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Il gruppo del Suretta sorveglia il lato nord-orientale dell’alta Valle Spluga (o Val di San Giacomo, localmente detta anche, con orgoglio, val di giüst, perché in passato mai vennero qui confinati malfattori): lo vediamo, sulla destra, salendo la ss 36 dello Spluga fino a Montespluga, appena sotto il valico.
Giovanni De Simoni nel suo bel volumetto “Toponimia dell’alta valle Spluga” (CCIAA, Sondrio, 1966), ci offre le seguenti interessanti informazioni su questo gruppo, sulla breve valle e sull’alpe che si stendono ai suoi piedi:
Surèta (alp de); Surèta (Vedrècc' de); Surèta (el).
L'alpe si estende non soltanto sulla zona indicata dall'IGM ma anche sulla parte qui sopra delimitata, a sinistra dell'aval de surèta e fino al confine con l'alpe Andossi. Altra parte, comprese le principali baite, è stata sommersa nel lago artificiale. Nella parte più elevata stanno il ghiacciaio e la corona di vette del Pizzo che gli alpinisti hanno provveduto a distinguere battezzandole (da O a E) Cime Cadenti, Punta Nera, Punta Rossa, Punta Adami. Da el surèta per antonomasia, ossia dal pizzo, scende verso N NE una bella vallata - omonima - che confluisce nel Reno in prossimità de paese di Sur (ted. Sufers); non è perciò facile stabilire se questa famiglia di toponimi ha preso origine dalla vallata renana o dal versante abduano, tanto più che in antico i due versanti erano abitati dalle stesse genti.


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Etimologicamente, penso col Sertoli (contra Olivieri) ad una derivazione da super, però nella forma superlativa: soprana. Il Ghié spiega la valdostana valsorèi come «la vallée d'en haut», da un lat. superatam, e vi associa espressamente lo splugano Suretta e l'engadinese Suvretta. La versione Saretta (Scheuchzer, anno 1716) potrebbe tuttavia far pensare ad una derivazione da «savoretta», nome che ritroviamo negli antichi inventari di Bormio e negli Stat. bosch., pure bormimi, per indicare il Sobretta (sóbréta), usato come qualificativo di una zona di pastura sàpida, ma di enti oggi non ho trovato nè ricordo nè traccia.”
Alpe e gruppo del Suretta sono, dunque, nel segno dell’elevazione o del gusto? È lecito attribuire al loro nome entrambi i significati. Lecito ed insieme suggestivo, magari fondendoli insieme in una sorta di endiadi, pensando al gusto che si prova quando ci si porta in alto. Il comprensorio del Suretta e quello contiguo della Val Niemet regalano scorci alpestri di rara bellezza e colore. Per questo possono essere eletti per interessanti e remunerative escursioni. La più semplice e praticata è la salita al bivacco Suretta, che, alla ragguardevole quota di 2748 metri, serve le diverse ascensioni alle cime del gruppo, che già il De Simoni ricorda, cioè, da ovest ad est, le Cime Cadenti, la Punta Nera (massima elevazione del gruppo, 3027 metri, pizzo Suretta IGM), la Punta Rossa (m. 3015) e la Punta Adami (m. 2968).


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ALPE SURETTA-BIVACCO SURETTA

Punti di partenza ed arrivo

Tempo necessario

Dislivello in altezza
in m.

Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)

Alpe Suretta-Bivacco Suretta

2 h e 30 min

840

EE

SINTESI. Saliamo sulla ss 36 in direzione del passo dello Spluga. Giunti al grande lago di Montespluga, ne percorriamo il lato destro, prestando atenzione ad una pista sterrata che se ne stacca sulla destra. la imbocchiamo e la seguiamo: superato su un ponte il torrente Suretta, siamo ad uno slargo (m. 1910) dove parcheggiamo, nei pressi dell'alpe Suretta. Seguendo le indicazioni di un cartello (percorso C14) cominciamo a salire su balze erbose verso nord-est. Superati due ripiani e due corsi d'acqua da destra a sinistra, cominciamo a risalire un ripido versante, sempre in direzione nord-est, fino all'imbocco di un impressionante canalone, di cui il sentiero taglia il fianco sinistro (alcuni ratti esposti sono serviti da corde fisse). Superata una fascia di blocchi, approdiamo infine alla sella di quota 2520 (grande ometto). Senza attraversare il torrente che corre a pochi passi alla nostra destra, ed ignorando segnavia e segnalazione per il passo di Suretta, proseguiamo alla sua sinistra (direzione est-nord-est), ignorando le indicazioni alla nostra destra per il passo di Suretta, allontanandoci gradualmente dal torrente e rimontando un ampio cordone morenico. Raggiunto il filo del cordone, cominciamo a risalirlo in direzione nord, su sentiero ben marcato e non troppo faticoso. Giunti alla sommità della morena, ci portiamo ad un nevaio che costituisce il lembo occidentale della vedretta del Suretta e lo attraversiamo quasi in piano. La traversata ci porta proprio ai piedi della collina del bivacco: ne attacchiamo il versante e raggiungiamo un ripiano, oltre il quale il sentiero propone l’ultimo strappo che ci porta alla sua sommità, dove, accanto ad un grande ometto, troviamo il bivacco Suretta (m. 2748).


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Punto di partenza dell’escursione è lo sbocco del torrente Suretta (località Alpe Suretta), che confluisce nel grande lago di Montespluga. Lo raggiungiamo salendo, appunto, lungo la ss 36 dello Spluga: superata Campodolcino, prendiamo subito la direttrice per Madesimo (lasciando alla nostra sinistra la strada per Isola). La strada affronta i celebri ed impressionanti tornanti scavati nella roccia, prima di raggiungere Pianazzo. Usciti dal paese, al primo tornante dx ignoriamo la deviazione a sinistra per Isola, poi al primo sx ignoriamo la galleria che se ne stacca, sulla destra, e porta a Madesimo. Proseguiamo, dunque, diritti e, dopo un lungo traverso e qualche galleria giungiamo in vista del poderoso muraglione dello sbarramento, sul quale sta scritta a caratteri cubitali la data di costruzione, il 1931 (MCMXXXI). Percorriamo, dunque, il suo lato orientale, imboccando il viadotto. Noteremo facilmente una pista sterrata che si stacca sulla destra dalla strada statale, e corre, per buon tratto, in parallelo ad essa. La imbocchiamo e, scavalcato su un ponticello il torrente Suretta, siamo ad uno slargo dove è possibile parcheggiare l’automobile (m. 1910 circa).


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Sul limite basso dei prati sovrastanti vediamo, poi, il cartello della Comunità Montana Val Chiavenna (percorso C14) che indica la partenza del largo sentiero per il bivacco. Imbocchiamo il sentiero, ben marcato, che sale con diverse serpentine (poco a sinistra del torrente) ad una prima piana, superando il recinto dell’alpe Suretta (filo). Un breve strappo ci porta ad una seconda più ampia piana, dalla quale si apre il verde circo di quella che la carta IGM chiama Val Suretta. Qui, prestando un po’ di attenzione ai segnavia (bianco-rossi e rosso-bianco-rossi) superiamo, da destra a sinistra, due rami del torrente Suretta (che, in alto, propria sopra la nostra testa, regala il bello spettacolo delle cascate), e procediamo in direzione di una ripida china erbosa che ci sta proprio davanti. Attaccato il versante, il sentiero lo risale per un tratto, sempre zigzagando; poi si dirige a sinistra, portandosi ad una seconda ampia e ripida china, sulla quale continua a guadagnare quota. Si alternando rapide serpentine a traversi verso sinistra. In alcuni punti piccoli smottamenti impongono un po’ di attenzione. Passiamo, così, sotto alcune rocce levigate, spostandoci a sinistra rispetto al ripido salto roccioso della cascata. Poi il sentiero volge a destra, e si avvicina proprio a questo salto.
Inizia, così, il tratto più impegnativo della salita. Il sentiero è particolarmente ripido e con fatica superiamo un breve smottamento ed alcune roccette affioranti che ci impongono di aiutarci con le mai. Poi siamo ad un tratto esposto: alla nostra destra si apre un impressionante e verticale canalone roccioso (consiglio: evitiamo di guardare in basso) e le corde fisse non sono affatto superflue per passare in sicurezza. Oltrepassato il tratto esposto, un ultimo strappo ci porta alle soglie dell’ampia sella dalla quale precipita, alla nostra destra, la cascata del Suretta.


Alta Valle Spluga dal corridoio che introduce al passo di Suretta (clicca qui per ingrandire)

Dobbiamo superare una prima fascia di massi, prima di guadagnare la sella (m. 2520), sulla quale è posto un grande ometto. La meritata sosta ci permette di godere del panorama che da qui si apre: davanti a noi, verso ovest, la sella del passo di Suretta (m. 2580), alla cui destra vediamo, in primo piano, la punta Levis (m. 2690). Proseguendo in questo giro di orizzonte in senso orario, vediamo, sul lato opposto del torrente Suretta, un piccolo laghetto in parte gelato anche a stagione inoltrata. Alle sue spalle, sul fondo, il caratteristico corno del monte Legnone, sul limite occidentale della lontana catena orobica. Seguono alcune cime della val Garzelli, laterale della Val Bodengo (punta Anna Maria, pizzo Ledù). Ecco, poi, le cime del versante occidentale della Valle Spluga, fra le quali spiccano la punta del pizzo Quadro (m. 3013), quelle più marcate dei vicini pizzi Piani (m. 3158) e pizzo Ferrè (m. 3103) e la poderosa mole del pizzo Tambò (m. 3114), sull’angolo nord-occidentale della Valle Spluga.
I segnavia dettano l’ulteriore percorso: senza attraversare il torrente che corre a pochi passi da noi, ed ignorando segnavia e segnalazione per il passo di Suretta, proseguiamo alla sua sinistra, allontanandoci gradualmente dal torrente e rimontando un ampio cordone morenico. Raggiunto il filo del cordone, cominciamo a risalirlo, su sentiero ben marcato e non troppo faticoso. Per un buon tratto non abbiamo idea di cosa dello scenario che si nasconde a nord, diritto davanti a noi; poi, raggiunta la sommità dell’ampio cordone, si apre uno splendido quadro di alta montagna, un mare disseminato da materiale morenico e parzialmente coperto dalla vedretta del Suretta. Sovrasta il tutto l’ampio circo delle cime e dei versanti del gruppo del Suretta, tormentati e ricchi di sfumature di colore, dal color ruggine al bianco, dal grigio pallido a quello cupo. Vediamo, in cima ad una marcata collina morenica, leggermente a sinistra, lo scatolone rosso del bivacco. Seguendo i segnavia ci portiamo ad un nevaio che costituisce il lembo occidentale della vedretta del Suretta e lo attraversiamo quasi in piano, ma pur sempre con la dovuta attenzione. La traversata ci porta proprio ai piedi della collina del bivacco: ne attacchiamo il versante e raggiungiamo un ripiano, oltre il quale il sentiero propone l’ultimo strappo che ci porta alla sua sommità, dove, accanto ad un grande ometto, troviamo il bivacco Suretta (m. 2748). Lo abbiamo raggiunto in circa due ore e mezza di cammino, superando un dislivello approssimativo in salita di 840 metri.


