Mulattiera Vallate-Cerido

DAZIO-VALLATE-RONCAGLIA DI SOPRA E DI SOTTO-VALLATE-CERIDO-DAZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Dazio-Vallate-Roncaglia di Sopra-Serone-Vallate-Cerido-Dazio
2 h e 15 min.
400
T
SINTESI. Alla prima rotonda in ingresso a Morbegno (per chi proviene da Milano) lasciamo la ss 38 dello Stelvio prendendo a sinistra. Dopo un cavalcavia ed una rotonda proseguiamo diritti fino al ponte sul fiume Adda, al quale prendiamo a destra, salendo fino al vicino bivio, al quale lasciamo a destra la strada provinciale Pedemontana e pieghiamo a sinistra, proseguendo nella salita sulla strada provinciale 10 che porta a Dazio (m. 562). Percorriamo il tratto rettilineo che passa a destra della chiesa di San Provino e parcheggiamo al primo parcheggio sulla sinistra, ad est della chiesa. Imbocchiamo la vicina via Vittorio Veneto che passa per il sagrato della chiesa e procediamo diritti verso ovest, fino ad intercettare Via della Pergola. Prendiamo a destra e ci immettiamo in via Castello, che seguiamo verso sinistra, fino ad uscire dal paese. Proseguiamo verso ovest, entrando nella selva e superando su un ponte il torrente Toate. Seguiamo ora una pista che sale verso est, si approssima al torrente Rigorso e lo segue restandone a destra e salendo verso ovest. La pista confluisce nella strada provinciale che da Dazio sale a Serone, all'altezza del nucleo di Vallate. Saliamo superando su un ponte torrente Rigorso e seguendo la strada provinciale fino al vicino nucleo di Serone, centro amministrativo del comune di Civo (m. 718). Passiamo a sinistra della chiesa e proseguiamo verso ovest. Presso la chiesa le due strade principali si dividono: quella di destra sale in direzione nord-est, verso Naguarido, Chempo e Caspano, mentre quella di sinistra traversa verso sud-ovest, scendendo a Mello. Imbocchiamo la strada di destra, salendo diritti e passando per Naguarido. Prima di Chempo troviamo sulla sinistra la partenza della strada per Poira. La imbocchiamo ma subito la lasciamo prendendo un sentiero segnalato, sulla destra, per Roncaglia di Sopra. Il sentiero piega subito a sinistra e sale in diagonale in una selva, uscendone alle spalle della chiesa di San Giacomo a Roncaglia di Sopra (m. 887). Ci portiamo davanti allo splendido sagrato e cerchiamo sulla sinistra (verso valle) la stradina che scende al cimitero e prosegue intercettando la carrozzabile che sale a Poira. La attraversiamo e sul lato opposto scendiamo lungo una pista trovando sulla destra una cappelletta, prima di confluire in una nuova pista, che percorriamo verso destra (ovest), fino ad un quadrivio in corrispondenza di una cappelletta. Qui seguiamo le indicazioni del cartello per Serone ed andiamo a sinistra, imboccando una pista che piega a destra e scende diritta, passando per un masso erratico ed un casello dell'acqua. Dopo un ultimo tratto fra alti muri la pista porta a Serone. Prendendo a sinistra siamo alla strada principale, di fronte alla chiesa, e proseguiamo la discesa riportandoci a Vallate. Qui non imbocchiamo la pista utilizzata salendo, ma, sul lato opposto (di destra, guardando a valle) del torrente Rigorso, in corridondenza di una cappelletta, seguiamo una mulattiera che taglia i prati verso ovest, passando a sinistra di un masso erratico, piegando poi leggermente sinistra ed entrando in una selva. Passiamo a sinistra di una nuova cappelletta e poco più avanti ad una terza. Qui un cartello segnala a sinistra il sentiero che porta a Ca' Dunai (Dazio) e che possiamo usare se vogliamo abbreviare l'anello. In caso contrario proseguiamo sulla mulattiera principale, che piega a destra e scende verso sud-ovest. Dopo un paio di tornanti siamo alla parte alta di Cerido. Scendiamo alle baite passando vicino all'antico torchio (m. 508). Scendiamo ora lungo la stradina asfaltata, fino ad un parcheggio, che troviamo alla sua sinistra. Sul lato opposto del parcheggio imbocchiamo una pista che traversa a mezzacosta ed intercetta la strada provinciale Ganda-Dazio. saliamo per breve tratto e ci riportiamo alla piana di Dazio, tornando al parcheggio al quale abbiamo lasciato l'automobile.


