Nel
corso dell’estate 2003 sono state completate due nuove piste,
quella che congiunge il maggengo di Erbolo all’alpe Granda, sopra
Ardenno, e quella che congiunge i maggenghi di Calec e Sessa, sopra
Buglio. Queste piste rendono possibili diversi interessanti, anche se
impegnativi, anelli di mountain-bike, che gli amanti del genere non
mancheranno di sperimentare.
Un primo grande anello può avere come
punto di partenza e di arrivo Ardenno o, per guadagnare qualcosa, data
la sua lunghezza, Gaggio, che si raggiunge facilmente
prendendo come riferimento la piazza principale di Ardenno, proseguendo
lungo la via Visconti-Venosta e staccandosene sulla sinistra quando
si incontra l’indicazione relativa, in corrispondenza di una casa
rossa.
Lasciata l’automobile a Gaggio (m. 570), montiamo in sella e cominciamo
a salire lungo una strada che parte nei pressi del ristorante Innocenti
e conduce dapprima alla località di San Giuseppe, a 645 metri,
poi, con fondo in cemento, al cuore della valle del torrente Gaggio,
che raggiunge dopo essere passata proprio sul ciglio dell’impressionante
fosso che costituisce una grande vasca di contenimento naturale dei
detriti che il torrente porta a valle nelle sue piene rabbiose. Siamo
a circa 700 metri: la pista, ora, scarta bruscamente a sinistra e si
allontana dalla valle, per riprendere a salire, con diversi tornanti,
sull’ampio dosso che sovrasta Gaggio. Passiamo, così, per
la località san Rocco (m. 841), dove una sosta ristoratrice (imposta
anche da alcuni strappi severi che incontriamo nel tratto Gaggio-San
Rocco) ci consente di ammirare la bella chiesetta quattrocentesca, prima
di raggiungere i prati di Èrbolo, le cui baite
più alte sono poste a circa 1174 metri. Il nome del
maggengo deriva dal termine dialettale “èrbul”, cioè
“castagno”, a sua volta derivato dal latino “arbor”,
“albero”: nella magra economia contadina di questi luoghi,
infatti, un tempo il castagno costituiva un supporto essenziale, tanto
da meritare la denominazione di albero per eccellenza.
Proprio al termine dei prati e della strada, sul lato di destra (orientale),
parte la nuova pista, che effettua dapprima una lunga diagonale verso
nord-est, tagliando lo scenario desolato dei boschi devastati dal rovinoso
incendio della primavera del 1998, causa scatenante della successiva
alluvione che colpì il paese di Ardenno fra la fine di giugno
ed i primi di luglio del medesimo anno. La diagonale le consente di
raggiungere la parte alta della valle del Gaggio, che ha un aspetto
assai meno impressionante: qui comincia una serie di tornanti che ci
portano dapprima a toccare la pista che, salendo sul dosso che sovrasta
Buglio, congiunge questo paese ai maggenghi di Our di Fondo e di Cima
(le due piste si toccano in un punto compreso fra i due maggenghi, ad
una quota approssimativa di 1340 metri), poi a guadagnare, seguendo
l’opposta direttrice di nord-nord-ovest, i 1700 metri dell’alpe
Granda. Ovviamente possiamo raggiungere l’alpe anche
partendo da Buglio (m. 577) e sfruttando la pista che sale ad Our di
Fondo, per poi lasciarla ed immetterci nella nuova pista (il dislivello,
fra l’altro, è pressoché identico).
L’alpe Granda riserva, a chi non l’ha mai visitata, una
notevole sorpresa panoramica: si affaccia, infatti, sulla Val Masino,
di cui regala un suggestivo scorcio che raggiunge, da sinistra, alcune
delle più famose cime della Val Porcellizzo (fra cui il pizzo
Badile), i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr), le cime della costiera Remoluzza-Arcanzo
e, anche se solo in una prospettiva parziale, il monte Disgrazia. Abbiamo
raggiunto l’alpe nel suo settore nord-orientale: proseguiamo verso
destra, in direzione del
limite del bosco che la chiude a nord-est. Superato un piccolo dosso
boscoso, raggiungiamo così il nuovo rifugio Alpe Granda, costruito
interamente in legno e quindi perfettamente inserito nello scenario
paesaggistico dei boschi di conifere che lo circondano. Siamo al punto
più alto del circuito, ma possiamo dedicare qualche ultimo sforzo
per raggiungere, procedendo in direzione opposta (sud-ovest) e seguendo
il tracciato appena abbozzato di una pista che conduce ad un gruppo
di baite, la cima dell’alpe, segnata sulle carte come cima di
Granda (1706 metri): da qui il panorama è veramente ottimo, sia
sul gruppo del Masino che sulla compagine delle cime orobiche. Prima
di raccontare la prosecuzione dell’anello, segnalo che dal rifugio,
proseguendo verso il limite di nord-est dell’alpe, possiamo imboccare
la pista, abbastanza larga ma con fondo in pessime condizioni, che sale
con una lunga diagonale (interrotta solo da una doppia serie di due
secchi tornantini) fino all’alpe Scermendone, che, dal punto di
vista panoramico, non ha eguali sul versante retico mediovaltellinese.
