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Il Culmine di Dazio (con termine dialettale, Cólmen o Cùlmen, m. 913), con il suo inconfondibile profilo arrotondato, si pone come spartiacque fra la media e la bassa Valtellina, fra la piana di Ardenno, ad est, ed il conoide di Talamona, ad ovest. Qui l'andamento rettilineo della Valtellina, da Tirano ad Ardenno, subisce una brusca interruzione e descrive una doppia curva, proprio perché il fondovalle, nel suo corso sull’asse est-ovest, si trova la strada sbarrata da questa formazione montuosa.
Di essa scrive il Guler von Weineck, già governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina nel 1587-88, nell'opera "Rhaetia", pubblicata nel 1616: “All’estremo di questa pianura (di Dazio), verso mezzodì, sorge un piccolo monte, detto Colma di Dazio: è dirupato, sterile e roccioso, ma sulla cima ha una piccola pianura; ivi si notano le rovine di un antico castello e parimenti cisterne, cunicoli sotterranei e miniere di ferro abbandonate.”
Purtroppo non rimangono tracce né del castello, né dei misteriosi cunicoli. Resta invece il segno ben visibile, da sud, della miniera d'oro sfruttata fino alla fine del Settecento (miniéra d'òor); di oro si parla ancora in un documento ottocentesco (1804), nel quale si menzionano tracce del prezioso metallo rinvenute nei pressi di Porcido, sempre sul versante sud della Culmen.
Ne fa menzione don Giovanni Libera, nella sua "Cronistoria di Caspano e dei paesi limitrofi" (Como, 1926): "Nel 1804 Pini e Moscati esaminarono l'oro nelle montagne di Porcido, e giudicarono non convenirne l'estrazione per causa, credo, delle strade malagevoli che ne rendevano troppo ardua l'impresa...". Nella medesima opera si legge pure: "
ll Colmo o Culmine è una montagna che si è sgarbatamente piantata fra Dazio e l’Adda, che, se si tirasse un po’ indietro, potrebbe diventar gradita; ma invece incombe addosso al paese proprio da mezzodì, sicché d’inverno gli ruba il sole fino ad ora tarda. Sulla sua cima dovea un dì sorgere un castello, di cui non v’ha più traccia...
Ma si può scommettere che gli abitanti di Dazio non provano risentimento verso questa montagna decisamente intrigante e misteriosa. Curiosa è la natura geologica del monte: le rocce della sua sommità sono costituite da un plutone granitico, il cosiddetto “granito di Dazio”, generato dall’intrusione di magma in una preesistente struttura di rocce metamorfiche. Ciò avvenne in tempi antichissimi, prima ancora che la catena alpina si fosse formata.Il monte, dunque, è un vero e proprio vegliardo, al cui cospetto le più alte ed eleganti cime del gruppo del Masino sono ancora giovani pivellini.
L’azione erosiva dei ghiacciai che nel quaternario scesero dalla
Val Masino e dall’alta Valtellina fino alla bassa valle non riuscì, quindi, ad aver ragione di questo monte dal cuore di granito, che rimase, al centro della valle, come segno di tempi remotissimi. Tale azione, però, lo modellò, conferendogli la caratteristica forma arrotondata per la quale è facilmente riconoscibile dai più diversi angoli di visuale della media e bassa Valtellina. Aggiunge pregio alla zona la costituzione di un'area naturalistica protetta. La sua singolarità è legata anche alla profonda differenza dei versanti: quello rivolto a sud è arido, aspro e ripido, caratterizzato dalla presenza di specie tipicamente mediterranee come l'erica arborea, mentre quello che guarda a nord ed alla piana di Dazio ha caratteristiche molto simili ai versanti obobici, essendo decisamente più umido ed umbratile. La Culmen ospita fiori d'alta montagna, e vi scorazzano molte specie di animali, anche d'alta quota, come caprioli, camosci, cervi, lepri, coturnici e l'aquila, che nidifica fra le selvagge e solitarie rocce del versante meridionale. Non mancano presenze meno rassicuranti, serpi e vipere.


Fascinosa immagine del Culmine di Dazio da ovest

Sulla pianetta sommitale del Culmine troviamo un rifugio aperto di recente (maggio 2016) e chiamato La Casermetta. Il rifugio nasce dalla ristrutturazione di una caserma militare costruita nella prima guerra mondiale ma utilizzata anche nella seconda, adibita dal 2006 a casa privata. Il Rifugio è aperto su prenotazione e offre piatti tipici della cucina valtellinese. Non essendovi acqua sulla cima, l'esercizio risulta leggermente difficoltoso ma viene altamente ripagato dalle persone che frequentano il luogo che apprezzano le meraviglie della Colmen. L'intento del rifugio, gestito da Carlo Cadregari (tel. 3472264390; info carlo.cadregari@libero.it) è quello di valorizzare il territorio nel massimo rispetto e nella cura di questo luogo a lungo dimenticato.


