Case, Somvalle e bassa Val Tartano dal sentiero che dal Culmine scende a Campo Tartano

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Sirta-Culmine di Campo
4 h
1010
E
VARIANTE BREVE: SP 10-Culmine di Campo
2 h
480
EE
SINTESI. Alle spalle della chiesa di S. Giuseppe alla Sirta (m. 289) parte, dalle ultime case del paese, la via alla Sostila, cioè la bella mulattiera che percorre l’intera val Fabiolo (ma è stata in più punti cancellata dall'alluvione del 2008) . Dopo un primo tratto verso destra ed uno verso sinistra, la mulattiera raggiunge la soglia della Val Fabiolo. Passiamo a destra di un primo ponte e ad uns econdo ponte passiamo da destra a sinistra della valle (per noi). Saliamo così località Bures, o Bores (m. 650), le cui baite restano alla nostra destra, oltre il torrente. Dopo un breve tratto, prima di raggiungere il punto nel quale la mulattiera scarta decisamente a sinistra (est),un ponticello ci riporta alla destra del torrente e qui troviamo la deviazione segnalata, sulla nostra destra, per Sostìla. Seguiamo il largo sentiero che, dpo qualche tornante, in un castagneto, porta a Sostìla (m. 821). Ragigunta la chiesetta, proseguiamo diritti, oltrepassando il cimitero e giungendo alle baite dell'Arèt, dove il sentiero piega a sinistra e sale alle baite del Prato, volge a destra e porta alla sella poco sotto la bocchetta di quota 977. Prendiamo ora a sinistra e ci portiamo ad una bocchetta (Ciöda Granda, m. 1000), con diversi cartelli; qui ignoriamo la deviazione che scende verso destra e proseguiamo sul sentierino che segue il crinale verso sud. Nel primo tratto sale con pendenza modesta, poi il crinale si allarga (attenzione alla traccia) e la pendenza si accentua. Superato, sulla sinistra, un modesto gradino roccioso, il sentiero raggiunge una pineta e prosegue quasi pianeggiante. Ignorata una deviazione a destra, torniamo a salire. Poi il sentiero si affaccia al versante meridionale, che guarda su Campo. A qualche decina di metri di distanza, sulla sinistra, si trova una grande croce del Culmine di Campo, ben visibile da Campo, e collocata poco sotto la cima (m. 1301).
VARIANTE BREVE. Usciti dalla seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 scavalchiamo il fiume Adda su un ponte ed alla successiva rotonda impegniamo la impegniamo la terza uscita (indicazioni: Forcola 3 km e Tartano 14 km), percorrendo per breve tratto la Strada Pedemontana Provinciale Orobica e lasciandola al primo svincolo a destra per iniziare a salire sulla Strada Provinciale 11 della Val Tartano. La salita sull’impressionante versante occidentale del Crap del Mezzodì inanella 10 tornanti. Dopo il decimo tornante della strada per Campo Tartano procediamo per un buon tratto fino a trovare sulla destra una statua della Madonnina ed uno slargo per parcheggiare (m. 800). Sul lato opposto, in corrispondenza del punto di fermata dei bus di linea, parte, segnalato, un ripido sentiero che sale per breve tratto diritto, volge a destra e traversa fino ad intercettare un sentiero che viene da destra (dalle case del Dosso di Sopra). Lo seguiamo salendo verso sinistra, con un ultimo tratto intagliato nei roccioni (presenza di catene, ma prestiamo molta attenzione ed evitiamo la salita con rocce bagnate, perché siamo esposti su un salto di roccia). La salita termina ad una pianetta erbosa (Ciöda Granda, m. 1000) sul crinale che si affaccia sulla Val Fabiolo. Lo seguiamo verso destra (sud) come sopra descritto, fino al Culmine di Campo (m. 1301).


