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Caiolo

IL COMUNE IN SINTESI (DATI RELATIVI AL 1996)
Abitanti (Caiolesi): 903 Maschi: 438, Femmine: 465
Numero di abitazioni: 443 Superficie boschiva in ha: 1850
Animali da allevamento: 1191 Escursione altimetrica (altitudine minima e massima s.l.m.): m. 278, m. 2663 (Monte Masoni)
Superficie del territorio in kmq: 33,35 Nuclei con relativa altitudine s.l.m.: Caiolo m. 335, Bachet m. 278, Palù m. 300, San Bernardo m. 518


Caiolo

Caiolo (caiö) è un comune orobico del terziere di mezzo della Valtellina, posto immediatamente ad ovest di Albosaggia e ad est di Cedrasco. Nonostante la posizione ingrata, a ridosso del monte, tipica di molti comuni nordorobici, che priva il paese per molte settimane invernali del sole, vi sono state rinvenute tracce di insediamenti molto antichi, quali un paal-stab, una sorta di coltello usato dai Galli in riti cruenti, oltre a monete romane. Sull’origine del termine “Caiolo” sono state avanzate diverse ipotesi: per l’Olivieri esso derivebbe da “Calliolus”, diminutivo dal termine gentilizio romano “Callius”, oppure da “callis”, sentiero per il bestiame;  per l’Orsini l’origine sarebbe, invece, dalla voce longobarda “gabagio”, da cui il latino medievale “gaium”, “bosco bandito”; secondo Renzo Sertoli Salis, infine, l’origine più probabile sarebbe quella da “Ca’ degli Joli”, diffuso casato valtellinese. I Longobardi raggiunsero infatti il confine alpino e quindi l'intera Valtellina probabilmente nel secolo VIII. Tracce della presenza longobarda sono rinvenibili anche nei dialetti valtellinesi, ed il repertorio di termini che ad essa rimandano non è insignificante. Per citarne solo alcuni, si possono segnalare "sberlüsc'" (lampo) e "matüsc'" (caciottella di formaggio molle), “güdàzz" (padrino), "sluzz" (bagnato), "balòss" (furbo), "maschérpa" (ricotta), "gnècch" (di malumore), "lifròch" (sciocco), "bütér" (burro), "scagn" (appoggio per mungere), "scràna" (panca), "scoss" (grembo) , "stracch" (stanco).


La chiesa di San Vittore a Caiolo

In ogni caso, il termine "Caiolo" compare per la prima volta in un atto datato 10 marzo 1024, nel quale si legge “in Andevenno campo ubi dicitur Cailiolo”, dal che si evince che in età medievale il nucleo dovesse appartenere al comune di Andevenno, posto di fronte ad esso, sul versante retico. L’ipotesi è confermata da un atto del 1425, dal quale Ubertino de Fedrigati e Giovanni detto Musida degli Uberti di Soltogio figurano come sindaci e procuratori del comune di Andevenno. Prima del secolo XI il paese era conosciuto come Soltogio (o Soltoggio, termine, che, a sua volta, deriva dal latino “saltus”, cioè “selva”, “bosco”, e che rimase in uso fino al secolo XVI). Da un atto del 1202 si ricava, poi, la notizia che il territorio comprendente Soltogio venne assegnato, dal vescovo di Como Guglielmo Della Torre, a titolo di investitura feudale, ad un ramo della famiglia dei Capitanei di Sondrio. Ai potenti feudatari sondriesi si deve anche l’edificazione, nel secolo XIII, del castello di Caiolo, di cui si possono ancora osservare i ruderi su un poggio a monte del paese.