Il bivacco Suretta

Il bivacco, di proprietà del CAI di Valle Spluga, è stato realizzato su progetto dell'architetto Silvano Molinetti e collocato qui nel 1983. Nel mini-locale di 3,60 per 2,60 metri trovano posto nove brande, con materassi e coperte, un tavolo con due panche, un fornelletto, stoviglie e cassetta di pronto soccorso.


Clicca qui per aprire una panoramica a 360 gradi dal bivacco Suretta

L'energia elettrica è assicurata da un pannello fotovoltaico. Si chiede a chi ne fruisce di lasciare in una cassetta apposita 5 Euro e 3 se socio CAI. Alle sue spalle, a nord, le cime del gruppo del Suretta (da sinistra, le Cime Cadenti, la Punta Nera, la Punta Rossa, la più facile da riconoscere per il suo profilo svelto e regolare, e la Punta Adami).


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Procedendo in senso orario, l’ampio crinale scende al pizzo Ursareigls (o Orsareigls, o Ursaregls, m. 2845), alla cui destra si apre l’ampia sella del passo Suretta, bella finestra dietro la quale si pavoneggia il pizzo di Emet (o Timùn, m. 3208). Guardando a sud vediamo, quasi sovrapposte, le cime del monte Mater (m. 3023), del pizzo Stella (m. 3163), di cui occhieggia appena la punta, e del monte Groppiera (m. 2948), che sovrasta Medesimo. Sul fondo, da sud ad ovest, ecco lo scenario che abbiamo già descritto dalla sella della cascata: monte Legnone, cime della val Garzelli, pizzi Quadro, Piani, Ferrè e Tambò. A destra del pizzo Tambò si apre anche una breve finestra sulle alpi svizzere.

Lago Ghiacciato e gruppo del Suretta

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DAL PASSO DELLO SPLUGA AL BIVACCO SURETTA - ANELLO DEL BIVACCO SURETTA
Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Passo dello Spluga-Lago Berseeli-Lago Azzurro-Bivacco Suretta
2h e 30 min.
680
EE
Passo dello Spluga-Lago Berseeli-Lago Azzurro-Bivacco Suretta-Alpi Suretta-Montespluga-Passo dello Spluga
5-6
900
EE
SINTESI. Parcheggiata l'automobile al passo dello Spluga (m. 2115), ci portiamo sul lato orientale del passo dove parte, in corrispondenza del confine, un marcato sentiero che ne risale il versante, in territorio elvetico,verso est. Il sentiero, bel segnalato e marcato, porta ad un ripiano, poi riprende la salita più ripido, con diversi tornanti, infilandosi infine nel corridodio che porta al ripiano del lago Berseeli (m. 2312). Restando a destra del lago proseguiamo piegando gradualmente a destra, in direzione del selvaggio vallone che chiude il pianoro a sud. Seguendo i segnavia bianco-rosso-bianchi, saliamo faticosamente fra grandi blocchi e nevaietti, stando sul lato destro del vallone. L'ultima parte della salita è la più ostica, perché ci muoviamo fra roccette talora un po' esposte ed anche bagnate. Un traverso a sinistra su una modesta cornice un po' esposta e bagnata ci porta al limite di un nevaietto che risaliamo diritti per pochi metri, prima di toccare finalmente la soglia del ripiano del lago Azzurro (m. 2429). Ci accoglie un grande masso con un ometto e l'indicazione di un bivio. Va a destra il sentiero C15, che contorna la riva destra (occidentale) del lago e scende a Montespluga. Andando a sinistra, invece, seguiamo il percorso per il bivacco Suretta. Procediamo dunque a sinistra. Ora dobbiamo procedere prestando la massima attenzione ai segnavia (bandierine rosso-bianco-rosse e bianco-rosse, bolli rossi) ed agli ometti, perché la traversata al bivacco Suretta avviene su percorso senza traccia di sentiero (in caso di scarsa visibilità questo può costituite un problema). Il percorso non si avvicina alla riva sinistra del lago, ma attacca il versante a nord dello stesso, costituito da placche e blocchi. Procediamo verso est, salendo verso una specie di selletta a destra di un cocuzzolo di rocce scure, facilmente riconoscibile. Saliamo verso est, lungo una sorta di largo canalone, appena accennato, stando dapprima sul lato sinistro, poi zigzagando fra blocchi e nevaietti. La salita ci porta ad un ripiano, a quota 2580, dove in una conca vediamo il laghetto che sulle carte non ha nome. Pieghiamo ora a destra e passiamo oltre il laghetto, procedendo verso sud-est, in direzione della crestina sud-occidentale della Hinner Schwarzhorn. E' questa la parte più delicata della traversata, perché tagliamo un diagonale un ripido versante roccioso, con l'ausilio di qualche corda fissa e scala metallica. Procediamo in leggera salita e, raggiunte le roccette della crestina in corrispondenza di un ometto (m. 2640 circa), le superiamo con l'ausilio di corde fisse. Ci affacciamo così all'ampio bacino morenico che si apre a sud delle cime centrali del gruppo del Suretta, in vista del ghiacciaio del Suretta. Piegando a sinistra scendiamo leggermente verso est, portandoci al centro di una specie di conca-corridoio morenico, occupata parzialmente da un nevaietto. Lo percorriamo interamente per poi piegare a destra e salire su un piccolo cordolo morenico, oltre il quale traversiamo diritti, su nevaio, in direzione dell'ampia cupola morenica in cima alla quale ora possiamo vedere la rossa struttura del bivacco Suretta. Possiamo salire puntando direttamente il bivacco (sud-est) oppure stare a sinistra (est), giungere sul limite della cupola e piegare a destra (sud) verso il bivacco. In entrambi i casi alla fine con un po' di fatica ma senza eccessivi problemi raggiungeremo il bivacco Suretta (m. 2748).
ANELLO DEL BIVACCO SURETTA. Lasciamo poi il bivacco Suretta scendendo su ripida traccia verso sud-sud-est (leggermente a sinistra, se ci poniamo spalle al rifugio), lungo il versante meridionale della collina morena sulla cui cima è posto. Gli abbondanti segnavia non pongono problemi di orientamento. La discesa ci porta ad un piccolo ripiano di fronte alla cima quotata 2726 m. Passiamo quindi alla sua sinistra e riprendiamo a scendere decisamente sul filo di un dosso morenico, verso sud-sud-est. Giungiamo così in vista del grande ripiano ai piedi del passo Suretta, che vediamo alla nostra sinistra. Non ci portiamo al fondo del ripiano, ma pieghiamo a destra e, passando ai piedi del versante meridionale della quota 2726, procediamo verso ovest, in direzione del ripiano-corridoio sospeso sul ripido versante che precipita sul fondo della Valle Spluga. Qui dobbiamo stare attenti a segnavia ed ometti per individuale il sentiero, peraltro marcato, che procede stando sul lato destro (evitiamo di portarci al centro di un invitante ripiano incorniciato dalla poderosa piramide del pizzo Tambò) e si infila in una gola scavata dal torrente Suretta, che scorre alla nostra sinistra. Procediamo verso ovest, a ridosso del versante roccioso di destra (settentrionale) della gola, su sentiero marcato ma esposto (alcune corde fisse aiutano), fino ad uscirne alla parte alta di un ripido versante erboso che ci affaccia sul lato di Montespluga. Il sentiero prosegue spedito nella discesa, piegando gradualmente a sinistra ed assumento la direzione sud. Inanelliamo una buona serie di tornantini fra pascoli e pietrame. Intorno a quota 2200 la pendenza si addolcisce e ci avviciniamo al torrente Suretta, che scorre sempre alla nostra sinistra. A quota 2100 la discesa si fa ancora più tranquilla, ma dobbiamo conservare l'attenzione, perché il sentiero fatica a districarsi fra sassi e gobbe insidiose. Dopo un paio di guadi, ma sempre restando a sinistra del ramo principale del torrente Suretta, pieghiamo ancora leggermente a destra e scendiamo diritti verso sud-ovest, fino ad una grande spianata-parcheggio appena a destra di un ponticello sul torrente Suretta. Qui imbocchiamo una pista sterrata che, percorsa verso destra, ci porta alle baite della Alpi Suretta (m. 1900). Inizia da qui la parte meno entusiasmante, ma ineludibile del trekking: dobbiamo portarci sulla strada statale e seguirla fino a Montespluga, sempre in piano (m. 1905).Da Montsepluga saliamo infine al passo dello Spluga (m. 2115) seguendo la ss 36 dello Spluga.



