Apri qui una panoramica dei Corni Bruciati in alta Valle del Caldenno

I Corni Bruciati (punta nord-orientae, m. 3097, e punta sud-occidentale, m. 3114) sono i potenti vassalli del regale monte Disgrazia (m. 3678). Da queste cime si irradiano le costiere che dividono che divide la Valle di Preda Rossa (Val Masino), ad ovest, dalla Val Torreggio (Valmalenco) ad est e dalle valli di Caldenno(versante retico della Media Valtellina) e Terzana (di nuovo Val Masino) a sud. Posti a presidio dei versanti di queste valli, dominano sterminate gande sulfuree che da tempo immemorabile hanno colpito l'immaginazione popolare, che ne ha fatto lo scenario di un remoto apocalittico rogo, voluto dall'ira divina per punire l'avidità di pastori insensibili alle richieste di Cristo tornato mendicante.


Apri qui una panoramica di Preda Rossa

Tutto bruciò per una pioggia di fuoco, e da allora l'ammasso degli innumerevoli blocchi rossastri è luogo di ena dei cuntinàa, le anime particolarmente spregevoli che né cielo né inferi vogliono, e che sono condannate a dar di mazza eternamente ai blocchi per frantumarli senza un perché. Guai a chi passi per questi luoghi a tenebre fatte, e senta i colpi sordi! Potrebbe essere condannato a condividerne la sorte.
In due giorni possiamo cingere i Corni Bruciati con uno splendido anello escursionistico, che sfrutta i passi di Corna Rossa, di Caldenno e di Scermendone, e si articola nel territorio dei comuni di Buglio in Monte, Torre di S. Maria e Postalesio.


I Corni Bruciati visti dalla Valle di Preda Rossa

Punto di partenza ed arrivo la piana di Preda Rossa, punto di appoggio il rifugio Bosio-Galli, in Val Torreggio. Un anello escursionistico che non propone reali difficoltà tecniche; nondimeno la salita al passo di Corna Rossa, assistita in molti tratti da catene fisse, richiede attenzione ed esperienza. E' richiesto anche buon allenamento, anche se l'impegno fisico non è improbo. La prima cosa da fare, dunque, è raggiungere Preda Rossa. Imboccata subito dopo il ponte degli archi ad Ardenno (deviazione a sinistra per chi proviene da Milano) la strada provinciale della Val Masino, la percorriamo fino al centro amministrativo di Cataeggio.


I Corni Bruciati e, a sinistra, il passo di Corna Rossa, visti dalla Valle di Preda Rossa

Appena oltre il paese, siamo alla frazione Filorera, con la caratteristica stretta, e subito dopo ad un bivio, al quale prendiamo a destra. Giunti al punto di partenza della carrozzabile per Preda Rossa, acquistiamo ad una macchinetta il ticket per due giorni e proseguiamo sulla strada che, superata Valbiore, passa da sinistra (per noi) a destra della Valle Bisolo, affronta un tratto in galleria e si riporta sul lato sinistro prima di uscire alla piana di Sasso Bisolo. Una serie di comodi tornanti ci porta infine al limite meridionale di Preda Rossa (m. 1980), dove parcheggiamo, incamminandoci sul segnalato sentiero per il rifugio Ponti (che però questo anello taglia fuori, puntando direttamente per la morena centrale di Preda Rossa al passo di Corna Rossa).


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Prima giornata: da Predarossa al rifugio Bosio Galli per il passo di Corna Rossa

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Preda Rossa-Seconda piana-Morena centrale-Passo di Corna Rossa-Rifugio Bosio-Galli
6 h
1040
EE
Preda Rossa-Seconda piana-Morena centrale-Passo di Corna Rossa-Laghetti della Cassandra-Rifugio Bosio-Galli
7 h e 30 min.
1050
EE
SINTESI. Dal parcheggio di Preda Rossa (m. 1955), nei pressi di una presa idroelettrica, seguiamo una pista che passa accanto ad un enorme masso erratico e porta al limite della piana di Preda Rossa (m. 1990). Attraversiamo la piana stando sul suo lato sinistro (segnavia) e sul lato opposto imbocchiamo il marcato sentiero che sale fra blocchi e larici ad un ripiano, dove piega a sinistra. Lasciamo il sentiero e prendiamo a destra, in direzione di un ponticello in legno. Senza impegnare il ponte, restiamo alla sua sinistra e procediamo verso un piccolo cordone di massi, oltre il quale si apre la seconda piana di Preda Rossa, che attraversiamo restando presso il suo lato sinistro. Al termine della traversata una traccia di sentiero ci fa salire leggermente verso destra, oltrepassando alcuni massi erratici, e ci porta all'inizio della grande morena centrale. Qui il sentiero si fa più marcato e segue il filo della morena, salendo prima ripido, poi con pendenza meno severe. Giunti più o meno all'altezza del rifugio Ponti, che vediamo alla nostra sinistra, cerchiamo l'indicazione su un masso del Sentiero Roma, che qui taglia la morena. Lo seguiamo verso destra (lasciando quindi alla nostra sinistra il rifugio Ponti), su ripida traccia lungo il fianco della morena, guadando poi un ramo del torrente. Saliti su un cordone morenico, seguendo i segnavia che ci fanno avvicinare al fianco orientale della valle. La traccia ci porta presso un grande masso, sul quale è scritta, in caratteri molto grandi, l'indicazione del rifugio Desio. Dobbiamo oltrepassare un pianoro occupato spesso, anche a stagione avanzata, da un nevaio, prima di giungere ai piedi della costiera, che attacchiamo in corrispondenza di un nevaio. Questo va risalito in direzione del vertice di sinistra, oppure in parte fiancheggiato a destra, salendo per gande, ed alla fine tagliato verso sinistra. Nell'ultima parte la pendenza è significativa, per cui sono consigliabili i ramponi. Tocchiamo poi un terreno misto costituito da sassi mobili e terriccio, che rende piuttosto faticosa l'ulteriore salita al passo di Corna Rossa, che avviene fra canalini e lastroni, con tratti assistiti da corde fisse. Alla fine siamo al passo, dove si trova il dismesso e pericolante rifugio Desio (m. 2836). Scendiamo, poi in Val Torreggio (Val del Turéc'), seguendo le indicazioni ed i segnavia del Sentiero Roma, dapprima per sfasciumi, lungo la valle Airale (attenzione a non prendere a sinistra per il lago della Cassandra), poi su terreno meno faticoso, nell'alta Val Torreggio (Val del Turéc'), dove, in una bella piana disseminata di larici, raggiungiamo alla fine la meta della prima giornata, il rifugio Bosio (m. 2086), dopo aver varcato il torrente Torreggio su un bel ponte, collocato recentemente dai cacciatori.