Caiolo

Dopo lo scioglimento del Capitolo di Sondrio, la comunità di Soltogio, che dipendeva ancora amministrativamente da Castione, ottenne una sostanziale autonomia religiosa: il 30 aprile 1377, infatti, Giovanni de Bonomini, vicario generale del vescovo di Como Enrico Sessa, concesse l’elevazione della chiesa di San Vittore (lo splendido edificio sacro, arroccato e quasi sospeso sulla cupa soglia orientale della forra di Val Cervia, già attestato nel 1204) in vicecura. Gli abitanti della comunità potevano, così, eleggere e mantenere a spese proprie uno o più sacerdoti, che amministrassero i sacramenti e provvedessero alla cura delle anime. la chiesa di S. Vittore merita una breve nota di approfondimento. Il nucleo originario risale al secolo XIII, ma si trattava di poco più che una cappella. L'attuale poderoso edificio, cui si accede dal paese risalendo una breve e suggestiva mulattiera, è di epoca barocca (1617). Si racconta che alla sua costruzione venissero adibiti anche i bestemmiatori, che dovevano appunto scontare ogni bestemmia con una giornata di lavoro gratuita per l'edificazione della casa del Signore. Evidentemente bestemmiatori e bestemmie erano a quei tempi in numero sufficiente per portare a termine il lavoro grandioso. Di qui il detto, assai noto nel sondriese, "laurà per la giésa de Caiöö", "lavorare per la chiesa di Caiolo", cioè lavorare senza alcun compenso.
Alla metà del XV secolo gli Statuti del comune contemplavano un consiglio, un decano che fungeva da presidente, un notaio, o cancelliere, un servitore ed alcuni canepari, forse uno per squadra. Era inoltre diviso nelle squadre di Pranzera, a monte della chiesa di San Bernardo e ad ovest del torrente Merdarolo, di Lotero, presso la chiesa di San Bernardo (prima del 1550 semplice contrada), di Nogaredo, con la località Palù e il noceto a valle di San Bernardo, ed infine di Livrio, al piano.

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Torre di Bar de Cup

Nel 1446, dieci anni dopo l’estinzione dei Capitanei di Sondrio, ottantacinque capifamiglia delle squadre di Caiolo, Soltogio, Pranzera e Nogaredo elessero messi e procuratori che dovevano recarsi a Como per ricevere dal vescovo e conte l’investitura feudale del territorio di Caiolo. Possiamo, dunque, far risalire a quell’anno l’inizio dell’effettiva autonomia comunale e del distacco da Andevenno. A quell’epoca il comune aveva un consiglio, presieduto dal decano, un notaio, un servitore e funzionari detti  canepari, probabilmente uno per squadra. Per una famiglia feudale che se ne andava, un’altra prendeva alloggio in quel di Caiolo: dal 1473 al 1571 vi abitarono, infatti, alcuni membri della potente famiglia chiurasca dei Quadrio, forse gli ultimi a custodire il castello di Caiolo (abbattuto, nel 1526, per disposizione delle Tre Leghe Grigie, che smantellarono tutte le fortezze di Valtellina).


Chiesa di San Vittore a Caiolo

Pochi anni dopo si colloca il più importante avvenimento storico nel territorio della comunità di Caiolo, la battaglia del 16 marzo 1487, passata alla storia, appunto, come battaglia di Caiolo, che vide contrapposte da una parte le milizie delle Tre Leghe Grigie, dall’altra quelle del Duca di Milano Ludovico il Moro (dal 1335 la Valtellina rientrava fra i territori soggetti al Ducato di Milano). L’esercito grigione, infatti, era calato dall’alta Valtellina, fra il febbraio ed il marzo del 1487, saccheggiando sistematicamente i paesi della valle da Bormio a Sondrio. Le truppe ducali si erano mosse per fermarne l’avanzata e, dopo alcuni episodi sfavorevoli, erano riuscite a sconfiggerlo proprio nella piana di Caiolo, in un punto imprecisato fra i torrenti Livrio e Merdarolo, approfittando della natura del terreno che, a quel tempo assai più di oggi, si prestava ad imboscate ed azioni di sorpresa. Non si trattò, però, di una vittoria decisiva e netta, come dimostra il fatto che le milizie grigione si disposero a lasciare la valle solo dopo la pace di Ardenno, che prevedeva il cospicuo esborso, da parte del Moro, di 12.000 ducati a titolo di risarcimento per i danni di guerra. Gli eserciti dei Magnifici Signori Reti sarebbero, comunque, tornati di lì a poco, ed si sarebbero assicurata nel 1512, dopo la parentesi di 12 anni di detestatissima occupazione francese, la subordinazione dei tre terzieri di Valtellina, della Contea di Bormio e di quella di Chiavenna alle Tre Leghe Grigie.


