ALTRE ESCURSIONI A BUGLIO IN MONTE - GOOGLE MAP

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ANELLO GRANDA-MERLA-VERDEL-OLIGNA-SCERMENDONE-GRANDA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Our-Granda-Merla-Verdel-Oligna-San Quirico-Granda-Our
6 h
950
E
SINTESI. Raggiunto il paese di Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx, effettua un lungo traverso che porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda, che all'inizio resta nascosto da un poggio boscoso. Dal rifugio non procediamo salendo sull'evidente tratturo in direzione del bosco (indicazioni per Scermendone), ma imbocchiamo la pista che parte alle sue spalle e traversa in piano il versante boscoso, restando sempre intorno ad una quota di 1680-1700 metri, fino a raggiungere il limite occidentale dell'alpe Merla (m. 1729). Ora dobbiamo portarci sul limite opposto dell'alpe, passando a sinistra del cocuzzolo boscoso ed ignorando i due sentieri alla nostra destra (che scendono alla pista per Granda e ad Our) e quello alla nostra sinistra (che sale ad intercettare il tratturo per Scermendone). Imbocchiamo invece il sentiero diritto davanti a noi, che procede in piano verso est, con fondo bellissimo, traversando all'alpe gemella del Verdel (m. 1716). Anche qui ignoriamo i due sentieri di destra (che scende a Our di Cima) e di sinistra (che sale a Scermendone) ma, al bivio sul lato opposto dell'alpe (a monte del cocuzzolo boscoso) procediamo diritti (indicazioni per Oligna), imboccando un sentiero che procede all'inizio quasi in piano, prosegue con saliscendi, atraversa due valloni e poi quello principale della Valle della Laresa (alcuni tratti esposti richiedono attenzione) e, assumendo la direzione sud-est, porta al limite dei prati dell'alpe Oligna (m. 1750). Qui saliamo un po' verso sinistra e troviamo la partenza di un sentiero che sale verso sinistra (indicazioni per Scermendone) e rientra nella pecceta procedendo verso nord e poi nord-ovest. Superato un vallone e la parte alta della Valle della Laresa, il sentiero intercetta a quota 1900 quello che sale da sinistra dal Verdel (potremmo sfruttarlo per tornare al verdel e di qui alla Merla ed a Granda - anello breve). Seguiamo questo sentiero in salita: dopo un traverso in direzione ovest, piega a destra e comincia a salire a nord con diversi tornantini, uscendo dalla pecceta. Salendo diritti siamo al baitone dell'alpe Scermendone. Una breve puntata a destra ci porta a San Quirico (2131) ed al vicino bivacco Scermendone. Tornati al baitone, seguiamo il tratturo che procede verso il lato opposto dell'alpe rispetto a San Quirico (cioè verso ovest), passando a sinistra di un poggio e piegando a sinistra per scendere alla pecceta. Inizia una lunga discesa che, ad eccezione di una breve doppia coppia di tornantini sx-dx, procede diritta fino al limite alto dell'alpe Granda, appena a monte del rifugio Alpe Granda. Seguendo la pista sterrata torniamo alla carozzabile per Our e quindi all'automobile.


Apri qui una fotomappa dei sentieri del versante retico da Ardenno a Berbenno

Ecco una proposta escursionistica sicuramente poco nota, ma assai interessante, anche perché si tratta, per buona parte, di una lunga traversata che si mantiene, con scarse oscillazioni, ad una quota di poco superiore ai 1700 metri, nello scenario affascinante di splendidi boschi di conifere. Si tratta della traversata degli alpeggi retici del versante a monte di Buglio, che va dall’alpe Granda (m. 1680) all’alpe Oligna (m. 1701), passando per la Merla (m. 1734) ed il Verdel (m. 1716). Traversata agevole, riposante, di sicuro impatto, che può, tuttavia, avere una coda per escursionisti esperti: l’avventurosa traversata da Oligna all’alpe Vignone, su traccia di sentiero assai malcerta, in una solitudine sublime.
Punto di partenza, dunque, l’alpe Granda. La raggiungiamo salendo da Buglio ad Our di fondo e proseguendo fino all’ultimo tornante destrorso prima di Our di Cima (quota approssimativa: 1300 metri). Qui la carrozzabile tocca la pista sterrata che da Erbolo, sopra Ardenno, sale all’alpe Granda. Possiamo imboccare questa pista con l’automobile (c’è una sbarra, ma è sempre aperta), oppure, tenuto anche conto che il fondo è dissestato, lasciarla allo slargo del tornante ed incamminarci (la salita all’alpe richiede poco meno di un’ora di cammino). Salendo, passiamo dal comune di Buglio a quello di Ardenno (nel quale rientra l'alpe Granda). Al termine, raggiungiamo il settore nord-orientale dell’alpe, nei pressi di una baita solitaria.
Emozionante il panorama che si apre, improvviso: a destra della cima del Desenigo (m. 2845) e della selvaggia costiera Cavislone-Lobbia, lo scorcio della
Val Porcellizzo, della valle del Ferro, della val Qualido e della Valle di Zocca, con il pizzo Porcellizzo (sciöma dò porsceléc'm. 3075), la cima di Cavalcorto (m. 2763), il pizzo Cengalo (m. 3370), i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr) occidentale (m. 3267), centrale (m. 3289) ed orientale (m. 3199) e la cima di Zocca (m. 3174). Più a destra ancora, la costiera Arcanzo-Remoluzza ed il monte Disgrazia (m. 3678). Prendiamo, ora, a destra, in direzione del rifugio Granda (m. 1688), che ancora non vediamo, perché è nascosto da una macchia. Da rifugio parte la nostra traversata.
L’alpe Granda ("alp grènda") è l’alpe di Ardenno, ed il suo punto di massima elevazione è la cima di Granda, quotata 1708 metri (o, secondo alcune carte, 1705 metri). Fino a qualche decennio fa era sfruttata intensamente, e permetteva di caricare 60 capi di bestiame.
Nell'estimo generale della Valtellina del 1531 la valutazione dell'alpeggio è ancora maggiore: 150 mucche caricate, per un valore di 30 lire (una lira corrispondeva a 20 soldi ed a 240 denari).


Cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro visti dall'Alpe Granda

I suoi prati disegnano una lunga striscia, lungo la direttrice sud-ovest – nord-est, adagiata sul lungo e splendido crinale che, dalla cima di Vignone, passando per l’alpe Scermendone, l’alpe Granda, il Sas del Tii ed i prati di Lotto, scende a dividere l’imbocco della Val Masino dalla piana di Ardenno. Sul limite sud-occidentale dell’alpe si trovava anche il rifugio Alpe Granda (che ha subito due incendi), ora sostituito dal nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda (m. 1630).


Il bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda, sullo sfondo del monte Disgrazia

Sul suo limite settentrionale, all'imbocco del tratturo per Scermendone, è stato invece costruito il nuovo rifugio Alpe Granda, di fronte all'incantevole scenario delle cime del gruppo del Masino che si mostrano a nord (da sinistra, pizzo Porcellizzo, cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro. Alla loro sinistra la selvaggia costiera Cavislone-Lobbia e la cima del Desenigo, mentre a destra il monte Arcanzo e la cima degli Alli. Se poi dal rifugio procediamo salendo al vicino cocuzzolo del monte Granda, per poi volgerci indietro, vedremo comparire sua maestà il monte Disgrazia ed alla sua destra anche i Corni Bruciati. Salendo verso il limite del bosco a nord, verso sinistra, noteremo una roccia sulla quale è stata scolpita una Madonna con Bambino.
Tornati al rifugio, potremo gustare il sapore della buona cucina e dell'ancor più squisita cortesia (per prenotazioni si deve telefonare al 347 7566960).


Il rifugio Alpe Granda

La gestione dell'alpeggio, di decisiva importanza per l'economia dei secoli passati, era affidata ad una serie di figure fra le quali si istituiva una gerarchi netta. Al vertice stava il caricatore, cui le famiglie dei "lacée", cioè dei contadini che possedevano mucche, affidavano i capi di bestiame. Veniva, poi, il casaro, alla cui sapiente arte era affidata la confezione dei prodotti d'alpe, formaggi e burro. Seguivano il capo-pastore ed i pastori, che, coadiuvati anche da abili cani, sorvegliavano il bestiame e ne governavano gli spostamenti, stando attenti che nessuna mucca cadesse nei dirupi (il che rappresentava un vero e proprio dramma).


