Traversata dal rifugio Longoni al rifugio Marinelli, traversata Campomoro-Longoni ed anello del Sasso Nero
Il laghetto delle Forbici (clicca qui per aprire)
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La
Valmalenco, nella sua parte superiore (cioè sopra Chiesa Valmalenco -sgésa-),
si divide in due grandi rami, cioè nell’alta Valmalenco,
percorsa dal torrente Màllero, ad occidente, e nella val Lanterna,
percorsa dal torrente omonimo, ad oriente. La val Lanterna, a sua volta,
si divide nei due rami della valle di Scerscen, ad occidente, e nella
valle di Campomoro, ad oriente. Le due valli, percorse dai torrenti
Scerscen e Cormor (o Lanterna), convergono nella conca di Campo Franscia (localmente solo “franscia”; l’aggiunta di “Campo-“ si deve ad una situazione curiosa: la Guardia di Finanza progettò di costruire a Campomoro una caserma; il progetto, però, mutò e la scelta cadde su Franscia, ma nei documenti, già pronti, venne cancellato solo –moro, sostituito con –franscia; così nacque il toponimo “Campofranscia”).
Tre sono le porte che consentono di passare dall’alta Valmalenco
(val del màler) alla Val Lanterna. Le più basse sono il passo di Campolungo (m.
2167) e il bocchel del Torno (buchèl di tórn, o tùrn, m. 2203), rispettivamente
a sud e a nord del monte Roggione (crèsta del rungiùm, m. 2631), a monte delle alpi Palù
e Roggione. La più alta è la forca, o forcola, d’Éntova
(m. 2831), compresa fra il massiccio del Sasso Nero, a sud (umèt, m. 2919)
ed il fronte di cime che, partendo dalla punta quotata m. 3006, sale,
verso nord-ovest, alla triade del Sasso (o Sassa) d’ Éntova
(m. 3329) e dei pizzi Malenco (m. 3438) e Tremoggia (piz di tremögi, m. 3441; le tre vette, nel loro insieme, erano chiamate, localmente, “i tremögi”; la denominazione distinta deriva da un interesse alpinistico).
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La forca
congiunge il vallone ad est del laghetto d’ Éntova, che
incontriamo sulla nostra destra salendo sulla pista tracciata per servire
l’ex-rifugio Éntova-Scerscen, al più ampio e lungo
vallone che scende, verso est, nel cuore della valle (o vallone) di
Scerscen, che si stende ai piedi dei giganti della testata della Valmalenco.
Può,
quindi, essere sfruttata per effettuare diverse interessanti traversate,
scegliendo itinerari meno noti ed ancor meno frequentati rispetto a
quelli più classici dell’Alta Via della Valmalenco. Queste
possibilità si possono riassumere in tre grandi traversate. Innanzitutto
una variante (segnalata dai segnavia canonici, cioè dai triangoli
gialli) della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, poi
una suggestiva traversata dalla diga di Campomoro (dighe de cammòor) al rifugio Longoni,
infine un affascinante anello che, partendo dal rifugio Palù,
si chiude intorno al Sasso Nero. Partiamo dalla variante della quinta
tappa. Questa, nella sua versione classica, prevede un itinerario che,
partendo dal rifugio Palù (m. 1947) e passando per il bocchel
del Torno, le alpi Campascio e Musella ed il rifugio Carate Brianza
(m. 2636), termina al rifugio Marinelli (m. 2813).
TRAVERSATA RIFUGIO LONGONI-RIFUGIO MARINELLI-BOMBARDIERI AL BERNINA PER LA FORCA D'ENTOVA
(VARIANTE DELLA V TAPPA DELL'ALTA VIA DELLA VALMALENCO)
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rif. Longoni-Pista-Laghetto e forca d'Entova-Vallone di Scerscen-Rif. Marinelli |
6 h |
1060 |
E |
SINTESI. Dal rifugio Longoni (m. 2450), seguendo le indicazioni della IV tappa dell'Alta Via della Valmalenco, procediamo verso ovest ed al bivio scendiamo verso sinistra, sul sentiero che confluisce nella pista per l'ex-rifugio Entova Scerscen. Giunti alla piazzola ad un tornante dx della pista, saliamo verso l'ex-rifugio, ignorando più avanti la deviazione a destra per il rifugio Palù (cioè lasciando la IV tappa dell'Alta Via e procedendo su una sua variante alta). Dopo diversi tornanti siamo al pianoro con una baita, al quale un tempo parcheggiavano i veicoli. Poco oltre la pista passa nei pressi del laghetto di Èntova superiore (m. 2738). La lasciamo prendendo a destra (segnavia: triangoli gialli) e passiamo a destra del laghetto, salendo il vallone di sfasciumi fino alla Forca d'Entova (m. 2831). Sempre seguendo i triangoli gialli, passiamo in mezzo a due pozze (laghetto Tricheco) e cominciamo a scendere sul fianco di un vallone laterale che confluisce nel Vallone di Scerscen, dapprima, con direzione est-nord-est, sul lato destro. Poi superiamo, passando a sinistra, la pozza quotata m. 2636, pieghiamo a sinistra e di nuvo a destra e proseguiamo la discesa sul fianco erboso di sinistra del vallone. a quota 2500
metri circa attraversiamo, verso destra, il modesto solco di un corso
d’acqua spesso asciutto, proseguendo
la discesa, senza percorso obbligato, sul ripido fianco erboso, fino
ad un corridoio erboso, a quota 2430 metri circa, raggiunto il quale
pieghiamo decisamente a sinistra, riprendendo, appena possibile, la
discesa, disegnando una diagonale verso sinistra. La discesa termina
in corrispondenza di una piccola morena, oltrepassata la quale, verso
destra, ci troviamo a percorrere un gentile pianoro, a quota 2340 circa. Pieghiamo leggermente a sinistra, raggiungendo tre
cartelli, che segnalano fra l'altro la direzione (nord) per il rifugio Marinelli-Bombardieri,
dato a 2 ore e mezza: la seguiamo passando vicino ad un
grande masso sul quale si trova una freccia bidirezionale gialla, in
direzione della parte terminale del vallone. Per
buona parte dell’itinerario rimanente non c’è una vera e propria
traccia, (massima attenzione ai segnavia). Aggirata sulla destra una caratteristica formazione di rocce biancastre ed arrotondate, il sentiero volge decisamente a sinistra
(direzione ovest), procedendo, per un buon tratto, in direzione della
vedretta di Scerscen inferiore. Per un tratto ci allontaniamo dal rifugio Marinelli (già visibile ad est), ma ad un bivio un cartello ci manda a destra, e torniamo a procedere verso il rifugio. Troviamo il primo ponte su un ramo del torrente Scerscen. Proseguiamo verso destra (nord-est), superando una fascia di sfasciumi e tagliando il filo di una