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

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ANELLO DEL CULMINE DI DAZIO PER IL SENTIERO DELLA CRESTA OVEST

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Piana di Dazio - Cima della Colmen - Sentiero Cresta ovest - Pista per Porcido - Piana di Dazio
3 h
460
EE
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendiamo a sinistra, superando un cavalcavia ed una rotonda e raggiungendo il ponte sull'Adda, oltre il quale prendiamo a destra e, dopo breve salita, ci immettiamo nella strada provinciale che sale a Dazio, procedendo a sinistra. Dopo un tornante dx, un lungo traverso ci porta a Dazio. Passiamo a destra della chiesa di San Provino e, sul lato destro della strada, vediamo la deviazione per il cimitero. Proseguiamo su questa stradetta, che diventa una pista che entra nel bosco e comincia a risalire il versante settentrionale della Colmen, piegando a sinistra e passando per il Crotto. Nella successiva salita la pista propone diversi tornanti, che nell'ultimo tratto si fanno più serrati, fino alla pianetta della cima della Colmen (m. 913), dove si trova anche il rifugio La Casermetta (tel. 3472264390). Dalla cima della Colmen procediamo verso ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi e passando accanto a diverse pozze, fino alla radura del Lègunc'. Il sentiero scende poi leggermente e giunge ad un bivio: il sentiero di destro scende sul versante nord della Colmen, nel bosco, fino alla piana di Dazio, mentre quello di sinistra procede in un bosco di betulle, scendendo ad una fascia di rocce fra le quali serpeggia volgendo a sinistra (tratto atrezzato da corde fisse; direzione sud-ovest). Dopo un ultimo tratto nel bosco, intercettiamo la pista sterrata e la seguiamo scendendo verso sinistra, fino al nucleo di mezza costa di Porcido (m. 586). Prendiamo ora a destra, seguendo la pista che sale ad intercettare la carozzabile Ganda-Dazio. Prima di intercettarla, prendiamo una deviazione a destra, percorrendo un sentiero che corre nei pressi del versante della Colmen, nel bosco, ed esce all'aperto intercettando una pista che, percorsa verso sinistra, riporta al cimitero di Dazio.
VARIANTE BREVE: al bivio successivo al Lègunc' prendiamo a destra, imboccando il sentierino che scende con diversi tornantini sul fianco settentrionale della Colmen, in direzione nord.