Apri qui una videomappa della Valle di Preda Rossa e dei suoi percorsi

La prima tappa ci fa salire per la morena centrale di Preda Rossa fino ad intercettare l'ultima tappa del Sentiero Roma, che poi seguiremo fino al rifugio Bosio Galli.
Attraversata la piana di Preda Rossa sul lato sinistro, saliamo per il marcato, anche se un po' accidentato sentiero per il rifugio Ponti, fino al pianoro di quota 2100 metri circa, dove il sentiero piega a sinistra ed attacca il versante della soglia glaciale della valle, e dove si trova anche la deviazione per il passo di Romilla.


Apri qui una panoramica sull'alta Valle di Preda Rossa

Invece di seguirlo, guardiamo sul lato opposto, scorgendo un ponte che attraversa uno dei rami del torrente di Preda Rossa. Ci portiamo verso il ponte ma, invece di attraversarlo, restiamo a sinistra del ramo del torrente e procediamo verso nord-est, stando non lontano dai roccioni del versante montuoso alla nostra sinistra. Dopo una breve salita fra massi e radi larici ci affacciamo ad una seconda ampia piana (segùnt piè), che si apre ai nostri occhi ed appare come una sorella di poco più piccola, ma in tutto analoga a quella di Preda Rossa. Anche qui il torrente sembra indugiare, incurante dello scorrere del tempo.


L'uovo di drago della Valle di Preda Rossa

Ne percorriamo il bordo sinistro, su traccia debole, poi, al suo limite, pieghiamo a destra e seguiamo alcuni ometti (non ci sono segnavia) che segnano il sentierino che risale un breve e poco ripido gradino di massi e magri pascoli, affacciandosi ad una terza e più piccola pianetta. Passiamo a destra di un curioso masso, dalla forma che si direbbe qualcosa di intermedio fra un'ogiva ed una punta di lancia, anche se forse non è nè l'una nè l'altra cosa, bensì un uovo di drago (un'antichissima leggenda vuole infatti che i grandi massi di forma ovoidale siano uova di drago deposte quando ancora i draghi signoreggiavano anche sulle Alpi Retiche, e pietrificate con il tempo).
Procediamo spostandoci gradualmente verso il centro della pianetta: il sentiero si fa più marcato e comincia a seguire i primi lembi del filo della gigantesca morena centrale della Valle di Preda Rossa (la moréna).


Apri qui una fotomappa della traversata dalla morena centrale di Preda Rossa al passo di Corna Rossa

Il resto della salita rimane su questo filo, alternando tratti molto ripidi a tratti che concedono maggiore respiro. In alto il monte Disgrazia, irridente od indifferente, non sapremmo dire, comincia ad occhieggiare alto sopra il nostro naso, mntre alla nostra sinistra i Corni Bruciati tentano invano di insidiarne la regale maestà. In alcuni punti il crinale diventa assai esile, e l'esposizione sui due versanti della morena richiede attenzione. Intorno a quota 2500 la pendenza si addolcisce, e la morena sembra punare diritta al ghiacciaio di Preda Rossa. Il monte Disgrazia si è ormai mostrato in tutta la sua massiccia mole, ma quel che attrae il nostro sguardo è la meta, il rifugio Ponti, che vediamo alla nostra sinistra.


