La più orientale fra le valli della Val Masino
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Gli amanti dell’escursionismo sono sempre alla ricerca di percorsi un po’ fuori dai circuiti maggiormente battuti, che offrano scenari inconsueti, selvaggi e nel contempo di grande fascino ed impatto visivo. La Val Terzana (chiamata anche Valle di Scermendone: così, per esempio, nella carta della Val Masino curata dal conte Lurani, nel 1881-1882), riunisce in sé tutti questi elementi di interesse. Si tratta della valle che confluisce, da nord-est, nella Valle di Sasso Bisòlo, la quale, a sua volta, chiude ad est l’ampio arco delle valli tributarie della Val Màsino. La valle, che si apre con l’alpe di Scermendone basso (m. 2032) e si chiude con il passo di Scermendone (m. 2595), ha un orientamento da ovest ad est; è chiusa a sud da un largo versante, erboso sul crinale, disseminato di pascoli e roccette sul fianco che guarda alla valle stessa, che la separa dalla piana della media Valtellina fra Ardenno e Berbenno, a nord, invece, dal tormentato ed aspro crinale che, con un’impressionante susseguirsi di spigoli e rocce rossastre, scende dai Corni Bruciati (m. 3097, cima settentrionale, e m. 3114, cima meridionale), fino al Sasso Arso (m. 2314), per poi concludersi fra i massi di una grande frana. L’aspetto della valle, infine, è davvero curioso: fin dall’ingresso si presenta come una successione di pianori, avvallamenti, gobbe, dossi, che conferiscono al suo aspetto complessivo una configurazione non aspra, ma piuttosto atipica, simile a quella di qualche altipiano asiatico.
L’accesso alla valle avviene mediante un comodo sentiero, che si imbocca nei pressi della chiesetta di san Quirico (m. 2131) e del bivacco Scermendone. Per raggiungerlo, sono possibili tre percorsi.
Il più breve parte da Preda Rossa, la splendida piana nella valle omonima alla quale si sale su una carozzabile che richiede un ticket d'accesso (tariffa 2015: 5 Euro). La si raggiunge staccandosi sulla destra dalla strada di Val Masino subito dopo la stretta della chiesetta di San Gaetano a Filorera (subito dopo Cataeggio). Passati accanto al Centro Polifuzionale della Montagna, siamo subito al ponte, a lato del quale si trova la macchinetta per l'acquisto del ticket. Saliamo poi lungo una bella strada che raggiunge la località Valbiore (valbiórch), caratterizzata da un’enorme frana. La pista sale sul versante opposto della valle (il destro, per noi), torna su quello sinistro dopo un tratto in galleria e si ricongiunge il vecchio tracciato dopo il tratto sepolto dalla frana, proprio all’ingresso della bellissima piana di Sasso Bisolo.
Attraversata la piana, la strada sale, con diversi tornanti, fino ai presso del limite della bellissima piana di Preda Rossa (m. 1908). Qui, invece di seguire le indicazioni per il rifugio Ponti, cerchiamo, sulla destra per chi guarda a monte (sud-est), un ponticello che attraversa il torrente e, valicato un valloncello, effettua una traversata che taglia la frana scesa dal Sasso Arso e porta a Scermendone Basso (m. 2032). Qui, superato il torrente su un nuovo ponticello, puntiamo a sud, cioè direttamente al versante del monte, dove troviamo una larga mulattiera (in realtà ce ne sono due, una più a sinistra, l'altra più vicina al baitone dell'alpe) che ci porta, in breve, alla chiesetta di San Quirico, dopo poco più di un’ora di cammino e 230 metri di dislivello superati.
Chi volesse salire per via diversa dalla piana di Sasso Bisolo, può percorrerla per un buon tratto e cercare, scendendo sulla destra verso il torrente, alle spalle delle baite, un ponte (si trova al limite occidentale dell'alpe, cioè quello a monte, dopo una macchia di abeti che lo nasconde alla vistache permette di superare il torrente). dove troviamo il sentierino che sale all'alpe di Scermendone basso, tenendosi sul versante meridionale dell'estrema propaggine della Val Terzana (alla nostra sinistra, infatti, è scavata la gola terminale che precede il punto in cui la Val Terzana confluisce nella Valle di Sasso Bisolo).
Dopo qualche tornantino, il sentiero (segnalato da qualche raro segnavia rosso-bianco-rosso) raggiunge le baite della località Corticelle (Curtiséi, m. 1546), e prosegue, salendo, alle loro spalle, in una breve macchia, prima di piegare a sinistra, uscire all'aperto e superare un primo valloncello, raggiungendo i prati della baita di quota 1762. Superato un secondo valloncello, entriamo per un buon tratto in bosco di larici, prima di raggiungere il limite inferiore dei prati immediatamente a valle dell'alpe. Teniamo presente che la traccia non è continua, e tende a perdersi nei prati attraversati: per ritrovarlo, immaginiamo quindi di effettuare una diagonale che li tagli dal limite inferiore raggiunto a quello superiore.