Dazio

Alla prima rotonda in ingresso a Morbegno (per chi proviene da Milano) lasciamo la ss 38 dello Stelvio prendendo a sinistra. Dopo un cavalcavia ed una rotonda proseguiamo diritti fino al ponte sul fiume Adda, al quale prendiamo a destra, salendo fino al vicino bivio, al quale lasciamo a destra la strada provinciale Pedemontana e pieghiamo a sinistra, proseguendo nella salita sulla strada che porta a Dazio (m. 562).
Percorriamo il tratto rettilineo che passa a destra della chiesa di San Provino e parcheggiamo al primo parcheggio sulla sinistra, ad est della chiesa.
Nascosta dietro la caratteristica formazione montuosa del Culmine di Dazio, che fa da spartiacque fra bassa e media Valtellina,
Dazio riposa su una piana a 568 metri sul livello del male. Qui possiamo trovare piante da frutta, oleandri, allori e palme, grazie al clima particolarmente mite che si gode anche nella stagione invernale.


Dazio

La bellezza del luogo era apprezzata anche nei secoli passati. Ecco come il Güler von Weineck, governatore della Valtellina per le Tre Leghe dal 1587 al 1588, nell’opera “Rhaetia”, del 1616, lo presenta: “Venne così chiamato dalla parola dazio, perché un tempo il bestiame che si recava ad alpeggiare nella Valmasino doveva, passando di qui, pagare una tassa al feudatario. Questo villaggio sorge in amena posizione in una fertile pianura montana, elevata circa mille passi sull’Adda. All’estremo di questa pianura, verso mezzodì, sorge un piccolo monte detto la Colma di Dazio… A ponente di Dazio scorre il torrente montano chiamato Tovate e si stende la foresta di Roncaglia, la quale ripara il paese dai venti impetuosi del lago. I venti settentrionali vengono invece trattenuti dal monte di Caspano; e tutte queste condizioni favorevoli rendono il luogo salubre e fertile.”
Similmente l'Orsini, nella Storia di Morbegno (Sondrio, 1959), scrive, con riferimento al secolo XIII: "Dazio, così chiamato perché quivi gli armenti di passaggio da e per la Valmasino pagavano la centena ai Vicedomini, ossia un capo di bestiame ogni cento, comprese anche Regolido e Cerido, che poi passarono al comune di Civo".

Ci mettiamo ora in cammino ed imbocchiamo la vicina via Vittorio Veneto che passa per il sagrato della chiesa e procediamo diritti verso ovest, fino ad intercettare Via della Pergola. Prendiamo a destra e ci immettiamo in via Castello, che seguiamo verso sinistra, fino ad uscire dal paese. Proseguiamo verso ovest, entrando nella selva e superando su un ponte il torrente Toate.
Seguiamo ora una pista che sale verso est, si approssima al torrente Rigorso e lo segue restandone a destra e salendo verso ovest. La pista confluisce nella strada provinciale che da Dazio sale a Serone, all'altezza del nucleo di Vallate. Saliamo superando su un ponte il torrente Rigorso e seguendo la strada provinciale fino al vicino nucleo di Serone, centro amministrativo del comune di Civo (m. 718). Passiamo a sinistra della chiesa e proseguiamo verso ovest.


Serone

Presso la chiesa le due strade principali si dividono: quella di destra sale in direzione nord-est, verso Naguarido, Chempo e Caspano, mentre quella di sinistra traversa verso sud-ovest, scendendo a Mello.
Imbocchiamo la strada di destra, salendo diritti e passando per Naguarido. Prima di Chempo troviamo sulla sinistra la partenza della strada per Poira. La imbocchiamo ma subito la lasciamo prendendo un sentiero segnalato, sulla destra, per Roncaglia di Sopra. Il sentiero piega subito a sinistra e sale in diagonale in una selva, uscendone alle spalle della chiesa di San Giacomo a Roncaglia di Sopra (m. 887). Ci portiamo davanti allo splendido sagrato circondato da cappellette della Via Crucis e ne ammiriamo la superba bellezza.