La morena centrale di Preda Rossa

Dobbiamo ora prestare attenzione al punto nel quale il filo della morena viene tagliato dalla traccia si sentiero, segnalata da segnavia rosso-bianco-rossi (che invece fin qui non abbiamo mai trovato) che traversa dal rifugio Ponti al passo di Corna Rossa (ultima tappa del Sentiero Roma). Giunti a quel punto, seguiamo il Sentiero Roma verso destra, lasciando alla nostra sinistra il Rifugio Ponti. Scendiamo sul fianco della morena a guadare un torrente e, ignorate le indicazioni per il Monte Disgrazia ("desgràzia"), seguiamo i segnavia rosso-bianco-rossi raggiungendo un masso sul quale è segnalato il percorso per i rifugi Desio e Bosio.
Volgendo lo sguardo alle spalle, si può godere di un buon colpo d’occhio sulla poderosa costiera Remoluzza-Arcanzo, fra Valle di Preda Rossa e Val di Mello ("val da mèl"), sulla quale sono individuabili, da nord (cioè da destra) la Bocchetta Roma ("pas da ciöda"), il pizzo della Remoluzza (sciöma da remolöza, m. 2814), il pizzo di Averta (dal dialettale "avert", cioè aperto, m. 2853), il pizzo Vicima (sciöma da veciöma, m. 2687), la cima degli Alli (sciöma dei äl, o Ali, m. 2725) e la cima di Arcanzo (m. 2715). La discesa termina sul greto del secondo torrente che scende dal ghiacciaio e che deve essere attraversato. Il sentiero è a tratti ben visibile, ma talora ci si deve affidare alle segnalazioni.
Fra massi rosseggianti sempre più numerosi e con immagini sempre diverse del Monte Disgrazia ("desgràzia", m. 3678, alla cui sinistra si individua bene la sella di Pioda, a sua volta a destra del monte Pioda - "sciöma da piöda"-), il percorso prosegue, passando a monte della seconda morena della valle, quella orientale, e giungendo ad un grande masso, su cui un’indicazione indirizza ad un nevaio che è presente anche a stagione avanzata e che deve essere risalito. E' già visibile, in alto, la piccola depressione del passo (m. 2836), posto a sud della cima di Corna Rossa (m. 3180); il Monte Disgrazia, intanto, si defila sempre più dietro la dorsale della punta di Corna Rossa.
Il nevaio va tagliato verso sinistra, o aggirato a monte, con cautela, perché, nella parte alta, è abbastanza ripido, per cui val la pena di calzare i ramponi. Raggiunta la fascia di rocce sul suo limite superiore, si inizia la salita su un fondo costituito da terriccio, sassi mobili e massi talora scivolosi. Per questo va affrontata con cautela: in un paio di punti corde fisse la rendono più sicura. Sono pochi i punti esposti, ma conviene ugualmente salire senza fretta. Poco oltre il secondo punto attrezzato con corde fisse, si raggiunge finalmente il passo di Corna Rossa, annunciato dalla punta del parafulmine posto nei suoi pressi (e tutt’altro che superfluo: la zona, per la presenza di rocce con alto contenuto ferroso, è particolarmente bersagliata dai fulmini; lo si tenga presente e si eviti, di conseguenza, di affrontare la salita al passo in condizioni di tempo incerto).


Apri qui una panoramica della Valle di Preda Rossa dal passo di Corna Rossa

La prima immagine che lo sguardo incontra, oltre il passo, è quella del versante destro della Val Torreggio (Val del Turéc'). Volgendo lo sguardo a sinistra si vede il versante sinistro della Val Airale (Val di Rai), prosecuzione della Val Torreggio (Val del Turéc'). Più a sinistra ancora, ecco il rifugio Desio (m. 2830), chiuso perché pericolante, a seguito delle eccezionali nevicate dell’inverno 2000-2001: esso rimane oltre il crinale, per cui non è visibile per chi sale. Insieme al rifugio Marinelli, fu il primo costruito in Valmalenco, per facilitare l'ascensione al monte Disgrazia. Nel 1880 venne edificato un primo rifugio, chiamato di Corna Rossa, sostituito poi nel 1924 dal rifugio Desio, del CAI di Desio, per parecchio tempo gestito dalla famiglia di Egidio Mitta. Assolveva alla sua funzione con una capienza di 18 posti letto e servizio di ristorazione.


Apri qui una fotomappa della Valle di Preda Rossa vista dal passo di Corna Rossa

Volgendoci ancora alle spalle ammiriamo la morena centrale di Preda Rossa, parte della costiera Remoluzza-Arcanzo e, sul fondo, alcune fra le più famose cime della Val di Mello ("val da mèl"), che, durante le precedenti giornate, abbiamo imparato a conoscere bene: i pizzi del Ferro ("sciöme do fèr"), la cima di Zocca ed i pizzi Torrone, fra i quali spicca, per la forma a punta di lancia, il pizzo Torrone orientale. Visto da qui, il rifugio Ponti non è che un piccolo punto perso fra le gande.


Apri qui una fotomappa della Val Torreggio (Val del Turéc') vista dal passo di Corna Rossa

Dal passo di Corna Rossa, attraverso la Val Airale (Val di Rai), si deve, ora, scendere in Val Torreggio (Val del Turéc'), il cui fondo è dominato dai Corni Bruciati. Per farlo si seguono gli abbondanti segnavia rosso-bianco-rossi, che dettano il percorso più razionale fra un mare di massi rossi di tutte le dimensioni. Si presti attenzione a non seguire la deviazione a sinistra, anch’essa segnalata, per i laghetti di Cassandra.


Apri qui una panoramica della Va Torreggio dal passo di Corna Rossa

Nel primo tratto di discesa procediamo verso sud, fino ad un cengione che ci fa scendere dal circo superiore della valle e ci fa accedere, a quota 2570 metri circa, ad una scorbutica fascia di grandi massi, fra i quali i segnavia dettano il percorso meno faticoso. Pieghiamo decisamente a sinistra ed a quota 2500 metri circa siamo alle morene di un antico ghiacciaio e ad una strozzatura della valle, oltra la quale si comincia ad intravvedere qualcosa come una traccia di sentiero.