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L'accesso più breve ma tecnicamente più impegnativo al bivacco Suretta (quindi anche il meno praticato) parte dal passo dello Spluga. Si tratta di una bella traversata che nel primo tratto avviene in territorio elvetico, passando per il laghetto di Bergseeli, poi rientra in territorio italiano presso il lago Azzurro. Alle soglie di questo lago la traversata piega a sinistra, lascia la traccia di sentiero e prosegue su percorso segnalato ed a tratti ostico (scalette e corde fisse) fra placche, blocchi e roccette, sul versante a sud del severo Inner Schwarzhorn (il più meridionale dei Corni Neri), fino alla grande spianata morenica ai piedi della collinetta del bivacco. Vediamo come procedere.


Il passo dello Spluga (clicca per ingrandire l'immagine)

Saliti da Chiavenna al passo dello Spluga (m. 2115), parcheggiamo l'automobile nei pressi del casello sul confine italiano e varchiamo a piedi la frontiera. Pochi passi oltre il confine, sulla destra, troviamo, accanto ad una carta della Rheinwald elvetica, una serie di cartelli, uno dei quali indica la partenza dell'evidente sentiero che sale al lago Bergseeli (30 minuti) ed al lago Azzurro (un'ora). Diciamo subito che le indicazioni di tempo possono funzionare per il primo laghetto, mentre per il secondo sono decisamente ristrette, perché se il dislivello è contenuto, il terreno sul quale si procede è una scorbutica ed impegnativa pietraia.


Il passo dello Spluga (clicca per ingrandire l'immagine)

Comunque fino al Bergseeli il sentiero è largo, anche se, dopo il primo tratto, diventa abbastanza ripido e risale con serpentine il versante erboso ad oriente del passo, in direzione est-nord-est. Ci accompagnano i segnavia svizzeri, bianco-rosso-bianchi. La monotonia della salita è stemperata dall'ottimo colpo d'occhio sulla Valle Spluga elvetica e sulle pallide cime che sovrastano il nucleo di Splügen. Nell'ultimo tratto il sentiero propone alcuni passaggi esposti, ma con la dovuta attenzione procediamo sicuri. Ci avviciniamo così alla soglia dell'ampio ripiano del Bergseeli, ma prima di accedervi dobbiamo superare uno scorbutico passaggio su un breve corpo franoso, piccola anticipazione di quanto ci attende nella salita dal Bergseeli al lago Azzurro. Intanto alle nostre spalle emerge imponente, alto sopra il passo dello Spluga dal lato opposto rispetto al nostro, il pizzo Tambò (m. 3279), massima elevazione della Valle Spluga, mentre alto davanti a noi comincia a profilarsi il pizzo Suretta.


Il lago Berseeli (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Dopo un tratto in piano, ecco su un masso l'indicazione del lago Bergseeli (m. 2309), che pochi passi più avanti si fa finalmente vedere, con la sua forma arrotondata e l'aspetto tranquillo. Neppure l'insistente sguardo del Suretta sembra scomporlo. Il sentiero passa nei pressi della sua riva meridionale e l'invito ad una sosta è forte. Guardando verso nord, vediamo le pallide cime che sovrastano Splügen, lo Steilerhorn, l'Alperschellihorn, i pizzas d'Annarosa e il piz Béverin. Più a destra vediamo lo scuro profilo degli Schwarzhörner (Corni Neri), che si connettono con la cresta del Suretta. A sud-est vediamo poi il versante franoso che precede la soglia al più alto ripiano del lago Azzurro.


Il lago Berseeli (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Proseguendo sul sentiero, scopriamo ben presto che questo tende a dileguarsi. Restano i segnavia, che suggeriscono il percorso più razionale fra i massi caotici che occupano il lato destro del versante. Procediamo verso sud-est e poi sud, avvicinandoci al fianco destro del vallone, presso un nevaietto. Si sale usando anche un po' il naso, e con la massima attenzione, perché a tratti che propongono un'agevole scalinatura si alternano tratti in cui ci si deve muovere con cautela, per evitare di svicolare e finire con caviglia e gamba in qualche buco. Un episodio curioso che ho avuto modo di osservare conferma l'insidia del percorso. Giunto a metà della salita, sento alle mie spalle dei guaiti.


Il lago Azzurro

Due escursionisti procedevano, più in basso, con due bei cani neri, di taglia media. Uno di questi aveva cominciato a guaire impaurito; se ne stava arroccato su un masso, tentando timidamente di procedere, ma desistendo ad ogni tentativo. Il padrone gli allungava le mani per aiutarlo, ma questo non ne voleva sapere. Così i due se ne sono tornati a valle. L'ultima parte della salita è la più ostica, perché ci muoviamo fra roccette talora un po' esposte ed anche bagnate. Un traverso a sinistra su una modesta cornice un po' esposta e bagnata ci porta al limite di un nevaietto che risaliamo diritti per pochi metri, prima di toccare finalmente la soglia del ripiano del lago Azzurro (m. 2429).


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Ci accoglie un grande masso con un ometto e l'indicazione di un bivio. Va a destra il sentiero C15, che contorna la riva destra (occidentale) del lago e scende a Montespluga. Andando a sinistra, invece, seguiamo il percorso per il bivacco Suretta. Procediamo dunque a sinistra.


Il lago Azzurro (clicca qui per ingrandire l'immagine)

Stiamo rientrando in Italia, ed un cippo di confine (sul lato opposto, alla nostra destra) ce lo ricorda. In breve giungiamo in vista dello splendido lago Azzurro (m. 2429), che occupa buona parte dell'ampio pianoro ai piedi del versante occidentale degli Schwarzhörner (Corni Neri), nel gruppo del Suretta. Tocchiamo la sua riva settentrionale, ed il luogo sembra davvero favorire un'ampia pausa di riposo e meditazione. Mentre alla nostra sinistra sono sempre i cupi Schwarzhörner, nel gruppo del Suretta, ad affermare la loro signoria su questi luoghi, a destra il pizzo Tambò mostra tutto il suo splendore. A sinistra del pizzo vediamo una larga gobba di roccette che pare insignificante. In realtà si tratta di un pizzo (non lo si direbbe davvero da qui), il pizzo della Casa, che, visto da Montespluga, appare un aspro torrione che sovrasta, appunto, la “Casa” per eccellenza, la Cantoniera dello Spluga.


Apri qui una fotomappa del percorso dal lago Azzurro al bivacco Suretta

Ora dobbiamo procedere prestando la massima attenzione ai segnavia (bandierine rosso-bianco-rosse e bianco-rosse, bolli rossi) ed agli ometti, perché la traversata al bivacco Suretta avviene su percorso senza traccia di sentiero (in caso di scarca visibilità questo può costituite un problema). Il percorso non si avvicina alla riva sinistra del lago, ma attacca il versante a nord dello stesso, costituito da placche e blocchi. Procediamo verso est, salendo verso una specie di selletta a destra di un cocuzzolo di rocce scure, facilmente riconoscibile. Saliamo verso est, lungo una sorta di largo canalone, appena accennato, stando dapprima sul lato sinistro, poi zigzagando fra blocchi e nevaietti. La salita ci porta ad un ripiano, a quota 2580, dove in una conca vediamo il laghetto che sulle carte non ha nome. Sulla sua verticale, a nord-est, il profilo cupo della Hinner Schwarzhorn (m. 2984), il più meridionale dei Corni Neri, nel gruppo del Suretta.


Apri qui una videomappa della salita dal lago Azzurro al laghetto di quota 2580

Pieghiamo ora a destra e passiamo oltre il laghetto, procedendo verso sud-est, in direzione della crestina sud-occidentale della Hinner Schwarzhorn. E' questa la parte più delicata della traversata, perché tagliamo un diagonale un ripido versante roccioso, con l'ausilio di qualche corda fissa e scala metallica.


Salita dal lago Azzurro al laghetto di quota 2580

Procediamo in leggera salita e, raggiunte le roccette della crestina in corrispondenza di un ometto (m. 2640 circa), le superiamo con l'ausilio di corde fisse. Ci affacciamo così all'ampio bacino morenico che si apre a sud delle cime centrali del gruppo del Suretta (Punta Nera, m. 3027, e Punta Rossa, m. 3024), in vista del ghiacciaio del Suretta.


Il laghetto di quota 2580

Piegando a sinistra scendiamo leggermente verso est, portandoci al centro di una specie di conca-corridoio morenico, occupata parzialmente da un nevaietto. Lo percorriamo interamente per poi piegare a destra e salire su un piccolo cordolo morenico, oltre il quale traversiamo diritti, su nevaio, in direzione dell'ampia cupola morenica in cima alla quale ora possiamo vedere la rossa struttura del bivacco Suretta.


Scaletta e passaggio attrezzato sulla crestina della Schwarzhorn

Possiamo salire puntando direttamente il bivacco (sud-est) oppure stare a sinistra (est), giungere sul limite della cupola e piegare a destra (sud) verso il bivacco. In entrambi i casi alla fine con un po' di fatica ma senza eccessivi problemi raggiungeremo il bivacco Suretta (m. 2748).


Morena dopo la crestina sul percorso per il bivacco Suretta

Il bivacco, di proprietà del CAI di Valle Spluga, è stato realizzato su progetto dell'architetto Silvano Molinetti e collocato qui nel 1983. Nel mini-locale di 3,60 per 2,60 metri trovano posto nove brande, con materassi e coperte, un tavolo con due panche, un fornelletto, stoviglie e cassetta di pronto soccorso. L'energia elettrica è assicurata da un pannello fotovoltaico. Si chiede a chi ne fruisce di lasciare in una cassetta apposita 5 Euro e 3 se socio CAI.