Bassa Valtellina

Raccontiamo, ora, un bell'anello escursionistico che ha come punto di partenza ed arrivo Dazio: potremmo chiamarlo anello del Culmine. La salita al Culmine di Dazio da Dazio inizia nei pressi del cimitero del paese, sul lato meridionale della strada provinciale n. 10 dei Cech orientale. Qui, a 568 metri, possiamo parcheggiare l’automobile e metterci in cammino, su una pista sterrata di origine militare che porta fino alla cima. Qui, durante la seconda guerra mondiale, vennero infatti edificate una casermetta ed un posto di vedetta, servite da una comoda carrozzabile, che ora è rimasta a disposizione di escursionisti e bikers che vogliano portarsi sul punto più alto del gigante di granito.
La pista parte proprio alla sinistra del cimitero: un cartello segnala il Crotto di Dazio a 500 metri. Raggiunto un bivio (segnalazione a destra per Pra di Scett e Aquate), restiamo sulla pista principale, di sinistra, che passa a destra dei prati del Crotto di Dazio. La pista (di cui, oltre il Crotto, non c’è tratta sulla carta IGM) prosegue piegando leggermente a sinistra: si immerge in un bel bosco di pini silvestri, abeti rossi e di castagni e procede con pendenza abbastanza marcata, ma regolare; il fondo è sempre buono, il che agevola chi sale in mountain-bike. Dopo un lungo traverso a sinistra (direzione est), troviamo il primo tornante destrorso, ed iniziamo un traverso in direzione sud-ovest; ogni tanto troviamo, su alcune tronchi, segnavia rosso-bianco-rossi. Al successivo traverso a sinistra il bosco si apre un po’ e vediamo, alla nostra destra, il boscoso crinale terminale del Culmine. Il traverso ci porta ad una pianetta, che ci introduce ad una sorta di terrazzo inclinato che precede l’impennata del versante prima della cima.
Piegando a destra, la pista procede per un tratto diritta verso il crinale, poi propone una serrata serie di tornanti dx-sx-dx-sx-dx, nella quale alcuni tratti hanno il fondo in cemento. Al successivo traverso verso destra la pendenza, per la prima volta, si addolcisce e per un tratto procediamo in falsopiano, fino al tornante sx, al quale ci raggiunge un sentiero che sale da sinistra. La pendenza torna a farsi marcata e passiamo a monte di alcune conche nel bosco, che si aprono alla nostra sinistra. Giunti al tornante dx, vediamo un sentiero che si stacca sulla sinistra dalla pista, e lo ignoriamo. Dopo il successivo tornante sx, il bosco comincia ad aprirsi gradualmente e vediamo alcuni punti nei quali la pista è stata tracciata aprendo una breccia fra le rocce affioranti dal cuore della montagna ed altri in cui il fondo corre rialzato rispetto al fondo del bosco. L’andamento sud-est ci porta nei pressi dello spigolo orientale del Culmine, ed in alcuni tratti la vegetazione si apre, regalando un ottimo colpo d’occhio sulla Media Valtellina (chiuso dal gruppo dell’Adamello) e sullo sbocco della Val Tartano. Poi pieghiamo gradualmente a destra, descrivendo un arco di cerchio verso sud-ovest, fra rocce levigate, piante di rovere e ginestre, dietro le quali si apre, a nord, un ottimo colpo d’occhio sulla Val Masino.
Alla fine siamo alla pianetta sommitale (m. 913), dove troviamo un tavolo con panche in legno ed una bandiera italiana. Siamo giunti alla cima dopo circa un’ora di cammino (il dislivello approssimativo è di 345 metri). Poco oltre, sulla sinistra, scendiamo ad una pianetta che costituisce un bel balcone panoramico verso nord: sulla sinistra vediamo la sezione orientale della Costiera dei Cech, solcata dalla
Val Toate ed incoronata dalla cima di Malvedello (m. 2640) e del Desenigo (m. 2845), con i paesi di Dazio, Cadelpicco, Cadelsasso, Chempo, Naguarido, Caspano e Roncaglia. Al centro la bassa Val Masino, nella quale confluisce da sinistra la valle di Spluga, sul cui fondo vediamo una sezione delle cime del gruppo del Masino, con i pizzi del Ferro (chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”, pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca, m. 3267, pizzo del Ferro centrale, m. 3287, il torrione del Ferro, m. 3070 ed il pizzo del Ferro orientale, m. 3200), la poderosa cima di Zocca (m. 3175), la cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri) e la punta Rasica (rèsga, m. 3305). Più a destra, dietro il crinale che dai Prati di Lotto sale all’alpe Granda, la costiera Arcanzo-Alli-Remoluzza, che separa la Val di Mello dalla Valle di Preda Rossa (che però da qui non si vedono); seguono il monte Disgrazia (m. 3678) ed i Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114), che emergono dalla lunga striscia verde dell’alpe Scermendone. Con l’esile profilo del pizzo Bello (m. 2743) torniamo sul crinale della media Valtellina.
Nei pressi del tavolino della cima ci sono anche due cartelli, entrambi rivolti alla direzione nella quale procede il sentiero che si sostituisce alla pista (ovest), che danno Dazio a 45 minuti, Porcido a 40 minuti e Paniga ad un’ora e 10 minuti. È, infatti, possibile tornare a Dazio per via diversa, seguendo il sentiero che corre sul crinale del Culmine, da est ad ovest (crinale che segna anche il confine fra i comuni di Dazio, a nord, e Morbegno, cui appartiene l’intero versante meridionale del Culmine). Incamminiamoci sulla traccia di sentiero che passa ad una certa distanza da una baita che vediamo alla nostra sinistra (si tratta dell’ex casermetta che ora è stata acquistata da privati) ed a sinistra di una pozza paludosa, volgendo poi leggermente a sinistra e scendendo ad una conca dove troviamo altri cartelli. Qui viene segnalato, sostanzialmente, un bivio. Prendendo a sinistra si imbocca “El sentée del Tàrci”, itinerario segnalato dal CAI di Morbegno e dedicato alla memoria dell’accompagnatore di media montagna Tarcisio Mattei, morto per un incidente sul monte Legnone nell’aprile del 2007; il sentiero, segnalato da segnavia bianco-rossi, scende, con lunga diagonale, sul selvaggio fianco di sud-est del Culmine, si immerge nel bosco e confluisce nella pista Porcido-Dazio, poco a monte di Porcido; da qui prosegue, poi, nella discesa a Paniga, sul fondovalle.


