Starleggia-Bivacco del Servizio Campodolcino-Bivacco del Servizio Bivacco del Servizio-Pizzo Quadro Carte del percorso Video su YouTube Approfondimento: Starleggia e San Sisto Galleria di immagini


Apri qui una panoramica dal Bivacco del Servizio

Il bivacco del Servizio (o bivacco Passo del Servizio) è posto a 2550 metri (2570 sulla Guida CAI) su un pianoro poco sotto (400 metri lineari circa) il passo del Servizio (m. 2584), che congiunge l’ampio anfiteatro terminale dell’alpe del Servizio (sopra Campodolcino) alla parte alta del bacino del Truzzo. Si Tratta di una costruzione in pietra inaugurata nel 1995 dal CAI Valle Spluga, sempre aperta, con 9 posti letto e dotazione di coperte. Dispone anche di cucina con bombola di gas, stoviglie ed illuminazione alimentata da panelli fotovoltaici. Nei suoi pressi si trova acqua di fusione (c’è anche un microlaghetto). Costituisce un prezioso punto di appoggio per il Trekking della Valle Spluga (può terminare qui, infatti, la prima tappa, che da Olmo, frazione di San Giacomo Filippo, sale in Valle del Drogo, al bacino del Truzzo ed al passo del Servizio), ma anche per altre traversate che interessano il solare versante dei monti di Campodolcino (per esempio, si può salire al bivacco proprio da Campodolcino, pernottare qui – tariffa 2013: 3 Euro ai soci CAI, 5 ai non soci – per poi traversare, nella giornata successiva, alla Val Starleggia, scegliendo fra i molti bellissimi itinerari possibili – al bivacco Ca’ Bianca, al Pian dei Cavalli, alla Val Febbraro,…). Infine ci si può riposare qui per poi salire al pizzo Quadro, la cima sulla testata del bacino del Truzzo, che si presenta in primo piano a chi si affaccia al passo del Servizio.


Bacino del Truzzo dal passo del Servizio

STARLEGGIA-BIVACCO PASSO DEL SERVIZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Starleggia-San Sisto-Alpe Morone-Fil Marsc'-Bivacco passo del Servizio
4 h
1000
E
Starleggia-San Sisto-Alpe Cusone-Fil Marsc'-Bivacco passo del Servizio
4 h e 40 min.
1000
E
SINTESI della variante per l'alpe Cusone. Saliamo sulla ss 36 verso il passo dello Spluga. In uscita da Campodolcino, la lasciamo per prendere a sinistra la stradina che sale a Starleggia (m. 1560), dove parcheggiamo, incamminandoci sulla mulattiera (cartello per San Sisto) che alle spalle delle baite sale ripida fra i prati e poi entra in una pecceta, uscendone sul bordo della piana di San Sisto (m. 1769). Ci portiamo alle baite e, ignorando le dindicazioni dei carteli, proseguiamo diritti (sud-ovest) fino ad un ponticello in sasso su un piccolo torrente, oltre il quale imbocchiamo un sentierino che per un tratto corre a sinistra del filo che delimita uno spazio di pascolo, fino ad un secondo ponticello in sasso su un torrentello. Più avanti confluiamo in una pista cn fondo in erba che porta ad un rimo nucleo di baite. Poco oltre siamo a Cusone (m. 1850) ed alla nostra destra vediamo il rifugio Maria Curti, riconoscibile per la bandiera italiana. Non ci portiamo però al rifugio, ma proseguiamo per poi scendere a sinistra su ponticello in legno. Dopo breve salita, prendiamo ancora a sinistra su ponticello in pietra. Seguiamo poi il muretto d’alpeggio fino al punto in cui vi troviamo una porta: qui pieghiamo a destra salendo verso sud un lungo corridoio erboso, al cui termine troviamo l’imbocco del sentiero che ci porta verso sinistra, fino al gradino di soglia sulla valle della Sancia. Ora scendiamo verso sinistra allo sbarramento idroelettrico e ci portiamo sul suo lato opposto. Seguendo le indicazioni, prendiamo a sinistra percorrendo il tracciato pianeggiante di un canale di gronda (direzione est). Poco prima del suo termine, guardando a destra vediamo, su un masso, un segnavia rosso-bianco-rosso ed un ometto. Traversando un breve prato, ci portiamo al masso, nei cui pressi parte un sentierino che risale il ripido versante che ci sta di fronte. Dopo pochi tornantini siamo in cima al versante, e ci ritroviamo su un filo di cresta. Il sentiero lo segue per un tratto, poi prende leggermente a sinistra e ne taglia il fianco (attenzione a qualche passaggio esposto), piegando infine a sinistra e salendo ad una sella erbosa. La traccia di sentiero, dettata da segnavia discontinui, prosegue salendo nel primo tratto restiamo quasi a ridosso dei salti che cadono sulla Val Sancia, poi traversa a sinistra fino ad una fascia di rocce che supera risalendo un comodo corridoio traversale.Proseguiamo superando altre facili roccette, mentre alla nostra sinistra si apre l’ampio scenario dei pascoli alti a monte dell’alpe del Servizio. Superato un grande ometto (m. 2390), proseguiamo su terreno di erbe e roccette, approdando, dopo breve discesa, alla sella di quota 2423, dove ci raggiunge, da sinistra, il sentiero che sale dall'alpe del Servizio e dove troviamo un cartello danneggiato. Seguiamo l'indicazione del sentiero C21 per il passo del Servizio (attenzione nel ritorno a non imboccare qui il sentiero che scende all'alpe del Servizio). Giunti in prossimità dell’ampia depressione del passo, piegando ancora a sinistra procediamo in piano fino al bivacco passo del Servizio (m. 2550).