prima morena. Raggiungiamo, così, la parte terminale del vallone,
ai piedi, anche se ad una certa distanza, dell’ultimo imponente
gradino roccioso in cima al quale si mostra l’impressionante seraccata
occidentale della vedretta di Scerscen superiore. Incontriamo altri due ponti, giungendo ai piedi della seraccata orientale della vedretta
di Scerscen superiore. Ci attende, poi, un facile guado, prima di risalire
una seconda morena, di cui seguiamo per un tratto il filo, in direzione
nord, prima di piegare a destra, in direzione est, raggiungendo una
fascia di grandi massi, oltre la quale ci attende un secondo guado,
un po’ più impegnativo. troviamo una nuova
fascia di sfasciumi. Qui dobbiamo prestare attenzione ai segnavia, per
non sbagliare direzione. L’itinerario
piega ora a destra, assumendo la direzione sud-est e salendo un ripido versante morenico; un ultimo traverso a destra ci porta al piazzale del rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina (m. 2812). |
Il rifugio Longoni
La variante della V tappa dell'Alta Via per la forca d’Éntova (buchèl de la scaròlda), invece, congiunge direttamente i rifugi Longoni
(m. 2450) e Marinelli, e presuppone una quarta tappa più breve
(da Chiareggio al rifugio Longoni, mentre l’itinerario classico
prosegue fino al rifugio Palù). Scegliere la variante alla quarta
e quinta tappa dell’Alta Via comporta lo svantaggio di tagliar
fuori alcuni luoghi di carattere marcatamente bucolico, dove il volto
più gentile e ridente della Valmalenco si mostra in tutta la
sua bellezza, vale a dire il lago Palù (anticamente chiamato semplicemente ‘l làach o lèèch, oggi làach o lèèch di palö), le alpi Campascio e Musella,
oltre che i rifugi Palù, Mitta, Musella e Carate Brianza. Ci
sono, però, due vantaggi che meritano di essere considerati:
le due tappe (soprattutto la quarta) sono più brevi, e quindi
richiedono meno dispendio di energia, e la quinta tappa ci propone il
volto più caratteristico dell’alta montagna, attraversando
luoghi che conservano intatto il fascino della solitudine selvaggia,
fino a portarci nel cuore di quel vallone di Scerscen dove la montagna,
che ci circonda da ogni lato, celebra il suo trionfo imponente di fronte
allo sguardo ammirato ed un può smarrito dell’escursionista. Il termine “Scérscen” deriva, probabilmente, da quello dialettale “scérsc”, “cerchio”, e si riferisce alla conformazione dell’ampio catino glaciale che si apre, con forma circolare, ai piedi dei colossi della testata occidentale della Valmalenco.
Partiamo, dunque, dal rifugio Longoni, posto a 2450 metri, su un terrazzo
roccioso panoramico dal quale si domina l'alta Valmalenco e si gode
di un'ottima visuale sulla parete nord del monte Disgrazia e sulla testata
della Val Sissone (val de sisùm). Tornati al trivio che si incontra salendo al rifugio
dall’alpe Fora, scendiamo verso sud-est, seguendo la direzione
segnalata per San Giuseppe (san giüsèf o giüsèp) ed il rifugio Palù, su un ripido sentiero
che, superata una fascia di roccioni, attraversa un bel boschetto di
pini mughi, portandoci ad una piazzola che precede la strada sterrata
che dai Prati della Costa, sopra san Giuseppe, sale verso l'ex rifugio
Entova-Scerscen. Raggiunta la pista sterrata, seguiamo la segnalazione per il
rifugio Palù (che lo indica a 4 ore di cammino), cioè
proseguiamo, in leggera salita, verso sinistra, puntando decisamente
a nord-est. I triangoli gialli ci informano che stiamo percorrendo un
tratto della quarta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, che
va da Chiareggio al rifugio Palù.
Dopo qualche tornante, ci attende un tratto pianeggiante, prima di raggiungere
il vallone dal quale scende il ramo occidentale del torrente Entovasco ("éntuàsch").
Qui, anche a stagione avanzata, possiamo trovare un nevaietto. Dopo
un breve tratto, incrociamo anche il ramo orientale del torrente, e
subito dopo il tracciato classico della quarta tappa dell’Alta
Via ci lascia, per addentrarsi in mare di massi, in direzione sud-est. Da
qui in avanti comincia una fitta serie di tornanti, che affronta l’aspro
versante montuoso, caratterizzato da rocce dalle forme aspre, bizzarre,
gotiche. Per un tratto scorgiamo, in alto, l’edificio dell’ex-rifugio,
che poi sparisce, mentre la salita si fa più faticosa. Un ultimo
tornante ci introduce al pianoro dove troviamo una baita. Qui parcheggiavano
i veicoli di quanti volevano raggiungere il rifugio con un breve percorso,
quando questo era aperto. Ora vi domina la solitudine: non sono in molti,
infatti, a scegliere questo percorso per un’escursione.
Apri qui una fotomappa della salita dal laghetto di Entova superiore alla Forca d'Entova
Poco oltre la baita ed un piccolo specchio d’acqua, una gradita sorpresa: la pista passa nei pressi del bellissimo laghetto di Èntova (làach o lèèch d'éntua, m. 2738), una vera perla, alle cui spalle si disegna, netta, la forca d’Entova (buchèta d’éntua, m. 2831). Ritroviamo, sul limite della pista, i segnavia gialli, che segnalano la variante della quinta tappa dell’Alta Via: seguendoli, lasciamo alla nostra sinistra la pista e cominciamo, in direzione est, la traversata della fascia di massi che occupa interamente il vallone chiuso, ad est, dalla forca. Il tracciato dettato dai segnavia ci consente di guadagnare, senza eccessive difficoltà, i 2831 metri della forca di Entova, il punto più alto della traversata.
Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen
Prima di lasciare l’alta Valmalenco, gettiamo però un’occhiata
sul panorama che si offre al nostro sguardo dal valico: il laghetto
d’Entova appare poco più in basso, nell’ampia conca
incorniciata, ad ovest, dal Sasso d’Entova (sasa d’éntua), la cui breve punta
sormonta un poderoso e frastagliato fronte roccioso. Alle spalle di
questo versante, in direzione ovest, si intravede la punta di Fora (sasa de fura o sasa ffura, m.