La pista raggiunge la baita di mezzo, collocata più o meno a
metà dell’alpe. Alcuni appassionati di mountain-bike la
sfruttano (percorrendola, però, in genere, in discesa) per effettuare
un grande anello che parte da Cataeggio o dalla valle di Sasso Bisòlo:
raggiungendo, infatti, Scermendone basso su un sentiero (non ciclabile,
ma piuttosto breve) che parte dal limite della piana di Preda Rossa
(lo si trova attraversando il torrente su un ponte in legno che si trova
sulla destra, nei pressi del punto in cui termina la strada Sasso Bisolo-Preda
Rossa), possono, poi, salire a Scermendone
utilizzando una pista abbastanza marcata.
Ma torniamo all’alpe Granda ed al nostro anello. Ritemprate le
forze, possiamo cominciare una bella traversata, che tocca due dei tre
alpeggi gemelli (anche se di dimensioni ben più ridotte) che
si trovano sul versante retico sopra Buglio, all’identica quota
di poco superiore ai 1700 metri, vale a dire la Merla ed il Vèrdel
(ad est del quale si trova Oligna, il terzo alpeggio). La traversata
sfrutta dapprima un sentiero che parte a poca distanza dal rifugio,
addentrandosi nella pineta che si trova ad est dello stesso: con un
po’ di attenzione, cercandolo al limite di una bella pianeta ad
oriente del rifugio, non possiamo mancare di trovarlo. Non è
molto largo, ed è ciclabile solo in alcuni punti, ma procede
con andamento sostanzialmente pianeggiante e ci porta, in poco più
di una decina di minuti, al limite inferiore occidentale del grande
prato della Merla (m. 1729), posto a monte dei maggenghi
di Our di Fondo e di Cima. Si tratta di un crocevia di grande interesse
escursionistico: qui, infatti, si incrociano il sentiero che congiunge
gli alpeggi Granda, Merla, Vèrdel e Oligna e quello che, staccandosi
(con segnalazione) sulla destra dalla pista Erbolo-Granda, sale deciso
fino ad intercettare la pista Granda-Scermendone, in corrispondenza
di un dosso e di una croce in legno. Noi seguiamo il primo, e per farlo
dobbiamo affrontare un breve tratto in salita, portandoci nella parte
più alta del prato, dove si trova una baita isolata con una bandiera
italiana, di proprietà del comune di Buglio.
Nei
pressi della baita un cartello segnala la duplice direttrice Merla-Scermendone
e Merla-Vérdel. Seguiamo questa seconda direttrice ed imbocchiamo,
sulla destra, il sentiero che, addentrandosi subito in una bellissima
pineta, congiunge le due alpi. Si tratta di un sentiero davvero eccellente,
pur non essendo segnato sulla carta IGM: ha un andamento pressoché
pianeggiante ed un fondo che, nonostante non sia molto largo, è
estremamente regolare (eccezion fatta per l’ultimo tratto, dove
si trova qualche irregolarità, lo si potrebbe percorrere a piedi
nudi). Nessuna difficoltà, quindi, per chi procede su due ruote.