Torre di Caiolo (prima della ristrutturazione)

Per quasi tre secoli, dunque, la Valtellina fu loro tributaria ed i nuovi signori sentirono il bisogno, per poter calcolare quante esazioni ne potevano trarre, di stimare la ricchezza complessiva di ciascun comune della valle. Furono così stesi gli Estimi generali del 1531, che offrono uno spaccato interessantissimo della situazione economica della valle (cfr. la pubblicazione di una copia secentesca del documento che Antonio Boscacci ha curato per il Bollettino della Società Storica Valtellinese n. 53 del 2000). Nel "communis Caijolj" vengono registrate case e dimore per un valore complessivo di 955 lire (per avere un'idea comparativa, Cedrasco fece registrare un valore di 289 lire, Fusine di 643, Colorina di 475); gli orti sono valutati 53 lire; i prati ed i pascoli hanno un'estensione complessiva di poco più di 4233 pertiche e sono valutati 1837 lire; boschi e terreni comuni sono valutati 100 lire; campi e selve, estesi poco più di 5195 pertiche, sono valutati 3686 lire; gli alpeggi, che caricano 121 mucche, vengono valutati 24 lire; vengono rilevati macine ed una fucina, per un valore di 54 lire; due segherie ed altre fucine sono valutate 8 lire; 69 pertiche di vigneti sono valutate 109 lire; il valore complessivo dei beni è valutato 6832 lire (sempre a titolo comparativo, per Cedrasco  è di 2024 lire, per Fusine di 4341 lire, per Colorina di 6001 lire e per Albosaggia di 10383 lire).
La comunità era divisa, nei secoli XVI-XVIII, nelle squadre di Pranzera, a monte della chiesa di San Bernardo e ad ovest del torrente Merdarolo, di Lotero (prima del 1550 semplice contrada), presso la chiesa di San Bernardo, di Nogaredo, con la località Palù e il noceto a valle di San Bernardo, ed infine di Livrio, al piano.


Caiolo

Essa venne visitata, nel 1589, dal vescovo di Como di origine morbegnasca Feliciano Ninguarda, che vi contò, con le frazioni, 220 fuochi (1200-1500 abitanti circa). Ma cediamo a lui la parola: “A due migliasotto Albosaggia, sulla strada che discende verso Cedrasco in Pieve di Berbenno, sorge il paese di Caiolo dove c'è la chiesa dedicata a San Vittore Martire: questa comunità, con tutte le frazioni soggette, conta duecentoventi famiglie, tutte cattoliche, eccetto due famiglie di Livrio e Ambria: vi è parroco un sacerdote di nome Giovanni, nativo del luogo. Vi è poi un'altra chiesa o cappella dedicata a S. Pietro Martire dotata di beneficio: il patronato sarebbe dei membri della famiglia de' Castelli, come loro sostengono, ma non risulta che ne sia stata fatta l'investitura canonica; i frutti sono percepiti da un laico coniugato con pretesa di patronato; costui a suo arbitrio, passa talora qualche cosa al Sacerdote che vi celebra la Messa. Discendendo ancora verso Cedrasco, sul fianco sinistro della montagna, vi è la frazione di Lotero con quattro famiglie tutte cattoliche, distante mezzo miglio dalla parrocchiale dove sorge una chiesa dedicata a San Bernardo Martire; qui ha termine, in quella parte oltre l'Adda, la pieve dell'arcipretura di Sondrio.”