La media Valtellina vista da Chempo

La chiesa prepositurale di S. Giacomo di Roncaglia di Sopra fu edificata nel 1654 e consacrata vent’anni più tardi. Una chiesa splendida, con un sagrato molto ampio, circondato da 14 cappellette nelle quali sono raffigurate scene della Via Crucis.
Giovanni Guler von Weineck, nella sua opera "Rhaetia" pubblicata a Zurigo sul finire del Cinquecento, scrive: “Al disopra del Dosso Visconte, a circa millecinquecento passi da Caspano, sorge il popoloso villaggio di Roncaglia, in un terreno pianeggiantecui sovrasta una foresta; al disotto poi di Roncaglia, fra il torrente Tovate e Cermeledo, s’incontrano sei frazioni: Tovate, Chempo, Naguarido, Sirone, Vallate, Cerido. In questo territorio si alleva molto bestiame e si produce un genere speciale di piccoli caci squisiti, i quali sonoassai rinomati e si esportano qua e là anche in paesi lontani. Fra Caspano e Roncaglia corre impetuoso iltorrente Tovate per una forra del monte; e quivi si scava un marmo eccellente che viene condotto a Morbegno, a Traona e ad altri paesi circonvicini per adornare porte e finestre; è bello e piacevole alla vista, ma assai duro da scalpellare. Gli abitanti di Roncaglia, come i terrieri di Mello, discendono dagli abitatori di Civo, dai quali si sono separati, venendo a dissodare queste terre e dalla loro opera assunsero il nome attuale. Roncaglia, infatti, può provenire dal dialettale roncà (dissodare, liberare il terreno dal pietrame)”.


La chiesa di San Giacomo a Roncaglia di Sopra

Il vescovo di Como Feliciano Ninguarda, in visita pastorale in queste zone nel 1589, a sua volta scrive: "A un miglio da Caspano verso occidente c'è il paese di Roncaglia superiore, con la chiesa parrocchiale dedicata a S. Giacomo apostolo. Sotto di esso a un tiro di bombarda c'è Roncaglia inferiore, spettante alla stessa comunità, con 100 famiglie, tutte cattoliche. E' parroco il sacerdote Giovanni di Beca, oriundo di lì, che ha circa novanta anni. In altri tempi questa comunità con la chiesa era stata sottomessa alla parrocchiale di Caspano ma in seguito fu separata; ogni famiglia però è obbligata una volta all'anno, nella festa di S. Martino, a dare al parroco di Caspano due piccole misure di mistura."
Dalla "Cronistoria di Caspano e dei paesi limitrofi" del sacerdote Giovanni Libera (Como, 1926), apprendiamo interessanti notizie sull'edificazione della chiesa di S. Giacomo e su un curioso episodio che risale al tempo dell'occupazione francese della Valtellina ad inizio Ottocento, nel contesto del periodo napoleonico:


Chiesa di San Giacomo a Roncaglia di Sopra

Addì 6 agosto 1654 dal sac. Giovan Battista Paravicino, fu Giovan Antonio, da Buglio , prevosto di Talamona e Vicario Foraneo di tutto il Terziere Inferiore della Valtellina, venne benedetta la prima pietra della chiesa attuale di S. Giacomo. Intervenne alla funzione il parroco di Caspano ed il di lui nipote sac. Lorenzo Grazioli, notaio ap. e Dottor in S. Teologia.  La qual pietra fu posta nella parete angolare del coro da mattina e da monte, come da strumento rogato dal suddetto notaio ap. E Dottor in S. Teologia, sac. Lorenzo Grazioli, anno, mese e dì, come sopra. Detta chiesa ha molti affreschi di C. Ligari, e possiede coro, pulpito, confessionali e organo a pregevoli intagli, bellissimi stucchi, un altare monumentale di legno intagliato e dorato, molta e ricca argenteria. Nel piazzale della chiesa si trovano le 14 splendide cappelle della Via Crucis, dipinte dal Ligari e ristaurate dal Gavazzeni.


La chiesa di San Giacomo a Roncaglia di Sopra

Un commissario della Cisalpina, residente a Morbegno, aveva mandato, come in altre chiese, così anche nella chiesa di S. Giacomo a Roncaglia un ufficiale coll’ordine di far disporre nella suddetta chiesa tutta l’argenteria di quella parrocchia e di fare un elenco degli oggetti di valore, che più tardi sarebbero stati requisiti. Vi era parroco un Paganetti, nativo di Roncaglia, il quale, appena ultimata l’elencazione, escogitò d’accordo con un proprio nipote e col segrista un rimedio per salvaguardare il vistoso patrimonio. Scavata una buca profonda in una stalla a pian terreno della Casa Parrocchiale vi fece una notte seppellire tutti gli oggetti d’argento, ricoprendo poi la terra smossa con un mucchio di letame; nella notte stessa fece abbattere una porta laterale della chiesa, mentre egli in tutta fretta si portava sull’Alpe Ligoncio (sovrastante ai Bagni di Masino).


Pista Roncaglia-Serone

Ma due gendarmi si recarono poco appresso sul suddetto Alpe ad arrestarlo ed a tradurlo nella chiesa S. Antonio a Morbegno, dove si svolse unprocesso. Quasi tutta la popolazione di Roncaglia, trepidante per la sorte del proprio pastore, assisteva al dibattimento e attestava la innocenza del sacerdote e ne reclamava la liberazione. Due pastori del Ligoncio, un Fiora ed un Morelli, ambedue di Roncaglia, giuravano, che la notte del furto il sac. Paganetti trovavasi con loro sull’Alpe. Egli poi si discolpava col dire che aveva ricevuto l’ordine del commissario di far disporre nella chiesa gli oggetti sacri, ordine da lui perfettamente eseguito; ma non aveva ricevuto l’altro ordine, cioè quello di far la custodia ai suddetti oggetti. Il tribunale dopo 2 ore di discussione sentenziò non farsi luogo a procedere contro il cittadino Prevosto Paganetti per mancanza di prove. Caduta la Cisalpina, gli oggetti sacri tornarono alla luce.
Cerchiamo ora a sud (verso valle) la stradina che scende al cimitero e prosegue intercettando la carrozzabile che sale a Poira. La attraversiamo e sul lato opposto scendiamo lungo una pista trovando sulla destra una cappelletta, prima di confluire in una nuova pista, che percorriamo verso destra (ovest), fino ad un quadrivio in corrispondenza di una cappelletta. Qui seguiamo le indicazioni del cartello per Serone ed andiamo a sinistra, imboccando una pista che piega a destra e scende diritta, passando per un masso erratico ed un casello dell'acqua. Dopo un ultimo tratto fra alti muri la pista porta a Serone. Prendendo a sinistra siamo alla strada principale, di fronte alla chiesa, e proseguiamo la discesa riportandoci a Vallate.


Il quadrivio

Qui non imbocchiamo la pista utilizzata salendo, ma, sul lato opposto (di destra, guardando a valle) del torrente Rigorso, in corridondenza di una cappelletta, seguiamo una mulattiera che taglia i prati verso ovest, passando a sinistra di un masso erratico, piegando poi leggermente sinistra ed entrando in una selva. Passiamo a sinistra di una nuova cappelletta e poco più avanti ad una terza. Qui un cartello segnala a sinistra il sentiero che porta a Ca' Dunai (Dazio) e che possiamo usare se vogliamo abbreviare l'anello. In caso contrario proseguiamo sulla mulattiera principale, che piega a destra e scende verso sud-ovest. Dopo un paio di tornanti siamo alla parte alta di Cerido (m. 508).


