Apri qui una fotomappa dei sentieri a monte di Chiavenna e Prata Camportaccio

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Pratogiano (Chiavenna)-Uschione
1 h e 30 min.
500
T
Pratogiano (Chiavenna)-Uschione - Lotteno- Pratogiano
3 h
520
E
SINTESI. Entrati con l’automobile in Chiavenna, prendiamo, alla prima rotonda, a destra, per la Stazione ed il centro. Dopo una semicurva a sinistra, giunti al passaggio a livello della linea ferroviaria, prendiamo a destra e lo attraversiamo, lasciando poi l’automobile al grande parcheggio della località Pratogiano (m. 320). Portiamoci al Crotto Ombra, sul lato sud-orientale del viale. e cominciamo a percorrere la via al Tiglio. Prendiamo, poi, a sinistra, percorrendo la Via al deserto, fino a giungere all’ingresso del Deserto. Proprio a sinistra dell’ingresso parte la mulattiera per Uschione, segnalata da un cartello della Comunità Montava della Valchiavenna (sentiero B4). Dopo il primo tratto nel bosco, esce ai prati del Belvedere (belvédée, m. 450). La mulattiera prosegue la salita, ben scalinata, nel bosco e, superata la cappelletta a 550, esce dal bosco e raggiunge le baite del nucleo meridionale di Uschione, la contrada Zarucchi (m. 827). Ci immettiamo, quindi, in una pista sterrata che, percorsa verso sinistra, ci porta al nucleo centrale, Pighetti. Qui, presso la chiesetta dell'Ascensione, è stato aperto, nell'edificio ristrutturato della canonica, il nuovo rifugio Uschione, gestito nei mesi estivi. Raggiunta la strada asfaltata che sale da Prata cominciamo la discesa. Dopo alcuni tornanti, giungiamo in vista delle baite di Lotteno (m. 654). Dopo una visita al borgo, torniamo dalla carozzabile che giunge alle sue baite sulla strada asfaltata: dopo una sequenza di tornanti sx-dx-sx, al successivo dx (piazzola) cerchiamo la partenza del sentiero che scende verso nord ad intercettare la mulattiera Chiavenna-Uschione. Lo imbocchiamo e sotto il piano inclinato piano inclinato ENEL. Intercettato un sentiero che dalla nostra sinistra giunge fin qui da Dona, attraversiamo la Valcondria e ci ricongiungiamo alla mulattiera Pratogiano-Uschione, per la quale torniamo a Pratogiano.


Uschione

Uschióne (üs-ción o, secondo più antica pronuncia, üs-chión) è uno splendido paesino di mezza montagna (830 m), arroccato su un terrazzo che si apre a sud-est di Chiavenna, a monte del ripido versante montuoso di boschi e roccioni di serpentino e pietra ollare (la varietà di serpentino utilizzata per i lavecc, la cui produzione costituì, per secoli, un elemento importante dell’economia chiavennasca). Si tratta della più importante frazione di Chiavenna, costituita da diversi piccoli nuclei (Pighétti – pighét(a) -, Nesóssi – nèsós(a) e Zarucchi – zarüch -) raccolti intorno alla secentesca chiesetta dedicata all’Ascensione, ed abitata, oggi, solo dalla primavera all’autunno, mentre un tempo costituiva una piccola vivace comunità contadina, già citata in un documento del XIII secolo. Fino al 1872 faceva parte del territorio del comune di Prata Camportaccio; poi passò a Chiavenna.
La popolazione di Uschione agli inizi dell’ottocento era così consistente da giustificare, dal 1813, l’istituzione di una vice-parrocchia, dipendente da Chiavenna, che nel 1886  venne eretta a parrocchia del vescovo Pietro Carsana. Nel 1892 contava 294 abitanti, e ricevette la visita del vescovo Andrea Ferrari (il futuro famoso cardinale): a quella data il suo beneficio parrocchiale era di 16,24 lire. Entro i confini della parrocchia di Uschione non esistevano né chiese né oratori, eccettuata la chiesa parrocchiale della Santissima Ascensione, con la confraternita del Santissimo Sacramento, solo maschile, fondata nel 1826. La più famosa figura di sacerdote che esercitò la sua azione pastorale ad Uschione fu quella dell’alpinista don Giuseppe Buzzetti, il primo, probabilmente, a salire in solitaria la temibilissima parete nord del pizzo di Prata, figura quasi leggendaria ed avvolta di mistero, per la sua morte, nel luglio del 1934, sul crinale che separa la Val Porcellizzo dall’alta Val Codera, mentre tornava proprio ad Uschione per celebrare la messa domenicale. Il suo corpo non venne mai trovato. La storia della parrocchia di Uschione, però, durò meno di un secolo: nel 1986 tornò, in un certo senso, alle origini, e fu accorpata alla parrocchia di San Lorenzo di Chiavenna.
La passeggiata che ci porta da Chiavenna ad Uschione rappresenta, soprattutto in autunno o a primavera inoltrata, un ottimo modo per sorprendere atmosfere, gustare colori e respirare odori che il passato ci restituisce ancora in buona parte intatti, in un angolo di Valchiavenna fra i più suggestivi. Poi si scopre che ad Uschione sale non solo la superba mulattiera scalinata, ma anche, nascosta, da Prata Camportaccio, una strada asfaltata che rende più comoda la frequentazione di quanti cercano qui ore quiete e raccolte, ma questo non turba più di tanto la magia della camminata.
Entrati con l’automobile in Chiavenna, prendiamo, alla prima rotonda, a destra, per la Stazione ed il centro. Dopo una semicurva a sinistra, giunti al passaggio a livello della linea ferroviaria, prendiamo a destra e lo attraversiamo, lasciando poi l’automobile al grande parcheggio della località Pratogiano (prédégiàna, probabilmente da pré de giànda o ghianda, cioè prato della ganda, per  i massi dell’antichissima frana scesa dalla valcóndria), la zona storica dei crotti, dove spiccano grandi ippocastani e platani, uno dei quali figura fra gli alberi monumentali della provincia di Sondrio. Si tratta di un platano (Platanus hybrida Brot.) alto 35 metri, con una circonferenza alla base di 6,40 metri. Nel parco sono presenti altri platani di dimensioni ragguardevoli, che superavano in altezza, prima di una potatura effettuata più di dieci anni fa, i 40 metri.
La camminata parte da qui (320 m. circa). Portiamoci al Crotto Ombra (cròt ómbra), sul lato sud-orientale del viale, alle cui spalle incombe il "sas di can", uno scuro roccione strapiombante di pietra ollare (cartello che segnala una Pista Ciclabile ed il Sentiero per Uschione), e cominciamo a percorrere la via al Tiglio. Prendiamo, poi, a sinistra, percorrendo la Via al deserto, fino a giungere all’ingresso del Deserto (désèert), cioè della casa dell’Istituto don Guanella, che sorge su un piccolo pianoro dove sorgeva l’osteria Deserto (di qui il nome), distrutta oltre ottant’anni fa. Proprio a sinistra dell’ingresso parte la mulattiera, segnalata da un cartello della Comunità Montava della Valchiavenna (sentiero B4), che dà Uschione ad un’ora, Pescieda a 2 ore e 20 minuti ed il laghetto del Grillo a 4 ore. Un secondo cartello dà Lotteno a 30 minuti e Dona di Prata di 45 minuti.
Cominciamo a salire, all’ombra di un bosco di castagni, sulla splendida mulattiera, interamente scalinata e segnalata da segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, incontrando quasi subito un bivio: sulla destra si stacca un largo sentiero ed un cartello segnala in quella direzione Dona di Prata e le incisioni rupestri. Sfrutteremo questo sentiero per il ritorno, ma intanto proseguiamo sulla mulattiera principale, che, dopo qualche serpentina, volge a sinistra ed esce per un tratto all’aperto. Rientrati nel bosco, superiamo una vasca di raccolta dell’acqua (büi), che raccoglie le acque di una piccola sorgente, per uscire poi in vista dei prati del Belvedere (belvédée, m. 450), splendido poggio panoramico dal quale si gode un ottimo colpo d’occhio su Chiavenna e, alle sue spalle, sul ripido versante morenico dove, seminascosta dal bosco, si vede la frazione di Pianazzola, sotto il poderoso bastione roccioso che sostiene la piana di Dalò (che da qui, però, non si vede). Un parapetto in cemento protegge i distratti osservatori da un salto roccioso che si trova appena sotto, ma che da qui non si vede. La mulattiera prosegue risalendo diritta la fascia di prati (scénc’), fino alla baita dei Fagetti, accanto alla quale si trova la "stàla del pédóscìn". Appena prima della baita un sentiero parte verso sinistra, ed un cartello indica Belmonte-Roccolo-Prato Grande (25 min.).
Sulla facciata della baita si vede un dipinto che raffigura una Madonna con Bambino, sopra la quale è dipinto l’emblema della famiglia Fagetti, costituito da un grande faggio, con la scritta “Arma Fagietti Succurre Maria”, cioè “O Maria, aiuta le armi del Faggeto”, con chiaro riferimento alla tradizione militare della famiglia. Non lo si riconosce più, ma un tempo si vedeva il volto di bambino che sembrava sbirciare furbescamente dai rami più alti: si tratta, secondo la fantasia popolare, del Pedoscìn, protagonista di una leggenda (segnalata da Guido Scaramellini in un articolo del 5 settembre 1970 sul Corriere della Valtellina) che lo vuole, povero orfanello, cadere nelle mani malvagie di una zia ed una nonna, due streghe della peggior specie, le quali lo imprigionano e cercano di ingrassarlo per poi cucinarselo come prelibata pietanza. Il bambino, però, è scaltro e riesce a scampare all’orribile sorte, uccidendo anche le due megere. Insomma, una versione chiavennasca della celebre favola di Hänsel e Gretel, una delle più famose dei fratelli Grimm.


Uschione

La mulattiera lascia alla propria sinistra la baita e piega leggermente a destra, rientrando nel bosco. Salutiamo, alle nostre spalle, Chiavenna: nel prosieguo della salita non la vedremo più. Giungiamo, salendo ancora, ad una cappelletta eretta nel 1864 e restaurata nel 2005 (la capèla, m. 550), nella quale è raffigurata una Madonna incoronata con Bambino. Siamo quasi a metà strada e la scalinatura della mulattiera, assai larga, è davvero elegante, e ripaga della fatica, che comincia a farsi sentire (l’ombra del bosco ripara dalla calura del sole, in estate, ma aumenta l’umidità, che ci fa sicuramente sudare non poco). Poi passiamo nei pressi della “càva”, cava di pietra ollare e di amianto, raggiungendo, quindi, a quota 670, una seconda fontana. È, questo, il tratto probabilmente più bello della mulattiera, che si snoda con eleganza fra grandi massi, all’ombra del bosco che viene di tanto in tanto trafitta da lame di luce. Oltre la fontana, passiamo a fianco di un grosso masso aggettante di pietra ollare, chiamato "sàs che góta", cioè "sasso che gocciola".


Uschione

Poi il bosco comincia ad aprirsi e vediamo i primi prati. Piegando a destra, a quota 760 circa usciamo all’aperto; alla nostra destra intravediamo, fra i boschi, il solco ombroso della valcóndria; poi, quasi a sorpresa, in breve siamo alle baite del nucleo meridionale di Uschione, la contrada Zarucchi (zarüch, m. 827). Possiamo osservare, sulla più alta, un portale di origine assai antica. Camminiamo da poco più di un’ora ed abbiamo superato un dislivello approssimativo in salita di 500 metri. Ci immettiamo, quindi, in una pista sterrata che, percorsa verso sinistra, ci porta al nucleo centrale, Pighetti (pighét(a)); poco distante, isolata, su un modesto poggio, la chiesetta dedicata all’Ascensione, costruita (forse su un nucleo più antico) nel 1609 ed ampliata fra il 1891 ed il 1893. Sul vicino campanile troviamo una targa, datata 1877, con un verso di Giovanni Bertacchi, “Sonèe, campan vütem in del viagg, de vicenda in vicenda e d'ora in ora”. A valle della chiesetta un ripido versante boscoso, dal nome sinistro di “córt del démòni”; se consideriamo che a monte di Uschione si trovano stalle e ripidi prati denominati “mónt del diàol”, possiamo concludere che nell’immaginario contadino di un tempo la perenne lotta fra bene e male sembrava avere qui uno scenario privilegiato.
Poco distante dalla chiesa, all’ombra di una selva pianeggiante, il “monümént”, monumento che commemora i caduti di Uschione nelle due guerre mondiali del novecento, con una scultura bronzea dello scultore Costantino Magni (1922): leggiamo, sulle targhe, i nomi dei soldati Severino Zarucchi, Fagetti Alessandro, Fagetti Edoardo, Guidi Antonio, Guidi Giovanni, Pighetti Agostino, Pighetti Giovanni Anselmo, Pighetti Giovanni Pietro, Zarucchi Agostino fu Giovanni, Zarucchi Agostino fu Costante, Zarucchi Pietro e Zarucchi Francesco, del caporale Fagetti Gentile e del sergente Guidi Luigi, morti nella prima guerra mondiale. I caduti della seconda guerra mondiale sono, invece, i soldati Guidi Aldo, Nesossi Corrado, Nesossi Rinaldo e Zarucchi Severino. Poco distante, infine, il piccolo cimitero, chiamato “ségrée”, cioè “sagrato”, perché un tempo era collocato proprio sul sagrato della chiesetta.
Ad Uschione vivevano permanentemente ancora negli anni cinquanta del secolo scorso dalle 200 alle 300 persone, con tanto di scuola elementare (alla quale i bambini, quando scendeva molta neve, venivano portati anche “a gigiola”, cioè sulle spalle, dai genitori, perché non avevano le scarpe da mettere). Fino alla metà del Novecento vi risiedeva permanentemente anche un sacerdote, vicecurato dal 1813, titolare dal 1886 al 1986, quando la parrocchia di Uschione fu unita a quella di San Lorenzo di Chiavenna. La gente doveva talora sobbarcarsi anche quotidianamente la fatica di scendere a Chiavenna e risalire, come testimoniato dalla signora Del Grosso, con due bambini piccoli, “uno in gerlo e uno in pancia”. Fatiche d’altri tempi.
Il successivo processo di spopolamento generalizzato del territorio alpino di media montagna non ha risparmiato il paese, che però in anni recente ha riacquisito vita grazie al completamento della carrozzabile che sale fin nei suoi pressi da Prata Camportaccio, completata agli inizi del nuovo millennio.
La strada ha favorito il ripopolamento nei finesettimana e nel periodo estivo, ed ora le molteplici iniziative nella bella stagione, promosse dal Circul della Gioventù Uschionese (che ha sede nell’edificio della ex-scuola elementare, riadattato a ristoro), ne rendono assai vivace l’atmosfera. Fra queste le molteplici attività di outdoor che si appoggiano anche alla struttura del rifugio Uschione, aperto nel dicembre 2016 nell'edificio dell’ex canonica ristrutturata (cfr. www.rifugiouschione.it). Il rifugio è gestito da Fabrizio De Pedrini (mail: info@rifugiouschione.it; tel.: 349 3621056). L’edificio, sulla cui facciata si vede un dipinto che riproduce un’immagine della Madonna, si trova proprio di fronte alla chiesetta dedicata all’Ascensione. La struttura è aperta da febbraio a maggio tutti i weekend e festivi oppure su prenotazione. Da giugno a fine settembre è aperta tutti i giorni, mentre da ottobre a fine gennaio è aperta tutti i weekend e festivi oppure su prenotazione.


Il ristoro e sede del Circul della Gioventù Uschionese

Portiamoci, ora, al terzo nucleo, quello più orientale, Nesossi (nèsós(a)), per completare la visita al paese. Il ritorno può, ovviamente, avvenire per la medesima via di salita ma, se abbiamo un po’ di tempo a disposizione, vale la pena di scendere a visitare un altro interessantissimo nucleo di mezza montagna, Lòtteno o Lòttano, in comune di Prata Camportaccio.


Uschione

Portiamoci, dunque, sulla strada asfaltata che sale da Prata e cominciamo la discesa, circondati da suggestive, rossastre e quasi sulfuree formazioni di serpentino. Dopo alcuni tornanti, giungiamo in vista delle baite di Lottano (o Lottano, m. 654), che raggiungiamo sfruttando un sentierino pianeggiante che lascia, sulla sinistra, la strada asfaltata.


Apri qui una panoramica di Lottano

Si tratta di una frazione di Prata, posta su un incantevole ripiano di prati ritagliato sull'aspro versante settentrionale della Val Schiesone, al riparo dalle violente piene dell'omonimo torrente che, dal 1700 al 1953, hanno più volte flagellato il fondovalle. La vicenda umana di questi monti risale ben al di qua delle soglie della storia, come tesimoniano le incisioni rupestri trovate su una rupe posta un po' più in basso, presso la frazione di Dona. In tempi decisamente più recenti la felice posizione spiega perché nei secoli passati vi dimorassero molte più persone di quanto oggi si potrebbe immaginare. Nel 1861, per esempio, vi abitavano 240 persone, un quarto della popolazione complessiva di Prata Camportaccio. La statistica curata dal prefetto Scelsi, nel 1866, registra a Lottano 247 persone (il nucleo centrale di Prata, per avere un'idea comparativa, ne contava 130), 129 maschi e 118 femmine, di cui 156 celibi e 72 coniugati. Le case erano 35, di cui 4 vuote, mentre le famiglie erano 49. Il lavoro di dissodamento che rese disponibili i prati si dovette, nel XIII secolo, all'iniziativa dei monaci cistercensi della vicina (più in basso, a monte del centro di Prata Camportaccio) abbazia di Dona, edificata nel 1178, che ne deteneva il possesso. L'etimo del nome, peralto variamente attestato (Lottano, Lotano, Lotteno e Lodeno) rimanda a tale opera di dissodamento. Tre sono i nuclei dell'insediamento. Quello centrale è raccolto attorno alla chiesetta dedicata al Sacro Cuore di Gesù ed a Pasquale Baylon, costruita nel 1799 (il più recente restauro è del 2009). Ad est del centro sta un secondo gruppo di baite, alcune ben ristrutturate. Sulla prima che incontriamo si legge ancora la scritta "Osteria". Sul lato opposto, infine, presso il punto di arrivo della carrozzabile, sta un gruppo di baite dall'aspetto più dimesso. Su una parete però sopravvive un dpinto di Madonna con Bambino.


Lottano

Proseguiamo nella discesa tornando sulla strada asfaltata, non, però, dal sentierino, ma dalla pista carrozzabile che sale alla fontana nel mezzo dei due nuclei di baite della frazione. Scesi alla strada, continuiamo nella discesa, affrontando alcuni tornanti.
Dopo un tornante dx superiamo un ponticello ed un cartello che indica la velocità massima consentita (40 km/h); al successivo tornante sx, dove troviamo una piazzola, cerchiamo, sulla destra, la partenza del sentiero che scende ad intercettare la mulattiera Chiavenna-Uschione (l’abbiamo incontrato quasi subito, salendo). All’inizio non è evidentissimo, perché la traccia è un po’ sporca, ma poi si rivela una marcata mulattiera (rari e sbiaditi segnavia), che effettua una lunga diagonale verso nord-ovest, con qualche zig-zag (rari segnavia e sassi qualche volta insidiosi perché lisci). Passiamo, così, sotto il piano inclinato piano inclinato ENEL dove s'appoggiava la condotta forzata che collegava Lotteno col fondovalle, poi rimossa; poco dopo intercettiamo, a sinistra, il sentiero che, procedendo in direzione contraria alla nostra, porta a Dona di Prata ed alle incisioni rupestri (punte di lancia scoperte dal già citato storico Guido Scaramellini, che però non è facile trovare). Possiamo sfruttare questo sentiero come variante per la discesa: in questo caso da Lottano scendiamo a Dona e qui imbocchiamo, sul lato destro della frazione (nord) il sentierino, segnalato, che intercetta la mulattiera che stiamo descrivendo. Il sentiero attraversa luoghi suggestivi, con un colpo d'occhio impressionante sulla parete strapiombante che domina Prata Camportaccio. E' la zona della mitica "préda de l urlànd", il masso dell'Orlando, sul versante a monte del sentiero, un grande masso di pietra ollare che, narra un'antica leggenda, è stato gettato fin qui, da Bette (frazione all'uscita di Chiavenna verso Campodolcino), da un tal Orlando, personaggio che pare tratto di peso dagli antichi miti sui giganti o i titani.
Ma torniamo alla nostra mulattiera: proseguiamo diritti, alternando tratti in discesa e tratti più pianeggianti, superiamo una valletta dominata da un'impressionante falesia strapiombante ed attraversiamo il solco della Valcóndria, dalla quale è scesa la frana preistorica che ha dato origine alla piana di Pratogiano. Questa zona è assai interessante per gli appassionati di minerali, in quanto è solcata da formazioni pegmatitiche che contengono minerali assai rari: uno, trovato solo qui, è stato chiamato "Chiavennite". In breve chiudiamo la traversata intercettando la mulattiera che, percorsa in discesa, ci riporta al Deserto, dal quale, in breve, torniamo al parcheggio di Pratogiano.  Questo anello richiede circa due ore e mezza di cammino; il dislivello approssimativo in salita è di 520 metri.             

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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