Apri qui una panoramica su Caiolo e sul versante retico antistante

Scarne, ma significative, sono le notizie che del paese ci offre Giovanni Guler von Weineck, governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina nel biennio 1587-88, nell’opera “Rhaetia”, pubblicata nel 1616: “Segue poi il comune di Caiolo, che sorge alquanto distante dall’Adda al principio del monte. Ivi dimora G. Battista Salis, dottore in entrambi i diritti, e figlio del fu governatore Uberto; nessun altro gentiluomo delle Tre Leghe gli va innanzi per dottrina, per conoscenza di svariate lingue, per sincerità di cuore e per parecchie altre virtù. In questo comune fiorisce pure la nobile casata dei Livrio.” Se avesse scritto le sue note qualche anno più tardi, avrebbe sicuramente registrato l’insediamento a Caiolo anche di un importante ramo della potente famiglia Salis.

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Municipio di Caiolo

Nel 1614 l'arciprete di Sondrio Nicolò Rusca, che sarà poi rapito da soldati grigioni nel 1618, redasse una nota informativa per il vescovo di Como Filippo Archinti, in visita pastorale a Sondrio. Ecco quanto riferisce di Caiolo: "Sono nella plebe di Sondrio: Cajolo, Albosaggia, Castione, là Valle di Malenco. Cajolo, chiamato anticamente Soltoggio. La chiesa di S. Vittore di Cajolo è chiesa parrocchiale separata da Sondrio, con riserva d'alcune ricognizioni, dal vescovo Branda, rogata per Luigi Zobbia l'anno 1648 alli 20 d'Agosto, e per le contese nate sopra l'instrumento della separazione fu fatto un arbitramento rogato da Franc. Ripa l'anno 1471 alli 29 ottobre. Furono obbligati nella separatione a dotar la chiesa competentemente; non so se l'habbino esseguite, io non sono informato per essere la cosa tanto vecchia. Nella medesima terra di Caiolo, è una chiesa di S. Pietro martire dotata dà Silvestro Folzadri l'anno 1478 alli 7 di Xbre... Sono a Caiolo due sacerdoti: il R.ms. P. Gio.Pietro Motta curato, quale stà senza donne in casa con un nipote; ms. P. Gregorio Bombello, ordinato al Patrimonio, stà col Padre ed altri della casa paterna; hà il titolo di s. Pietro martire, datoli da un Noncio Apostolico, ma penso che siano tutti li beni goduti d'altri, nè lui vi possi provedere. In questo loco non è ministro di fede contraria, quantunque vi siano alcune case di quella fede. L'entrata ordinaria del R. Curato è scudi 23 dal Comune, br. 1 vino, oltre a un giardinetto attaccato alla casa. Item un legato di circa scudi 15, dico quindeci, l'anno".
Ma con questa annotazione siamo già entrati in pieno nel nefasto seicento, almeno nella sua prima metà: la  ribellione cattolica ai grigioni e la successiva sanguinosa e sanguinaria caccia al protestante del luglio 1620 aprì un fosco e turbolento periodo nel quale la Valtellina fu contesa dagli opposti eserciti che si contendevano il suo controllo strategico, in quanto essenziale porta aperta fra il milanese ed i territorio di lingua tedesca a nord del crinale alpino. Nel 1624, all’inizio delle guerre per la Valtellina, Caiolo contava 1.250 abitanti, che però scesero drasticamente in conseguenza della tremenda epidemia di peste del 1629-31, a seguito della quale l’intera popolazione della valle si ridusse a poco più di un quarto (da 150.000 a meno di 40.000), secondo la stima più severa, a circa la metà o poco più, secondo stime più prudenti. Nel 1633 il Vescovo Carafino trovò a Caiolo 1.025 abitanti; dieci anni dopo se ne conteranno 803. In quel periodo ci si mettevano anche i lupi a render difficile la vita dei cristiani: la piana di Caiolo era percorsa, nei periodi più freddi dell’anno, da branchi che assalivano le bestie ma potevano costituire una seria minaccia anche per l’uomo, soprattutto per i bambini e per individui sorpresi da soli.
Un quadro sintetico di Caiolo nella prima metà del Seicento è offerto dal prezioso manoscritto di don Giovanni Tuana (1589-1636, grosottino, parroco di Sernio e di Mazzo), intitolato “De rebus Vallistellinae” (Delle cose di Valtellina), databile probabilmente alla prima metà degli anni trenta del Seicento (edito nel 1998, per la Società Storica Valtellinese, a cura di Tarcisio Salice, con traduzione delle parti in latino di don Abramo Levi). Vi leggiamo: “Caiolo è terra tutta delitiosa, qual gode buon'aria, territorio fertile divino, gratis, castagne, frutti, acque limpide; è bagnato dal Livri fiumepescoso, quale nascendo in cima de monti tra horrendi coti et oscurianfratti passa alle radici d'un gran scoglio, soprail quale è posta la chiesa parochiale di et si rende S. Vittore martire, dal quale le contrate poste nella pianura, et si rende riguardarvene molto lontano. Le contrate sono cinque, cioè Caiolo, Livri, Transera dove è una chiesa vecchia di San Pietro martire sotto posta a pericolosa ruina, Lutheri, Nogaredo dov’è la chiesa di S. Bernardo; quali contrate fanno il numero di 700 habitatori. Vi sono alcune famiglie nobili, benché absenti non volendo rinunciare il calvinismo. Li paesani sono assai commodi et lontani da scorrerie. Ha monti molto commodi per nutricare il bestiame d’estate. Abbonda ancora di legna. Ha la pianura assai ampia, quale è indivisa et dal consolo ciascheduno anno è compartita alle famiglie della comunità secondo il bisogno; è però in parte paludosa.”