Apri qui una fotomappa del sentiero C14 per il bivacco Suretta

Alle sue spalle, a nord, le cime del gruppo del Suretta (da sinistra, le Cime Cadenti, la Punta Nera, la Punta Rossa, la più facile da riconoscere per il suo profilo svelto e regolare, e la Punta Adami). Procedendo in senso orario, l’ampio crinale scende al pizzo Ursareigls (o Orsareigls, o Ursaregls, m. 2845), alla cui destra si apre l’ampia sella del passo Suretta, bella finestra dietro la quale si pavoneggia il pizzo di Emet (o Timùn, m. 3208). Guardando a sud vediamo, quasi sovrapposte, le cime del monte Mater (m. 3023), del pizzo Stella (m. 3163), di cui occhieggia appena la punta, e del monte Groppiera (m. 2948), che sovrasta Medesimo. Sul fondo, da sud ad ovest, ecco lo scenario che abbiamo già descritto dalla sella della cascata: monte Legnone, cime della val Garzelli, pizzi Quadro, Piani, Ferrè e Tambò. A destra del pizzo Tambò si apre anche una breve finestra sulle alpi svizzere.


Il bivacco Suretta

Il gruppo del Suretta sorveglia il lato nord-orientale dell’alta Valle Spluga (o Val di San Giacomo, localmente detta anche, con orgoglio, val di giüst, perché in passato mai vennero qui confinati malfattori): lo vediamo, sulla destra, salendo la ss 36 dello Spluga fino a Montespluga, appena sotto il valico.


Il gruppo del Suretta dal bivacco Suretta

Giovanni De Simoni nel suo bel volumetto “Toponimia dell’alta valle Spluga” (CCIAA, Sondrio, 1966), ci offre le seguenti interessanti informazioni su questo gruppo, sulla breve valle e sull’alpe che si stendono ai suoi piedi:
Surèta (alp de); Surèta (Vedrècc' de); Surèta (el).
L'alpe si estende non soltanto sulla zona indicata dall'IGM ma anche sulla parte qui sopra delimitata, a sinistra dell'aval de surèta e fino al confine con l'alpe Andossi. Altra parte, comprese le principali baite, è stata sommersa nel lago artificiale. Nella parte più elevata stanno il ghiacciaio e la corona di vette del Pizzo che gli alpinisti hanno provveduto a distinguere battezzandole (da O a E) Cime Cadenti, Punta Nera, Punta Rossa, Punta Adami. Da el surèta per antonomasia, ossia dal pizzo, scende verso N NE una bella vallata - omonima - che confluisce nel Reno in prossimità de paese di Sur (ted. Sufers); non è perciò facile stabilire se questa famiglia di toponimi ha preso origine dalla vallata renana o dal versante abduano, tanto più che in antico i due versanti erano abitati dalle stesse genti.


Il bivacco Suretta

Etimologicamente, penso col Sertoli (contra Olivieri) ad una derivazione da super, però nella forma superlativa: soprana. Il Ghié spiega la valdostana valsorèi come «la vallée d'en haut», da un lat. superatam, e vi associa espressamente lo splugano Suretta e l'engadinese Suvretta. La versione Saretta (Scheuchzer, anno 1716) potrebbe tuttavia far pensare ad una derivazione da «savoretta», nome che ritroviamo negli antichi inventari di Bormio e negli Stat. bosch., pure bormimi, per indicare il Sobretta (sóbréta), usato come qualificativo di una zona di pastura sàpida, ma di enti oggi non ho trovato nè ricordo nè traccia.”
Alpe e gruppo del Suretta sono, dunque, nel segno dell’elevazione o del gusto? È lecito attribuire al loro nome entrambi i significati.
Così come è ben meritato il riposo dopo questa prima giornata dell'anello dei laghi della Valle Spluga orientale.


Clicca qui per aprire una panoramica a 360 gradi dal bivacco Suretta

Possiamo ovviamente tornare al passo dello Spluga per la medesima via di salita (rinnovando l'attenzione nella traversata a sud della Schwarzhorn e nella discesa del canalone a monte del Berseeli) oppure scegliere un itinerario più lungo ma anche tranquillo, che sfrutta il sentiero di accesso al bivacco più frequentato, quello che vi sale dalle alpi Suretta. In questo secondo caso chiudiamo un elegante anello escursionistico in 5-6 ore di cammino.

Lasciamo dunque il bivacco Suretta scendendo su ripida traccia verso sud-sud-est (leggermente a sinistra, se ci poniamo spalle al rifugio), lungo il versante meridionale della collina morena sulla cui cima è posto. Gli abbondanti segnavia non pongono problemi di orientamento. La discesa ci porta ad un piccolo ripiano di fronte alla cima quotata 2726 m. Passiamo quindi alla sua sinistra e riprendiamo a scendere decisamente sul filo di un dosso morenico, verso sud-sud-est. Giungiamo così in vista del grande ripiano ai piedi del passo Suretta, che vediamo alla nostra sinistra.
Non ci portiamo al fondo del ripiano, ma pieghiamo a destra e, passando ai piedi del versante meridionale della quota 2726, procediamo verso ovest, in direzione del ripiano-corridoio sospeso sul ripido versante che precipita sul fondo della Valle Spluga. Qui dobbiamo stare attenti a segnavia ed ometti per individuale il sentiero, peraltro marcato, che procede stando sul lato destro (evitiamo di portarci al centro di un invitante ripiano incorniciato dalla poderosa piramide del pizzo Tambò) e si infila in una gola scavata dal torrente Suretta, che scorre alla nostra sinistra.
Procediamo verso ovest, a ridosso del versante roccioso di destra (settentrionale) della gola, su sentiero marcato ma esposto (alcune corde fisse aiutano), fino ad uscirne alla parte alta di un ripido versante erboso che ci affaccia sul lato di Montespluga.


Apri qui una fotomappa dei sentieri nella zona di Montespluga

Il sentiero prosegue spedito nella discesa, piegando gradualmente a sinistra ed assumento la direzione sud. Inanelliamo una buona serie di tornantini fra pascoli e pietrame. Intorno a quota 2200 la pendenza si addolcisce e ci avviciniamo al torrente Suretta, che scorre sempre alla nostra sinistra. A quota 2100 la discesa si fa ancora più tranquilla, ma dobbiamo conservare l'attenzione, perché il sentiero fatica a districarsi fra sassi e gobbe insidiose. Dopo un paio di guadi, ma sempre restando a sinistra del ramo principale del torrente Suretta, pieghiamo ancora leggermente a destra e scendiamo diritti verso sud-ovest, fino ad una grande spianata-parcheggio appena a destra di un ponticello sul torrente Suretta.
Qui imbocchiamo una pista sterrata che, percorsa verso destra, ci porta alle baite della Alpi Suretta (m. 1900). Inizia da qui la parte meno entusiasmante, ma ineludibile del trekking: dobbiamo portarci sulla strada statale e seguirla fino a Montespluga, sempre in piano (m. 1905).


Lago di Montespluga

Qui un pannello illustrativo racconta la storia del piccolo e simpatico nucleo: “La località fu nota fino agli inizi del XIX secolo come «Ca' de la montagna» per l'osteria-ospizio qui esistente fin dall'alto Medioevo, ma documentata solo a partire dal XIV secolo (oggi è l'albergo Vittoria). Uno scrittore degli inizi del Seicento annota «Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questo monte, se non vi fosse questo ricovero». Qui, quando infuriavano le bufere di neve si suonava una campana «per orientare i viaggiatori smarriti e chiamarli a pietoso rifugio durante la tempesta». L'ospizio fu poi ampliato nel XVIII secolo, e vi si ricavò una cappella, che fu posta sotto la giurisdizione della sede apostolica. Nel 1823, quando fu aperta la nuova carrozzabile dello Spluga da parte del regno lombardo-veneto sotto l'Austria, fu ristrutturata la dogana e sul lato opposto della strada fu costruita nel 1825 la chiesetta di San Francesco con pala del santo patrono che riceve le stimmate, firmata nel 1841 da Giovanni Pock. Alla Ca' i vettori dei «Porti» di Val del Reno e quelli di Val San Giacomo si scambiavano le merci dirette rispettivamente a sud e a nord del valico. Qui sostava e faceva dogana la corriera di Lindau, che già nel 1823 in trentasei ore correva dal Lago di Costanza a Milano.
Possiamo riportare, per completezza, anche le notazioni di Giovanni Guler von Weineck, che, nell’opera “Rhaetia” (Zurigo, 1616), scrive: “Salendo dal villaggio di Spluga in cima al passo e scendendo poi un poca per il versante italiano, s'incontra un edificio in muratura detto Alla-casa, dove, durante le furiose tormente,si rifugiano le bestie da soma e di viandanti. Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questi monti, se non vi fosse questo ricovero. Il luogo circostante è cosi elevato, selvaggio e gelido, che non produce legna di sorta. Perciò la legna, necessaria per la cucina e per il riscaldamento, vi deve essere condotta a soma dal basso di ambedue i versanti. Davanti al ricoverosi stende una pianura discretamente larga, che per otto mesi all'anno è coperta da un bianco strato di neve, mentre negli altri quattro mesi vi cresce un poco di erba e di pascolo.”
Ecco, infine, come G. B. Crollalanza, nella sua monumentale “Storia del contado di Chiavenna” (Milano, 1867), descrive questi luoghi:
A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche
ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.
Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l'alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.”
Lo scenario, in passato, doveva, quindi, essere assai più severo: la convergenza e la circolazione delle correnti favorivano, nella zona del passo, abbondanti precipitazioni, per cui qui si poteva davvero sperimentare quanta fatica costasse all’uomo riuscire a convivere con le asperità del clima e della montagna. Oggi tutto appare più addomesticato ed ingentilito.
Mancano circa quaranta minuti alla conclusione del trekking: si tratta di salire da Montespluga al passo dello Spluga (m. 2115) seguendo la carrozzabile. Qui si conclude l'anello del bivacco Suretta.


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BIVACCO SURETTA-RIFUGIO BERTACCHI PER LA CRESTA DEL PIZZO SPADOLAZZO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Bivacco Suretta-Rif. Bertacchi
(trekking Valle Spluga)
3 h
260
EE
SINTESI. Dal bivacco Suretta ridiscendiamo ai piedi della collina morenica, fino al lembo della vedretta del Suretta. Lasciamo ora il percorso della salita e prendiamo a sinistra, traversando la vedretta verso est, fino ad un isolotto roccioso. Prendiamo ora a destra e portiamoci alla sua gobba sommitale, per poi scendere verso sud-est lungo il declivio di sfasciumi, fino al torrente Suretta. Lo seguiamo per un tratto, poi lo attraversiamo raggiungendo di nuovo la vedretta a tagliandole nel punto in cui la traversata è più breve e meno esposta al salto ripido che descrive scendendo all’ampia conca che sta alla nostra destra. La traversata, in leggera salita, è breve, ma comunque richiede attenzione ed i ramponi con neve gelata. A questo punto una breve ultima salita ci porta ai 2580 metri del passo di Suretta, che si apre sul fianco occidentale della svizzera Val Niemet. I segnavia ci invitano a piegare a destra, salendo una china di sfasciumi, che ci porta ad affacciarci sul ripiano del lago Ghiacciato, cui scendiamo su sentiero molto ripido ed esposto, servito da corde fisse. Seguendo i segnavia procediamo un po' alti sopra la riva occidentale del lago, fino all'ampia sella del passo di lago Nero. Ignorata la deviazione a destra che scende al lago Nero, procediamo in direzione del largo crinale della cima settentrionale del pizzo Spadolazzo (direzione sud), che raggiungiamo senza difficoltà (m. 2720). Il sentiero resta poco sotto la cima; ridiscesi al sentiero, procediamo seguendolo sulla crestina fino alla cima meridionale del pizzo Spadolazzo (m. 2722, croce di vetta). La traccia che scende dal pizzo (attenzione ai segnavia) segue ancora per un tratto la cresta, poi, piegando a sinistra (dir. est), scende il ripido versante di sfasciumi che occupa il suo versante orientale (attenzione a seguire segnavia ed ometti). Dopo una lunga discesa, che richiede attenzione, il sentiero approda ad un versante più tranquillo e, tagliato un ripiano di sfasciumi, piega leggermente a destra (dir. sud-est) e si infila in una serie di corridoi chiusi da roccette arrotondate. Alla fine ci affacciamo ad un ripido versante erboso, che viene tagliato in diagonale, sempre verso destra (dir. sud). Siamo così ad un corridoio che ci porta al laghetto dello Spadolazzo. Piegando a sinistra, ci portiamo su un comodo sentiero che, tagliata una fascia di rocce arrotondate e di pascoli disseminate di pozze, confluisce nel sentiero principale che dal passo di Emet scende al rifugio Bertacchi. Percorrendolo verso destra, in breve giungiamo in vista della grande conca del lago di Emet. Contornandola sulla destra, alla fine ci troviamo al rifugio Bertacchi (m. 2196).


Apri qui una fotomappa della traversata dal bivacco Suretta al passo di Suretta

Vediamo, ora, qualche ipotesi per proseguire e concludere l’escursione. La più semplice è tornare all’automobile per la medesima via di partenza. Se abbiamo però tempo ed energie ulteriori da spendere, possiamo approfittarne per effettuare una splendida traversata al rifugio Bertacchi, al quale possiamo pernottare (o dal quale possiamo proseguire tornando all’automobile in una sola giornata). Vediamo come procedere. La traversata può avvenire per due vie: la via alta, che segue il crinale del pizzo Spadolazzo e coincide con una delle tappe del Trekking della Valle Spluga, oppure la via bassa, che taglia il fianco alto della Val Niemet, toccando una sequenza di splendidi laghetti alpini.


Apri qui una fotomappa della traversata dal bivacco Suretta al pizzo Spadolazzo o alla Val Niemet

In entrambi i casi dobbiamo portarci dal bivacco al passo di Suretta, e per farlo dobbiamo attraversare, con la dovuta cautela, la vedretta del Suretta (per buona parte non ripida, ma, al mattino, gelata: i ramponi offrono la necessaria sicurezza). Ridiscendiamo, dunque, dalla collina morenica del bivacco al bordo della vedretta. Ci si offrono due possibilità. La più lunga è quella di tornare alla terrazza della cascata e proseguire, verso sinistra, seguendo i segnavia per il passo, che ci fanno attraversare il fondo dell’ampia conca ai suoi piedi ed il ripido versante che adduce ad esso. Più breve è la traversata alta della vedretta: lasciamo a destra la traccia che abbiamo prodotto sulla vedretta salendo e traversiamo verso est, fino ad un isolotto roccioso. Qui lasciamo la vedretta che lo aggira sulla sinistra e portiamoci alla sommità di questa gobba, per poi scendere una ripida ma non difficile china, fino a raggiungere un ramo del torrente Suretta.


Il passo di Suretta

Lo seguiamo per un tratto, poi lo attraversiamo raggiungendo di nuovo la vedretta a tagliandole nel punto in cui la traversata è più breve e meno esposta al salto ripido che descrive scendendo all’ampia conca che sta alla nostra destra. La traversata, in leggera salita, è breve, ma comunque richiede attenzione ed i ramponi con neve gelata. A questo punto una breve ultima salita ci porta ai 2580 metri del passo di Suretta, che si apre sul fianco occidentale della svizzera Val Niemet (per la precisione,d ella laterale Val Ursareigls o Orsareigls). Troviamo, infatti, al centro della piana del passo un grande ometto ed un cippo di confine collocato nel 1930.


Apri qui una panoramica del lago Ghiacciato

Ora, però, i due itinerari di traversata si separano. Partiamo dalla descrizione della traversata alta. Si tratta del percorso del quinto giorno del Trekking della Valle Spluga (segnavia bianco-rossi e bolli gialli), che richiede esperienza escursionistica e buone condizioni di terreno (assenza di neve/ghiaccio e rocce asciutte). I segnavia ci invitano a piegare a destra, salendo una china di sfasciumi. Al termine della salita, si ai nostri occhi uno scenario difficile da dimenticare: in un ripiano poco più in basso, ad est, ecco lo stupendo lago Ghiacciato (m. 2508), cui fa da cornice il lontano pizzo di Emet (o Timùn, m. 3208).


Apri qui una panoramica del lago Ghiacciato

È proprio il caso di scomodare il termine inglese “serendipity”, che designa la sorpresa di chi trova qualcosa di prezioso ed inatteso, mentre sta cercando altro. Davvero, si resta fermi, a guardare, nel silenzio. Procedendo nella traversata, ecco che, per una sorta di contrappasso, ad una sorpresa piacevole ne segue una decisamente spiacevole: i segnavia ci portano sul ciglio di un salto quasi verticale, che il sentiero, quasi intagliato fra roccette e qualche lista erbosa, incredibilmente discende, con qualche tornante. L’intero tratto è servito da corde fisse, ma qui davvero conviene riporre le racchette e por mano, se li abbiamo, a cordino e moschettone per scendere in sicurezza.


Apri qui una panoramica del lago Ghiacciato

Toccato il piede del salto, procediamo traversando poco alti rispetto alla riva occidentale del lago, tagliando una noiosa fascia di massi. Raggiungiamo, così,  l’ampia sella del passo di Lago Nero. Il passo ha questo nome perché, in teoria, da esso si può scendere, sul versante italiano (alla nostra destra) al lago Nero dello Spadolazzo, nascosto in un bel terrazzo sul versante meridionale della Val Suretta. In teoria: in pratica si tratta di affrontare un versante erboso molto ripido ed infido. Noi, invece, procediamo diritti, puntando alla cima che si eleva proprio davanti a noi, un cono dal vertice arrotondato. Si tratta della cima settentrionale del pizzo Spadolazzo. Il sentiero ne risale il fianco settentrionale. All’inizio si vede appena, e sono i segnavia a dettare il percorso. Poi diventa più marcato, e si snoda in un mare di sassi mobili, agevolando la salita, anche se nella sua parte terminale diventa piuttosto ripido. Il sentiero passa pochi metri sotto la cima (m. 2720), che rimane alla nostra sinistra, con il suo grande ometto che la sovrasta. Vale la pena di spendere qualche minuto in più per salire a visitarla, anche se il panorama che propone lo ritroveremo una volta giunti alla più frequentata e nota cima meridionale del pizzo Spadolazzo.


Clicca qui se vuoi aprire una panoramica a 360 gradi dalla cima settentrionale del pizzo Spadolazzo

Ridiscesi al sentiero, effettuiamo una breve traversata, che ci porta ad una crestina esposta (attenzione!), la quale, con breve saliscendi, conduce alla grande croce posta sulla cima meridionale del pizzo Spadolazzo (m. 2722).
Il pizzo Spadolazzo (detto localmente mut spadulàz, da spàtula, spalla), pur non essendo fra le più alte cime della Valle Spluga, è una delle più conosciute, per diversi motivi. Innanzitutto è il monte di Madesimo: il suo massiccio profilo chiude, infatti, l’ampia piana del paese, verso nord, a destra dei verdi ed ondulati Andossi. In secondo luogo, per la sua posizione, rappresenta un ottimo belvedere sulla cerchia di tutte le più alte e famose cime della zona. Infine rappresenta la più classica meta escursionistica di chi si fermi al rifugio Bertacchi con l’intento di effettuare una camminata di un certo impegno, tornando in giornata al rifugio stesso o a Madesimo.