Una pedalata di una decina di minuti ci porta al Vèrdel (m. 1716), grande prato disseminato di alcune baite, per la maggior
parte semidiroccate. Ci troviamo a monte del grande sistema di maggenghi
che si stendono sul grande dosso Prà-Mele-Calec, che fronteggia,
sul lato orientale della valle del torrente Primaverta, il dosso gemello
Oldino-Our. Ed è proprio questo grande dosso che dobbiamo ora
scendere: esiste, infatti, un sentiero che congiunge il Vèrdel
ad Oligna, ma non è ciclabile. Anche il Vèrdel, infatti,
è un crocevia: il sentiero che congiunge gli alpeggi è
tagliato da quello che sale dal Calec e prosegue verso Scermendone (seguendo
questo sentiero, raggiungiamo l’alpe Scermendone sul suo limite
di nord-est, appena sotto la chiesetta di san Quirico, dopo aver intercettato
un sentiero che, dal lato opposto, sale a Scermendone da Oligna; il
sentiero Vèrdel-Scermendone, però, a differenza della
pista Granda-Scermendone, ha un andamento più irregolare e quindi
mal si presta ad essere percorso con la mountain-bike anche in discesa).
Torniamo
al Vèrdel ed al nostro anello: dobbiamo, ora, cercare la pista
che, tagliando il fianco orientale del lungo dosso che termina proprio
qui, scende ai prati alti del Calec. Per farlo, percorriamo un tratto
del sentiero che si dirige ad est, verso Oligna: troveremo la pista
che giunge dal basso, sulla nostra destra, ad intercettarlo. Segnalo,
per gli amanti dell’escursione, anche l’antico sentiero
che scende al Calec rimanendo sempre, più o meno, sul filo del
dosso, e che si trova portandosi alle ultime baite, nei pressi della
sommità del cocuzzolo boscoso ai piedi del quale si stende l’alpe.
La pista Vèrdel-Calec non ha un buon fondo, e, nella parte più
bassa, ha tratti piuttosto ripidi, ma con un po’ di attenzione
ci consente di affacciarci, a quota 1450 metri circa, sulla parte alta
della grande distesa di maggenghi sul dosso Prà-Mele-Calec. L’anello si avvia alla sua conclusione: portandosi sulla parte
sinistra della sommità dei prati, infatti, raggiungiamo, nei
pressi di un ballatoio in legno e di una fontana, la pista sterrata
che li risale il fianco orientale del lungo dosso. Non ci resta che
percorrerla in discesa. Incontreremo, a 1300 metri circa, la nuova pista,
che se ne stacca sulla sinistra, attraversa la valle della Làresa
e conduce al maggengo della Sessa, e che può essere sfruttata
per un secondo interessante anello.
Prima di raccontarlo, però, chiudiamo l’anello Gaggio-Erbolo-Granda-Merla-Vèrdel-Calec-Buglio-Gaggio:
continuiamo a scendere, fino alla località Reval (dove si trova,
ampiamente segnalato, l’agriturismo Lulòc), dove la pista,
con un’ultima diagonale verso destra, ci porta ad attraversare
la val Primaverta ed a raggiungere la parte orientale del paese di Buglio
in Monte. Per tornare a Gaggio dobbiamo, ora, salire per un
tratto verso Oldino (seguiamo le indicazioni per Our), fino ad incontrare,
all’ultimo tornante destrorso prima della località, la
nuova stradina asfaltata che ci porta ad un ponte sul torrente Gaggio,
poco a monte del mulino Vismara: valicato il ponte, ci ritroviamo sul
primo tratto della pista Gaggio-Erbolo, che abbiamo già percorso
in salita. Un percorso alternativo ed
un po' più faticoso sfrutta l’antico sentiero che congiungeva
Buglio a Gaggio: lo troviamo portandoci sulla parte
alta ed occidentale del paese, dove parte una pista verso Gaggio, che
ben presto diventa sentiero (non ciclabile) che porta al Mulino Vismara,
sulla riva del torrente (m. 676) e, attraversato il torrente stesso,
alla pista Gaggio-Erbolo. Percorrendo il sentiero, ma anche la pista
Oldino-Gaggio, possiamo notare i segni dell’alluvione del novembre
2002.
Questo primo grande anello comporta un dislivello complessivo in salita
di circa 1300 metri, ed un tempo di percorrenza di circa 5-6 ore (ma
i tempi possono variare sensibilmente in funzione dell’allenamento).