Discesa dal passo di Corna Rossa

Discesa dal passo di Corna Rossa

Discesa dal passo di Corna Rossa

Discesa dal passo di Corna Rossa

Procediamo ora verso nord-est e sud-est, scendendo ad intercettare il sentiero che, alla nostra sinistra, sale al vallone dei laghetti di Sassersa. Procediamo ancora verso sud-est, prima di piegare a sinistra e procedere in direzione est, fino alla piana del rifugio. Superato il torrente Torreggio, alla nostra destra, su un ponte in legno, eccoci finalmente al rifugio Bosio-Galli.


Apri qui una fotomappa della Val Airale (Val di Rai)

Potrebbe essere un’interessante variante allungare la discesa per visitare i suggestivi e nascosti laghetti di Cassandra. Per farlo, iniziamo dal passo di Corna Rossa a scendere in Val Airale (Val di Rai) seguendo il Sentiero Roma, ma, una trentina di metri sotto il passo di Corna Rossa, lo lasciamo per piegare a sinistra, in direzione est (indicazioni "Cassandra"), seguendo segnavia ed ometti nella traversata delle rosse placche del versante meridionale della cima di Corna Rossa (m. 3180).


Apri qui una fotomappa dell'alta Val Torreggio

Il primo tratto della traversata non propone particolari problemi, ma circa a metà dobbiamo perdere quota su un versante di lisci roccioni, sfruttando gradoni, canalini e piccole cengie. I segnavia rosso-bianco-rossi dettano il percorso, che propone passaggi esposti, da affrontare con la massima attenzione. Dopo la breve discesa, tocchiamo un versante di sfasciumi morenici, puntando ad un grande ometto, alle cui spalle lo sguardo raggiunge la media Val Torreggio (Val del Turéc') e la catena orobica. Su un vicino grande masso troviamo la segnalazione di un bivio: prendendo a destra (indicazione "Bosio") troviamo una debole traccia che si cala verso il fondo della Val Airale (Val di Rai), intercettando il sentiero che scende dal passo di Corna Rossa, mentre andando a sinistra (indicazione "Cassandra") ci portiamo ai laghetti di Cassandra. Traversiamo dunque a sinistra, in leggera discesa, fino ad affacciarci ad un ampio vallone che si apre ai piedi del ghiacciaio della Cassandra, annidato nel versante meridionale del monte Disgrazia (m. 3678). Scendendo facilmente su terreno morenico scopriamo, così, lo splendido sistema dei laghetti di Cassandra, nascosti in un vallone nascosto ai piedi del pizzo di Cassandra.


La vedretta di Cassandra

Dici Cassandra e sei nel cuore del mito, di uno dei miti più singolari ed inquietanti fra quelli che ci sono giunti dall'antica Grecia. Ne è protagonista la figlia di Priamo che, avendo rifiutato l'amore di Apollo, fu colpita dalla maledizione di annunciare sciagure che si sarebbero avverate, senza però essere creduta da nessuno. Profetizzò così la caduta di Troia; nessuno le credette, ma Troia cadde veramente. Ora Cassandra, impietrita dal dolore, è uno dei pizzi che fa da corona alla maestosa mole del Monte Disgrazia ("desgràzia"). 
Certo, i cultori degli etimi obiettano che l'origine più probabile è da "cassera", vedretta... O forse dalla moda che per un certo periodo si impose, quella di dedicare le cime conquistate alle donne amate (nei paraggi ci sono un pizzo Cassandra, una punta Enrichetta, una punta Rachele, una punta Rosalba). A guardare più da vicino la cosa, si scopre, poi, che nell'uso locale il toponimo è al plurale, "le Cassandre" (li Casàndri), il che richiama la denominazione delle profonde forre che il Mallero ha scavato appena a monte di Sondrio, anch'esse denominate "Cassandre". In Val Airale li Casàndri è il nome che si riferisce all'intero ripiano morenico che comprende un sistema di laghetti (laghét di casàndri) ed è delimitato dai Corni di Airale, dai pizzi Giumellino e Cassandra, dal monte Disgrazia (che da questo lato mostra la vadretta della Cassandra) e dal passo di Corna Rossa. Si tratta di uno degli angoli più selvaggi ed aspri delle alpi Retiche.


Il lago superiore di Cassandra

Il mistero si infittisce quando apprendiamo che il cronista solettese Franciscus Haffner, nel 1666, scrive, in una sua cronaca: "Anno 1624 d.C. Nel mese di marzo sul Monte Cassedra [Cassandra], in prossimità del confine con l’Italia, una valanga seppellì un intero paese e uccise più di 300 persone". A quale epocale tragedia si riferisce? Unica ipotesi plausibile, anche se problematica, è che si tratti della valanga che seppellì l'abitato dell'antica Bondoledo, allo sbocco della Val Torreggio, là dove oggi si trova la chiesetta di San Giuseppe. Impossibile pensare che sia scesa direttamente dal pizzo di Cassandra, ma forse il riferimento è alla cima rilevante più vicina al luogo della tragedia. Se così fosse, il cerchio parrebbe chiudersi: siamo partiti dall'annunciatrice di sventure e ad un sventura siamo infine tornati.


Traversata Corna Rossa-Cassandra

Traversata Corna Rossa-Cassandra

Traversata Corna Rossa-Cassandra

Traversata Corna Rossa-Cassandra

Torniamo ora al racconto della traversata. Passiamo a destra del più alto dei laghetti (m. 2746), nelle cui splendide acque di un blu intenso si specchia il nevaio che scende dal ghiacciaio della Cassandra, e di un laghetto più piccolo. Ci affacciamo poi ad una conca più ampia e, sempre seguendo segnavia ed ometti (indicazioni "Bosio"), descriamo un arco in senso orario, quindi assumendo gradualmente l'andamento sud-est e sud ed ignorando, sulla sinistra, la deviazione per il passo Cassandra (m. 3097), che permette di accedere alla Vedretta della Ventina (védrècia de la venténa), in alta Valmalenco (val del màler; la discesa è molto complessa, perché il ghiacciaio è crepacciato, e richiede impegno alpinistico ed assicurazione in cordata).
L’arco descritto ci permette di giungere in vista dei due laghetti inferiori (m. 2464), che vediamo più in basso.


Bivio

Traversata ai laghi di Cassandra

Vallone dei laghi di Cassandra

Lago superiore di Cassandra

Vediamo ora come proseguire nella discesa. Volgiamo ancora a destra (direzione sud-ovest), scendiamo al più grande, passando a sinistra di un pronunciato torrione, quotato 2710 metri, ed a destra di una enorme ganda. In prossimità del laghetto, che resta alla nostra sinistra, procediamo verso sud per superare, con una certa fatica, una fascia di grandi massi rossi (seguiamo i segnavia, per non complicarci inutilmente la vita).


Lago superiore di Cassandra

Poi, piegando a destra (direzione sud-ovest), varchiamo una breve porta e, sfruttando un facile canalino, raggiungiamo il pianoro quotato 2391 metri. Volgendo a sinistra e seguendo i segnavia bianco-rossi, superiamo, con cautela, un sistema di roccette e, dopo un’ultima discesa, intercettiamo il sentiero principale che dal passo di Corna Rossa scende alla piana della Val Torreggio (Val del Turéc'). Seguendolo verso sinistra raggiungiamo il rifugio Bosio-Galli, mentre prendendo a destra possiamo faticosamente risalire al passo di Corna Rossa.


Piana del rifugio Bosio-Galli

Torniamo ora al racconto dell'itinerario principale, nel suo ultimo tratto.
La piana, nella quale il torrente Torreggio disegna qualche pigro meandro, è dominata, ad ovest, dai Corni Bruciati (settentrionale, m. 3097, e meridionale, m. 3114), che, alla fine, risultano le cime che più risaltano nell’intero Sentiero Roma: li possiamo vedere, sotto diverse angolatura, infatti, dalla Val Ligoncio (val dò ligùnc') e dal passo del Barbacan nord fino alla Val Torreggio (Val del Turéc'), cioè durante tutte le giornate della traversata, esclusa la prima.

Rifugio Bosio-Galli

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Seconda giornata: dal rifugio Bosio-Galli a Predarossa per il passi di Caldenno e Scermendone