3363). Più
a sinistra chiudono l’orizzonte, sempre verso ovest, le cime di
Rosso e di Vazzeda. Verso est, invece, cioè in direzione della
Val Lanterna, appare una sequenza di cime poderose. Si distinguono,
da destra, il massiccio del monte delle Forbici (m. 2910; la denominazione è però erronea; viene chiamato localmente "bar óolt", perché le sue pendici nord-occidentali erano utilizzate per il pascolo di capre e pecore; alla sua sinistra
si trova la bocchetta omonima, appena sopra il rifugio Carate Brianza),
seguito dalle cime di Musella (m. 2990, 3079, 3094; più ad est, la cima di Caspoggio, m. 3136; queste vette sono chiamate, però, localmente, nel loro complesso, “sas di fòrbes”), che sovrastano la
vedretta di Caspoggio, e dalla punta Marinelli (m. 3182). Proseguendo
verso sinistra, scorgiamo il passo Marinelli orientale (m. 3120).
La discesa, che si conclude nel cuore del vallone di Scerscen, non presenta
difficoltà. I segnavia dettano un percorso che passa fra due
piccoli specchi d’acqua a quota 2800 (i laghèt), ben visibili dalla forca
(passando poco distante, sulla destra, di quello di sinistra). Scendendo
ancora, giungiamo in vista di un terzo specchio d’acqua, un po’
più grande, a quota 2636, a sinistra dell’imbocco di un
vallone detritico che scende nella nascosta ed ampia conca che ospita
il più misterioso lago della Valmalenco, il lago di Scarolda
(m. 2456). Il lago è nascosto dalle quinte oscure e selvagge
costituite dai roccioni nerastri del versante nord-occidentale del massiccio
del Sasso Nero. Il nostro itinerario non lo tocca: resta là dietro,
misterioso, in uno scenario degno di un’opera del genere fantastico.
Noi passiamo a sinistra dello specchio d’acqua e, dopo una breve
salita, ci affacciamo all’ampio versante di erbe e sfasciumi che
scende al vallone di Scerscen. Scesi di altri cento metri, a quota 2500
metri circa attraversiamo, verso destra, il modesto solco di un corso
d’acqua spesso asciutto, proseguendo
la discesa, senza percorso obbligato, sul ripido fianco erboso, fino
ad un corridoio erboso, a quota 2430 metri circa, raggiunto il quale
pieghiamo decisamente a sinistra, riprendendo, appena possibile, la
discesa, disegnando una diagonale verso sinistra. La discesa termina
in corrispondenza di una piccola morena, oltrepassata la quale, verso
destra, ci troviamo a percorrere un gentile pianoro, a quota 2340 circa.
Il vallone di Scerscen
Possiamo finalmente apprezzare l'imponenza e la suggestione del vallone che stiamo attraversando.
La valle, o vallone, di Scèrscen ("valùn de scérscen") è stata definita il Gran Canyon della Valmalenco: paragone azzardato se prendiamo in considerazione le dimensioni, azzeccato, invece, se ci riferiamo alla suggestione che questa grande conca di detriti alluvionali, che si stende ai piedi dei giganti della testata della valle, suscita. Una suggestione legata alla solitudine dei luoghi, assai meno percorsi rispetto alle vie escursionistiche più classiche della Valmalenco, ed all’acuta sensazione della propria piccolezza, che si sperimenta di fronte alla vastità degli spazi che gradualmente si aprono ed alla verticalità della compagine delle cime che chiudono l’orizzonte a nord. La storia di questo imponente bacino è assai interesssante ed istruttiva. Nei quasi tre secoli della cosiddetta Piccola Età Glaciale, dalla seconda metà del Cinquecento agli inizi dell'Ottocento, le temperature medie subirono un marcato calo. In quel periodo l'aspetto del Vallone di Scerscen era assai diverso dall'attuale. Un unico imponente ghiacciaio ne era padrone, con una superficie complessiva di circa 20 kmq. La sua lingua più bassa raggiungeva lo sbocco del vallone che sale alla forca d'Entova.
Il cimitero degli Alpini nel cuore del Vallone di Scerscen
La risalita delle temperature dalla seconda metà dell'Ottocento ne minò gradualmente la consistenza, frammentandolo nei cinque nuclei che vi troviamo oggi, la vedretta di Scercen inferiore (590 ha), quella di Scerscen superiore (553 ha), il ghiacciaietto Marinelli (28 ha), la vedretta di Caspoggio (52,5 ha) e quella di Musella (11,5 ha), con una superficie complessiva di circa il 65% di quella del ghiacciaio unificato. Le proiezioni per i decenni futuri vedono purtroppo un'accelerazione del ritiro dei ghiacciai per il ben noto processo di global warming. In futuro il Vallone di Scerscen dovrebbe essere interamente dominato dall'elemento minerale, con la presenza dei ghiacciai ridotta a sporadiche chiazze o addirittura annullata.
Il Vallone di Scerscen
Riprendiamo il racconto della traversata. Alla nostra sinistra si mostra una grande e tondeggiante formazione
di rocce biancastre e levigate, frutto del lavoro millenario del ghiacciaio
di Scerscen inferiore, il cui fronte si è ora di parecchio ritirato.
Se proseguiamo verso est ci portiamo nel cuore del vallone di Scerscen:
alla nostra destra (sud), nascosta da alcuni modesti dossi, si trova
la bocchetta di quota 2360, per la quale passa il sentiero che, partendo
dall’alpe Musella, risale il vallone.
Noi dobbiamo, invece, piegare leggermente a sinistra, raggiungendo tre
cartelli, che segnalano la direzione (nord) per il rifugio Marinelli-Bombardieri,
dato a 2 ore e mezza, quella per la bocchetta sopra citata (sud), vale
a dire per il Cimitero degli Alpini (poco ad est della bocchetta), dato
a 15 minuti, l’alpe Musella, data ad un’ora e 45 minuti,
ed il rifugio Longoni (dal quale siamo giunti noi), dato a 4 ore, ed
infine quella per il rifugio Carate Brianza (est), dato ad un’ora
e 10 minuti, ed il Monumento degli Alpini, dato ad un’ora e 30
minuti. È facile comprendere come si tratti di un crocevia di
molteplici possibilità escursionistiche. Seguiamo,
ora, le indicazioni per il rifugio Marinelli, passando vicino ad un
grande masso sul quale si trova una freccia bidirezionale gialla, in
direzione della parte terminale del vallone. Teniamo presente che per
buona parte dell’itinerario non c’è una vera e propria
traccia, per cui bisogna prestare molta attenzione per non perdere i
segnavia che indicano la direzione corretta. Aggirata sulla destra la
formazione rocciosa biancastra, il sentiero volge decisamente a sinistra
(direzione ovest), procedendo, per un buon tratto, in direzione della
vedretta di Scerscen inferiore. In questo tratto si impone allo sguardo,
verso nord-nord-est, il pizzo Sella, che mostra un elegante profilo.