Vediamo ora il secondo grande anello, che
ha come punto di partenza ed arrivo Buglio in Monte. Entrando in paese
sulla strada che si stacca dalla provinciale Valeriana all’altezza
di Villapinta, troviamo, sulla destra, una strada che si stacca da quella
principale (segnalazione per l’agriturismo Lulòc). Lasciata
l’automobile nel centro del paese, torniamo quindi indietro ed
imbocchiamola: dopo poche decine di metri, ci troveremo ad un bivio:
un cartello segnala a sinistra la pista per il dosso Oldino-Our-Merla,
a destra quella per il dosso Prà-Mele-Calec-Vèrdel,
dal quale si può anche effettuare una traversata al dosso Dòs-Sessa-Oligna,
posto ad est dei primi due. Dirigiamoci verso destra: stiamo percorrendo,
in senso opposto, la medesima pista sfruttata per chiudere il primo
anello proposto. Attraversata la val Primaverta, ci portiamo, quindi,
alla località Reval, raggiungiamo, poco sopra i 700 metri, la
bella pianetta sfruttata dagli alpini per le loro feste e cominciamo
a salire sulla pista con fondo in cemento, inanellando una serie di
tornanti e superando diversi strappi piuttosto severi. Intorno ai 1000
metri la pista esce dalla selva e troviamo il primo gruppo di baite,
quello del Prà. Notiamo subito, sulla sinistra, l’indicazione
per l’agriturismo Edelweiss, che si raggiunge staccandosi dalla
pista principale e portandosi ad un gruppo di baite che si affaccia,
verso ovest, al grande dosso Oldino- Our.
Proseguendo
nella salita, lasciamo alla nostra destra una pista che si stacca da
quella principale e scende fino al cuore della valle della Làresa,
dove termina (sul lato opposto si trova solo un sentierino che conduce,
con un tratto anche piuttosto esposto e servito da corrimano, al limite
inferiore del sistema di maggenghi Dos-Sessa). Intorno a quota 1300,
troviamo una seconda deviazione sulla destra, rappresentata dalla nuova pista Calec-Sessa: questa volta la imbocchiamo, per
attraversare l’aspra valle della Làresa e portarci alla
parte alta del lungo dosso Dòs-Sessa. La pista attraversa luoghi
di selvaggia bellezza, caratterizzati da ombrose pinete. Il fondo è
discreto, ma la pendenza, in alcuni tratti, quasi proibitiva. La traversata
non è lunga: dopo 15-20 minuti, usciamo dal bosco ad una quota
di circa 1380 metri, nella parte alta del lungo sistema di prati che
dal Dòs sale a Sessa (qui, per gli amanti dell’escursione,
segnalo la partenza di un bel sentiero che porta all’alpe Oligna,
posta poco sopra i 1700 metri).
La pista prosegue verso est, in direzione del quarto grande dosso che
caratterizza il versante retico da Buglio a Berbenno, quello su cui
è posto il maggengo di Gaggio di Monastero.
Raggiungiamo la parte alta di questo maggengo dopo aver attraversato,
in leggera discesa, due valli (l’ultima, cioè la val Vignone,
richiede, essendo stato spazzato via da una valanga un ponte in legno,
una certa attenzione, perché dobbiamo scendere dalla bicicletta
per superare un muretto in cemento). Dai 1280 metri del maggengo di
Gaggio (splendido, per la collocazione, le belle baite e la chiesetta
che lo caratterizzano) inizia una comoda discesa, su una strada asfaltata,
che si conclude a Monastero di Berbenno, paese posto
a 636 metri, cioè, più o meno, alla medesima altezza di
Buglio, che si trova ad occidente.
Non è però possibile, purtroppo, una traversata diretta:
per chiudere l’anello, quindi, dobbiamo scendere di altri 300
metri circa, sulla strada che passa per la Maroggia e porta alla località
Ere, poco sopra la strada provinciale Valeriana che congiunge
Ardenno a San Pietro di Berbenno. Raggiunta la parte alta di Ere, dopo
aver lasciato la bella conca dei prati della Maroggia, imbocchiamo una
deviazione a destra (segnalazione per san Rocco): si tratta di una stradina
che, superata, sulla sinistra, la chiesetta di san Rocco, sale fino
ad intercettare, ad un tornante sinistrorso, la strada Villapinta-Buglio.
Con qualche ultimo sforzo torniamo così, dopo aver attraversato
di nuovo, questa volta da est ad ovest, la val Primaverta, a Buglio,
dove si chiude questo secondo grande anello.
Il dislivello superato in salita è di circa 1100 metri, ed il
tempo di percorrenza complessivo di circa 4 ore.
Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere