di Cassandra (m. 3226) e la cima del monte Disgrazia (m. 3678), che emerge dal massiccio monte Braccia (còrgn de bracia, m. 2909), sul versante orientale della Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra), e dalla cima del Duca (m. 2953) e dalla punta Rosalba (m. 2803), sul suo versante occidentale. A destra della punta Rosalba si distingue la sella del bocchel del Cane (m. 2551), per la quale si può effettuare la traversata dalla Val Orsera (val d'ursàra o d'ursèra) alla Val Ventina (val de la venténa), cioè da San Giuseppe a Chiareggio.


Apri qui una panoramica dalla cima del Sasso Alto o Monte Motta

Più a destra, si apre un suggestivo scorcio dell’alta Valmalenco: si mostra la Val Bona (val buni), con la bocchetta del Forno (“buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente; m. 2775) e, alla sua destra, il monte omonimo (m. 3214). Proseguiamo nella carrellata in senso orario: a destra della Val Bona si impone il massiccio bastione del Sasso di Fora (sasa de fura o sasa ffura, m. 3318), e la triade Tremoggia-Malenco-Entova. Più a destra, la mole massiccia del Sasso Nero (m. 2921). Proseguendo in senso orario, a nord, dietro monte delle Forbici, cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094), cima di Caspoggio (m. 3136) e Sasso Moro (m. 3108) ecco emergere, ben visibili, le grandi cime della testata della Valmalenco, cioè il pizzo Roseg (m. 3936), il pizzo Scerscen (m. 3971), il pizzo Bernina (m. 4049), la Cresta Güzza (m. 3869), il pizzo Argient (m. 3945), il pizzo Zupò (m. 3995), mentre restano nascoste dietro il Sasso Moro le tre cime del pizzo Palù (m. 3823, 3906 e 3882). Infine, a nord-est, ancora e sempre il pizzo Scalino (m. 3323) sembra bearsi della sua singolare eleganza. Molto interessante è anche il panorama a sud, che mostra, lontana, la sezione centrale della catena orobica. Più vicina è invece la grande conca di Chiesa Valmalenco, Caspoggio e Lanzada, ma attenzione a non sporgersi troppo per ammirarla, perché il versante meridionale del Sasso Alto è ben diverso da quello che abbiamo salito, in quanto, come indica il nome stesso, propone verticali salti di roccia.


Apri qui una panoramica sul passo e l'alpe di Campolungo

Dalla cima possiamo poi scendere facilmente alla larga sella del passo di Campolungo, che vediamo chiaramente a nord, valicato da una pista che a destra scende all'alpe Campolungo ed a sinistra scende all'alpe Palù. La discesa al passo avviene zigzagando verso nord fra facili roccioni e strisce di pascolo.
Il passo di Campolungo (m. 2167) è sorvegliato, a nord, dall’aspro spigolo meridionale del monte Roggione, e ci introduce all’amena e verdeggiante conca dell’alpe Campolungo (m. 2110). Alla nostra sinistra possiamo vedere, da sinistra, le cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; alla loro destra, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”), che chiudono la parte alta dell’omonima alpe, e, alla loro destra, la cima di Caspoggio (m. 3136) ed il Sasso Moro (m. 3108). Si tratta di una bella cornice alpina, che però ci impedisce di ammirare interamente le più possenti cime della testata della Valmalenco, che si intravedono alle loro spalle, cioè i pizzi Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio), Scerscen, Bernina, Argient e Palù. Proseguendo verso destra, cioè in guardando verso nord-est ed est, due cime si impongono allo sguardo, il monte Spondascia (m. 2867), che domina la diga di Campomoro (dighe de cammòor), ed il pizzo Scalino (m. 3323), ai cui piedi si stende l’alpe Prabello. Se guardiamo, infine, a sud vediamo il punto di arrivo degli impianti di risalita del Palù, che corrisponde alla cime del monte Motta.


Apri qui una panoramica sull'alpe di Campolungo

Dal passo proseguiamo la discesa verso destra (est), lungo la pista sterrata che raggiunge le baite dell'incantevole alpe Campolungo (canlùunch, m. 2110), collocate in falsopiano sulle pendici orientali del monte Roggione; quest'alpeggio, nella divisione degli alpeggi del 1544, venne assegnato alle squadre di Milirolo e Campo (Torre S. Maria), ed è stato caricato, fino agli anni sessante del secolo scorso, da alpeggiatori della frazione Ciappanìco di Torre.
Proseguiamo nella discesa imboccando la striscia erbosa della pista che scende verso nord, intercettando, a quota 2020, il percorso segnalato dell'Alta Via della Valmalenco (triangoli gialli), che scende fin qui dal Bocchel del Torno. Pieghiamo a destra (est) e proseguiamo scendendo ancora accompagnati dai triangoli gialli, seguendo la striscia erbosa di una nuova pista di sci. La pista propone anche tratti anche piuttosto ripidi, circondata dalla cornice di splendidi boschi di conifere. A quota 1830 metri ci troviamo ad un bivio, segnalato da un cartello: alla nostra sinistra l'Alta Via della Valmalenco prosegue sulla mulattiera che traversa all'alpe Campascio (campàasc). Noi invece e proseguiamo verso destra sulla pista in direzione sud-est, passando, dopo un breve tratto, a destra dell'ameno cocuzzolo del Dosso dei Vetti e raggiungendo l’edificio dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813, a 2 km. circa dal passo di Campolungo), cui fa da cornice, ad est, l’inconfondibile piramide del pizzo Scalino. Qui la pista termina, lasciando il posto ad una mulattiera con fondo irregolare.
Proseguiamo scendendo sul lungo fianco del Dosso dei Vetti (dus di vét), mentre davanti ai nostri occhi si riapre la conca di Franscia. Al termine della discesa ci riportiamo sulla strada asfaltata che abbiamo percorso nel primo tratto della salita. Scendendo verso sinistra attraversiamo di nuovo il ponte sul torrente Scerscen e concludiamo l'anello tornando al parcheggio dove abbiamo lasciato l'automobile.


Ex-rifugio Scerscen

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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