Apri qui una fotomappa del Vallone di Scerscen e della testata della Valmalenco
La nostra meta, il rifugio Marinelli, già visibile, verso nord-ovest,
alla sommità dell’imponente sperone roccioso rossastro
che lo ospita, si allontana, alle nostre spalle, tanto che per un attimo
ci assale il dubbio sulla correttezza dell’itinerario. Alla fine,
però, un cartello della Comunità Montana Valtellina di
Sondrio ci tranquillizza. Esso segnala un bivio: prendendo a sinistra,
saliamo all’edificio dell’ex-rifugio Entova-Scerscen, dal quale possiamo poi scendere ad una comoda pista che ci porta a San Giuseppe
(si tratta di una possibilità che può essere presa in
considerazione da chi voglia chiudere un anello che parte ed arriva
al rifugio Longoni); prendendo, invece, a destra ci portiamo ad un ponte,
che attraversa uno dei rami dello Scerscen, proseguendo nel cammino
verso la Marinelli. Il ponte, nuovo e robusto, è il primo dei
tre nuovi ponti che hanno sostituito quelli precedenti, travolti dalla
furia delle acque.
Oltrepassato
il ponte, l’itinerario prosegue verso destra, cioè in direzione
nord-est, superando una fascia di sfasciumi e tagliando il filo di una
prima morena. Raggiungiamo, così, la parte terminale del vallone,
ai piedi, anche se ad una certa distanza, dell’ultimo imponente
gradino roccioso in cima al quale si mostra l’impressionante seraccata
occidentale della vedretta di Scerscen superiore. Il silenzio è,
qui, rotto dal fragore delle acque e, qualche volta, da tonfi sordi
e fragorosi. Non si tratta di frane, ma della caduta di grandi blocchi
di ghiaccio che si staccano dal fronte della seraccata, precipitando
più a valle. Proseguendo nella traversata, incontriamo altri due ponti, giungendo ai piedi della seraccata orientale della vedretta
di Scerscen superiore. Ci attende, poi, un facile guado, prima di risalire
una seconda morena, di cui seguiamo per un tratto il filo, in direzione
nord, prima di piegare a destra, in direzione est, raggiungendo una
fascia di grandi massi, oltre la quale ci attende un secondo guado,
un po’ più impegnativo (mettiamo, quindi, in conto di poterci
bagnare i piedi nelle gelide acque di fusione: un cambio di calze è,
dunque, quanto mai opportuno). Un’eventuale sosta, necessaria,
magari, per cambiare le calze bagnate, ci permette di riconoscere le
cime che abbiamo lasciato alle nostre spalle,ad ovest: a destra della
cima 3006, riconosciamo ora, in sequenza ravvicinata, il Sasso d’Entova,
il pizzo Malenco ed il pizzo Tramoggia, che sormontano la vedretta di
Scerscen inferiore.
Oltre l’ultimo ramo del torrente Scerscen, troviamo una nuova
fascia di sfasciumi. Qui dobbiamo prestare attenzione ai segnavia, per
non sbagliare direzione. L’itinerario
piega ora a destra, assumendo la direzione sud-est. Mancano poco più
di cento metri, si tratta di profondere le ultime energie nella salita,
prima della meta. Un ripido tratto ci permette di guadagnare il bordo
di un’ampia conca di sfasciumi, raggiungendo, infine, una marcata
traccia, che conduce direttamente al rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina, che appare all'improvviso dopo un ultimo traverso a destra.
Da qui il panorama sui
giganti della Valmalenco, che dal cuore del vallone rimangono seminascosti,
è particolarmente felice: appaiono, in tutta la loro imponenza,
da sinistra il pizzo Roseg (da “rösa” o “rosa”, massa di ghiaccio, m. 3937), il pizzo Scerscen (m. 3971), il
pizzo Bernina (m. 4049) e la Cresta Güzza (m. 3869).
Apri qui una fotomappa dell'alto Vallone di Scerscen
L’ultimo tratto, pur presentando un fondo largo e regolare, deve essere affrontato con attenzione, perché è esposto. Alla fine, eccoci all’ampio piazzale del rifugio Marinelli (m. 2813), che raggiungiamo dopo circa 6 ore di cammino (il dislivello in salita è di circa 1060 metri). Dal piazzale si apre, verso est, il bellissimo scenario della vedretta di Caspoggio, incorniciata, sulla destra, dalle cime di Musella orientale (m. 3088) ed occidentale (m. 2990).
Apri qui una fotomappa dell'alto Vallone di Scerscen
Il rifugio, di proprietà del CAI di Sondrio, fu costruito nel 1880. Il suo nome originario era rifugio Scerscen ma, dopo la morte del suo ideatore, Damiano Marinelli, nel 1882 venne intitolato a lui. Nel tempo fu soggetto a numerosi ampliamenti (1906, 1915, 1917, 1925 e 1938), finché, dopo la seconda guerra mondiale, per impulso di Luigi Bombardieri venne raddoppiato. Alla morte del Marinelli, in seguito alla tragica caduta dell’elicottero che lo trasportava nel 1957, il suo nome venne aggiunto nell’intitolazione del rifugio, che ebbe come custode Cesare Folatti.
Rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina
TRAVERSATA CAMPOMORO-RIFUGIO LONGONI PER LA FORCA D'ENTOVA
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Parcheggio diga di Campomoro-Bocchetta delle Forbici-Vallone di Scerscen-Forca di Entova-Pista sterrata-Rif. Longoni |
7 h |
1500 |
E |
SINTESI. Saliamo in Valmalenco, a Lanzada, e proseguiamo sulla carozzabile che raggiunge Campo Franscia e prosegue terminando a Campomoro (m. 1990), presso l'omonima diga artificiale. Parcheggiamo all'ampio spiazzo ed attraversiamo il coronamento della diga, scendendo, sul lato opposto, su una pista sterrata che dopo pochi tornanti porta ad una piazzola. Di qui parte un largo sentiero che risale ripido l'aspro versante meridionale del Sasso Moro, verso ovest. Al termine della salita volge a destra (nord) ed inizia una lunga traversata, salendo molto moderatamente, verso nord-nord-ovest, sull'alto versante del bacino di Musella, prima fra radi larici, poi all'aperto, fino ad intercettare il sentiero della V tappa dell'Alta Via della Valmalenco. Il sentiero poi risale, ripido, una serie di dossi e conduce al rifugio Carate-Brianza (m. 2636). Dal rifugio saliamo alla vicinissima Bocchetta delle Forbici ed entriamo nel vallone di Scerscen, lasciamo alla nostra destra il sentiero per il rifugio Marinelli-Bombardieri al Bernina e scendendo verso sinistra (indicazione su un masso “Ponte-Cimitero
Alpini”) in direzione del laghetto delle Forbici (m. 2618). Superato un secondo laghetto (m. 2611), l’itinerario comincia a scendere decisamente (attenzione ai segnavia),
volgendo verso sud-ovest, con un andamento zigzagante. Piega, poi,
a destra, assumendo la direzione nord, e supera una fascia di rocce
sfruttando un canalino. In questo tratto, particolarmente ripido, dobbiamo
prestare una certa attenzione. Raggiungiamo, quindi, un terreno più
tranquillo, che alterna fasce di massi a magri pascoli, volgendo in
direzione nord-ovest e passando a monte di un enorme masso. Dopo un'ultima fascia di massi siamo al ponte sul torrente Scerscen (m. 2240). Saliamo poi ad un pianoro e di qui saliamo di nuovo, verso
sinistra, alla bocchetta di quota 2360 (quattro cartellie scursionistici), dove si trova un secondo cartello,
che indica la direzione in cui si trova il Cimitero degli Alpini, a
5 minuti di cammino. Andiamo a sinistra e, seguendo alcuni
ometti, raggiungere la croce del piccolo monumento, seminascosta da
un dosso. Tornati ai quattro
cartelli della bocchetta di quota 2360, seguiamo le indicazioni per la forca d’Entova.
Senza perdere quota, entriamo nel pianoro che chiude l’ampio
vallone che sale alla forca. Raggiunta la parte terminale del pianoro,
dirigiamoci alla piccola morena, sulla nostra destra, e seguiamone il
breve filo, fino a giungere in vista dei triangoli gialli che ci guidano
nella salita verso la forca d'Entova. Stiamo sul suo lato destro (per noi), poi pieghiamo a sinistra ed ancora a destra, passiamo a destra di una prima pozza ed in mezzo a due microlaghetti prima di raggiungere l'ampio corridoio della Forca d'Entova (m. 2831). Scendiamo poi per un vallone di sfasciumi, seguendo i triangoli gialli, passiamo a sinistra del lago di Entova Superiore (m. 2738) raggiungiamo un pianoro dove intercettiamo una pista sterrata, per la quale scendiamo per lungo tratto, prima con tornanti, poi con traverso verso ovest, fino ad una piazzola dove troviamo le indicazioni per il rifugio Longoni. Qui lasciamo la pista salendo verso destra, su marcato e ripido sentiero che intercetta un secondos entiero procedendo verso destra sul quale in breve siamo al rifugio Longoni (m. 2450). |
Apri qui una fotomappa degli accessi al rifugio Longoni
Raccontiamo, ora, una seconda interessantissima possibilità escursionistica
che passa per la forca d’Entova, la traversata Campomoro-Rifugio
Longoni. Punto di partenza è la diga di Campomoro (m.
1990), che si raggiunge salendo, da Chiesa Valmalenco (a 15,5 km da
Sondrio) verso Campo Franscia (m. 1550, 8 km da Chiesa Valmalenco) e
da Campo Franscia, su strada interamente asfaltata, a Campomoro (6 km
da Campo Franscia). Qui si trova ampia possibilità di parcheggio. Lasciata
l’automobile, iniziamo il cammino attraversando, sul camminamento,
la corona della grande diga e portandoci sul suo lato settentrionale,
dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante, a quota
1940. Qui parte il più frequentato sentiero per il rifugio Marinelli.
Nel primo tratto sale, ripido, sull’aspro versante meridionale
del Sasso Moro (m. 3108), con qualche tratto esposto protetto da corrimano.
Il sentiero volge, poi, gradualmente a destra (nord-ovest), raggiungendo
un più tranquillo bosco di larici, che attraversiamo percorrendo
un lungo tratto con andamento quasi pianeggiante. Usciti dal bosco,
riconosciamo subito la bocchetta delle Forbici (buchèl di fòrbes) e, poco sotto, il rifugio
Carate Brianza (m. 2636), per il quale passa il sentiero. Per raggiungerlo,
dopo aver intercettato il sentiero che sale, da sinistra, dall’alpe
Musella, dobbiamo risalire una serrata sequenza di dossi (si tratta
dei famosi “sette sospiri” - "set suspìir" ), ai piedi del versante meridionale
delle eleganti cime di Musella (m. 3088). Dopo due ore circa di cammino
siamo, dunque, alla bocchetta delle Forbici (m. 2660), che ci introduce
al grandioso, selvaggio e bellissimo vallone di Scerscen.
Ora, invece di proseguire in direzione del rifugio Marinelli, dobbiamo
seguire i segnavia bianco-rossi, che ci guidano nella discesa nel cuore
del Vallone. La partenza di questo itinerario è segnalata su
un masso, posto a sinistra del sentiero per la Marinelli, a poca distanza
dalla bocchetta delle Forbici, con la scritta “Ponte-Cimitero
Alpini”. I segnavia, che vanno sempre seguiti con attenzione lungo
l’intera discesa, dal momento che la traccia di sentiero è
assai discontinua e labile, ed attraversa luoghi esposti, ci porta,
dopo un primo tratto, sulla riva orientale del laghetto delle Forbici (m. 2618), nel quale, durante le belle giornate con calma di vento,
si specchia l’imponente testata della Valmalenco.
Poco
oltre, troviamo un secondo e più piccolo laghetto (m. 2611).
Da qui possiamo distinguere chiaramente la forca d’Entova, che
si trova sul crinale che separa la valle di Scerscen dall’alta
Valmalenco, a sinistra della marcata punta del Sasso d’Entova,
alla cui destra si distingue il pizzo Malenco. Guardando ancora più
a destra, vediamo la vedretta di Scerscen inferiore, delimitata, a nord,
dalla massiccia dorsale che comprende, da sinistra, il pizzo Glüschaint
(m. 3594), La Sella (m. 3854), i pizzi Gemelli (m. 3500 e m. 3501) ed
il pizzo Sella (m. 3511).
Apri qui una fotomappa del Vallone di Scerscen
Oltrepassato il laghetto, l’itinerario comincia a scendere decisamente,
volgendo verso sud-ovest, con un andamento zig-zagante. Piega, poi,
a destra, assumendo la direzione nord, e supera una fascia di rocce
sfruttando un canalino. In questo tratto, particolarmente ripido, dobbiamo
prestare una certa attenzione. Raggiungiamo, quindi, un terreno più
tranquillo, che alterna fasce di massi a magri pascoli, volgendo in
direzione nord-ovest e passando a monte di un enorme masso, che cattura
la nostra attenzione, accendendo la fantasia, che si sbizzarrisce nell’immaginare
da quale cima e come sia potuto scendere fin quasi nel cuore del vallone.
Guardando verso nord, dominiamo l’ampia parte terminale del vallone,
sovrastata dalle più alte cime della testata della Valmalenco.
Superata un’ultima fascia di massi, ci ritroviamo a monte del ponte sul torrente Scerscen, gettato, a quota 2240, dal gruppo degli
Alpini di Lanzada nel luglio del 1996. Saliamo, quindi, sul lato opposto
della valle, lasciando alle nostre spalle il fragore rabbioso delle
acque che scendono dal ghiacciaio di Scerscen. La
salita ci porta ad un tranquillo pianoro, dove si trova il cartello
già menzionato sopra, nel racconto della variante della V tappa
dell’Alta Via. Prima di continuare verso la forca d’Entova,
prendiamoci il tempo di un interessanti fuori-programma: saliamo, verso
sinistra, alla bocchetta di quota 2360, dove si trova un secondo cartello,
che indica la direzione in cui si trova il Cimitero degli Alpini (cimitéri di alpìn), a
5 minuti di cammino. Si tratta di piegare a sinistra e, seguendo alcuni
ometti, raggiungere la croce del piccolo monumento, seminascosta da
un dosso. Esso è posto a 2370 metri, e ricorda la morte di un
gruppo costituito da 16 alpini, travolti da una valanga il 2 aprile 1917, mentre salivano al rifugio Marinelli, dove era alloggiato un distaccamento di Alpini, dalla bocchetta delle Forbici. La targa, posta
dal gruppo A.N.A. di Lanzada, commemora il loro sacrificio con queste
parole: “A questi prodi vigili sui monti non parve sorte dura
precipitare a valle sotto la valanga immane se il verde delle fiamme
e il rosso del sangue loro sul bianco della neve simboleggiarono al
termine estremo del fronte di guerra la gloria del tricolore”.
Alle spalle della croce i giganti ci guardano con sovrano silenzio,
così come furono muti testimoni della lontana tragedia.
Il vallone di Scerscen
Possiamo finalmente apprezzare l'imponenza e la suggestione del vallone che stiamo attraversando.
La valle, o vallone, di Scèrscen ("valùn de scérscen") è stata definita il Gran Canyon della Valmalenco: paragone azzardato se prendiamo in considerazione le dimensioni, azzeccato, invece, se ci riferiamo alla suggestione che questa grande conca di detriti alluvionali, che si stende ai piedi dei giganti della testata della valle, suscita. Una suggestione legata alla solitudine dei luoghi, assai meno percorsi rispetto alle vie escursionistiche più classiche della Valmalenco, ed all’acuta sensazione della propria piccolezza, che si sperimenta di fronte alla vastità degli spazi che gradualmente si aprono ed alla verticalità della compagine delle cime che chiudono l’orizzonte a nord. La storia di questo imponente bacino è assai interesssante ed istruttiva. Nei quasi tre secoli della cosiddetta Piccola Età Glaciale, dalla seconda metà del Cinquecento agli inizi dell'Ottocento, le temperature medie subirono un marcato calo. In quel periodo l'aspetto del Vallone di Scerscen era assai diverso dall'attuale. Un unico imponente ghiacciaio ne era padrone, con una superficie complessiva di circa 20 kmq. La sua lingua più bassa raggiungeva lo sbocco del vallone che sale alla forca d'Entova.
Il cimitero degli Alpini nel cuore del Vallone di Scerscen
La risalita delle temperature dalla seconda metà dell'Ottocento ne minò gradualmente la consistenza, frammentandolo nei cinque nuclei che vi troviamo oggi, la vedretta di Scercen inferiore (590 ha), quella di Scerscen superiore (553 ha), il ghiacciaietto Marinelli (28 ha), la vedretta di Caspoggio (52,5 ha) e quella di Musella (11,5 ha), con una superficie complessiva di circa il 65% di quella del ghiacciaio unificato. Le proiezioni per i decenni futuri vedono purtroppo un'accelerazione del ritiro dei ghiacciai per il ben noto processo di global warming. In futuro il Vallone di Scerscen dovrebbe essere interamente dominato dall'elemento minerale, con la presenza dei ghiacciai ridotta a sporadiche chiazze o addirittura annullata.
Il Vallone di Scerscen
Riprendiamo il racconto della traversata. Non è necessario, ora, ridiscendere alla piana: tornati ai quattro
cartelli della bocchetta, seguiamo le indicazioni per la forca d’Entova,
data a 2 ore (mentre il rifugio Longoni è dato a 3 ore e 45 minuti).
Senza perdere quota, entriamo nell’ameno pianoro che chiude l’ampio
vallone che sale alla forca. Raggiunta la parte terminale del pianoro,
dirigiamoci alla piccola morena, sulla nostra destra, e seguiamone il
breve filo, fino a giungere in vista dei triangoli gialli che ci guidano
nella salita verso la forca. Percorriamo,
ora, a rovescio l’itinerario descritto nella prima metà
della variante della V tappa dell’Alta Via. Se avessimo difficoltà
a rintracciare i segnavia, o dovessimo perderli, poco male: possiamo
proseguire a vista, rimanendo, più o meno, al centro dell’ampio
vallone, passando a destra del primo laghetto ed in mezzo ai due specchi
d’acqua più alti.
Raggiungiamo, così, l'ampio corridoio della Forca d'Entova (m. 2831). Scendiamo poi per un vallone di sfasciumi, seguendo i triangoli gialli, passiamo a sinistra del lago di Entova Superiore (m. 2738) raggiungiamo un pianoro dove intercettiamo una pista sterrata, per la quale scendiamo per lungo tratto, prima con tornanti, poi con traverso verso ovest, fino ad una piazzola dove troviamo le indicazioni per il rifugio Longoni. Qui lasciamo la pista salendo verso destra, su marcato e ripido sentiero che intercetta un secondos entiero procedendo verso destra sul quale in breve siamo al rifugio Longoni (m. 2450). Raggiungiamo il rifugio
dopo circa 7 ore e mezza di cammino, necessarie per superare circa 1500
metri di dislivello.
Apri qui una fotomappa della traversata dalla Bocchetta delle Forbici alla Forca d'Entova
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Rifugio Palù-Bocchel del Torno-Alpi Campascio e Musella-Vallone di Scerscen-Forca d'Entova-Pista-Alpe Sasso Nero-Rif. Palù |
7 h e 30 min. |
1400 |
E |
SINTESI. Dal rifugio Palù saliamo all'alpe Roggione (m. 2007) ed attraversiamo un piccolo bosco, nel quale la traccia di
sentiero si fa strada a fatica fra alcuni grandi massi. Usciti dal bosco,
cominciamo a risalire uno stretto vallone, fra erbe e qualche masso, in
direzione della sella terminale, cioè del Bocchel del Torno (m.
2203). Ignoriamo le segnalazioni per Il sasso Nero alla
nostra sinistra e cominciamo a scendere verso destra, entrando nuovamente in
un bosco di larici.
Ignorata
la deviazione a destra per l'alpe Campolungo, continuiamo, dunque, a scendere verso sud-est, raggiungendo
le pisce di sci e la stazione dalla quale parte lo ski-lift che sale fino
al monte Motta.
Poco sopra la quota 1800, invece di proseguire nella medesima direzione, pieghiamo a sinistra, percorrendo una mulattiera che entra nella valle
di Scerscen. Superato l'omonimo torrente, raggiungiamo il pianoro dell'alpe Campascio, attraversandolo fino alle baite dell'alpe (m. 1844), precedute da due torrentelli. Presso la prima di queste baite imbocchiamo, sempre seguendo le segnalazioni,
il sentiero che riprende a salire verso destra (nord-est) per circa duecento
metri, fino a raggiungere la radura dove sono collocati i rifugi Mitta
e Musella, a 2021 metri. Poco sopra i rifugi raggiungiamo poi le baite dell'alpe Musella (m. 2076). Ora, invece
di seguire le indicazioni per i rifugi Carate e Marinelli, portiamoci
verso il limite sud-occidentale dell’alpe, passando a monte di
una chiesetta posta su un piccolo poggio. Presso la più bassa
delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe troveremo
il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta
Via che passa per il vallone di Scerscen. Il sentiero procede in un bosco di larici, supera una roccia levigata grazie ad una passerella in legno, attraversa un corpo franoso e passa a sinistra delle ex-miniere di amianto (m. 2050). Superiamo su un ponte il torrente Scerscen da destra a sinistra (per noi), procediamo guidati dai triangoli gialli non lontano dalla sua riva e cominciamo a salire gradualmente. Giunti ad un ampio pianoro, procediamo in piano e riprendiamo
a salire, volgendo leggermente a destra, passando a sinistra di una
curiosa formazione rocciosa costituita da due corni e sormontando un
dosso di magri pascoli e sassi, fino a giungere alla sella di quota
2360 (quadrivio segnalato da cartelli). Qui prendiamo a sinistra (indicazioni per la forca d'Entova). Senza perdere quota, entriamo nel pianoro che chiude l’ampio
vallone che sale alla forca. Raggiunta la parte terminale del pianoro,
dirigiamoci alla piccola morena, sulla nostra destra, e seguiamone il
breve filo, fino a giungere in vista dei triangoli gialli che ci guidano
nella salita verso la forca d'Entova. Stiamo sul suo lato destro (per noi), poi pieghiamo a sinistra ed ancora a destra, passiamo a destra di una prima pozza ed in mezzo a due microlaghetti prima di raggiungere l'ampio corridoio della Forca d'Entova (m. 2831). Scendiamo poi per un vallone di sfasciumi, seguendo i triangoli gialli, passiamo a sinistra del lago di Entova Superiore (m. 2738) raggiungiamo un pianoro dove intercettiamo una pista sterrata, per la quale scendiamo per lungo tratto, prima con tornanti, poi con traverso verso ovest, fino a trovare sulla sinistra la segnalazione del sentiero che traversa al rifugio Palù (quarta tappa dell'Alta Via della Valmalenco). Lasciamo la strada per effettuare verso sinistra una lunga traversata
verso sud-est. Il primo tratto supera una fascia di grandi massi. Dopo aver attraversato il torrente Entovasco, iniziamo a salire
gradualmente, trovando ogni tanto una traccia di sentiero, alternata a
tratti in cui sono ancora i massi a farla da padrone.
Ai tratti in salita
si succedono anche brevi discese fino al'abbandonata alpe Sasso Nero. Ad una discesa
che ci permette di superare un valloncello segue una nuova, faticosa ma
ultima risalita, che ci fa guadagnare di nuovo una quota di poco superiore
ai 2300 metri. Coi affacciamo all'ampia conca del lago Palù verso la quale scendiamo diretti fra pini mughi, fino all'alpe Roggione. Qui pieghiamo a destra ed in breve torniamo al rifugio lago Palù (m. 1947). |
Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen
Raccontiamo, infine, la terza possibilità, che può essere
denominata anello del Sasso Nero. Essa ha come punto
di partenza il rifugio Palù, nei pressi del quale parte il sentiero
per l’alpe Roggione ed il bocchel del Torno (m. 2203). Dalla bocchetta
scendiamo, seguendo i triangoli gialli della quinta tappa dell’Alta
Via della Valmalenco, fino ad intercettare la pista sterrata che scende
dal passo di Campolungo all’ex-rifugio Scerscen, al Dosso dei Vetti (dus di vét), sopra Campo Franscia. Invece di seguire la pista, imbocchiamo
però, seguendo le indicazioni dei cartelli, la bella mulattiera
che, puntando a nord, conduce, nello splendido scenario di un bosco
di larici, al ponte sul torrente Scerscen, superato il quale ci troviamo
sul limite meridionale dell’alpe Campascio (campàasc, (m. 1828).