Apri qui una fotomappa della salita dalla bocchetta sopra Sostila al Culmine di Campo

Il Culmine di Campo è l’arrotondata formazione rocciosa che sovrasta Campo Tartano, ed è posta, nella bassa Val di Tartano, proprio in corrispondenza della sua biforcazione terminale, scendendo al fondovalle nei due rami occidentale (quello percorso dal torrente Tartano, che sfocia nell’Adda dopo aver attraversato il lungo conoide di deiezione ad ovest di Talamona) ed orientale (la val Fabiolo, dove in tempi remotissimi scorreva il Tartano, raggiungendo il fondovalle in corrispondenza dell’attuale Sirta).
Alla sua cima (m. 1301) si può salire facilmente da Campo, per un ripido sentiero. Vale però la pena, se si ha a disposizione un’intera giornata, scegliere un itinerario più lungo ma più suggestivo, che passa per la bassa e media Val Fabiolo, sale a Sostila a da qui al crinale fra la valle e la bassa Valtellina, seguendolo, infine, fino alla cima. Recentemente l'itinerario è stato segnalato da segnavia rosso-bianco-rossi con numerazione 17.
Bando alla scaramanzia, partiamo, dunque, dalla chiesa di San Giuseppe alla Sirta (m. 289): proprio alle sue spalle si trova il cartello che indica la Via alla Sostila, una bella mulattiera di origine ottocentesca. Purtroppo l'alluvione del 13 luglio 2008 ne ha distrutto buona parte, modificando anche la fisionomia della Val Fabiòlo, per cui la descrizione seguente ha un valore storico; per la descrizione dettagliata dello stato attuale, che rende possibile, ma più faticosa l'escursione, Clicca.
Nel primo tratto la mulattiera sale sul fianco della montagna, verso destra, piegando poi a sinistra ed avvicinandosi all’imbocco della valle. Prima di entrare nella valle ci si può soffermare al bàach (terrazzo panoramico), per godere di un bello scorcio panoramico sulla Sirta, sul fiume Adda e sul paese di Ardenno.
La mulattiera scende per un breve tratto, per poi volgere a sud ed entrare nella valle, che suscita, soprattutto in questo primo tratto, un senso di chiusura quasi claustrofobica. Ecco come menziona quest’antica e gloriosa mulattiera, storica porta di accesso alla Val di Tartano, la Guida alla Valtellina del CAI, nell’edizione del 1884: “(Da Sirta) si diparte una strada, che, frammezzo a cupa e fantastica gola, svolgentesi a spirale, conduce a Campo in Val di Tartano”. Cupi e fantastici, cioè tali da sollecitare la fantasia e l’immaginazione, sono appunto i muraglioni tormentati ed incombenti che sembrano osservare, con sguardo severo e quasi sprezzante, i nostri passi. Mentre il fondovalle è avvolto dall’ombra, cominciano ad apparire, alle spalle, le cime del versante retico, immerse nella luce.
Oltrepassati, sulla nostra sinistra, un enorme masso erratico, una cappelletta ed un ponticello che conduce al sentiero per Lavisolo, incontriamo un secondo ponticello, valicando il quale passiamo dal lato destro della valle (per noi) a quello sinistro. Raggiungiamo, quindi, la località Bores, o Bures (m 650). Qui troviamo un primo ponticello, che porta ai prati del maggengo, dove si trova anche una cappelletta; proseguendo, troviamo un quarto ponte, che ci fa tornare sul lato destro (per noi) della valle e, dopo un breve tratto, la deviazione per Sostila, sulla nostra destra, segnalata da un cartello in cattive condizioni.
Lasciamo, ora, la mulattiera che si accinge a descrivere una “S”, proseguendo nella salita verso Somvalle, ed iniziamo, a nostra volta, la salita a Sostila. Essa si svolge in parte nel bosco, in parte all’aperto, offrendo la possibilità di osservare squarci sempre più ampi dello scenario alpino. L’abitato di Sostila (m. 821), con la sua incantevole chiesetta della Madonna della Neve, è ancora abitato, per gran parte dell’anno, da pochissime persone, ma si anima d’estate, per la presenza di diversi villeggianti, e soprattutto in agosto, in occasione della celebrazione della festa della Madonna della Neve. Dobbiamo ora puntare alla sella sul crinale che separa la valle dalla bassa Valtellina. Per raggiungerla, possiamo sfruttare la mulattiera, che prosegue oltrepassando il piccolo cimitero, raggiungendo la frazione di Aret e volgendo a sinistra, oppure un ripido sentierino, che si arrampica sui prati, dietro la chiesetta.
Nel primo caso, più comodo anche se un po' più lungo, passiamo per le baite della frazione Era, legata ad una famosa leggenda di streghe.
Si tratta della "stria de l'Era", o meglio di tre sorelle che vivevano, appartate e discrete, in una casa solitaria ed erano frequentate da un giovanotto che aveva la seria intenzione di fidanzarsi con una di loro. Ma di giovedì non le trovava mai. Si appostò, dunque, un giovedì, per scoprire il motivo della singolare assenza, sbirciò e le vide, sul far della sera, staccarsi la testa dal busto, pettinarsi con cura i capelli, rimettersi la testa a posto e volar via passando per la cappa del camino: erano streghe, streghe che si recavano al sabba. Non è necessario aggiungere che da allora si tenne accuratamente alla larga da loro.