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rif. Bosio-Galli-Passo di Caldenno-Passo di Scermendone-San Quirico-Preda Rossa
6 h
520
E
SINTESI. Dal rifugio Bosio-Galli imbocchiamo il sentiero segnalato per il passo di Caldenno, che nel primo tratto in direzione ovest, in un fitto bosco di pini mughi, poi sud-ovest, tenendo il lato destro (per chi sale) di una vallecola. A quota 2191 piega ancora leggermente a destra, tornando all’andamento ovest ed allontanandosi dalla vallecola, per raggiungere  e seguire il lato sinistro di una seconda vallecola, riprendendo l’andamento sud-ovest. A quota 2375 attraversa il corso d’acqua da sinistra a destra e, piegando ancora a destra, procede salendo con direzione ovest, fino alle ultime balze che precedono il passo di Caldenno, posto a 2517 metri. La discesa dal passo propone un primo tratto su traccia debole erosa da uno smottamento, poi un pianoro con roccioni affioranti ed una discesa con tornanti ad un grande pianoro circondato da una sterminata ganda di rocce rosse. Attraversata una fascia di pianori acquitrinosi, teniamo la direzione sud-sud-ovest, fino ad una pianetta nei cui pressi notiamo un gigantesco masso erratico. Nei pressi di questo grande masso erratico e della piana circostante, vediamo la scritta “Scermendone”: qui, seguendo i segnavia (sempre bolli rossi contornati di giallo), dirigiamoci verso destra (ovest). Lasciamo il masso alle spalle ed attraversiamo un corridoio fra modesti dossi erbosi, raggiungendo una caratteristica conca che costituiva il fondo di una pozza prosciugata. Passati a destra della conca, pieghiamo leggermente a destra salendo su un dosso erboso. Piegando, di nuovo leggermente a sinistra passiamo accanto ad un secondo grande masso erratico, sul quale vediamo (sul lato rivolto al passo) un bollo rosso contornato di giallo. Il passo è la sella più a sinistra fra quelle che vediamo in alto. Procediamo su un sentierino che resta più o meno sul filo di modesti dossi erbosi, passando in mezzo a due grandi colate di sfasciumi. Restando sul sentierino, che descrive diverse serpentine e si fa via via più ripido, giungiamo alla sella del passo di Scermendone (m. 2595), che si affaccia sulla Val Terzana. Scendiamo ora su traccia di sentiero, sul lato destro dell'alta valle, passando a sinistra di uno sperone roccioso e passando poi sul lato sinistro della valle medesima. scende ad una conca erbosa e prosegue alla conca del laghetto; di qui, dopo una ripida discesa, si porta all’alpe Piano di Spini, dove diventa largo tratturo che, tagliando il fianco sinistro della bassa valle, ci porta nei pressi della chiesetta di S. Quirico e del bivacco Scermendone. Imbocchiamo poi il sentiero che scende a Scermendone basso e che si trova un po' prima della chiesa di San Quirico all'uscita della Val Terzana, e si stacca dal largo sentiero che abbiamo percorso nella discesa della valle. Se torniamo indietro da San Quirico lo troviamo quindi a sinistra. Ce n'è anche un altro, più ad ovest, cioè poco dopo San Quirico, ed è segnalato da un cartello. In entrambi i casi dopo pochi tornanti ci portiamo al limite meridionale della piana dell'alpe di Scermendone basso. Dobbiamo attraversarla diritti verso il lato opposto, lasciando alla nostra sinistra la baita ed il cocuzzolo che la delimita ad ovest, fino a raggiungere un ponticello in legno che scavalca il torrente della Val Terzana. Oltre il ponticello troviamo un marcato sentiero, con qualche segnavia, che taglia il fianco occidentale del Sasso Arso (m. 2314), l'elevazione che si trova sulla costiera che scende verso sud-ovest dai Corni Bruciati. Alternando tratti in discesa a tratti in piano, attraversiamo un corpo franoso, mentre alla nostra sinistra si apre un ottimo colpo d'occhio sulla Valle di Sasso Bisolo. Il sentiero piega a destra e prosegue con andanemtno nord, e ci porta, dopo un breve strappo in salita, sul limite meridionale della piana di Preda Rossa, dove recuperiamo l'automobile chiudendo lo splendido anello dei Corni Bruciati.


Apri qui una panoramica dei sentieri dell'alta Val Torreggio

La seconda giornata ci riporta a Preda Rossa per il passo di Caldenno, il passo di Scermendone e la Val Terzana (o Valle di Scermendone). Nella prima parte coincide con la 288sima tappa del Sentiero Italia, percorsa a ritroso.
Lasciamo, dunque, il rifugio Bosio, seguendo le indicazioni per il passo di Caldenno. Un sentiero, segnalato, procede nel primo tratto in direzione ovest, in un fitto bosco di pini mughi, poi sud-ovest, tenendo il lato destro (per chi sale) di una vallecola. A quota 2191 piega ancora leggermente a destra, tornando all’andamento ovest ed allontanandosi dalla vallecola, per raggiungere  e seguire il lato sinistro di una seconda vallecola, riprendendo l’andamento sud-ovest. A quota 2375 attraversa il corso d’acqua da sinistra a destra e, piegando ancora a destra, procede salendo con direzione ovest, fino alle ultime balze che precedono il passo di Caldenno, posto a 2517 metri.


Apri qui una panoramica sull'alta Valle del Caldenno

Il pianoro che, sul versante della Val Torreggio (Val del Turéc') si apre nei pressi del passo è ricco di rocce di gneiss, che riportano segni e cavità che danno l’impressione di costituire un segno dell’arte petroglifica preistorica. Ecco cosa ne scrive don Nicolò Zaccaria, prevosto di Sondalo ed esperto mineralista, il quale, nel 1902, dopo aver visitato questi luoghi, scrisse: “L’anno 1864 feci un’escursione sull’alpe Caldenno in comune di Berbenno. Appartiene al gruppo del Disgrazia, ed è un’alpe a circa 2600 metri sul mare. Alla sua sommità vi è un valico pel quale si entra nella Val Malenco sopra Torre. Or bene, proprio a questo passo la roccia gnesiaca è nuda e quasi piana ed in essa sono scalfite parecchie cavità d’una dimensione e d’una profondità poco su e poco giù come quella delle scodelle. Variano tuttavia nella forma, perché a prima vista hanno l’aspetto di un piede di cavallo. Quegli alpigiani mi condussero loro a vedere le orme impresse nella pietra dalle streghe che vi ballavano sopra con i piedi di cavallo”. In realtà, come poi fu appurato da Antonio Giussani, non ci sono di mezzo né uomini preistorici né streghe: si tratta di erosioni della roccia del tutto naturali. Nei pressi del passo troviamo anche, sulla destra, le indicazioni di un sentiero che da esso taglia direttamente al passo di Corna Rossa: non si tratta, però, di una traversata agevole, ed una scritta raccomanda di seguire scrupolosamente i segnavia.