La discesa dall'anticima del pizzo Spadolazzo

Bellissimo il panorama. L’intera corona delle cime della Valle Spluga si squaderna di fronte al nostro sguardo. Partiamo da sud-ovest, descrivendo un arco in senso orario. Aprono la carrellata i pizzi Sevino (m. 3025) e Quadro (m. 3013), sulla testata della Valle del Drogo. Seguono il pizzo della Sancia (m. 2861) e la cima di Barna (m. 2862). Ed ancora, ad ovest, i pizzi Piani (m. 3148 e 3158) ed il pizzo Ferrè (el farée, m. 3103), la cima di Val Loga (m. 3004) ed pizzo Tambò (el tambò, m. 3274). A nord, in primo piano, il gruppo del Suretta (el surèta, m. 3027), ed alla sua destra i già citati pizzi Ursaregls (m. 2835) e Veneroccal (m. 2763). Sul fondo della Val Niemet si apre una bella finestra sulle alpi svizzere. Poi, sul fianco orientale della medesima valle, l’arrotondato piz Palü (m. 3172) ed il già menzionato pizzo di Emet, o Timùn (m. 3208). A sud, sul fondo, uno scorcio delle cime della Val Bodengo. Molto bello è anche in colpo d’occhio, in basso, sulla conca di Madesimo e, ad ovest, sul bacino artificiale di Montespluga.


La discesa al laghetto dello Spadolazzo

La grande croce di vetta è stata posta nel 1963, per commemorare il centenario dalla fondazione del CAI. Una targa reca scritto: “Gli alpinisti di Madesimo insieme a quelli dell’intera Valchiavenna celebrandosi il secolo del Club Alpini Italiano hanno eretto questa croce sulla vetta dello Spadolazzo simbolo di fede delle genti affratellate negli ideali dello spirito. 18 agosto 1963”.


Il rifugio Giovanni Bertacchi

La discesa dal pizzo segue ancora per un tratto la cresta, poi, piegando a sinistra, scende il ripido versante di sfasciumi che occupa il suo versante orientale (attenzione a seguire segnavia ed ometti). Dopo una lunga discesa, che richiede attenzione, il sentiero approda ad un versante più tranquillo e, tagliato un ripiano di sfasciumi, piega leggermente a destra e si infila in una serie di corridoi chiusi da roccette arrotondate. Alla fine ci affacciamo ad un ripido versante erboso, che viene tagliato in diagonale, sempre verso destra. Alla fine della discesa ci troviamo poco distanti dalla riva settentrionale  del laghetto di Spadolazzo.


Il lago di Emet (clicca qui per ingrandire)

Piegando a sinistra, ci portiamo su un comodo sentiero che, tagliata una fascia di rocce arrotondate e di pascoli disseminate di pozze, confluisce nel sentiero principale che dal passo di Emet scende al rifugio Bertacchi. Percorrendolo verso destra, in breve giungiamo in vista della grande conca del lago di Emet. Contornandola sulla destra, alla fine ci troviamo al rifugio Bertacchi (m. 2196). È doveroso sottolineare che questa opzione richiede esperienza escursionistica, oltre che terreno favorevole (niente neve e ghiaccio, ma anche le rocce bagnate sono insidiose).


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BIVACCO SURETTA-RIFUGIO BERTACCHI PER LA TRAVERSATA ALTA DELLA VAL NIEMET

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Bivacco Suretta-Rif. Bertacchi
(traversata dei laghi)
3 h
260
EE
SINTESI. Scesi dal bivacco Suretta al passo di Suretta (cfr. sopra), ignoriamo i segnavia del Trekking della Valle Spluga e procediamo scendendo un ampio canalone verso est, fino a vedere alla nostra destra il lago Ghiacciato. Pieghiamo a destra e ne seguiamo la sua riva orientale, per poi piegare a sinistra e scendere lungo un corridoio che lasciamo ben presto salendo a destra sul filo di un dosso che si affaccia ad un marcato vallone con nevaio. Scendendo ancora un po' troviamo il punto in cui una traccia lo attraversa e sale sul lato opposto ad una pianetta con un grande ometto. Seguendo le indicazioni per il Bertacchi procediamo diritti, pieghiamo leggermente a sinistra e scendiamo ad un primo laghetto, passiamo alla sua destra e saliamo verso sud ad un secondo laghetto, passando alla sua sinistra. Risaliamo un corridoio erboso, passiamo a destra di una pozza e ci affacciamo ad ala conca di un terzo laghetto. Passiamo alla sua destra, saliamo fra sfasciumi ed alla fine ci immettiamo in un corridoio nel quale intercettiamo i segnavia che dettano la discesa dal pizzo Spadolazzo al rifugio Bertacchi. Alla fine ci affacciamo ad un ripido versante erboso, che viene tagliato in diagonale, sempre verso destra (dir. sud). Siamo così ad un corridoio che ci porta al laghetto dello Spadolazzo. Piegando a sinistra, ci portiamo su un comodo sentiero che, tagliata una fascia di rocce arrotondate e di pascoli disseminate di pozze, confluisce nel sentiero principale che dal passo di Emet scende al rifugio Bertacchi. Percorrendolo verso destra, in breve giungiamo in vista della grande conca del lago di Emet. Contornandola sulla destra, alla fine ci troviamo al rifugio Bertacchi (m. 2196).


Apri qui una fotomappa della traversata dal passo di Suretta al passo di Emet

Vediamo, ora, come giungere fin qui con la traversata bassa, che potremmo chiamare traversata dei laghi, perché tocca diversi splendidi specchi d’acqua nel territorio elvetico dell’alta Val Niemet. Torniamo, dunque, al passo di Suretta; ora, invece di tagliare a destra, seguendo i segnavia, procediamo diritti, in territorio elvetico, scendendo il largo canalone che si affaccia sulla Val Niemet (più precisamente, sulla sua laterale Val Ursareigls o Orsareigls). Anche in questo caso si apre, improvvisa e bellissima, la visione del lago Ghiacciato. Ci portiamo, ora, alla sua riva orientale (quella rivolta a valle) e la contorniamo con un po’ di pazienza (il lago è di dimensioni ragguardevoli, ed ha una curiosa forma di C quasi richiusa ad O intorno ad un quasi-isolotto roccioso). Lasciato alle spalle il lago, pieghiamo leggermente a sinistra e scendiamo per un tratto un largo corridoio, che diventa un canalone e confluisce, più in basso, nella Val Ursareigls. Noi, però, lo lasciamo quasi subito per piegare a destra, guadagnare il filo di un dosso e scendere nell’ampio vallone con nevaio che si apre alla nostra destra. Non  scendiamo subito, ma ci abbassiamo al punto in cui è più facile la traversata. Sul lato opposto vediamo una traccia di sentiero che risale in diagonale il versante (troviamo anche un segmento blu su un masso nel punto in cui il sentierino parte).


Laghetto in Val Niemet  

Raggiunta la sommità del versante, troviamo altri due ometti che ci guidano ad una pianetta, al cui ingresso è collocato un grande ometto, nel quale è innestata un’asta. Su questa leggiamo due indicazioni: proseguendo diritti ci si dirige al “Bertacchi”, mentre piegando a destra si sale allo “Spadolazzo”. Procediamo, dunque, diritti, piegando poi leggermente a sinistra ed iniziando una moderata discesa (ometto a punta di lancia), che ci porta ad un primo laghetto, il punto più basso della traversata. Qui pieghiamo a destra, contorniamo la sua riva occidentale (quella rivolta a monte) ed attraversiamo il torrentello che lo alimenta. Poco più avanti, dopo una modesta salita, ci affacciamo ad un secondo laghetto, di cui contorniamo la sponda orientale, fino a giungere nel punto in cui vi confluisce il torrentello che lo alimenta. Questo scende dalla nostra destra: una breve deviazione dal percorso ci permette di salire a scovare un terzo laghetto (in parte ghiacciato anche a stagione avanzata).


Laghetto in Val Niemet

Torniamo sui nostri passi e, lasciato alle spalle il secondo laghetto, cominciamo a risalire un largo corridoio in gran parte erboso, in direzione di un grande masso a forma di corno. Passiamo, così, a destra di un quarto laghetto, più piccolo dei precedenti (poco più di una pozza), prima di affacciarci all’ampia conca che ospita il quinto lago, il più grande. Passiamo alla sua destra e continuiamo nella graduale salita, piegando leggermente a destra e tagliando una noiosa fascia di sfasciumi. Ora dobbiamo prestare attenzione: al termine del corridoio vedremo i segnavia del percorso che sale al pizzo Spadolazzo. Seguendoli verso sinistra, cominciamo la discesa al rifugio Bertacchi, che avviene come sopra descritto.


Apri qui una panoramica dal rifugio Bertacchi

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Alpe Suretta-Biv. Suretta-Rif- Bertacchi-Alpe Suretta (trekking Valle Spluga)
7 h
1150
EE

Vediamo, infine, come tornare all’automobile dal rifugio Bertacchi. Poco prima del rifugio (per chi scende dal passo di Emet) si trova un bivio, segnalato da cartelli: il sentiero che prende a destra porta a Montespluga in un’ora e mezza. Imbocchiamo, dunque, questo largo sentiero, che passa a sinistra di una caratteristica casa rosa, prima di affacciarsi all’ampio e ripido versante che scende a sud del pizzo Spadolazzo fino al fondo della Val Scalcoggia. Si tratta di un sentiero sempre largo, che attraversa però qualche tratto esposto. Proprio all’inizio, infatti, troviamo una targa che commemora Mauro, escursionista che qui perse la vita il 2 giugno del 1985. Iniziamo, dunque, la traversata, che ci porta al tratto più esposto, interamente servito da corde fisse (anche se la sede, larga e piana, è ampiamente rassicurante). Seguono alcuni saliscendi che ci portano, alla fine della traversata, sul limite settentrionale degli Andossi, dopo essere passati sotto il poderoso muraglione di una cava. Qui troviamo due cartelli; il primo indica che proveniamo dal lago di Emet, il secondo segnala un sentierino che parte alla nostra sinistra e scende all’alpe Macolini di Medesimo. Noi proseguiamo diritti e ci immettiamo su una pista sterrata che sale alla cava, alla nostra destra. Dobbiamo, ora procedere in discesa, tagliando la strada in più punti grazie a comodi sentieri che se ne staccano, consentendo una discesa più diretta. Ci ritroviamo, alla fine, sulla ss. 36 dello Spluga, nei pressi di alcune abitazioni. Dobbiamo, ora, prendere a destra e percorrere la statale per un buon tratto, fino al punto in cui se ne stacca, sulla destra, la pista che ci riporta all’automobile, in località alpe Suretta.


Lago di Emet

Un po’ di conti. Questo splendido anello escursionistico è piuttosto lungo, e richiede complessivamente 7/8 ore di cammino, sia che si opti per la traversata alta, sia che si percorra quella bassa dei laghi. Analoghi sono anche i dislivelli: in entrambi i casi possiamo calcolarli approssimativamente in 1150 metri.

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Laghetto in Val Niemet

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APPROFONDIMENTO: MONTESPLUGA ED IL PASSO DELLO SPLUGA

Luigi Brasca, nella monografia “Le montagne di Val San Giacomo” (CAI Torino, 1907), scrive: “Oggi la strada dello Spluga è percorsa ogni estate da una fiumana di turisti: ma quanti di costoro pensano alle memorie del passato, pur così rudemente vive negli avanzi delle strade romane e medioevali, che il tempo rispetta, ancora e più di quello che non abbian voluto gli uomini? Qua, là, tra le verdi erbe dei pianori al fondo della valle, o per entro le gole oscure, o sotto i macigni di una frana, appaiono ancora vestigia di muraglioni, di selciati, di torri; lì passavano le antiche mulattiere storiche, che videro le orde barbariche forse, le legioni di Stilicone, il livore di Barbarossa dopo il ricordo di Legnano, e il coraggio di Macdonald, … precursore dell’alpinismo invernale.


Sentiero del Cardinello

Certo che nessuno di quei condottieri famosi pensò che i posteri mattoidi avrebbero avuto la temerità di misurarsi con quei gioghi paurosi che incutevano tanto sacro terrore, … e men che meno poi che ci avrebbero trovato tanto gusto. Né la descrizione d’un passaggio come quello della Divisione Macdonald, compiuta dal 27 novembre al 4 dicembre del 1800, sotto una tormenta furiosa, doveva servire d’incoraggiamento. “Salendo da Tusizio” l’avanguardia condotta dal generale Laboissière, giunta “con penosi passi ed infinito anelito” quasi alla sommità del passo, è colta dalla bufera; “la quale, furiosamente soffiando sul dorso delle nevi ammonticchiate sopra quegli sdrucciolevoli gioghi, levava una orribile smossa di neve che con indicibile velocità e fracasso nelle sottostanti valli piombando, portò con sé a precipizio quanto le si era parato davanti”… i superstiti scapparono giù di nuovo a Splügen.


Sentiero del Cardinello

Arrivato Macdonald, si ritenta la prova; passano tre squadre; ma, all’ultimo giorno, mentre deve passare la retroguardia, col Macdonald stesso, altra bufera come sopra; … “le guide, uomini del paese, atterrite, attestavano l’impossibilità di passare e l’opera loro ricusavano” … ma il Macdonald non cede, e si va avanti; … “le guide, piene di un alto terrore, tornavano indietro; spesso gli uomini sepolti, spesso dispersi…; si aggiungeva un freddo intensissimo, maggiore quanto più si saliva e che gli animi attristava e prostrava, e le membra con renderle, aggrezzava”. Finalmente, superato il passo, “rallegravansi dell’acquistata vita l’uno coll’altro, poiché si erano creduti morti…” … che il percorso seguito dall’antica mulattiera fosse pericoloso, e pericolosissimo poi d’inverno, è facile vedere, pensando che essa seguiva le due gole del Cardinello e del Liro, battute da frane e valanghe, ed ogni tanto devastate dalle piene del fiume.”


Apri qui una panoramica del lago di Montespluga

Mntespluga ed il passo dello Spluga sono fra i più interessanti luoghi dell'arco alpino centrale. La loro storia riserva numerosi elementi di interesse e suggestione.
A Montespluga un pannello illustrativo racconta la sua storia: “La località fu nota fino agli inizi del XIX secolo come «Ca' de la montagna» per l'osteria-ospizio qui esistente fin dall'alto Medioevo, ma documentata solo a partire dal XIV secolo (oggi è l'albergo Vittoria). Uno scrittore degli inizi del Seicento annota «Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questo monte, se non vi fosse questo ricovero». Qui, quando infuriavano le bufere di neve si suonava una campana «per orientare i viaggiatori smarriti e chiamarli a pietoso rifugio durante la tempesta». L'ospizio fu poi ampliato nel XVIII secolo, e vi si ricavò una cappella, che fu posta sotto la giurisdizione della sede apostolica. Nel 1823, quando fu aperta la nuova carrozzabile dello Spluga da parte del regno lombardo-veneto sotto l'Austria, fu ristrutturata la dogana e sul lato opposto della strada fu costruita nel 1825 la chiesetta di San Francesco con pala del santo patrono che riceve le stimmate, firmata nel 1841 da Giovanni Pock. Alla Ca' i vettori dei «Porti» di Val del Reno e quelli di Val San Giacomo si scambiavano le merci dirette rispettivamente a sud e a nord del valico. Qui sostava e faceva dogana la corriera di Lindau, che già nel 1823 in trentasei ore correva dal Lago di Costanza a Milano.”


Montespluga

Riportiamo anche le notazioni di Giovanni Guler von Weineck, che, nell’opera “Rhaetia” (Zurigo, 1616), scrive: “Salendo dal villaggio di Spluga in cima al passo e scendendo poi un poca per il versante italiano, s'incontra un edificio in muratura detto Alla-casa, dove, durante le furiose tormente,si rifugiano le bestie da soma e di viandanti. Uomini e giumenti troppo spesso perderebbero la loro vita su questi monti, se non vi fosse questo ricovero. Il luogo circostante è cosi elevato, selvaggio e gelido, che non produce legna di sorta. Perciò la legna. necessaria per la cucina e per il riscaldamento, vi deve essere condotta a soma dal basso dl ambedue i versanti. Davanti al ricoverosi stende una pianura discretamente larga, che per otto mesi all'anno è coperta da un bianco strato di neve, mentre negli altri quattro mesi vi cresce un poco di erba e di pascolo.”


Lago di Montespluga

G. B. Crollalanza, nella sua monumentale “Storia del contado di Chiavenna” (Milano, 1867), a sua volta così descrive questi luoghi:
A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.


Lago di Montespluga

Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l'alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.”
Lo scenario, in passato, doveva, quindi, essere assai più severo: la convergenza e la circolazione delle correnti favorivano, nella zona del passo, abbondanti precipitazioni, per cui qui si poteva davvero sperimentare quanta fatica costasse all’uomo riuscire a convivere con le asperità del clima e della montagna. Oggi tutto appare più addomesticato ed ingentilito.


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La Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884 (II edizione), a cura di Fabio Besta, così presenta il passo dello Spluga: "Lo Spluga è fra i valichi delle Alpi conosciuti dai Romani, ma fino al 1818 non era sormontato che da una strada mulattiera. Federico Barbarossa nella sua quarta calata in Italia, prima della ricostruzione di Milano, passò questo valico e si fermò a Chiavenna. V'è un quadro nella Pinacoteca di Roma che ricorda questa presenza di Barbarossa in Chiavenna. Più tardi Macdonald dal 27 novembre al 4 dicembre 1800 fece valicare questo passo da una intera divisione destinata a coprire i fianchi dell'armata d'Italia... Intere valanghe furono da valanghe staccatesi dal monte trascinate in un burrone mentre tentavano attraversare la gola di Cardinello. La bella strada internazionale che attraversa lo Spluga venne costrutta per ordine del governo austriaco dal 1819 al 1821 sugli studi dell'ing. Carlo Donegani. Oltrepassato il giogo dello Spluga e la Terza Cantoniera (2067 m.) si giunge al piano della Casa, dove v'ha la dogana e una modesta osteria. La valle, qui sterile e tetra, è circondata da alte e scoscese montagne. Nell'invernola neve vi cade alta tanto da innalzarsi al di sopra del primo piano; cosicchè a volte per mettere in comunicazione la dogana colla vicina osteria è mestieri scavare entro la stessa neve una galleria."


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Queste note danno solo una prima ed approssimativa idea dell'importanza del passo dello Spluga, il quale, per la sua posizione centrale nell'arco alpini, costituì la più diretta via di comunicazione fra paesi di lingua germanica e bacino padano. Molto probabilmente fu valicato prima ancora degli albori della storia. I ritrovamenti nei siti del vicino Pian dei Cavalli attestano infatti la presenza di nuclei di cacciatori nomadi nel Mesolitico, cioè circa 10.000 anni fa. Questi cacciatori salivano al Pian dei Cavalli partendo da campi-base posti sul fondovalle (ma può darsi che venissero anche dal versante opposto della catena alpina), accendendo fuochi e collocando tende. Questo luogo consentiva loro di dominare la valle sottostante, avvistando le prede più ambite, i cervi. In epoca storica furono i Romani a sfruttare il valico nel contesto della campagna militare posta in atto tra il 16 ed il 7 a. C. per sottomettere le popolazioni retiche.


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Due documenti di età imperiale romana, infatti, riportano la via dello Spluga: si tratta dell'Itinerarium Antonini, redato al tempo di Diocleziano, e della Tavola Peutingeriana, copia medievale di una carta romana di età imperiale. Vi si menzionano Tarvedese, probabilmente Campodolcino, dove la strada vera e propria terminava, lasciando il posto alla mulattiera percorsa appunto da muli, che superava l'aspro versante della Valle del Cardinello e raggiungeva Cunu Areu, cioè Montespluga, pero pi salire al passo. Fino all'età medievale fu questa l'unica via per valicare il passo. Ad essa dal 1223 si affiancò quella che da Campodolcino saliva a Madesimo ed al passo di Emet. La prima rimase però la più utilizzata nella stagione invernale.