Dai prati raggiunti saliamo, puntando la baita solitaria che sta sulla nostra verticale, fino a raggiungere, attraversato un breve corridoio, la soglia del pianoro di Scermendone basso (un'alpe ancora utilizzata nel periodo estivo), dove raggiungiamo la casera, a quota 2050 metri. Davanti ai nostri occhi si apre un suggestivo scorcio dell'alta Val Terzana, dove è facilmente riconoscibile il passo di Scermendone, che porta in alta Valle di Postalesio. Da qui, portandoci sul lato opposto della piana, possiamo, come sopra descritto, salire a Scermendone per i due sentieri (quello più marcato di sinistra, o quello di destra). In questo caso le ore di cammino necessarie salgono a due, ed il dislivello ad 850 metri circa.
Il secondo percorso, quello panoramicamente più interessante, parte da Our di cima, maggengo sopra Buglio, che si raggiunge imboccando, all’ingresso del paese, la strada segnalata “Per i maggenghi” e prendendo subito a sinistra (indicazioni per Our e Merla); si sale su una strada assai stretta verso la parte alta del paese (incrociamo le dita per non incrociare altri veicoli…), fino a raggiungere, dopo una svolta a sinistra, la strada che si stacca da quella principale sulla destra. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo pochi tornanti, porta all'alpe Granda (m. 1680). La pista, dopo due tornanti dx-sx, inizia un lungo traverso verso l'alpe.
Il percorso più lungo passa per l’alpe Granda, per poi piegare a destra, passando per il nuovo rifugio Alpe Granda ed iniziare una lunga diagonale fino a Scermendone (ci sono due doppi tornantini; poco oltre il secondo un sentiero si stacca sulla sinistra dalla pista e porta al limite di sud-ovest dell’alpe, mentre la pista esce dal bosco più o meno al suo centro, dove si trova una baita ed una pozza d’acqua).
Un percorso intermedio taglia fuori Granda, lasciando la nuova pista sterrata che la raggiunge in corrispondenza di un cartello per la Merla, che segnala su lato destro della pista l’inizio di un sentiero che sale diritto all’alpe Merla (m. 1729) e di qui ad una croce sulla pista Granda-Scermendone (m. 1900).
Quello più breve, infine, si trova portandosi al limite orientale di Our di cima: il sentiero, superate le ultime baite, si addentra nel bosco (rimaniamo sul sentiero principale, con andamento quasi pianeggiante, evitando un paio di deviazioni che salgono a sinistra), raggiunge il cuore della val Primaverta e comincia gradualmente a salire, con un ultimo ripido tratto, fino all’alpe Verdel (m. 1716), dove, seguendo le indicazioni, imbocchiamo, nella parte alta e di destra dei prati, un sentiero che effettua una lunga traversata verso destra (nord-est) e, intercettato a quota 1900 un sentiero gemello che sale dall’alpe Oligna, volge a sinistra e sale al baitone dell’alpe Scermendone, poco a sinistra (est) di san Quirico. Teniamo presente che il tratto Our-Verdel non è segnato sulla carta IGM, né su quella Kompass, né sul terreno con segnavia, ma, ignorate le prime deviazioni, non presenta ulteriori problemi, perché è sempre ben visibile.