Apri qui una panoramica dal passo di Caldenno

Il panorama dal passo non è molto ampio, ma sicuramente suggestivo. A nord si mostra, splendido, il monte Disgrazia (m. 3567), ed alla sua destra si distingue bene il pizzo Cassandra (m. 3226). Procedendo in senso orario, distinguiamo i due Corni di Airale, sul versante settentrionale della Val Torreggio (Val del Turéc'). L’orizzonte, poi, si allarga alle cime del gruppo dello Scalino, con il pizzo Scalino, la punta Painale e la vetta di Ron. Ad est intuiamo appena il gruppo dell’Adamello, poi il panorama è chiuso dalla cima quotata 2610, che nasconde alla nostra vista il monte Caldenno (m. 2669). Alla sua destra, cioè a sud, si apre, con il suo caratteristico solco ad U, la Valle del Caldenno (o Valle di Postalesio), mentre sul fondo si disegna una porzione delle Orobie centrali, con la Valle del Livrio, la Valcervia e la Valmadre, sul cui fondo si vede bene il passo di Dordona.


Apri qui una fotomappa della Val Airale e dell'alta Valle del Caldenno

A sud-ovest e ad ovest l’orizzonte è chiuso dalle cime che contornano l’alta Valle del Caldenno. Ad est, in particolare, possiamo individuare il passo di Scermendone (m. 2595), che congiunge Valle del Caldenno e Val Terzana: si tratta della più marcata depressione sul crinale. Alla sua destra il crinale sale fino alla torre quotata m. 2900, nel gruppo dei Corni Bruciati. A nord-ovest, infine, il crinale sale fino alla cima di Postalesio (m. 2995), quotata, ma non nominata sulle carte IGM.
Valicato il passo, torniamo nel territorio del comune di Berbenno. Un sentierino taglia il ripido fianco erboso, in direzione ovest, perdendo quota molto gradualmente. Un po’ di attenzione va prestata nel primo tratto, che attraversa un ampio smottamento. Poi, raggiunto una sorta di terrazzo caratterizzato da numerose rocce levigate affioranti, il sentiero piega a sinistra. Si tratta di rocce che mostrano segni analoghi a quelli rilevati sul passo: piede di strega o azione di acqua e vento? Alla nostra destra, invece, notiamo una enorme ganda, costituita da massi rossastri. L’incendio di Preda Rossa è giunto fin qui? La leggenda non lo dice. C’è però un’altra leggenda, che parla dei “cunfinàa”, cioè delle anime che, per le loro colpe, sono state condannate a scalpellare eternamente questi innumerevoli massi (e, se prestiamo attenzione, ne vediamo, effettivamente, di tutte le dimensioni). Tuttavia il loro lavoro disperato inizia solo sul far del tramonto: solo allora si possono udire i colpi sordi e sconsolati del metallo sulla pietra. Dopo un nuovo tornante a destra, la traccia si fa più debole, ed attraversiamo una fascia di pianori acquitrinosi. Teniamo la direzione sud- sud-ovest, fino ad una pianetta nei cui pressi notiamo un gigantesco masso erratico.


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Qui, seguendo la scritta "Scerendone" ed i segnavia (sempre bolli rossi contornati di giallo), dirigiamoci verso ovest, cioè a destra. Lasciamo il masso alle spalle ed attraversiamo un corridoio fra modesti dossi erbosi, raggiungendo una caratteristica conca che costituiva il fondo di una pozza prosciugata. Passati a destra della conca, pieghiamo leggermente a destra salendo su un dosso erboso. Proprio davanti a noi, in alto, lo scenario è chiuso dal profilo selvaggio e tormentato delle punte centrale e settentrionale dei Corni Bruciati e della cima di Postalesio. Piegando, quindi, di nuovo leggermente a sinistra passiamo accanto ad un secondo grande masso erratico, sul quale vediamo (sul lato rivolto al passo) un bollo rosso contornato di giallo.


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Il passo è là, sopra di noi, leggermente a sinistra (vediamo, sul crinale, tre selle; il passo è quella più a sinistra, anche se quella centrale, più larga, dà l’impressione di essere un agevole valico); l’impressione è che lo si debba raggiungere risalendo un canalone che scende dall’intaglio e si allarga verso la base, occupato in gran parte da sfasciumi. In realtà il sentiero lo aggira sulla destra, sfruttando il dosso erboso posto a nord. Rimaniamo più o meno sul filo di modesti dossi erbosi, passando in mezzo a due grandi colate di sfasciumi, quella alla nostra sinistra, propaggine del canalone a valle del passo, e quella, ben più ampia ed impressionante, alla nostra destra, che sembra una desolata laguna infernale, una sinistra distesa di massi le cui tonalità, dal grigio al rossastro, sembrano suggerire l’idea di tizzoni di roccia che si vanno lentamente spegnendo dopo un rogo immane.