Panorama settentrionale dal Culmine di Dazio

A noi interessa, però, l’alternativa che rimane sul crinale del Culmine, segnalata dal cartello che reca scritto “Porcido” e “Dazio” e dai successivi segnavia bianco-rossi. Prendiamo, dunque, ad ovest, seguendo il sentiero, sempre ben marcato, che passa, con saliscendi, fra roccette, betulle, robinie e pini silvestri. Dopo un tratto in discesa, passiamo a destra di una nuova pozza e troviamo un cartello con scritto “Legunch”: poco oltre, inattesa e splendida, ci appare una grande pozza, che ha le dimensioni di un micro laghetto, interamente circondata dal bosco. Il nome, Lègùnc’, letteralmente “lago unto”, le deriva dal colore delle acque stagnanti, che appare oleoso. Il luogo è davvero particolare e suggestivo, nei colori e nel silenzio che regala, soprattutto in autunno. Percorrendo la riva di destra o di sinistra, ci portiamo sul lato opposto e riprendiamo il cammino prendendo leggermente a destra (la traccia qui non si vede), fino ad una pianetta-corridoio, dove troviamo un cartello che indica, nella direzione in cui procediamo, Camaron, mentre un secondo cartello indica, sulla destra, la Piana.
Ora dobbiamo decidere l’itinerario per il ritorno a Dazio: il più semplice sentiero indicato sulla destra, oppure quello più articolato e difficile che prosegue sul crinale e scende dal versante sud-occidentale del Culmine fino alla pista Porcido-Dazio. Vediamo entrambe le alternative. Il sentiero più semplice parte, dunque, alla nostra destra (ma dobbiamo comunque prestare attenzione ai bolli rossi che lo segnalano). Dopo una prima discesa, siamo ad una pianetta, dove un cartello indica Camaron nella direzione dalla quale veniamo, un altro “Piana” nella prosecuzione della discesa (si prosegue diritti, non prendendo a destra). Scendiamo, con andamento deciso, diritti, talora piegando leggermente a sinistra; in un punto la vegetazione, aprendosi un po’, lascia intravvedere Dazio. La lunga discesa, sempre abbastanza ripida, alterna tratti diritti ad altri caratterizzati da tornantini; il sentiero è sempre ben visibile.
Un ultimo tratto molto ripido e diritto ci porta sul limite di destra di un prato (Pra da Scet); poco oltre, vediamo un sasso a forma di corna che reca scritto, sul lato che da qui non vediamo, “Cima Colmen”, con una freccia che si riferisce alla direzione dlala quale siamo scesi. Restiamo sulla destra, attraversando in diagonale una radura e ritrovando il sentiero, che supera dapprima da sinistra a destra e poi da destra a sinistra un torrentello. Passiamo, poi, a destra di una piccola baita e del limite inferiore dei prati, ed infine raggiungiamo una pista sterrata sulla quale proseguiamo agevolmente la discesa. Dopo un tornante a destra, un ultimo tratto ci porta ad intercettare la pista Dazio-Culmine che abbiamo utilizzato nella salita; seguita verso sinistra, questa ci riporta all’automobile, dopo circa un’ora e mezza di cammino.


Panorama orientale dal Culmine di Dazio

Consideriamo, ora, il sentiero più complesso, tornando al bivio sul crinale del Culmine. Ora, invece di prendere a destra, proseguiamo diritti (indicazione "Camaron"), attraversando un bel bosco di castagni e pini, e scendendo su sentiero marcato, dal fondo buono, fino ad un nuovo cartello, nei pressi di un singolare roccione nel quale sembra aprirsi una sorta di grotta. Il cartello che segnala un bivio, con un sentierino di destra (un po’ prima del cartello) che scende a Dazio, mentre proseguendo diritti si va verso Portaia e Dazio con percorso più lungo e decisamente più interessante. Proseguiamo, dunque, facendo ora molta più attenzione ai segnavia (e ad alcuni ometti), perché in diversi punti la traccia non è evidente. Lo scenario comincia a mutare: non più bosco di castagni e pini silvestri, ma boscaglia più aperta, con prevalenza di betulle, felci e ginestre, fra le quali spuntano spesso e volentieri quelle caratteristiche roccette levigate che costituiscono l’elemento caratteristico del versante meridionale del Culmine. In alcuni punti guardando a sinistra vediamo buona parte della bassa Valtellina, da Morbegno all’alto Lario. Scendiamo in direzione ovest, appoggiandoci al lato meridionale (di sinistra) del versante che separa la conca di Dazio dalla bassa Valtellina.
All’inizio sembra che il sentiero, volgendo a sinistra, debba scendere diritto per il versante meridionale, poi pieghiamo a destra (traccia debole), passando fra alcune roccette, in terreno aperto, ed arrivando al punto meno agevole, che propone la discesa in una sorta di canalone poco pronunciato zigzagando fra le rocce. Bellissimo lo scenario: diritto davanti a noi, ecco Dazio, che se ne sta tranquillo, incurante delle fatiche di camminatori, adagiato nella sua bucolica conca. Scendiamo, dunque, piegando prima a sinistra, poi a destra, ed infine a sinistra, su rocce che, se bagnate, possono essere insidiose (anche perché il versante è qui abbastanza ripido): per questo il lungo tratto di corda che serve questo passaggio è ampiamente giustificato. Alla fine, sceso l’ultimo gradino, ecco di nuovo il bosco ed il tranquillo sentiero, che scende verso destra, fra betulle.
In un tratto, sulla sinistra, di nuovo ottimo colpo d’occhio sulla bassa Valtellina da Morbegno all’alto Lario. Pieghiamo, quindi, leggermente a sinistra, poi a destra ed abbiamo l’impressione che il sentiero prosegua diritto, saltando, quasi, su Dazio; in realtà scarta a sinistra (attenzione ai segnavia). Segue un tratto in cui la traccia non si nega, quindi di nuovo un tratto in cui sembra perdersi, fra rocce affioranti, ed infine un tratto tranquillo. Una serie di tornantini precede una nuova uscita dal bosco (verso destra); superata una fascia di roccette, rivediamo per un tratto Dazio, prima di piegare a sinistra. Usciti dal bosco, guardando a destra vediamo la Cima di Castello, nel gruppo del Masino. Di nuovo nella macchia, pieghiamo un po’ a sinistra, poi a destra, e siamo di nuovo all’aperto, dove ci attende una fascia di roccioni che scendiamo senza troppa difficoltà (sono ben scalinati). Superato un passaggino un po’ esposto, ci attende una sequenza di rapidi tornanti, che ci porta finalmente ad intercettare la pista Porcido-Dazio (stràda de purscìil).
Alcuni cartello danno, nella direzione dalla quale siamo scesi, il Culmine di Dazio ad un’ora; prendendo a sinistra, raggiungiamo in 20 minuti la partenza del Sentée del Tarci per la medesima cima, oppure Porcido in 30 minuti e Paniga in un’ora; prendendo a destra, infine, siamo a Dazio in 10 minuti (in realtà ci vuole un po’ di più). Prendiamo, dunque, a destra, raggiungendo, dopo breve salita, una cappelletta nella quale è dipinta una Madonna con Bambino. La pista comincia, poi, a scendere, abbastanza decisamente, con fondo lastricato in sassi e cemento, affacciandosi alla piana di Dazio e scavalcando un torrentello. Raggiungiamo, così, ad una stradina sterrata (la via per Porcido) che si affaccia alla piana di Dazio e confluisce nella strada provinciale 10 dei Cech orientale, a sinistra della chiesa di San Provino, dove troviamo i cartelli che danno, nella direzione dalla quale proveniamo, il Sentée del Tarci a 35 minuti, il Culmine di Dazio ad un’ora e 15 minuti e Porcido a 50 minuti. Percorrendo la provinciale verso destra, in pochi minuti siamo di nuovo all’automobile, dopo una camminata di un paio d’ore (dislivello approssimativo in altezza: 380 metri).