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Infine, i più giovani fungevano da cavrèe (pastori di capre) e cascìn (garzoni d'alpe, cui erano affidati i compiti più umili, in genere ragazzini affidati dalle famiglie ai caricatori d'alpe nella stagione estiva). Nella vita d'alpeggio, che iniziava ai primi di giugno e durava 80-83 giorni, due momenti rivestivano un'importanza particolarissima: il ventottesimo ed il cinquantaseiesimo giorno si effettuava la pesa, cioè si pesava il latte prodotto da ciascuna mucca, alla presenza del proprietario, per pattuire, su tale base, il compenso che a questi andava corrisposto.


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L'alpeggio costituisce oggi la meta di una facile e molto remunerativa escursione, per la sua posizione estremamente panoramica, sul confine fra Val Masimo, a nord, e bassa Valtellina, a sud. Gli appassionati della geologia vi potranno trovare più di un elemento di interesse. Passa di qui, infatti, nelle profondità della terra, la faglia che separa la falda Margna dalla falda Sella. Siamo sul limite settentrionale dellla falda paleoafricana. Tutto ciò, ovviaente, sfugge al nostro sguardo, come pure, probabilmente, sfugge la diversa natura delle rocce dell'alpe, antichissimi gneiss, micascisti e vene di quarzo, rispetto alle molto più giovani rocce del gruppo del Masino, il cosiddetto plutone Masino-Bregaglia, di cui vediamo un'interessante sezione a nord (testata della Val Porcellizzo, costiera Arcanzo-Remoluzza, monte Disgrazia).


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Il valore panoramico dell'alpe è impreziosito da uno splendido colpo d'occhio sulla catena orobica, a sud, che mostra in tutta la sua bellezza un'ampia sezione della Val Gerola e, sul limite destro, il caratteristico corno del monte Legnone. Il rifugio Alpe Grande costituisce, infine, un possibile punto di appoggio o di ristoro.

Ma torniamo al racconto della traversata. Non dobbiamo imboccare il sentiero (recentemente allargato a tratturo) che sale, ripido, verso il bosco, alla volta di Scermendone, la pista ch parte alle spalle del rifugio e procede quasi in piano, in direzione est-sud-est. Si tratta di una pista con fondo buono, che si immerge nel bosco, attraversa il vallone che scende verso sud-ovest dal pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi), ci riporta nel territorio del comune di Buglio e, dopo un ultimo tratto nel quale la vegetazione progressivamente si dirada, approda alla parte bassa del prato dell’alpe Merla, riconoscibile per la baita ristrutturata, sulla sommità di un cocuzzolo erboso (m. 1729).
L’alpe Merla è un crocevia, nel quale si intersecano due direttrici, quella ovest-est, che stiamo percorrendo nella traversata, e quella sud-nord: esiste, infatti, un sentiero segnalato che si stacca, sulla destra, dalla pista sterrata Our-Granda e sale, diretto, all’alpe, proseguendo, poi, con andamento sempre piuttosto ripido, fino ad intercettare, in corrispondenza di una croce di legno su un dosso, il tratturo che dall’alpe Granda sale a Scermendone. Ignoriamo questo sentiero (segnalato da un cartello che dà l’alpe Scermendone ad un’ora e 30 min.), e proseguiamo verso nord-est (imboccando il sentiero segnalato da un secondo cartello, che indica il Verdel), rientrando nel bosco, alla volta del terzo alpeggio, quello del Verdel. È, questo, il tratto più ripostante della traversata: il fondo del sentiero (che, singolarmente, non è segnalato sulla carta IGM) è ottimo, tanto che, per la maggior parte della traversata, potremmo percorrerlo a piedi nudi. L’andamento, poi, è molto regolare, con pochi saliscendi. Alla fine, dopo aver oltrepassato alcuni valloncelli che confluiscono, più in basso, nella Val Primaverta, raggiungiamo un singolare “crotto”, ricavato alla base di un grande masso: pochi passi ancora, e riemergiamo alla luce dell’alpe Verdel (m. 1716), dove si trovano diverse baite, divise in due gruppi.


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Anche quest’alpe è un crocevia di sentieri lungo le direttrici ovest-est e sud-nord. Infatti dal maggengo di Our di Cima parte un sentiero che risale il dosso a monte dei prati, fino al punto in cui questo si restringe (si trova, qui, un passaggino che richiede attenzione, per superare un gruppo di roccette), per poi raggiungere il bel bosco di conifere che ricopre il caratteristico cocuzzolo che precede l’alpe, fino a portare alle baite più basse di questa. Il sentiero prosegue, poi, verso nord, piegando poi in direzione nord-est ed intercettando, dopo una lunga traversata, il sentiero che sale da Oligna verso Scermendone. Anche in questo caso, ignoriamo la direttrice sud-nord e proseguiamo verso nord-est, seguendo le indicazioni per l’alpe Oligna. La partenza del sentiero non è molto evidente: nel primo tratto, ancora all’aperto, passiamo nei pressi di una vasca per l’acqua. Anche il primo tratto nel bosco non è molto evidente, poi la traccia si fa più chiara. Il sentiero è meno riposante di quello Merla-Verdel, ma non presenta difficoltà: dopo aver raggiungo la quota 1770, attraversa la selvaggia parte alta della Valle della Làresa, per poi perdere leggermente quota, fino ai 1750 metri delle baite alte dell’alpe Oligna (o Olegna), più ampia delle due precedenti.
Terza alpe, terzo crocevia. Questa volta il sentiero che sale da sud proviene dal maggengo di Sessa, e prosegue, con debole traccia, in direzione nord-nord-est (non è segnalato né sulla carta IGM, né su quella Kompass), seguendo il filo del dosso a monte dell’alpe, fino ad uscire dal bosco di larici ad una quota di circa 1900 metri. Un’ulteriore breve salita sul ripido versante di prati ci porta ad intercettare il sentiero che, seguito verso sinistra, porta alla chiesetta di S. Quirico (m. 2131), sul limite nord-orientale dell’alpe Scermendone. La traversata con difficoltà appena escursionistica termina qui: il sentiero che prosegue verso nord-est, infatti, ha una traccia evidente solo nella prima parte della traversata, poi tende a perdersi. Ma di ciò diremo più avanti. Intanto preoccupiamoci del ritorno da Oligna all’alpe Granda.


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Se non vogliamo tornare sui nostri passi, ci si offrono tre possibilità. Consiglio quella più bella e panoramica: la salita all’alpe Scermendone, che comporta circa un’ora di cammino. Avendo, finora, camminato senza affrontare significativi dislivelli in salita, non dovremmo accusare un’eccessiva fatica. Il sentiero per Scermendone entra nel bosco sul lato alto di sinistra dell’alpe (direzione nord). Dopo aver attraversato un valloncello, intercetta, poi, dopo alcuni serrati tornantini, a quota 1900 il più largo sentiero che sale dall’alpe Verdel. Proseguiamo, quindi, per un tratto verso ovest, poi, piegando a destra (direzione nord-nord-ovest), affrontiamo gli ultimi rapidi tornantini che ci portano, risalito un ripido versante di prati, all’edificio che serviva per il ricovero del bestiame all’alpe Scermendone (m. 2070). Intercettiamo, così, il più largo sentiero che sale dall’alpe Granda. Alla nostra destra è già ben visibile la chiesetta di S. Quirico. Presso il baitone, sulla destra, si trova anche, appena segnalata da una scritta malcerta, la sorgente legata all’acqua miracolosa che ridonò la vista al pastore disobbediente, che volle vedere l’immane incendio che incenerì i bellissimi pascoli ai piedi del Disgrazia, riducendoli ad un deserto di pietre rosse (Preda Rossa): si tratta della ben nota leggenda del monte Disgrazia o dei Corni Bruciati.