Seguendo
il suo bordo destro, portiamo all’ultima baita di destra dell’alpe,
dove parte un marcato sentiero che sale all’alpe Musella, dove
si trovano i rifugi Mitta (m. 2020) e Musella (m. 2021). Ora, invece
di seguire le indicazioni per i rifugi Carate e Marinelli, portiamoci
verso il limite sud-occidentale dell’alpe, passando a monte di
una chiesetta posta su un piccolo poggio. Presso la più bassa
delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe troveremo
il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta
Via che passa per il vallone di Scerscen. Imbocchiamo, così,
un sentiero che per un buon tratto corre, con qualche saliscendi, in
un bosco di larici, tagliando le estreme propaggini di rocce arrotondate
che scendono dallo sperone meridionale del monte delle Forbici. Il sentiero,
raggiunto un punto panoramico che ci permette di gettare un’occhiata
sulla piana dell’alpe Campascio (campàasc), occupata, nella parte occidentale,
da detriti alluvionali, piega a destra, esce dal bosco e taglia il selvaggio
fianco sud-occidentale del monte delle Forbici. Ad un certo punto, sulla
nostra destra, si impone allo sguardo una singolare e quasi surreale
formazione rocciosa, massiccia, levigata, dalle sfumature nere e rossastre;
rappresenta un po’ un punto di svolta, in quanto il panorama,
alle nostre spalle, dominato dalla costiera Valmalenco - Val di Togno,
con il pizzo Scalino sulla sinistra, comincia a chiudersi, mentre si
apre gradualmente quello del vallone. Poco oltre, una grande roccia
arrotondata ed esposta si frappone al nostro cammino: non potremmo superarla
senza l’ausilio della passerella in legno costruita sul suo fianco
e corredata di una corda fissa.
Apri qui una panoramica del Vallone di Scerscen
Poi il sentiero attraversa un corpo franoso, prima di condurci alle miniere abbandonate di amianto, a quota 2050, segnalate da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, che dà anche il Cimitero degli Alpini ad un’ora di cammino. A poca distanza dalle miniere, raggiungiamo il ponte che ci porta sul lato opposto del vallone nel quale stiamo entrando, cioè sul lato occidentale. Qui, per un buon tratto, procediamo sul limite dei depositi alluvionali del torrente Scerscen, prima di guadagnare un po’ quota, guidati dai segnavia (triangoli gialli) sul fianco del vallone. Si apre, intanto, il superbo scenario delle più alte cime di Valmalenco: le prime ad apparire sono il pizzo Sella (m. 3511), a sinistra, ed il pizzo Roseg (m. 3937), a destra. Ben presto appaiono, poi, più a destra, i pizzi Scerscen (m. 3971) e Bernina (m. 4049). Ancora più a destra, ecco la caratteristica ed inconfondibile Cresta Güzza (m. 3869). Chiude la superba testata della Valmalenco, sul lato destro, il pizzo Argient (m. 3945).
Apri qui una panoramica sul Vallone di Scerscen dalla forca d'Entova
Continuiamo a guadagnare gradualmente quota, portandoci verso il fianco roccioso che chiude alla nostra sinistra (ovest) il vallone, prima di approdare ad un ampio pianoro. Mentre alla nostra destra la massiccia complesso roccioso che culmina nel monte delle Forbici rende sempre meglio visibile, le cime della testata della Valmalenco cominciano a defilarsi, nascoste dai possenti gradoni rocciosi che si trovano nella parte medio-alta del vallone. A sinistra si fa sempre più slanciata la cima quotata 3006, immediatamente a nord della forca d’Entova, cima che nasconde alla vista le più famose cime del Sasso d’Entova (m. 3329), del pizzo Malenco (m. 3438) e del pizzo Tramoggia (m. 3441), posti a nord-ovest della stessa. Dopo un tratto pianeggiante, riprendiamo a salire, volgendo leggermente a destra, passando a sinistra di una curiosa formazione rocciosa costituita da due corni e sormontando un dosso di magri pascoli e sassi, fino a giungere alla sella di quota 2360, dove si trovano i cartelli sopra menzionati.
Laghetto presso la forca di Entova
Qui prendiamo a sinistra (indicazioni per la forca d'Entova). Senza perdere quota, entriamo nel pianoro che chiude l’ampio vallone che sale alla forca. Raggiunta la parte terminale del pianoro, dirigiamoci alla piccola morena, sulla nostra destra, e seguiamone il breve filo, fino a giungere in vista dei triangoli gialli che ci guidano nella salita verso la forca d'Entova. Stiamo sul suo lato destro (per noi), poi pieghiamo a sinistra ed ancora a destra, passiamo a destra di una prima pozza ed in mezzo a due microlaghetti prima di raggiungere l'ampio corridoio della Forca d'Entova (m. 2831).
Laghetto presso la forca d'Entova
Scendiamo poi per un vallone di sfasciumi, seguendo i triangoli gialli, passiamo a sinistra del lago di Entova Superiore (m. 2738) raggiungiamo un pianoro dove intercettiamo una pista sterrata, per la quale scendiamo per lungo tratto, prima con tornanti, poi con traverso verso ovest, fino a trovare sulla sinistra la segnalazione del sentiero che traversa al rifugio Palù (quarta tappa dell'Alta Via della Valmalenco). Lasciamo la strada per effettuare verso sinistra una lunga traversata verso sud-est. Il primo tratto supera una fascia di grandi massi. Dopo aver attraversato il torrente Entovasco, iniziamo a salire gradualmente, trovando ogni tanto una traccia di sentiero, alternata a tratti in cui sono ancora i massi a farla da padrone.
Apri qui una fotomappa della discesa dalla forca d'Entova
Ai tratti in salita si succedono anche brevi discese fino all'abbandonata alpe Sasso Nero. Ad una discesa che ci permette di superare un valloncello segue una nuova, faticosa ma ultima risalita, che ci fa guadagnare di nuovo una quota di poco superiore ai 2300 metri. Coi affacciamo all'ampia conca del lago Palù verso la quale scendiamo diretti fra pini mughi, fino all'alpe Roggione. Qui pieghiamo a destra ed in breve torniamo al rifugio lago Palù (m. 1947).
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere
ALTRE ESCURSIONI SULL'ALTA VIA DELLA VALMALENCO
APPENDICE: Viene qui di seguito riportata la relazione di Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di Sondrio, sul lago di Entova (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova , 1894)
Escursioni e camminate (consigli ed indicazioni; I miei canali su YouTube: paesi e campane, rifugi e vette, passi e poesie, poesie, musica) |
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