Apri qui una panoramica sulla media Valtellina e la Val Tartano dalla Colmen

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ANELLO DEL CULMINE DI DAZIO PER IL SENTIERO DELLA CRESTA EST

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Piana di Dazio - Cima della Colmen - Sentiero Cresta Est - Bivio - Piana di Dazio
2 h e 30 min.
430
EE
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendiamo a sinistra, superando un cavalcavia ed una rotonda e raggiungendo il ponte sull'Adda, oltre il quale prendiamo a destra e, dopo breve salita, ci immettiamo nella strada provinciale che sale a Dazio, procedendo a sinistra. Dopo un tornante dx, un lungo traverso ci porta a Dazio. Passiamo a destra della chiesa di San Provino e, sul lato destro della strada, vediamo la deviazione per il cimitero. La imbocchiamo e proseguiamo su questa stradetta, che diventa una pista che entra nel bosco e comincia a risalire il versante settentrionale della Colmen, piegando a sinistra e passando per il Crotto. Nella successiva salita la pista propone diversi tornanti, che nell'ultimo tratto si fanno più serrati, fino alla pianetta della cima della Colmen (m. 913).Dalla cima della Colmen ridiscendiamo lungo la pista sterrata, fino al secondo tornante sx, al quale troviamo il pannello che segnala la partenza del sentiero di Cresta Est. Lasciamo la pista scendendo verso est e seguendo con attenzione i segnavia ed agli ometti che dettano il percorso sul filo di cresta (attenzione ai salti sul lato destro). Più in basso il sentiero piega a sinistra ed entra nel bosco, scendendo fino ad un bivio segnalato, al quale pieghiamo a sinistra (indicazione per "Dazio-Crotto").


Media Valtellina dalla cresta est

Se però non manca l'esperienza escursionistica ma fa difetto il tempo, la via più breve per tornare a Dazio è quella che sfrutta il sentiero di Cresta Est, inaugurato nel maggio del 2012 a cura dell'Associazione Colmen – la Montagna Magica (sio web: www.associazionecolmen.it). Si tratta di un sentiero che con buone condizioni di terreno non comporta problemi, ma richiede comunque costante attenzione, perché la traccia è debole ed assediata da una vegetazione invadente, ed in alcuni tratti c'è una pericolosa esposizione sul lato meridionale (di destra). Va quindi percorso prestando costante attenzione ai segnavia.


Media Valtellina dalla cresta est

Scendendo dalla cima della Colmen sulla medesima pista di salita, al secondo tornante sx troviamo un pannello che annuncia la partenza del sentiero. Lasciamo dunque la pista prendendo ad est, per portarci, dopo breve tratto in piano fra roccioni affioranti e felci, ad un cartello che dà Desco ad un'ora e 20 minuti. Poco più avanti scendiamo ad un curioso roccione, che sembra un pulpito che guarda in direzione della media Valtellina aperta davanti ai nostri occhi, fino al lontano gruppo dell'Adamello. Scendiamo poi verso sinistra, in un oceano di felci, a destra del limite del bosco di pini silvestri. E' di rigore non perdere d'occhio i segnavia rosso-bianco-rossi su massi o piccoli ometti.