Cerido

Questo splendido borgo ("scerìi, m. 508), attestato per la prima volta in un documento del 1357, nella forma "Zerido", regala un'atmosfera unica e davvero suggestiva. Un nucleo ricco di storia e di una curiosa e simpatica umanità. Basti pensare ad alcuni soprannomi delle famiglie che un tempo lo popolavano, e che si sono trasferiti ai luoghi.
Un gruppo di case e terreni è chiamato "cagazéchìn": vi abitava un tal Venina, cui non faceva difetto certamente il buonumore, e che era solito raccontare, con aria serissima e compresa, delle straordinarie qualità del suo asino, parente, alla lontana, della famosa gallina dalle uova d'oro, dato che quello (l'asino, s'intende), quando andava di corpo, non deponeva a terra vile sterco, ma preziosissimi zecchini d'oro. Un altro gruppo di case è denominato "orài", dal soprannome di un ramo della famiglia Alberti, un componente della quale, emigrato in America e tornato al paese natìo, intercalava ogni frase con un sonoro "all right", nel quale esprimeva tutta l'ammirazione per quel lontano e grande paese. Un terzo gruppo di case era quello dei "giascgià", dal soprannome di un ramo della famiglia Busnarda, derivato dalla curiosa abitudine di un suo componente: lo incontravi, e ti salutava con un "Ehilà, ehilà."; gli chiedevi come stesse, e ti sentivi rispondere un "Bene, bene"; ti lamentavi che le stagioni non sono più quelle di una volta, ed avevi come risposta un cenno di assenso ed un convinto "Già, già..." Per chiudere con un'ultima pennellata queste scarne note di colore, varrà la pena di ricordare che a Cerido venne, molti e molti anni or sono, avvistato un animale più unico che raro, il "ghetùn ghèt", "gattone gatto", una sorta di folletto, alto un’ottantina di centimetri, con le orecchie appuntite e pelose, le lunghe braccia, le dita dotate di unghie affilate e gli occhi giallastri e fosforescenti, che brillavano, sinistri e diabolici, sul far della sera e nel cuore della notte, terrore dei bambini disubbidienti. Una lince, forse.
Rapide pennellate sulla Cerido degli anni trenta del secolo scorso si trovano nello splendido affresco della Naguarido di quei tempi tracciato da Ines Busnarda Luzzi in "Case di sassi " (Edizioni Lo Faro, 1980): "Cerido è il nome di una frazioncina di poche case, diviso in due fra il comune di Civo e quello di Morbegno, ma che è sotto la giurisdizione della parrocchia di Roncaglia. Da gennaio a marzo vi abita parte della gente di Vallate e parte di quella di Naguarido, che vi possiede terreni e case. D'inverno il luogo è caldo. Ma non è per questo che vi si trasmigra, ma per far mangiare alle bestie il fieno che si è raccolto, per concimare i prati e lavorare le vigne, perché noi il vino si faceva lì e le nostre cantine erano a Cerido. Ora anche Cerido è quasi abbandonato e poche vigne sono ancora coltivate. E' a Cerido "basso" che pochi mesi fa (siamo nel 1980) è stato riscoperto il famoso torchio che faceva il nostro vino, che risulta il più antico torchio conosciuto in Italia. Il tempo e vandali l'hanno devastato e di esso non rimangono che i pezzi mastodontici che non si sono potuti asportare: nel locale il tetto è crollato e le pareti stanno per farlo. Anche noi vi avevamo una casa, ben soleggiata, ma meno comoda di quella di Naguarido. Io ci stavo mal volentieri perché in quel periodo mi trovavo isolata e senza amiche; non avevamo la luce elettrica e la sera per non consumare petrolio, si cenava, a volte, alla luce del fuoco e si andava a dormire alle otto, o anche prima."
Raggiunte le case di Cerido, vedremo facilmente anche un cartello che ci indirizza al Torchio di Cerido, quello menzionato dalla Busnarda. Si tratta di un piccolo museo della civiltà contadina, un torchio vinario e di un frantoio oleario del secolo XVII (funzionanti fino agli anni '40 del secolo scorso), cui si sono aggiunti altri interessanti oggetti della vita contadina nei secoli passati (gerli, tini e tinozze, stadere, irroratori, mazze, stai, ceste, pentole, lampade, borracce, cappelli, e così via). La gentile signora Amelia Margnelli si renderà, poi, disponibile a fornire notizie interessanti su questi strumenti che rappresentavano, nell'economia contadina, risorse essenziali in una zona nella quale la viticoltura si è sempre avvalsa di un'ottima esposizione al sole. 

Per visitare il torchio bisogna contattare il Comune di Morbegno al numero 0342/606207, dal lunedì al venerdì in orario 9-12, oppure via email all'associazione info@evaltellina.com

Per chiudere l'anello, sScendiamo ora lungo la stradina asfaltata, fino ad un parcheggio, che troviamo alla sua sinistra (ma se vogliamo visitare la chiesa di S. Nazzaro, scendiamo ancora ed imbocchiamo una stradina sulla destra). Sul lato opposto del parcheggio imbocchiamo una pista che traversa a mezzacosta ed intercetta la strada provinciale Ganda-Dazio. saliamo per breve tratto e ci riportiamo alla piana di Dazio, tornando al parcheggio al quale abbiamo lasciato l'automobile.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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