Alpe Vèrdel

Dobbiamo, ora, incamminarci in direzione dell’alpe Granda (verso sinistra): prima, però, non può mancare una visita alla chiesetta, che, con la sua caratteristica campanella, sorveglia, nel silenzio secolare questi ultimi presidi della fatica e della meditazione umana. La discesa all’alpe Granda avviene seguendo il sentiero-tratturo che dal baitone punta verso sud-ovest, percorrendo un buon tratto di alpe, prima di immergersi nel bosco. È una discesa diretta: incontriamo solo una doppia coppia di brevissimi tornantini, prima di uscire dal bosco poco a monte del rifugio alpe Granda. Seguendo la pista sterrata, torniamo, infine all’automobile. Scorciatoia: se vogliamo abbreviare di una quarantina di minuti il cammino, una volta raggiunta la croce di legno sul tratturo, lasciamolo per prendere a sinistra il ripido sentiero che scende, per via direttissima, all’alpe Merla, e qui imbocchiamo di nuovo il sentiero che scende, diretto, fino ad intercettare la pista sterrata Our-Granda (attenzione, però, in questo caso, alle ginocchia!). Se siamo partiti da Our di Cima, calcoliamo di poter tornare all’automobile dopo circa 6 ore di cammino (il dislivello superato è di circa 950 metri).
La seconda via per la quale possiamo riguadagnare l’automobile è, invece, meno panoramica, ma anche meno faticosa. Dall’alpe Oligna torniamo all’alpe Verdel e qui, invece di imboccare il sentiero per la Merla, imbocchiamo quello che, alla sua sinistra, sulla parte bassa del prato, a destra della baita, si immerge nel bosco, iniziando la discesa in direzione sud-est. La traccia è sempre ben visibile (nonostante il sentiero non sia segnalato né sulla carta IGM, né su quella Kompass), e, superati diversi valloncelli, esce dal bosco in prossimità delle baite orientali più alte di Our di Cima (m. 1415). Non ci resta che percorrere un ultimo breve tratto in discesa sulla carrozzabile, e ci ritroviamo all’automobile. In questo caso il giro richiede circa 4 ore e mezza di cammino. Ulteriore possibilità: dall’alpe Oligna scendiamo, imboccando il marcato sentiero che parte nella parte inferiore dei prati (casello dell’acqua e cancelletto), al maggengo di Sessa (m. 1450), incontrando, anche, una curioso volto umano scolpito in un tronco. Da Sessa imbocchiamo, poi, verso destra la pista sterrata che attraversa la valle della Làresa e giunge ad intercettare la pista che sale dal Mele al Calec. Scendiamo per un tratto sulla pista, lasciandola al primo tornante sinistrorso, per salire alle baite del Mele, ad una quota approssimativa di 1290 metri. Portiamoci sul lato opposto del dosso: troveremo, segnalata da un cartello, la partenza di un sentiero che entra nel bosco e comincia una traversata in direzione nord-ovest. Oltrepassato il solco della Val Primaverta, il sentiero prosegue fino ad intercettare la carrozzabile che da Our di Fondo sale ad Our di Cima, al primo tornante sinistrorso dopo le baite di Our di Fondo (m. 1200). Seguendo la carrozzabile in salita, dopo circa un quarto d’ora raggiungiamo l’automobile.