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

Nel primo tratto zigzaghiamo fra roccette, poi Scendiamo ad un crinale più ampio brullo, saliamo su un piccolo poggio e torniamo a scendere su un sentierino che si vede appena. Siamo sempre in prossimità dei salti di roccia del versante meridionale, ed il colpo d'occhio sulla piana di Ardenno e sulla bassa Val Tartano è davvero suggestivo. Superato un ometto su un roccione, troviamo più in basso un segnavia su un uovo di drago. Tale è, infatti, secondo un'antichissima leggenda, ogni masso erratico che si trovi in una posizione difficile da spiegare con le normali dinamiche naturali. Non di masso si tratta, allora, ma di uovo pietrificato di drago, deposto nei tempi remoti nei quali i draghi erano signori anche delle Alpi Retiche, come leggiamo anche in S. Agostino.


Uovo di drago

Scendiamo ancora, a poca distanza dal limite del bosco, raggiungendo un punto nel quale si vede con ottima panoramica dall'alto lo sbarramento artificiale sul fiume Adda al limite sud-occidentale della piana di Ardenno. Dopo un evidente segnavia su un ometto, pieghiamo un po' a sinistra, procedendo nella boscaglia. Ci immergiamo gradualmente nel bosco, il crinale è ormai alle nostre spalle, e, dopo qualche tornantino, siamo ad un bivio: prendendo a destra si imbocca il sentierino che taglia tutta la parte medio-bassa del versante est della Colmen, terminando alle baite a monte di Desco,che un cartello dà a 40 minuti. Si tratta di un sentiero suggestivo e panoramicissimo, con tratti scavati nella roccia, esposti e protetti. Noi prendiamo invece a sinistra (indicazioni per Dazio-Crotto, dato a 50 minuti), e procediamo quasi in piano o in leggera discesa, fino ad un nuovo bivio, al quale seguiamo l'indicazione per S. Antonio (anche perché dall'altra parte si va a Prè dei Carr ed al Piazz dela Merda, località dal nome non propriamente allettante).


Pè del Signur

Poco più avanti un cartello della Pro Loco di Dazio segnala un masso chiamato “Pe del Signur”, perché un'antica leggenda vuole che vi sia impressa proprio l'orma del Signore. Non è l'unico esempio del genere in bassa Valtellina: un analogo “Pè dul Signur” si trova nei boschi sopra Buglio ed in quelli sopra Sirta. Procediamo fino ad un terzo bivio, quello S.Antonio-Gusmara, al quale prendiamo la direzione per S. Antonio. La traversata termina intercettando la pista che dalla chiesetta sconsacrata di S. Antonio porta alla piana di Dazio. Prendendo a destra, torniamo alla mulattiera per la quale ridiscendiamo a Pilasco.


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DA PANIGA AL CULMINE DI DAZIO PER IL "SENTEE DEL TARCI"

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Paniga - Porcido - Cima della Colmen
2 h
670
EE
SINTESI. Procedendo sul tirone in uscita da Morbegno (per chi proviene da Milano), all'altezza di Talamona prendiamo a destra quando vediamo le indicazioni per Paniga. Curviamo a destra e ci immettiamo in una strada curvando ancora a destra e superando un sottopassaggio. All'uscita andiamo a destra, portandoci al semaforo del ponte di Paniga. Superato il ponte arcuato, siamo ad un trivio, al quale andiamo diritti, portandoci a Paniga, dove parcheggiamo presso la chiesa (m. 241). Sul lato opposto della strada, rispetto a parcheggio, cioè sul lato nord vediamo, su una roccia presso un muretto, un segnavia bianco-rosso, che indica la partenza del sentiero. Prendendo a sinistra ci portiamo ad una cappelletta e, seguendo un sentierino che corre alle spalle delle case a ridosso del versante meridionale della Colmen, raggiungiamo il punto nel quale inizia la salita. Su un muraglione di cemento, alla nostra destra, vediamo una grande scritta con una freccia verde, “Porcido”. Nella prima parte di sentiero serpeggia salendo ripido fra orti e vigne. Superato un grande rudere, ci portiamo ad n sistema di grandi reti paramassi, prendiamo a destra e proseguiamo verso nord-est, fra roccette e poggi esposti sul lato destro. Dopo una serie di tornantini siamo alla parte bassa dei prati di Porcido e, risalendoli in diagonale verso destra, ci portiamo alla chiesetta di S. Sebastiano (m. 586). Procediamo sulla mulattiera che va a siistra e lascia Porcido, fino ad un bivio al quale la lasciamo prendendo a destra (indicazioni per il Culmine ed il Sentée del Tarci). con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita, verso nord-est. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata. Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero, piegando con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assumendo un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto. Procedendo a destra siamo subito alla cima del Culmine di Dazio (m. 913).

Raccontiamo, infine, per completezza, il già menzionato Sentée del Tarci, segnalato per iniziativa del CAI di Morbegno. Un sentiero godibilissimo in autunno, inverno (in assenza di neve e su terreno asciutto) e primavera, che può costituire, oltretutto, un interessante quanto poco conosciuto itinerario che consente di raggiungere Dazio partendo dal fondovalle. Punto di partenza è il paesino di Paniga, ai piedi della Colmen, fra Campovico, ad ovest, e Desco, ad est.
Lo si raggiunge staccandosi dalla ss. 38, per chi proviene da Milano, allo svincolo segnalato per Paniga, sulla destra, dopo Morbegno e poco prima del viadotto sul torrente Tartano (allo svincolo corrisponde, sul lato opposto – settentrionale – della ss. 38 il ben visibile ponte arcuato di Paniga, che scavalca il fiume Adda). Una volta lasciata la strada statale, dopo pochi metri dobbiamo prendere a destra, passando sotto un cavalcavia. Dopo una successiva curva a destra, raggiungiamo il ponte di Paniga, sul quale il senso unico alternato è regolamentato da un semaforo.
Valicato il ponte, siamo a Paniga. Invece di piegare a sinistra (direzione per Campovico) o a destra (direzione per Desco), proseguiamo diritti, entrando in paese, e prendiamo, poi, a destra, fino al parcheggio nei pressi della chiesa dall'architettura decisamente moderna (la "scgésa növa de panìga", edificata nel 1979, che ha sostituito la "scgésa vèsgia de panìga", dedicata alla Madonna delle Grazie), riconoscibile per la pianta circolare: qui, a 241 metri, lasciamo l’automobile.
Sul lato opposto della strada, rispetto a parcheggio, cioè sul lato nord vediamo, su una roccia presso un muretto, un segnavia bianco-rosso, che indica la partenza del sentiero. Prendendo a sinistra ci portiamo ad una cappelletta e, seguendo un sentierino che corre alle spalle delle case a ridosso del versante meridionale della Colmen, raggiungiamo il punto nel quale inizia la salita.
Su un muraglione di cemento, alla nostra destra, vediamo una grande scritta con una freccia verde, “Porcido”, che segnala, appunto, il sentiero per il paesino di mezza costa che costituisce la tappa intermedia della salita alla Colmen.
Il sentiero, zigzagando, supera alcuni rustici e terrazzamenti coltivati (i "càamp") e guadagna rapidamente quota, regalando alcuni begli scorci su Paniga, Talamona e Morbegno. Si tratta di un bel sentiero, in parte scalinato e scavato nella roccia, che si inerpica sul ripido versante che sovrasta Paniga. Alcuni punto esposti sono protetti da corrimano. Dopo il primo strappo, raggiungiamo il muraglione di un rudere, oltrepassato il quale il sentiero riprende a salire, uscendo gradualmente dalla selva e dipanandosi fra rocce e vegetazione disordinata.
Di tanto in tanto, volgendo lo sguardo a destra, possiamo ammirare il conoide del torrente Tartano, Talamona e Paniga. Non allentiamo, però, l’attenzione, perché in alcuni punti un passo falso può procurare una caduta dalle conseguenze anche serie (e questo sia detto anche per alcuni punti del tratto Porcido-Culmine).