DA PRATO MASLINO A SCERMENDONE
Il terzo percorso parte da Prato Maslino, incantevole terrazzo panoramico posto a 1650 metri circa, sopra Berbenno. Lo si raggiunge facilmente dalla parte alta del paese prendendo a sinistra ed attraversando la frazione di Regoledo; invece di proseguire verso Monastero, ci si stacca poi dalla strada sulla destra (indicazione per Prato Maslino) e, con una lunga salita, si raggiunge il limite inferiore dei prati, nei pressi del rifugio Marinella. Dal limite superiore di sinistra del terrazzo parte una mulattiera che sale, verso nord-ovest, all’alpe Vignone, il cui limite inferiore è posto a circa 1881 metri. Dobbiamo poi cercare, nelle baite poste più in alto, a circa 2000 metri, l’indicazione del Sentiero Italia, che si stacca sulla sinistra da quello che sale all’alpe Baric, si inoltra in una macchia, sale ripido per un tratto, esce dal bosco sul suo limite superiore e, attraversando alcuni valloni con qualche passaggio un po’ esposto (qui la traccia è anche piuttosto debole), raggiunge il bivacco Scermendone e a chiesetta di san Quirico, dopo circa un’ora e tre quarti di cammino (con un dislivello in salita di circa 530 metri). Una variante interessante, che ha il pregio di proporre un percorso più sicuro, ma che taglia fuori San Quirico, è la seguente. Dall’alpe Vignone continuiamo a salire, con qualche diagonale, fino all’alpe Baric, nascosta dietro una balza (m. 2261). Alle spalle della baita parte, salendo verso sinistra (nord-ovest, prima, ovest poi) un evidente sentiero che taglia il ripido fianco che scende a sud-ovest dalla cima di Vignone (m. 2608) e raggiunge il crinale Val Terzana-Valtellina, in corrispondenza di un caratteristico ometto che ha come vertice un sasso a forma di punta di lancia, poco sopra quota 2400. Ora dobbiamo scendere verso sinistra, senza percorso obbligato, all’ampia e bella conca che si apre davanti ai nostri occhi (evitiamo la più problematica traversata verso destra); qui troviamo una larga traccia di sentiero che, superata un breve gradino, porta all’alpe Piano di Spini (m. 2198), posta nel primo tratto della valle (la traccia di sentiero non è continua, ma la discesa non presenta problemi). Questa variante richiede circa due ore e mezza di cammino (dislivello in salita: 800 metri circa).
Bene: in un modo o nell’altro abbiamo raggiunto San Quirico.
Qualcuno vede un'affinità linguistica con "Siro", il santo evangelizzatore di Pavia, vescovo del IV secolo: le chiese di Pavia possedevano vasti feudi in Valtellina; non manca anche qualche allusione al Saint Cyr di franca memoria. A confondere le acque, interviene anche la mitologia pagana, cui non sembra vero richiamarsi a Cerere, la dea-madre. Tutto lascia supporre trattarsi d'un Santo dei Pastori: San Siro si festeggia il 16 giugno, nel colmo della stagione degli alpeggi; San Ceres, la II domenica di luglio, nel momento della "pesa del latte". La tradizione locale indica nell'incavo di un roccione prospiciente il "Pian di Spin" la grotta del Santo Eremita. È uno dei Sette Fratelli? ...”
È la celebre leggenda di Preda Rossa e dei Corni Bruciati. Un tempo questi non erano, come ora, desolate torri di roccia rossastra, ma bei pizzi alle cui falde si stendevano, nelle valli Preda Rossa e Terzana, splendide pinete e pascoli rigogliosi. Vi giunse, un giorno, un mendicante lacero ed affamato, che si rivolse, per essere ristorato, a due pastori, l’uno di animo buono, il secondo di animo gretto e malvagio. Quest’ultimo lo schernì e gli disse che poteva offrirgli solo gli avanzi del cane, mentre il primo ne ebbe pietà, lo rifocillò e gli cedette il giaciglio per la notte. Il mattino seguente il mendicante prese in disparte il pastore buono e gli ordinò di lasciare subito Preda Rossa per salire a Scermendone e tornare a Buglio, senza mai voltarsi, qualunque cosa avesse sentito alle sue spalle. Il pastore vide il suo aspetto trasfigurarsi, divenendo luminoso e maestoso, e capì che si trattava del Signore, per cui obbedì senza indugio. Lasciata Preda Rossa, cominciò a sentire alle proprie spalle un gran fragore, grida, rumore di piante e massi che rovinavano a valle, ma proseguì il cammino, ricordandosi dell’ingiunzione del Signore. Quando, però, ebbe raggiunto il crinale di Scermendone alto, e si accingeva a scendere verso Buglio, non resistette, volse lo sguardo. Fece appena in tempo a vedere uno spettacolo apocalittico, un rogo immane che divorava i boschi, ma, ancora di più, la stessa montagna, che si sgretolava e perdeva enormi massi, i quali precipitavano, incandescenti, a valle. Vide solo per un istante, perché fu subito accecato da due scintille, che lo avevano seguito. Pregò, allora, il Signore che lo perdonasse per la disobbedienza, e questi lo esaudì, chiedendogli di battere il piede contro il terreno e di bagnare gli occhi all’acqua della sorgente che sarebbe da lì scaturita. Fece così, e riebbe la vista, tornando a Buglio a raccontare i fatti tremendi di cui era stato testimone. Da allora il fianco di sud-est della Valle di Preda Rossa e quello settentrionale della Val Terzana restano come desolato monito che ricorda agli uomini l’inesorabilità della punizione divina per la loro malvagità. Anche i nomi parlano di una remota e terribile vicenda che ha segnato quest’angolo di Val Masino: il Monte Disgrazia, prima, si chiamava Pizzo Bello, denominazione, poi, trasferita alla meno maestosa cima che, con i suoi 2743 metri, presidia l’angolo di sud-est della Val Terzana. DA SCERMENDONE AL LAGO ED AL PASSO DI SCERMENDONE
In cammino, ora: a noi sarà, però, concessa la libertà
di volgerci indietro, talora per ammirare ottimi scorci panoramici sulle
cime della Valle dell’Oro (dove spicca, con
il suo profilo tondeggiante e un po’ tozzo, il pizzo Ligoncio).