Oligna

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ANELLO GRANDA-MERLA-VERDEL-OLIGNA-SCERMENDONE-GRANDA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Our-Granda-Merla-Verdel-Oligna-Vignone-San Quirico-Granda-Our
7-8 h
950
EE
SINTESI. Raggiunto il paese di Buglio in Monte, saliamo seguendo l'indicazione per i maggenghi, verso la parte alta di sinistra del paese, su una carozzabile che porta a Our di Fondo. La strada, dopo Nansegolo, propone un bivio, al quale stiamo a sinistra, proseguendo su una pista stretta e non protetta. Dopo alcuni tornanti siamo alle baite di Our di Fondo. Dopo un tornante sx, le lasciamo alle spalle e percorriamo un lungi traverso, fino al successivo tornante dx, dove troviamo una pista che se ne stacca sulla sinistra. Parcheggiata qui l'automobile (m. 1380), ci incamminiamo sulla pista sterrata che, dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx, effettua un lungo traverso che porta all'alpe Granda (m. 1680). Raggiunto l'alpeggio, pieghiamo a destra, scendiamo ad una conca con un baitello isolato e, poco più in alto, a destra, vediamo il rifugio Alpe Granda, che all'inizio resta nascosto da un poggio boscoso. Dal rifugio non procediamo salendo sull'evidente tratturo in direzione del bosco (indicazioni per Scermendone), ma cerchiamo, alle sue spalle, ad est, un po' più in basso, la partenza di un sentierino che traversa in piano il versante boscoso, restando sempre intorno ad una quota di 1680-1700 metri, fino a raggiungere il limite occidentale dell'alpe Merla (m. 1729). Ora dobbiamo portarci sul limite opposto dell'alpe, passando a sinistra del cocuzzolo boscoso ed ignorando i due sentieri alla nostra destra (che scendono alla pista per Granda e ad Our) e quello alla nostra sinistra (che sale ad intercettare il tratturo per Scermendone). Imbocchiamo invece il sentiero diritto davanti a noi, che procede in piano verso est, con fondo bellissimo, traversando all'alpe gemella del Verdel (m. 1716). Anche qui ignoriamo i due sentieri di destra (che scende a Our di Cima) e di sinistra (che sale a Scermendone) ma, al bivio sul lato opposto dell'alpe (a monte del cocuzzolo boscoso) procediamo diritti (indicazioni per Oligna), imboccando un sentiero che procede all'inizio quasi in piano, prosegue con saliscendi, atraversa due valloni e poi quello principale della Valle della Laresa (alcuni tratti esposti richiedono attenzione) e, assumendo la direzione sud-est, porta al limite dei prati dell'alpe Oligna (m. 1750). Qui ignoriamo il sentiero che sale a sinistra verso Scermendone e quello che a destra scende a Sessa. Ci portiamo sul lato opposto (orientale) dell'alpe, nella sua parte alta, e vediamo la partenza di un sentierino che effettua una lunga traversata fino all'alpe Vignone, attraversando due valloni, tagliando il largo dosso del Termine, attrraversando una terza valletta e proseguendo verso est-nord-est, con traccia che in molti punti tende a pardersi, fino ad uscire alla parte bassa occidentale dell'alpe Vignone. L'ultima parte della traversata richiede dunque molta attenzione. Saliamo poi ad intercettare il sentiero che sale verso l'alpe Baric e, raggiunte le baite di quota 2000 (campanella), lasciamo il sentiero che sale al baric e prendiamo a sinistra, seguendo le indicazioni del Sentiero Italia. Procediamo quindi verso ovest-nord-ovest fino al Dosso del termine, al quale prendiamo a destra salendo con tornantini verso nord, poi pieghiamo a sinistra e proseguiamo verso ovest-nord-ovest e nord-ovest, tagliando alcuni valloni e, con ultimo tratto pianeggiante, raggiungendo il bivacco Scermendone e la chiesetta di San Quirico (m. 2137). Da qui scendiamo verso sinistra al baitone di Scermendone, quindi, seguendo il tratturo, passiamo sotto un poggio e cominciamo a scendere verso ovest, raggiungendo il limite della pecceta. Proseguiamo sul tratturo diritti, passando per un poggio con croce in legno e terminando la lunga discesa alla parte alta dell'alpe Granda, poco sopra il rifugio Alpe Granda (m. 1680), tornando all'automobile per la pista sterrata che parta oltre il rifugio, sul lato sinistro dell'alpe.