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Chiesa di San Vittore a Caiolo

Dalla seconda metà del secolo e per tutto il successivo settecento iniziò, però, una graduale ripresa, cui dette impulso, dalla seconda metà del settecento, l’aumento delle coltivazioni di granoturco e della patata, importata dalle Americhe; nonostante ciò, ancora nel 1797, anno del congedo dei magistrati grigioni dalla Valtellina, gli abitanti erano 1.150, meno di quelli del 1624.
Un quadro sintetico della situazione del paese a met à del settecento ci viene offerto dallo storico Francesco Saverio Quadrio, che, nell’opera “Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua dalle Alpi oggi detta Valtellina” (Edizione anastatica, Bologna, Forni, 1971), scrive: “Cajolo (Cajolum). Anticamente questa era la Comunità di Soltogio, Luogo non mediocre, ma rovinato: e quivi era altresì un Forte con Torre: ma il Tempo avendo tutto distrutto, vi è succeduto Cajolo a formarla, con quattro altre Vicinanze, che sono i Liguri, corrottamente oggi Liuri detti dalla Valle, che abitano, onde n'esce un Fiumicello del medesimo nome, Liguro detto; Pransera, Lottieri, e Nogaredo. I Liguri, i Lottieri, i Tettamananzii erano Famiglie in que' Luoghi considerevoli, e illustri.”
La fine del dominio delle Tre Leghe Grigie fu determinata dalla bufera napoleonica, che aveva investito l’Italia settentrionale. Iniziò un periodo piuttosto convulso, dal punto di vista amministrativo. Dalla Repubblica Cisalpina si passò al Regno d’Italia, sempre controllato da Napoleone, e nel 1805 Caiolo, comune di III classe, contava 843 abitanti.

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Chiesa di San Vittore a Caiolo

Dopo un breve periodo di aggregazione al comune di Albosaggia, nel 1816, sotto il dominio della Casa d’Austria, Caiolo, con Cantone e Pranzera, tornò ad essere comune autonomo. Nel 1853 Caiolo, con le frazioni Cantone e Pranzera, Minotti, Sant’Antonio ed Uberti, era comune del I distretto di Sondrio, con consiglio comunale senza ufficio proprio e con una popolazione di 902 abitanti.
Alla proclamazione dell’Unità d’Italia, nel 1861, il comune di Caiolo contava 887 abitanti. Alla III Guerra d'Indipendenza del 1866, sempre contro l'Impero Asburgico, parteciparono anche alcuni abitanti di Caiolo, Bianchini Rocco, Camer Giacomo, Carnazzola Andrea, Ciapponi Giuseppe, Masnada Giovanni e Pirana Giovanni. Camer Giacomo partecipò anche alla campagna del 1870, che portò alla presa di Roma, poi proclamata capitale del Regno d'Italia.