Isola

Al transito dei soldati seguì, per i passi dello Spluga, del San Bernardino e del Settimo, quello dei mercanti, che salivano per l'importante arteria che percorreva il lato occidentale del lago di Como, proseguiva fino a Chiavenna e di qui a Campodolcino, per lasciare poi il posto ad una larga mulattiera che forse veniva percorsa anche da piccoli carri. Raggiunto il passo dello Spluga, tenuto aperto anche d'inverno, il percorso scendeva fino alla valle del Reno Posteriore ed a Coira, seguendo la Viamala. Questo fu l'itinerario percorso per secoli dalle merci più diverse, fra cui cereali, riso, sale, latticini, vino, pelli, cuoio, tessuti, argenteria, armi, armature, spezie. La sua importanza economica indusse nel 1473 a porre in atto lavori per porre in sicurezza il transito attraverso la profonda forra della Viamala, mentre nel 1643 fu tracciata una via più sicura in un altro nodo critico di passaggio, la valle del Cardinello. I commerci venivano gestiti fin dal basso Medioevo da corporazioni di contadini-someggiatori, chiamate Porti, che ne detenevano il monopolio e curavano la manutenzione di strade e ponti. I trasporti venivano poi scanditi dalle soste, dove le merci venivano trasbordate a cura di operatori locali.
In quel periodo giungevano a Splügen, sul versante elvetico ai piedi del passo, da 300 a 400 animali da carico, che procedevano nelle "stanghe" composte da 6 o 7 bestie collegate da una speciale imbastatura e guidate da un somiere.


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Solo nel primo quarto dell'Ottocento la costruzione della carrozzabile del San Bernardino e di quella tracciata dall'ingegner Carlo Donegani allo Spluga fra il 1818 ed il 1823 modificò profondamente questo sistema. Sul versante italiano la strada dello Spluga abbandonava le pericolose gole del Cardinello sfruttando un percorso più sicuro con l'ardito tracciato che saliva a Pianazzo. Dopo l'alluvione del 1834 che ne danneggiò gravemente diversi tratti da Campodolcino ad Isola, venne costruito l'arditissimo tratto che coincide con il tracciato attuale, e che da Madesimo sale direttamente a Pianazzo, tagliando fuori Isola e risalendo il vertiginoso versante dello Scenc'. La nuova strada, aperta nel 1838, diede un grande impulso ai transiti commerciali e turistici, regalando per qualche decennio al passo dello Spluga il primato indicusso fra i valichi delle Alpi Centrali, tanto da giustificare i non indifferenti sdorzi per tenerlo aperto lungo l'intero arco dell'anno.


Il passo dello Spluga

Il tramonto della sua centralità strategica fu poi segnato dall'apertura delle gallerie del Brennero (1867), del Moncenisio (1872) e del San Gottardo (1882). Per ovviare a questo delino venne formulato il progetto del traforo dello Spluga, che però non si concretizzò mai. I transiti commerciali terminarono, lasciando però il posto ai più diradati ma anche suggestivi transiti di turisti e viaggiatori. Non pochi furono gli artisti, gli scienziati ed i pensatori famosi che passarono per lo Spluga, da Erasmo da Rotterdam nel 1509 a Johann Wolfgang Goethe nel 1788, da William Turner nel 1843 a Friedrich Nietzsche nel 1872, da Jacob Burckhardt nel 1878 a Henry James, da Giosuè Carducci, che visitò il passo più volte durante i suoi soggiorni estivi a Madesimo tra il 1888 ed il 1905, ad Albert Einstein nel 1901, per citare solo i più famosi. In particolare, il sommo poeta tedesco Goethe varcò lo Spluga, di ritorno dal suo viaggio in Italia, alla volta di Weimer. Andersen vi passò qualche decennio dopo e, sceso a Chiavenna, si vide rifiutare una tazza di caffè e latte perché si era di venerdì ed il latte era proibito dal precetto del magro. Nel 1922 il celebre poeta Giovanni Bertacchi , nel discorso scritto per le celebrazioni del centenario della nuova strada dello Spluga, con queste parola descrive il mesto tramonto della più antica via del Cardinello: "Ora il passo del Cardinello è abbandonato, la vecchia mulattiera si viene in più tratti sgretolando, mentre qualche solingo viandante rifà la yraccia antica, ammira la scena mirabimente selvaggia, ascolta le voci arcane della montagna, se mai vi riecheggia ancora il tumulto del passaggio di MacDonald, recante fra stenti di ogni sorta, nel dicembre dell'800, i soccorsi incovaci dal Bonaparte."


Apri qui una panoramica verso nord dal passo dello Spluga

Ecco, infine, la descrizione della strada dello Spluga da Campodolcino allo Spluga, così come si legge nella Guida alla Valtellina edita dal CAI di Sondrio nel 1884, a cura di Fabio Besta (II edizione): "Lasciato Campodolcino, la strada si va elevando verso Pianazzo per mezzo di arditi e stupendi andirivieni tagliati nel vivo masso, e che presentano all’atterrito viaggiatore uno spaventevole abisso. Lungo questo tratto di strada si scorge più volte la cascata maestosa di Pianazzo, e a sinistra del Liro quella più umile ma graziosissima che scende dai monti di Starleggia. Finalmente si penetra per entro una maestosa galleria tagliata sul vivo, trascorsa la quale si giunge alla predetta cascata di Pianazzo, che accogliendo le abbondanti acque del Medesimo si precipita da un soglio all'altezza di 200 metri nella sottoposta valle, dove va a confondersi col Liro colle sue fredde acque che scaturiscono dai vicini ghiacciai.


Lago di Montespluga

La nuova strada che da Pianazzo procede alla sommità dello Spluga evita la pericolosa gola del Liro fra Isola e Campodolcino, e ivi la vegetazione degli alberi incomincia a languire finchè sparisce del tutto. Però ad essa succedono estesi pascoli che nella stagione estiva danno alimento a molteplici armenti di ogni specie degli abitanti della pianura che vengon quivi a respirare l'aria salubre della montagna. Questa nuova strada sale a poco a poco a mezzo d'innumerevoli andirivieni lungo il declivio della montagna, ed è protetta contro le lavine da un paravalanghe aperto e da due lunghe gallerie murate e coperte di tettoje inclinate e appoggiate sopra piloni per facilitare lo sdrucciolamento della neve, e per entro le quali la luce penetra a mezzo di aperture fatte a guisa di cannoniere. Il paravalanghe, ossia la prima galleria, è detta delle Acque Russe, ossia delle acque minerali, le quali nel discendere lungo i dirupi del monte si coloriscono con un deposito rossiccio e formano graziose concrezioni calcari, ed è lunga circa 400 metri. Sotto questa galleria, e precisamente nel punto denominato il Passo della Morte, sì spalanca da un lato della strada un precipizio così profondo da oltrepassare í 360 metri sul suo livello inferiore. Passata questa galleria, l'antico sentiero posto sulla sinistra discendeva diretto e scabroso ad Isola in mezzo alla stretta gola del Cardinello; il qual passaggio era esposto alle lavine che nell'inverno minacciavano bene spesso la vita dei miseri viandanti. La seconda galleria è detta di Valbianca, ed è lunga metri 202, alla quale succede quella ancor più lunga di Buffalora, la quale si estende a metri 221: 80.


Isola

A Teggiate s'incontra la prima Casa Cantoniera stabilita e mantenuta dal governo per dar ricovero e soccorso ai viaggiatori assaliti dalla tempesta, e alla Stuetta una seconda Cantoniera, dopo la quale si apre una spaziosa ma deserta pianura, in fondo a cui sorge la Casa detta della Montagna a 1904 metri sul livello del mare, antica dogana italiana, oggi semplice posto di guardie doganali. Quivi presso sorgono altre fabbriche ben costruite, fra le quali la chiesa, la casa del R. Cappellano, l'abitazione per l'Ingegnere di riparto e per gli altri inservienti della strada, ed un comodo albergo. In questo punto non è cosa rara che nell'inverno vi sia della neve che giunge fino alle finestre del primo piano, e duranti le tempeste si suona la campana della chiesa per guidare i viaggiatori.


La cascata di Pianazzo congelata

Poco lungi dalla casa della Montagna s'incontra la terza Cantoniera, e quindi subito dopo la sommità dello Spluga, ove in quel luogo che à forma di piazza è marcato il confine fra l'Italia e la Svizzera. La elevatezza di questo punto sul livello del mare è di 2117 metri, e su quello del lago di Como è di 1919; ed una vecchia torre si trova alla sommità del passaggio, da dove volgendo le sguardo al ponente si scorge la bella aguglia di Tambohorn che servì di segnale trigonometrico con stupendi feldispati bianchi e turchini, e talco e clorite color d'uliva, in mezzo al gneis stratificato verticalmente, cui poi verso l' alpe di Loga congiungonsi la tormalina, la quarzite, l'orniblenda. Superata la vetta dello Spluga, la strada discende sino al paese grigione di questo nome, donde per la valle del Reno si va a Coira.
Da Pianazzo, deviando ora dalla strada postale, si può discendere al comune d'Isola, cui presentemente conviene con giusta ragione applicare questo nome, il perché tolta la via di comunicazione diretta con Campodolcino per le devastazioni del fiume nel 1834 restò quel paese isolato; e i suoi abitanti non ànno oggi altra risorsa fuori del prodotto del fieno e dei pascoli di cui abbonda il suo territorio. Dalla sommità più alta del monte che sorge sulla sinistra d'Isola in forma di argentea striscia si precipita il fiume Liro colle fredde sue acque che scaturiscono dai vicini ghiacciai
."


Montespluga

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CARTE DEI PERCORSI sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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