La ca' de li strii de l'Era

La ca' de li strii de l'Era c'è ancora: si tratta di una bella baita ristrutturata con tanto di cartello che la segnala e di graziosissime campanelle tubolari che suonano al levarsi del vento cacciando gli spiriti maligni (clicca qui per aprire un video con il loro magico suono).
Oltrepassata la casa la mulattiera, circondata da muretti a secco, si porta finalmente alla sella, a quota 977, che si trova di fronte al brullo ma suggestivo profilo del Crap del Mezzodì (m 1031), che chiude la visuale a nord. Alla sua sinistra, sullo sfondo, è ben visibile la
valle di Spluga, in Val Masino. La visuale, ad ovest, raggiunge la sommità del Lario.
Alla nostra sinistra vediamo un sentierino, che volge a sud-ovest, porta ad un crocifisso, posto su uno splendido poggio panoramico (Ciöda Granda, m. 1000) che guarda alla bassa Valtellina. Qui troviamo alcuni cartelli e proseguiamo sul crinale, passando a lato di un roccione (attenzione a seguire il segnavia rosso-bianco-rosso, e non quello bianco-rosso che segnala la partenza del sentierino che scende fino alla Madonnina, sulla strada provinciale n. 11 della Val di Tartano, dopo il decimo tornante). La traccia, che spesso si fa labile, percorre, verso sud, il crinale che separa la val Fabiolo dalla bassa Valtellina. La salita avviene, in buona parte, in un bosco che, nelle belle giornate, appare pervaso di luce, in un’atmosfera di fiabesca bellezza. Nel primo tratto sale con pendenza modesta, poi il crinale si allarga (attenzione alla traccia) e la pendenza si accentua. Superato, sulla sinistra, un modesto gradino roccioso, il sentiero raggiunge una pineta e prosegue quasi pianeggiante. Ignorata una deviazione a destra, torniamo a salire, mentre a destra si apre un primo scorcio della Val di Tartano.


Apri qui una panoramica sulla bassa Valtellina dal dosso panoramico di quota 1000