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La statistica curata dal prefetto Scelsi nel 1866 registrò a Cajolo 163 abitanti, 87 maschi e 76 femmine, in 31 famiglie e 55 case, di cui 25 vuote; nel centro denominato Livrio vivevano invece 285 persone, 156 maschi e 129 femmine, in 55 famiglie e 89 case, di cui 40 vuote; nei casali di Roncascio e De Giacomi vivevano 226 persone, 124 maschi e 102 femmine, in 48 famiglie e 79 case, di cui 35 vuote; nel casale di San Bernardo vivevano 42 persone, 23 maschi e 19 femmine, in 6 famiglie e 10 case, di cui 5 vuote; nel casale di Palù vivevano 87 persone, 41 maschi e 46 femmine, in 15 famiglie e 30 case, di cui 15 vuote; in case sparse, infine, vivevano 194 persone, 103 maschi e 91 femmine, in 35 famiglie e 112 case, di cui 80 vuote.
Gli abitanti di Caiolo salirono, con progressione significativa, fino alla vigilia della prima guerra mondiale: erano 1087 nel 1871, 1256 nel 1881, 1330 nel 1901 e 1416 nel 1911. Non bisogna però dimenticare che dal conteggio non si evincono gli emigranti che conservavano la residenza, in genere quelli verso Francia e Svizzera. La seconda metà dell’ottocento vide, infatti, l’inizio del fenomeno migratorio verso queste due nazioni, ma anche verso Oceania ed America. Un fenomeno di dimensioni rilevanti.


Caiolo

Dall’opera “La Valtellina (Provincia di Sondrio)”, di Ercole Bassi (Milano, Tipografia degli Operai, 1890), ricaviamo diverse interessanti notizie statistiche sul paese intorno agli anni ottanta dell’ottocento. In particolare, vengono registrati i seguenti alpeggi (fra parentesi: proprietà, numero di vacche sostenibili, prodotto in Lire per vacca, durata dell’alpeggio in giorni): Alpe Campeglio (40, 35, 80), Alpe Costa dell'Acqua (40, 30, 70), Alpe Pizzinversa (23, 30, 75), Alpe Sasso Chiaro (60, 40, 84), Alpe Publino (20, 30, 70), Alpe Grassello (20, 30, 70), Alpe La Piana (150, 40, 75), Alpe Corna Rossa (30, 40, 80); tutte le alpi sono comunali.

In una nota leggiamo, poi, che le alpi La Piana e Corna Rossa furono premiate nel concorso del 1886, con Lire 90 e Lire 100. Misurano entrambe 25 ettari, dei quali 18 pascolativi e sono affittate dal comune di Caiolo rispettivamente a Carlo Ciapponi di Sondrio ed al signor Mostacchetti di Caiolo.
Nel 1893, anno della memorabile visita pastorale del Vescovo di Como Andrea Ferrari (il futuro CardinalFerrari di Milano), nella parrocchia di risultavano residenti 1300 anime, ed il parroco segnalava 12 emigranti. Nel 1898 la parrocchia fu visitata dal suo successore, il vescovo Valfré di Bonzo; a quella data risultavano residenti 1431 anime, con 75 emigranti in America ed altri emigranti stagionali (nel periodo aprile-novembre) in Svizzera. Non risultavano villeggianti nella stagione estiva.

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Aviosuperficie di Caiolo

Rilevante fu anche il tributo pagato dal paese alla prima guerra mondiale: di fronte al municipio di Caiolo su una pietra sono riportati i nomi di Fognini Giuseppe (morto nella guerra di Libia), Movigliatti Giuseppe, Uberti Giovanni, Balgera Luigi, Golgani Agostino, Bernardara Luigi, Pasini Francesco, Cossi Antonio, Mostachetti Giuseppe, Carnazzola Alessio, Salvetti Valente, Balgera Fabio, Gunella Giuseppe, De Marzi Emilio e Vettovalli Cherubino.
Nel periodo fra le due guerre, la tendenza demografica, anche per effetto di un’intensificazione dell’emigrazione permanente, si inverte: dai 1383 abitanti del 1921 si passa ai 1257 del 1931 ed ai 1160 del 1936.
Il 1921 è un anno importante nella vita del paese, che viene allacciato ad una centralina in Val Canale e quindi può disporre dell'energia elettrica: se consideriamo quanto sia difficilmente immaginare la nostra vita quotidiana senza di essa, possiamo ben misurare l'importanza della svolta.
Ecco come Ercole Bassi, in “La Valtellina – Guida illustrata”, presenta sinteticamente Caiolo, nel 1928: “A circa km. 2 a est di Cedrasco la via tocca Cajólo (m. 350 - ab. 1383 - P.) allo sbocco della Val del Lívrio (latt. sociale - coop. per l'alpeggio, coop. elet­trica - di cons. famigliare) risalendo la quale, pelpasso del Publino si può scendere a Carona e a Foppolo, o salire a S. Salvatore e al Corno Stella. Nella parrocchiale di Cajolo che, costrutta su poderose arcate allo sbocco della valle, domina il villaggio e la pianura dell'Adda, viè una bella ancona dilegno scolpito e dipinto, di un Vincenzo da Brescia del 1539; nonchè, nel coro, stalli scolpiti del 600. Una rotabile continua a mattina, attraversa il conoide del Torchione, e dopo circa km. 4 va a congiungersicon quella che da Sondrio conduce ad Albosaggia. Cajolo è unito, mediante rotabile lunga circa km. 1 ed un ponte in legno sull'Adda, alla provinciale, in prossimità alla ferm. ferr. di Castione.”
Pesante fu anche il tributo del paese alla seconda guerra mondiale, nella quale caddero Crapella Franco, Speziali Gino, Mostachetti Lorenzo, Spinetti Giovanni, Cossi Giuseppe, Movigliatti Evelino, Pasini Clesio, Vettovalli Luigi, Uberti Lieto, Bonini Beniamino, Uberti Luigi, Speziali Luigi, Melazzini Mansueto, Vettovalli Angelo, Speziali Attilio, Crapella Vittorio, Bricalli Ulisse, Movigliatti Amanzio e Segalada Bruno. La discesa demografica prosegue anche nel secondo dopoguerra, fino alle soglie del terzo millennio: si passa, così, dai 1101 abitanti nel 1951 ai 1025 del 1961, ai 948 nel 1971, ai 947 del 1881 ed ai 903 del 1991. Infine, una leggera risalita: 956 abitanti nel 2001 e nel 2005, 975 nel 2006. L’assalto alla quota 1000 è, dunque, apertissimo.
La Caiolo di oggi si è emancipata dalla fama piuttosto ingenerosa di borgo a vocazione esclusivamente agricola, e può mettere in bella mostra quell’aviosuperficie in località Palù che, utilizzata soprattutto dagli appassionati del volo a vela, l’ha resa nota anche oltre le frontiere nazionali.