Porcido

I tornantini si succedono, anche serrati, ed il sentiero conserva l’andamento complessivo verso nord-est, passando non lontanto da una miniera d'oro sfruttata fino alla fine del Settecento (la "bögia de l'òòr", in località "el regulùn a la bögia de l'òòr", chiamata così per la presenza di una grossa quercia). Per alcuni erano giganteschi, di color verde cupo, con una spessa cresta sul dorso ed un’enorme bocca dalla quale saettava una lunga lingua biforcuta; per altri erano di più modeste dimensioni (non più di mezzo metro di lunghezza) e di un color grigio che si mimetizzava assai bene con quello delle pietre, per cui ci si accorgeva della loro presenza a fatica, solo per gli occhi fiammeggianti. Altri ancora narravano di averli visti sul tronco di talune piante: avevano lo stesso colore della corteccia, biancastro sulle betulle, marroncino sui castagni, verde fra le foglie.
Per molto tempo la paura impedì più sistematiche osservazioni: la gente era, infatti, convinta che questi esseri potessero stordire, ammaliare, aggredire, avvelenare addirittura chi si avvicinasse; era anche convinta che il loro potere malefico si esercitasse anche sulle colture, danneggiandole. Per questo era stato coniato anche un nome per il mostro di Paniga: “el dragu de la miniera de l’oor”, forse in accordo con le tante leggende che descrivono i draghi a guardia di tesori nascosti. Passò così un bel po’ di tempo, senza, però, che nessuno fosse vittima di aggressioni o peggio.
Alla fine la gente cominciò ad arrendersi all’evidenza ed a guardare con maggiore attenzione queste bestie, osservando che in effetti non erano molto grandi, avevano sì una cresta sul dorso, la lingua biforcuta, una bocca deforme e le dita delle zampe prensili, ma si cibavano solo di insetti e temevano l’uomo. Avevano, poi, la curiosa proprietà di assumere il colore dell’ambiente nel quale si trovavano, mimetizzandosi, così, piuttosto bene. Alla fine a qualcuno venne in mente che si potesse trattare si semplici...camaleonti (animali che effettivamente trovavavo in queste zone un habitat ideale).
Accompagnati dagli interrogaziovi sui draghi custodi del mitico oro, dopo qualche ultima giravolta fra muretti a secco, eccoci, dopo tre quarti d’ora circa dalla partenza, alla parte bassa occidentale dei prati di Porcido (purscìil). Questo nucleo incantevole riposa su un bel pianoro di mezza costa sul versante meridionale della Colmen, a 586 metri di quota. In passato fu frazione del comune di Campovico, mentre ora appartiene, con Campovico, al territorio di Morbegno, ed è abitato da famiglia di Dazio, Cadelsasso e Cadelpicco. Un nucleo di case, fra orti e vigneti, che conserva un incantevole sapore antico, impreziosito da una stupenda chiesetta (scgésa de purscìil), dedicata a S. Sebastiano, che appartiene alla parrocchia di Desco. Qui giunge anche, dalla nostra destra, un sentiero che sale da Desco, il "sentée dé la piöda". Lo intercettiamo, proprio alla chiesetta, e proseguiamo verso sinistra (ovest), attraversando, a monte, le baite ed i rustici, su una larga mulattiera, delimitata a monte da muretti a secco. In compagnia dei segnavia bianco-rossi, superiamo alcuni rustici alla nostra destra ed una semicurva a destra, in un punto nel quale il colpo d’occhio sulla bassa Valtellina è ampio e suggestivo.
Poi, dopo un tratto in salita, raggiungiamo il Balabèn, terrazzo panoramico con tavolo e panche, con ottimo colpo d'occhio sull'intera bassa Valtellina, fino all'alto Lario. Poco oltre troviamo, sulla destra, due cartelli che segnalano un bivio, al quale, lasciando, la mulattiera, prendiamo a destra. I cartelli danno, nella direzione dalla quale proveniamo, Porcido a 10 minuti e Paniga a 40 minuti, e, nella direzione nella quale proseguiamo, il Culmine di Dazio a 45 minuti. Abbandoniamo, dunque, la direzione verso ovest, seguendo un sentierino che procede in direzione opposta (est), con andamento dapprima quasi pianeggiante, poi in progressiva salita. Il sentierino si allarga a mulattiera, nel cuore di un fresco bosco di castagni, supera alcuni ruderi e conduce ad una radura, dove troviamo una grande baita abbandonata, che incombe sul sentiero con il suo muraglione meridionale.


Val Tartano e monti di Talamona dal Sentée del Tarci
(clicca qui per ingrandire)

Segue un tratto nel bosco, una radura ed un nuovo tratto nel bosco, finché gli alberi si diradano ed usciamo in vista dell’ultimo tratto, che si snoda su un vallone colonizzato da vegetazione disordinata, che scende verso sud appena ad ovest della cima del Culmine. Ora procediamo, su traccia più debole, fra ginestre, sterpaglie, roccette levigate e qualche scheletro d'albero. Davanti a noi, ad est, l’impressionante salto roccioso che scende verso il fondovalle a sud della cima del Culmine. Alla sua destra, il solco terminale della Val Tartano ed il conoide del Tartano.
Il sentiero, ora, piega, con alcuni tornantini, verso sinistra, ed assume un andamento verso nord. Seguendo il canalone e superando alcune formazioni di rocce affioranti, approdiamo, alla fine, al largo crinale immediatamente ad ovest del Culmine, in corrispondenza di un grande ometto.
Qui ci attende lo scenario più gentile di una rada selva, che il sole non fatica ad impregnare con la sua luce. Finora ci siamo mossi sul territorio del comune di Morbegno: ora raggiungiamo il confine che lo separa da quello di Dazio, e che passa proprio per il crinale del Culmine.
Seguendo i segnavia, su alcuni massi e tronchi d’albero, proseguiamo verso destra, fino a due cartelli, che indicano la direzione per il Culmine e quella per Porcido e Paniga (dalla quale siamo saliti).
Il cartello serve assai poco a noi, che potremmo facilmente procedere a vista, ma è preziosissimo, per trovare il punto in cui il sentierino si tuffa nel canalone, per chi lo percorre scendendo (che deve prestare attenzione a non seguire il sentierino che percorre per un buon tratto, verso ovest, il crinale sommitale del Culmine).
Poche decine di metri ancora, e, lasciato alla nostra destra l'ex-casermetta ristrutturata, siamo nei pressi del culmine di Dazio. Lo scenario si apre, a nord, magnificamente, sui pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) e le vette della Valle di Zocca. Sul pianoro sommatale del Culmine (m. 913) troviamo un nuovo cartello, che dà, nella direzione dalla quale siamo saliti, Porcido a 40 minuti e Paniga ad un’ora e 10 minuti.
Lo abbiamo raggiunto in un’ora e tre quarti circa di cammino (il dislivello in salita è di 664 metri). Da qui possiamo comodamente scendere a Dazio seguendo la larga mulattiera che parte a nord-est della cima.


Bassa Valtellina dal Culmine di Dazio

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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