Nel fianco orientale della valle si nota l’imbocco della laterale val Vicima. Appare anche l’abitato di Campo Tartano e, sul sottostante fondovalle, lo sbarramento idroelettrico sul torrente Tartano.
Non è facile individuale dove sia esattamente il punto sommitale: di certo si trova nella bella pineta che stiamo attraversando. Il bosco regala senza dubbio suggestioni ed incantevoli giochi chiaroscurali, ma toglie molto valore panoramico alla cima. Poi il sentiero si affaccia al versante meridionale, che guarda su Campo. A qualche decina di metri di distanza, sulla sinistra, si trova una grande croce del Culmine di Campo, ben visibile da Campo, e collocata poco sotto la cima. Tornati sul sentiero, scendiamo, infine, facilmente al paese. Il sentiero è, nel primo tratto, assai ripido, ma si fa poi più dolce, fino a raggiungere le sue case più alte (m 1062). Il tempo necessario per salire dalla Sirta al Culmine è di circa tre ore, necessarie per superare un dislivello approssimativo in salita di 1010 metri.
Come tornare? Ecco due possibilità. La più breve è quella che sfrutta integralmente la mulattiera della val Fabiolo. Per trovarne la partenza, basta prendere a sinistra e procedere, oltre il cimitero di Campo, verso l’evidente sella erbosa posta ad est del Culmine, presso la frazione di Ca’ (che appartiene al comune di Forcola). Sul limite del prato si trova una cappelletta, presso la quale parte la mulattiera che scende nella valle.
Prima di scendere, però, non possiamo non gettare uno sguardo all’ottimo panorama sul gruppo del Masino che si apre dalla sella, a quota 1080 metri: mancano all’appello diverse cime, ma, da sinistra, possiamo riconoscere, in primo piano, le cime della Merdarola (sciöme da merdaröla) e la costiera Cavislone-Lobbia, poi, in secondo piano, le più note cime del pizzo Porcellizzo (sciöma dò porsceléc'), dei pizzi Badile, Cengalo e Gemelli, dei pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) e della cima di Zocca. I più famosi cima di Castello, punta Rasica e pizzi Torrone sono nascosti dalla costiera Arcanzo-Remoluzza. Occhieggiano appena, sulla destra, infine, il monte Disgrazia ed i Corni Bruciati.
La mulattiera, nel primo tratto, scende verso destra, avvicinandosi alla bella cascata che il Rio d’Assola forma precipitando dalle ultime scoscese rocce della valle omonima. Poi pieghiamo leggermente a sinistra e scendiamo ai prati della Sponda (m. 909). La successiva discesa ci fa entrare in una bella selva di faggi, abeti e pini silvestri. Qui troviamo anche alcuni massi erratici, che conferiscono al luogo un particolare fascino arcano. Usciti dalla selva, incontriamo, poi, un ponticello, che ci fa passare sul lato occidentale della valle (a sinistra del torrente, per noi che scendiamo), prima di affrontare la doppia curva ad “S” (a sinistra, prima, poi a destra), che ci riporta al bivio per Sostila, dal quale proseguiamo nella discesa alla Sirta per la medesima via di salita.
Il ritorno può avvenire anche, per via più lunga ma sicuramente interessante, sfruttando una seconda mulattiera storica, quella che dal conoide del Tartano sale alle frazioni basse di Campo: anch’essa veniva sfruttata per accedere alla Val di Tartano, anche se era assai meno frequentata. Per trovarla, portiamo da Campo Tartano, seguendo la carrozzabile che scende verso il fondovalle, alla frazione di Dosso di Sotto (m. 872), che si trova a valle della strada (cioè sulla nostra sinistra), dopo i primi due tornanti (segnalati come dodicesimo ed undicesimo, e tali sono, infatti, per chi sale) e prima della caratteristica breve galleria scavata nella roccia.


Apri qui una panoramica su bassa Val Fabiolo e versante retico dal sentiero per il Culmine di Campo

Raggiunte le case, dopo la breve rampa di accesso alla carrozzabile, prendiamo a destra, fino a trovare la partenza della mulattiera che, con diversi tornanti, scende, con direttrice ovest-nord-ovest, lungo un ampio dosso boscoso, fino al fondovalle. In alcuni tratti la mulattiera si restringe a sentiero assediato dalla debordante vegetazione (qui, d’estate, è bene indossare i pantaloni lunghi, o almeno una tuta), ma è sempre ben visibile. Il fondo è particolarmente buono e gradevole nel bel bosco di castagni che riveste la parte media del dosso: qui incontriamo anche, a quota 559, una cappelletta, l’immancabile “posa”, nelle mulattiere di montagna, cioè il punto di sosta per chi sale, e si trova nella periodica necessità di ritemprare le forze ed elevare lo spirito.
Nell’ultimo tratto la mulattiera diviene un sentiero, che, dopo qualche saliscendi, termina ad una pista sterrata, nei pressi di una grande roccia. Si tratta di una pista che corre, su un argine, a nord-est del torrente Tartano, non lontano dal suo alveo sassoso. La dobbiamo percorrere per un breve tratto, fino a trovare una pista secondaria che se ne stacca sulla destra e ci porta, in breve, ad una zona sassosa, costellata di vegetazione disordinata. Qui dobbiamo, probabilmente, intuire od indovinare, più che trovare, un sentierino che la vegetazione si è quasi interamente mangiata, e che ci porta a ridosso del versante montuoso, dove un sentierino un po’ più visibile, percorso verso sinistra, porta alla piazzola di una centrale idroelettrica.
Ora il percorso è facile: seguiamo la stradina che dalla centrale scende alla strada per la Val di Tartano, immettendosi in essa ad un tornante destrorso (per chi scende). Ora percorriamo questa seconda strada, fino al punto in cui, a sua volta, si immette nella pedemontana orobica. Prendendo, qui, a destra ci troviamo in breve a San Gregorio, e da qui torniamo alla Sirta, dove abbiamo lasciato l’automobile. Questa mulattiera può anche essere sfruttata, percorrendola in salita, per un interessante anello che la combina con la più famosa mulattiera storia della val Fabiolo: possiamo, cioè, salire per la prima a Campo e scendere lungo la seconda alla Sirta.
Segnaliamo, per completezza, un’ultima possibilità. Se, per qualsiasi motivo, vogliamo toccare anche al ritorno Sostila, senza però risalire al Culmine di Dazio, possiamo sfruttare il sentiero che dalla frazione di Dosso di sopra porta alla bocchetta di quota 977. La strada che porta a questa frazione si stacca anch’essa, ma sulla destra, alla carrozzabile che scende da Campo Tartano, e si fa ben presto mulattiera. Raggiunta la graziosa frazione, a quota 952, proseguiamo fino all’ultima casa, oltre la quale parte, ben visibile, un sentiero che si snoda sull’aspro e tormentato fianco occidentale del Culmine, nel cuore di una selva che regala, aprendosi di tanto in tanto, ottimi scorci panoramici sulla bassa Valtellina. Superato un aspro vallone, si scende un po’, prima di ricominciare a salire, trovando anche alcuni punti esposti, che richiedono, quindi, grande attenzione.
Poi il sentiero opera una svolta a destra e si immette nel cuore del canalone che adduce alla bocchetta. Nell’ultimo tratt
o saliamo proprio a ridosso dell’impressionante e strapiombante fianco occidentale del Crap del Mezzodì. Alla fine, come se, dantescamente, uscissimo a riveder le stelle, ci lasciamo alle spalle il terreno ombroso che abbiamo attraversato e sbuchiamo all’apertura della sella. Ci sembra, ora, di respirare. Sotto di noi, Sostila, per la quale torniamo al fondo della val Fabiolo e, alla fine, alla Sirta.


Apri qui una fotomappa della parte terminale della Val Tartano e della Val Vicima

VARIANTE BREVE. Possiamo salire al Culmine per via più breve partendo dalla strada provinciale della Val Tartano, in questo modo (tenendo presente che lo slargo per parcheggiare non è molto ampio e nei giorni festivi della bella stagione è difficile trovarvi posto. Nessun problema, invece, in genere nei giorni feriali, eccezion fatta, forse, il periodo di punta dell’estate).
Usciti dalla seconda galleria di Paniga (per chi proviene da Milano) della nuova ss 38 scavalchiamo il fiume Adda su un ponte ed alla successiva rotonda impegniamo la impegniamo la terza uscita (indicazioni: Forcola 3 km e Tartano 14 km), percorrendo per breve tratto la Strada Pedemontana Provinciale Orobica e lasciandola al primo svincolo a destra per iniziare a salire sulla Strada Provinciale 11 della Val Tartano. La salita sull’impressionante versante occidentale del Crap del Mezzodì inanella 10 tornanti. Dopo il decimo tornante della strada per Campo Tartano procediamo per un buon tratto fino a trovare sulla destra una statua della Madonnina ed uno slargo per parcheggiare (m. 800).
Sul lato opposto della strada vediamo la partenza segnalata di un sentiero (m. 820 circa) che sale sul ripido versante, fra radi abeti. Dopo il primo strappo il sentiero taglia a destra (tratti esposti) ed effettua una diagonale intercettando un sentiero che proviene da destra (dalle case del Dosso di Sopra). Lo seguiamo salendo verso sinistra, con un ultimo tratto intagliato nei roccioni (ci sono catene, ma prestiamo molta attenzione ed evitiamo la salita con rocce bagnate, perché siamo esposti su un salto di roccia). La salita termina ad una pianetta erbosa (Ciöda Granda, 1000 metri circa) sul crinale che si affaccia sulla Val Fabiolo, poco a monte della bocchetta o sella quotata 977 m. Qui troviamo un crocifisso e possiamo godere di uno splendido colpo d’occhio sulla bassa Valtellina e l’alto Lario.
Prendendo a destra (sud) e seguendo il crinale, come sopra descritto, saliamo al Culmine di Campo in un paio d'ore circa (il dislivello apporssimativo in salita è di 480 metri).


Apri qui una panoramica sulla bassa Valtellina dalla pianetta panoramica di quota 1000

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