Ora, però, torniamo all’alpe Oligna, per raccontare l’avventurosa traversata all’alpe Vignone. Avventurosa per i motivi già detti: il sentiero tende a perdersi, e, in un dedalo di valloncelli, vagare fuori sentiero non è il massimo della vita. Se capitasse, comunque, di perderlo, è meglio salire, puntando a raggiungere il limite superiore del bosco, dove passa il Sentiero Italia, da Scermendone all’alpe Oligna. È un peccato, comunque, che il sentiero Oligna-Vignone non sia ripulito e segnalato. Speriamo che qualcuno raccolga l’appello e lo renda disponibile per gli escursionisti: i luoghi attraversati sono davvero incantevoli. Mi è capitato di percorrerlo due volte. La prima ho imboccato, nella seconda parte, un falso sentiero che sedeva, prima di salire a recuperare il sentiero corretto. La seconda volta ho avuto più volte l’impressione di aver perso il sentiero. Mi sono annotato luoghi e sensazioni, e qui riporto queste annotazioni così come le ho perse.
Dalla parte alta dei prati di Oligna si prende a destra (per chi guarda a monte, cioè ad est; non ci sono segnalazioni). Il sentiero scende di una ventina di metri, ed intercetta un secondo sentiero che proviene da destra, anch’esso da Oligna. Poco oltre, il sentiero ne intercetta un secondo, anch’esso da destra, a quota 1690 circa, in vista del primo vallone da attraversare. Prima del vallone c’è un passaggio un po’ esposto. Il vallone, a quota 1680, ha un ramo principale ed uno secondario. Oltre il vallone, c’è una leggera salita, un po’ esposta, prima che il sentiero rientri nel bosco. Attenzione: nel bosco si trova un bivio, al quale si prosegue prendendo il sentiero che sale, non quello che scende. Ci si riporta a quota 1720, poi il sentiero ridiventa pianeggiante e supera un valloncello nel cuore del bosco. Appena prima del valloncello c’è una grossa pianta sradicata. Poi il sentiero riprende a salire. La traccia è poco visibile; si incontra una nuova pianta sradicata sul sentiero e su un tronco sono segnati due segmenti verticali blu. Si guadagna quota 1740 e si alternano tratti pianeggianti e tratti in leggera salita; la traccia a tratti è visibile, a tratti si perde.
Poi il bosco si apre un po’, ed a quota 1770 si raggiunge una sorta di cunetta, con due massi a destra ed una fascia di roccette a monte (sinistra); di qui si vede bene, verso est, Prato Maslino. Poi si rientra nel bosco, si scende leggermente e si riprende a salire (c’è anche un masso che fa da scalino sul sentiero), fino ad un valloncello (m. 1760), che è anche una stupenda radura: in alto si vede una bella pineta. Poi la traccia sembra perdersi, ma, alzandosi di qualche metro, la si ritrova ad una nuova radura. Il sentiero torna a salire ed a quota 1780 sembra di nuovo perdersi. Siamo nella parte centrale dello stupendo dosso del Termine (dosso del Termen, detto così perché segna il confine fra i comuni di Buglio e
Berbenno). Il bosco è bellissimo, la traccia assai meno: in diversi punti sembra perdersi. È bene rimanere su quota 1780, senza scendere. Si apre, per la prima volta, uno spiraglio sull’alpe Vignone, la meta. Si sale un po’, fino a quota 1770, fino ad una radura, e la traccia si fa più visibile. Si apre uno scorcio sulla baita più bassa dell’alpe Vignone (rispetto alla quale siamo più bassi). Il sentiero supera un tratto un po’ esposto e conduce ad un nuovo vallone di quota 1780. Poi sale ancora. Si incontra una fascia di tronchi sul sentiero; la traccia sembra perdersi, ma a quota 1800, lieta sorpresa, ecco una radura ed un bel muretto a secco, segno inequivocabile che il sentiero è quello giusto. Si scende, quindi, all’aperto, fino a quota 1780 (tratto un po’ esposto), per poi tornare a salire, rientrando nel bosco. La traccia, ora, è molto chiara e sale con regolarità; a quota 1820 taglia due valloncelli, in successione. Uscito all’aperto, il sentiero attraversa, a quota 1880, il torrente che scende dall’alpe Vignone. Alla fine raggiunge la baita quotata 1925.
La traversata è conclusa: davanti ai nostri occhi si apre, a monte, lo splendido scenario dell’amplissima alpe. Scesi alla baita più bassa dell’alpe (m. 1881), imbocchiamo il largo sentiero che scende a Prato Maslino. Qui dovremmo trovare un’automobile ad attenderci. Calcoliamo, per la traversata Oligna-Vignone (tenendo conto che dobbiamo procedere con occhiuta cautela), un’ora e mezza circa di cammino (scarso è il dislivello: 170 metri circa). Speriamo che queste note inducano qualcuno a rendere più fruibile un percorso di alto significato e suggestione.