Chiesa di San Vittore a Caiolo

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Un’occhiata, ora, al territorio comunale, che ha un’estensione di 33,35 kmq. e si trova in gran parte nella Valle del Livrio (val del lìri), di cui occupa tutto il versante occidentale e parte di quello orientale. A nord il comune è delimitato dal corso dell’Adda, dal punto di confluenza del torrente Ravione, ad ovest (confine con Cedrasco) a quello di confluenza del torrente Livrio, ad est (confine con Albosaggia). Di qui piega a sud, seguendo per un tratto il torrente Livrio, per poi lasciarlo, ben presto, prima dello sbocco della forra, piegando verso sud-est. Rientra, dunque, nel territorio di Caiolo anche uno spicchio del versante orientale della valle, a partire dallo sperone di roccia sul quale è edificata la chiesa di S. Vittore, che sembra vegliare sul paese e sull’intera media Valtellina da Ardenno a Sondrio.
Il confine procede verso sud-sud-est, tagliando il versante orientale della Valle del Livrio e salendo gradualmente al crinale. Raggiunta la quota di circa 2000 metri, confine continua a correre verso sud, sul versante alto del fianco orientale della Valle del Livrio. Giunge, così, a lambire il lato orientale del lago di Publino (m. 2111; nei suoi pressi, in territorio di Caiolo, il rifugio omonimo), per poi mutare bruscamente andamento e volgere a nord-est e nord, raggiungendo il crinale orientale della Valle del Livrio. Procedendo verso sud, giunge all’angolo sud-orientale dlela valle, dove è posta la cima di Venina (m. 2624). Piega, quindi, ad ovest, seguendo il crinale principale orobico che separa il versante valtellinese da quello bergamasco (Val Brembana) e passando per il monte Masoni (m. 2663, punto più alto del territorio comunale) ed il passo di Publino (m. 2368), fino a raggiungere il vertice sud-occidentale, dove è posto il Corno Stella (m. 2620), una delle più famose cime, per la sua accessibilità relativamente semplice, delle Orobie centrali.
Il confine piega ora a nord, seguendo per breve tratto il crinale che separa la Valle del Livrio dalla Valmadre, per poi piegare a nord-ovest e scendere per un tratto sul fianco orientale della Valmadre, ad ovest del passo del Tonale (m. 2352). Poco a nord della cima Tonale (m. 2541) riguadagna il crinale, e lo segue, sempre procedendo verso nord, passando per la punta Cerech (m. 2412), la bocchetta Querciada (m. 2354) e la cima Sasso Chiaro (m. 2395), fino al monte Vespolo (m. 2385) ed al pizzo Pidocchio (m. 2329), che si affaccia sul versante orobico mediovaltellinese (ed è caratterizzato dal preoccupante movimento franoso poco sotto la cima, ben visibile dal fondovalle). Da qui piega ad est, raggiungendo il solco del torrente Pessolo, e seguendolo poi nela discesa verso nord, fino alla confluenza con il fiume Adda.

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Per raggiungere Caiolo conviene lasciare la ss. 38 dello Stelvio al primo svincolo di destra (per chi proviene da Milano) della tangenziale di Sondrio (uscita per via Vanoni). Discesa la breve rampa, prendiamo subito a destra (cioè in direzione opposta rispetto a Sondrio) ed attraversiamo il fiume Adda su un ponte. Siamo alla località Porto di Albosaggia e qui, invece di prendere a sinistra (direzione per Moia e Albosaggia centro), procediamo verso destra, sulla Pedemontana Orobica, che, attraversata la frazione Torchione di Albosaggia, affronta una salita rettilinea che ci fa entrare nel territorio del comune di Caiolo. Appena prima della sommità della salita, se prestiamo attenzione, vedremo, sulla sinistra, la deviazione, segnalata, per la Chiesa di S. Vittore ed il cimitero: una strada asfaltata, dopo pochi tornanti, giunge al cimitero; poco oltre, siamo alla splendida chiesa di S. Vittore, eccellente balcone panoramico sulla media Valtellina da Ardenno a Sondrio.
Se, invece di salire alla chiesa, procediamo sulla Pedemontana ci immettiamo nell’abitato di Caiolo; alla prima svolta a sinistra, saliamo passando a destra del municipio (m. 335). La strada, con diversi tornanti, sale sul fianco del monte e termina alla frazione S. Bernardo (m. 518, a 3 km dal centro), dove si trova l’omonima chiesetta, edificata prima del seicento. Se, infine, dal centro procediamo sulla Pedemontana attraversiamo la frazione Palù; alla nostra destra, la famosa aviosuperficie, dove potremo veder atterrare anche qualche aereo da turismo.

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BIBLIOGRAFIA

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Boscacci, Antonio, "Il rifugio Caprari nel Parco delle Orobie Valtellinesi", CAI Sondrio, Sondrio, 2000

Canetta, Eliana e Nemo, “Il versante orobico - Dalla Val Fabiolo alla Val Malgina ”, CDA Vivalda, 2005

D'Adda, Stefano, "Valcervia in agrodolce", in "Orobie", agosto 2005

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Aviosuperficie di Caiolo

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