A poche decine di metri da San Quirico parte una pista che si addentra
in Val Terzana, tagliandone il fianco meridionale, fino alla già
citata alpe Piano di Spini (m. 2198, cattiva traslitterazione del pian di spìn, letteralmente piano delle spine).
“Dall'altra parte della Val Masino (verso oriente), poco più avanti si apre la Valle di Sasso Bisolo, dalla quale era possibile salire con facilità fino a qualche anno fa al pianoro di Preda Rossa (ora è stata interrotta da frane a più riprese). Si può salire comunque abbastanza agevolmente oggi anche dal versante valtellinese per strade che portano ad alti prati sotto il crinale di Scermendone (il toponimo allude probabilmente appunto al «crinale»). Dietro questo, al di là di un sistema di ampi pascoli, una valletta si distende dal salto su Sasso Bisolo, fino al passo di Scermendone, parallela alla Valtellina. Il lago sta annidato in un anfratto tra le numerose balze e i dossi che articolano l'altopiano pascolivo. L'accesso più interessante però è probabilmente quello dal Piano di Preda Rossa, per un sentiero che con alcuni saliscendi s'inoltra in un bel lariceto, tra massi di frana caduti dal Sasso Arso (su un pietrone vi sono incisioni di sigle e date probabilmente opera di pastori) e quindi porta alla valletta (Val Terzana).
Si passa per unpiccolo pascolo, poi il sentiero si fa meno evidente, ma resta ben più interessante di quelli che si scorgono dall'altra parte nei pascoli, in quanto attraversa vari microambienti naturali, corre sotto le morene sospese di antichi ghiacciaietti sulle falde dei Corni Bruciati, costeggia la forra del ruscello che a tratti si nasconde tra le rupi, passa vicino a strane lame di roccia (sulle destra salendo anziché le rosse rocce serpentinose che danno il nome alle cime già ricordate, compaiono scisti stratificati e friabili che si modellano in forme emergenti dalle morbide chine dei pascoli), e di pianoro in pianoro giunge al passo. Il lago, dalle acque cupe, se ne sta un po' in disparte in una buca dell'altopiano.”
DAL PASSO DI SCERMENDONE A PRATO MASLINO, PER LA VALLE DI POSTALESIO Se siamo partiti da Prato Maslino, o se disponiamo di due automobili,
vale la pena di chiudere l’escursione scendendo in alta Valle
di Postalesio, su un bel sentierino, ripido e molto marcato, che scende
diritto per un tratto, piega a sinistra, scende di nuovo diritto prima
di puntare a destra, verso il pianoro dell’alta valle,
duecento metri circa più in basso rispetto al passo. Dal passo
in poi i segnavia sono bolli rossi con bordo giallo. Nell’ultima
parte della discesa, lasciamo alla nostra sinistra una grande ganda,
costituita da massi rossatri, così come rossastre sono le cime
che, sulla testata della valle, ci nascondono la vista del monte Disgrazia.
Al termine
del pianoro dell’alpe Palù, sulla sinistra (per noi) del
torrente troviamo, poi, un largo sentiero che conduce alle numerose
baite dell’alpe Caldenno (m. 1811), dove, sulla nostra destra,
giunge una pista che parte da Prato Isio. Raggiunto quest’ultimo
alpeggio, lo attraversiamo verso ovest, cioè ci portiamo sul
limite alto dei prati, al lato opposto rispetto a quello cui giunge
la pista: qui, presso una fontana, troviamo il sentiero che si inoltra
in una bella pineta. Ad un bivio, prendiamo la traccia che scende e,
con qualche saliscendi, rimanendo sempre intorno a quota 1700, varca
l’ombrosa val Finale: raggiungiamo così il limite orientale
di Prato Maslino, nei pressi del rifugio Marinella, chiudendo un anello
che richiede 6-7 ore di cammino (dislivello in salita: 1000 metri circa
seguendo il Sentiero Italia per raggiungere Scermendone, 1200 circa
passando per la sella dell’alpe Baric). CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere
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