CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
Non capita di frequente
di poter giungere, con un percorso di mountain-bike, alle soglie
di quota 3000. In Valmalenco questa occasione ci è offerta
dalla pista tracciata per servire quello che ormai è un malinconico
ex-rifugio, l’Èntova-Scerscen. Si tratta di una pista
il cui fondo, in mancanza di manutenzione regolare, è in
molti tratti accidentato per la presenza di sassi, ma che, per la
sua pendenza priva di strappi severi, si presta ad un’interessantissima
salita sul fianco di quel gradino roccioso, costellato da formazioni
bizzarre ed aspre, che separa il ramo occidentale della Valmalenco
(cioè il tratto fra San Giuseppe e Prìmolo) dal ghiacciaio
di Scerscen Inferiore. |
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La bicicletta può
raggiungere, dopo una salita di oltre 13 km a partire da San Giuseppe
(che si riduce di circa un chilometro se partiamo dalla strada che
sale al rifugio Barchi), una quota di poco inferiore ai 2800 metri:
un ultimo strappo a piedi, di mezzora circa, ci permette di raggiungere
l’edificio dell’ex-rifugio, un punto di osservazione
di spettacolare bellezza sull’intero gruppo del Bernina, che,
visto da qui, appare in una prospettiva diversa da quella ben più
familiare e consueta, che si mostra a chi sale al rifugio Marinelli. |
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Ma andiamo con
ordine. Raggiunta Chiesa in Valmalenco, proseguiamo alla volta di
San Giuseppe (m. 1433), |
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dove lasciamo
la strada, che prosegue per Prìmolo, salendo, sulla destra,
in direzione dell’alpe Palù. Incontriamo ben presto
il rifugio Sasso Nero (m. 1520), presso il quale si trova un ampio
piazzale, dove è possibile lasciare l’automobile. Possiamo
salire ancora un po’, verso i Barchi: in corrispondenza del
secondo tornante destrorso troviamo la deviazione per il rifugio
Longoni, che viene dato a due ore e mezza di cammino. Lasciata l’automobile
in una piazzola appena sotto la deviazione, iniziamo la salita,
che inizialmente sfrutta una comoda pista, chiusa al traffico non
autorizzato. |
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Le prime pedalate
ci fanno attraversare lo splendido scenario dei Prati della Costa
e dell’alpe Bracciascia (m. 1678). |
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Davanti a noi
si apre, progressivamente, lo scenario della testata della Val Sissone,
con le cime di Rosso e di Vazzeda e, più a sinistra, il monte
Sissone e le cime di Chiareggio. Ai lati della pista un bellissimo
bosco di abeti sostituisce i prati dell’alpe. |
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Questa piacevole
salita, con pendenza regolare ed abbordabile, |
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conduce ad un
tratto |
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ancora più |
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dolce, |
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dove la pista
tocca l’alpe Èntova (m. 1929), |
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le cui belle baite
sembrano riposare tranquille sui dolci prati a destra della strada. |
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Chi vuole effettuare
questa salita a piedi, trova qui una scorciatoia che permette di
guadagnare mezzora di cammino: un sentiero, ben segnalato da segnavia
rosso-bianco-rossi, passa a sinistra delle baite e taglia un bosco
ed una macchia di pini mughi, fino ad intercettare di nuovo la pista
un paio di tornanti prima della deviazione per il rifugio Longoni.
Ci attende ora un lungo tratto quasi pianeggiante, verso ovest,
al termine del quale, ignorata la deviazione sulla sinistra per
le cave di serpentino, |
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la pista scarta
bruscamente verso nord-ovest. Dopo un tornante sinistrorso, al successivo
tornante dobbiamo ignorare una nuova deviazione che si stacca dalla
pista sulla sinistra. Ancora un tornante sinistrorso: qui giunge
il sentierino sopra citato. Saliamo ancora e, |
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dopo due tornanti,
raggiungiamo un bivio, a quota 2240 circa: a sinistra la pista termina,
per lasciare il posto al sentiero che sale al rifugio Longoni (m.
2450). Volendo, possiamo lasciare qui la bicicletta ed affrontare
la rimanente salita (che comporta 30-40 minuti di cammino ed avviene,
nell’ultimo tratto, sul terreno accidentato di un canalino)
a piedi. |
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A destra, invece,
la strada prosegue nella sua salita, con una pendenza sempre dolce.
Ora puntiamo decisamente a nord-est. |
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I triangoli gialli
ci informano che stiamo percorrendo un tratto della quarta tappa
dell’Alta Via della Valmalenco, che va da Chiareggio al rifugio
Palù. Dopo qualche tornante, ci attende un tratto pianeggiante, |
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prima di raggiungere
il vallone dal quale scende il ramo occidentale del torrente Entovasco.
Qui, anche a stagione avanzata, possiamo trovare un nevaietto. Alle
nostre spalle, buono è il colpo d'occhio sul monte Disgrazia |
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e sulla testata
della val Sissone. |
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Dopo un breve
tratto, incrociamo anche il ramo orientale del torrente, e subito
dopo il tracciato della quarta tappa dell’Alta Via ci lascia, per
addentrarsi in mare di massi, in direzione sud-est. |
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Da qui in avanti
comincia una fitta serie di tornanti, che aggredisce l’aspro versante
montuoso, caratterizzato da rocce dalle forme aspre, bizzarre, gotiche. |
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Il rifugio è là,
in alto, poi sparisce, mentre la salita si fa più faticosa. |
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Un ultimo tornante
ci introduce al pianoro dove troviamo una baita. Qui parcheggiavano
i veicoli di quanti volevano raggiungere il rifugio con un breve
percorso, quando questo era aperto. Ora qui domina la solitudine:
non sono in molti, infatti, a scegliere questo percorso per un’escursione. |
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Poco oltre la
baita ed un piccolo specchio d’acqua, una gradita sorpresa:
la pista passa nei pressi del bellissimo laghetto di Èntova
(m. 2738), |
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una vera perla,
alle cui spalle si disegna, netta, la forca d’Entova (m. 2831).
I triangoli gialli tracciano il percorso che, passando a destra
del laghetto, permette di risalire il versante accidentato e sassoso
della forca. Si tratta di un percorso che permette di accedere al
vallone di Scerscen, per poi percorrerlo interamente, passando a
valle del lago di Scarolda e raggiungendo il rifugio Marinelli. |
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Certo, in uno scenario
invernale l'aspetto di questi luoghi assume tonalità ben diverse. |
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Noi proseguiamo,
invece, in direzione opposta: dopo un tornante destrorso, la pista
termina, poco al di sotto di quota 2800, per lasciare il posto ad
un sentiero che, con serrate serpentine, vince il versante montuoso
che ci separa dall’ex-rifugio. |
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In un paio di
punti le microslavine ne hanno invaso la sede, per cui si impone
non solo la salita a piedi, ma anche una buona dose di cautela. |
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Alla fine, ecco
raggiunti i 3001 metri (o 2957, secondo diverse rilevazioni) dell’ex-rifugio. |
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Ma ciò che attira
il nostro sguardo non è il mesto profilo dell’edificio abbandonato, |
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bensì il
superbo scenario sulla testata della Valmalenco, che si apre improvviso. |
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Sediamoci, allora,
e guardiamo con attenzione e stupore. Davanti a noi si stende il
ghiacciaio di Scerscen inferiore, che si sta inesorabilmente ritirando.
Non cedono, invece, le possenti cime che si stagliano contro il
cielo. Nascosti, sul crinale alla nostra sinistra, dietro il Sasso
d’Entova (m. 3329), stanno i pizzi Malenco (m. 3438) e Tramoggia
(m. 3441). Ben visibili, proprio davanti a noi, quasi a portata
di mano, sono invece il pizzo Glüschaint (m. 3594), la Sella
(m. 3584) |
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e gli inconfondibili
pizzi Gemelli (m. 3500 e 3497). |
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Poi lo sguardo
si fa perplesso: |
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è difficile
riconoscere, da questo insolito angolo di visuale, i profili della
celeberrima triade costituita dai pizzi Roseg (m. 3937), Scerscen
(m. 3971) e Bernina (m. 4049): essi appaiono, infatti, quasi defilati,
ma sempre imponenti. |
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Più riconoscibili
sono, sempre procedendo verso destra, la Cresta Güzza (m. 3869)
e la coppia dei pizzi Argient (m. 3945) e Zupò (m. 3995). |
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Ancora più a destra lo sguardo attento riconosce il rifugio
Marinelli e la vedretta di Caspoggio. In basso, sotto il lago
di Scarolda, l’impressionante vallone di Scerscen, un vero
e proprio oceano di massi. Non ci si staccherebbe più dalla
contemplazione di questo scenario, che ci ripaga ampiamente delle
due ore complessivamente necessarie per approdare ai limiti di
questi spalti del cielo.
Ma alla fine, ci toccherà scendere. E, dopo la discesa
a piedi, quella in mountain-bike richiede una mano pronta sui
freni, poiché diversi tratti ci impongono una sorta di
gimkana fra i sassi.
Chi percorresse questo itinerario a piedi, calcoli quattro ore
circa per raggiungere l’ex rifugio, e due ore e mezza circa
per tornare (sempre partendo dal bivio poco sopra il rifugio Sasso
Nero): si devono, infatti, superare poco più di 1500 metri
di dislivello in salita. |
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