La ganda dei cunfinàa in alta Valle del Caldenno

Il rogo dei Corni Bruciati di cui parla una celebre leggenda. In un tempo antico splendidi pascoli contornavano su ogni lato queste cime, e la cima del monte Disgrazia. Fra i pastori fortunati venne il Signore, nelle sembianze di un umile mendicante, chiedendo ospitalità a due fratelli. L’uno lo derise, l’altro lo accolse, ed a questi il misterioso mendicante ingiunse di lasciare l’alpe senza voltarsi. Piovve, poi, fuoco dal cielo, incenerì gli alpeggi ed arse le rocce stesse; queste si sgretolarono e caddero dai fianchi martoriati di quelle montagne che da allora assunsero un nome legato alla terribile punizione divina, monte Disgrazia, appunto, e Corni Bruciati. Eccole ancora lì, le rocce sgretolate e non ancora spente. Non è ancora l’ora, ma se le tenebre ci sorprendessero in questo luogo, potremmo udire il batter di mazza dei disgraziati “cunfinàa” relegati in eterno a dimorare in questo desolato deserto, forse gli stessi pastori egoisti di cui parla la leggenda.
Mentre questi pensieri ci prendono, proseguiamo sul dosso erboso, passando proprio sotto la verticale del passo. La tentazione sarebbe quella di salire per via diretta (c’è una lingua d’erba che percorre buona parte del lato destro del canalone), ma il sentiero prosegue, per aggirare da destra il dosso che, da qui, mostra il suo dirupato versante orientale. La traccia si fa ora più chiara e comincia a serpeggiare sul basso versante della valle, su terreno morenico, verso nord-ovest. Passiamo così sotto i roccioni della parte bassa del dosso, raggiungendone, poi, la copertura erbosa e piegando gradualmente a sinistra. Dopo un tratto caratterizzato da serrate serpentine fra i magri pascoli (direzione ovest), raggiungiamo la parte alta del dosso e pieghiamo ancora a sinistra (direzione sud-ovest), puntando alla selletta del passo, che da qui resta nascosta. Per raggiungerla dobbiamo prima effettuare un traverso a sinistra, che taglia la ripida parte alta del dosso e del canalone. Giunti sotto la sua verticale, volgiamo a destra, su terreno ripido, vincendo con un po’ di fatica gli ultimi metri di dislivello, anche grazie alle serrate serpentine del sentiero, sempre ben marcato.


Apri qui una panoramica sull'alta Val Terzana

Al grande ometto posto sui 2595 metri del passo di Scermendone possiamo finalmente tirare il fiato. Volgendo lo sguardo alla Valle del Caldenno, riconosciamo, alle spalle della sterminata distesa di massi rossastri, lo stretto filo del sentiero che sale al passo gemello di Caldenno. Oltre il crinale dell’alta valle vediamo, poi, da sinistra, il pizzo Cassandra, i Corni di Airale, uno scorcio delle lontane cime della Val Grosina, il più vicino pizzo Scalino, la punta Painale ed un brevissimo scorcio della vetta di Ron.
Sul lato opposto si apre uno scenario più tranquillo ma non meno solitario e selvaggio: la Val Terzana (o Valle di Scermendone) degrada dolcemente fra balze bizzarre. Scorgiamo il laghetto di Scermendone e, allo sbocco, l’alpe omonima. Sul fondo, a destra del corno del monte Legnone, le cime della sezione occidentale del gruppo del Masino, dalla cima del Desenigo all’arrotondato pizzo Ligoncio. Dobbiamo ora scendere lungo la Val Terzana, passando per il laghetto di Scermendone e l’alpe Piano di Spini, fino al bivacco Scermendone, posto nei pressi del suo sbocco, nella parte alta dell’alpe Scermendone.


Apri qui una fotomappa della discesa in Val Terzana

Il sentiero, segnalato da alcuni segnavia rosso-bianco-rossi e bianco-rossi, è agevole: nel primo tratto passa a destra di uno speroncino erboso, poi piega gradualmente a sinistra passando dal lato destro a quello sinistro del torrentello dell’alta valle, scende ad una conca erbosa e prosegue alla conca del laghetto; di qui, dopo una ripida discesa, si porta all’alpe Piano di Spini, dove diventa largo tratturo che, tagliando il fianco sinistro della bassa valle, ci porta nei pressi della chiesetta di S. Quirico (san Cères) e del bivacco Scermendone, che si trova a poche decine di metri di distanza, più ad est (a sinistra).


Apri qui una panoramica della chiesetta di San Quirico (San Cères), sullo sfondo del monte Disgrazia

L'ultima parte dell'anello prevede la discesa all'alpe di Scermendone basso e la traversata da qui a Preda Rossa. Il sentiero che scende a Scermendone basso si trova un po' prima della chiesa di San Quirico all'uscita della Val Terzana, e si stacca dal largo sentiero che abbiamo percorso nella discesa della valle. Se torniamo indietro da San Quirico lo troviamo quindi a sinistra. Ce n'è anche un altro, più ad ovest, cioè poco dopo San Quirico, ed è segnalato da un cartello.


Il bivacco Scermendone

In entrambi i casi dopo pochi tornanti ci portiamo al limite meridionale della piana dell'alpe di Scermendone basso. Dobbiamo attraversarla diritti verso il lato opposto, lasciando alla nostra sinistra la baita ed il cocuzzolo che la delimita ad ovest, fino a raggiungere un ponticello in legno che scavalca il torrente della Val Terzana.
Oltre il ponticello troviamo un marcato sentiero, con qualche segnavia, che taglia il fianco occidentale del Sasso Arso (m. 2314), l'elevazione che si trova sulla costiera che scende verso sud-ovest dai Corni Bruciati. Alternando tratti in discesa a tratti in piano, attraversiamo un corpo franoso, mentre alla nostra sinistra si apre un ottimo colpo d'occhio sulla Valle di Sasso Bisolo. Il sentiero piega a destra e prosegue con andanemtno nord, e ci porta, dopo un breve strappo in salita, sul limite meridionale della piana di Preda Rossa, dove, superato su un ponte in legno il torrente di Preda Rossa, recuperiamo l'automobile, chiudendo lo splendido anello dei Corni Bruciati.


L'alpe Scermendone basso

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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