Qualche appunto, infine, per il ritorno a Granda, nel caso non avessimo a disposizione due automobili.
Intercettato il sentiero che da prato Maslino sale verso il calec, lo seguiamo salendo erso sinistra, fino alla baita di quota 2000 (campanella). Il sentiero prosegue verso sinistra e giunge ad un bivio: ignorato il sentiero di destra che sale all'alpe Baric, seguiamo le indicazioni del Sentiero Italia, che stiamo percorrendo. Procediamo diritti, superiamo quattro torrentelli, affrontiamo qualche saliscendi fra macchie e radure e pieghiamo a destra salendo con tornantini in una pecceta. Ben presto, però, piega di nuovo leggermente a sinistra, riprendendo l’andamento nord-ovest; superata una nuova radura-valloncello, rientriamo nella macchia, ed incontriamo un segnavia su un tronco. Il sentiero poi esce all'aperto e ci porta ad un primo vallone abbastanza marcato, che superiamo, a quota 2080, senza problemi, tagliando, poi, il successivo dosso. Una breve macchia precede un secondo vallone, a quota 2110. Dopo il successivo dosso, il sentiero piega leggermente a destra: ci attende una serie di ripidi canaloni, su un terreno piuttosto brullo. Compaiono i primi paletti bianchi con bordino rosso e scritta S.I. (Sentiero Italia). L’attraversamento del primo canalone richiede attenzione, mentre dopo il secondo troviamo un piccolo smottamento. Anche il terzo canalone, percorso da un modesto corso d’acqua, richiede un po’ di attenzione; la successiva salita ci porta a tagliare il filo di un dosso, oltre il quale incontriamo un modesto avvallamento, che precede un terrazzino erboso. È questo il punto nel quale prestare maggiore attenzione, perché la “paiùsa” ha colonizzato interamente il sentiero, e si rischia di scivolare, soprattutto nella discesa che ci porta ad un nuovo canalone, oltre il quale la salita riprende. Dopo una salita aggiriamo un nuovo dosso, portandoci in vista del bivacco Scermenone, che raggiungiamo procedendo quasi in piano. Poco più avanti ci portiamo alla chiesetta di San Quirico (San Ceres, m. 2131). Scendiamo poi verso sinistra al baitone, procediamo diritti sul tratturo e scendiamo a sinistra nella pecceta, seguendolo nella lunga traversata che ci riporta al limite alto dell'alpe Granda, in vista del rifugio Alpe Granda.


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ANELLO GAGGIO DI MONASTERO-SESSA-OLIGNA-PRATO MASLINO-GAGGIO DI MONASTERO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Gaggio di Monastero-Sessa-Oligna-Vignone-Gaggio di Monastero
6-7 h
920
EE

La stessa avventurosa traversata da Oligna a Vignone può essere inserita in un anello di minor impegno, che ha come puni di partenza ed arrivo il Gaggio di Monastero, maggengo di mezza costa al quale sale una carozzabile che parte da Monastero di Berbenno (il paese che si raggiunge lasciano la strada provinciale valeriana Ardenno-Berbenno all'altezza della località Ere). Parcheggiata l'automobile alla parte bassa dei prati (m. 1000 circa), saliamo alla parte alta di sinistra del Gaggio di Monastero, dove parte una pista sterrata che attraversa la Val Vignone, taglia il Dosso del termine e raggiunge il Dòs, a quota 1450 metri circa, ai piedi dei prati del maggengo di Sessa. Lasciamo qui la pista e saliamo diritti, oltrepassando un primo nucleo di baite e raggiungendo quello più alto, sul limite del bosco. Alle loro spalle parte una marcato sentiero che, oltrepassato un cancello in legno, sale con ampi tornanti in una bella pecceta ed esce dal bosco nella parte bassa di Oligna. Salendo diritti ci portiamo alle baite dell'alpeggio e prendendo a destra troviamo il sentiero che traversa a Vignone, come sopra descritto. Dall'alpe Vignone, infine, imbocchiamo, nella parte bassa di sinistra, la marcata mulattiera che scende verso prato Maslino ma, nella seconda parte della discesa, prestiamo attenzione ad una deviazione sul lato destro. Si tratta del largo sentiero che, dopo un traverso in direzione nord-ovest, attraversa una valletta e si porta alla parte alta del dosso del Gaggio di Monastero. Qui con un po' di attenzione ne seguiamo la traccia stando più o meno sul centro del dosso. La discesa termina alla parte alta dei prati di Gaggio.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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