Bivacco Passo del Servizio

La salita avviene dalla Valle di Starleggia, sfruttando il lungo crinale che delimita chiamato Fil Marsc’. Vediamo come. Punto di partenza è la frazione Starleggia, che si raggiunge da Campodolcino seguendo il seguente itinerario: all’uscita dal paese in direzione del passo dello Spluga prendiamo a sinistra alla prima deviazione (lasciando quindi a destra la strada che sale a Medesimo), percorrendo un breve tratto della strada che porta ad Isola, per poi lasciarla quasi subito, deviando nuovamente a sinistra ed imboccando la stradina che sale a Splughetta ed a Starleggia (m. 1560, citata anche come Stambilone nel Settecento). Si tratta di una strada in diversi punti piuttosto stretta e protetta solo da colonnine di cemento, per cui procediamo con tutta la dovuta cautela. Superata Splughetta, pochi ultimi tornanti ci portano al centro della frazione, appena sopra la chiesa.


San Sisto

Prima di metterci in cammino, sostiamo per qualche attimo sul sagrato della settecentesca chiesetta (fu consacrata nel 1768), dedicata a San Filippo Neri ed alla Beata Vergine del Buon Consiglio: possiamo dominare da qui la conca di Campodolcino, Pianazzo con la sua celebre cascata, Medesimo (uno scorcio), la Motta di Medesimo e gli Andossi. Su una parete una lapide ricorda i caduti di “Sterleggia” nella prima guerra mondiale, Scaramella Antonio, Mainetti Pietro, Mainetti Lorenzo, Barilani Alessandro, Lombardini Giacomo, Scaramella Giorgio, Scaramella Felice, Scaramella Guglielmo e Barilani … Sterleggia, nome antico del paese, rende evidente il suo etimo da “sterl”, voce dialettale che significa “sterile”: qui venivano, infatti, portati al pascolo le bestie sterili.
Giovanni De Simoni nel suo bel volumetto “Toponimia dell’alta valle Spluga” (CCIAA, Sondrio, 1966), propone però un’ipotesi diversa: “Sterla = sterile (a. lomb.) sterilis lat. È voce alpina the indica l'animale sterile o giovane (e, in particolare, dicesi di bovini), nota con poche varianti in tutta la Valtellina (stérla in Arigna, sterle a Lanzada, stèrla a Grosotto, Ponte, Cataeggio: v. Pontiggia op. cit., pag. 68) e in Valchiavenna. In Engadina lo sterler o starler è il guardiano dei vitelli. Come toponimo non sta affatto ad indicare (per quanto mi risulta nei luoghi dove ho potuto fare un riscontro personale) localita sterili…, ma località pascolative di malagevole accesso o in notevole pendenza, perciò riservate ai giovenchi. Ricordo: Pra di sterli sulle pendici meridionali del M. Rolla (Castione Andevenno). Certi pascoli di Stampa (Bregaglia) son detti starlogia e un analogo Starleggia e frazione di Campodocino su versante assai ripido alla destra del Liro; ambedue questi nomi sono derivabili da una forma starlögia che, per vero, l'Olivieri (521) attribuisce genericamente a sterilità del terreno.”


Valle di San Sisto

Nei secoli passati questo borgo ebbe notevole importanza per la sua collocazione allo sbocco di una valle percorsa, come già ricordato, da significativi traffici con il versante della Mesolcina, attraverso il passo di Barna, poco a nord del bivacco. Una coppia di cartelli della Comunità Montana della Valchiavenna, nei pressi del parcheggio, segnalano che da qui partono due itinerari, il C21, che passa da San Sisto (30 minuti) e porta al passo del Servizio (che si affaccia sulla Valle del Truzzo) ed il C20, che porta al Pian dei cavalli ed al Lago Bianco (C21), posto sulla sua soglia più alta e raggiungibile in 2 ore e 45 minuti di cammino. Torniamo indietro per breve tratto dal parcheggio e prendiamo, a sinistra, una scalinata in cemento: dopo una breve svolta a destra e di nuovo a sinistra, lasciamo alle spalle le baite più alte del paese ed imbocchiamo il sentiero che risale i ripidi prati che le sovrastano. Dopo pochi tornanti, passiamo a sinistra di un crocifisso in legno ed entriamo in una fresca pecceta, dove il sentiero diventa una larga mulattiera ben scalinata.


Sentiero

Pochi tornanti ancora, e siamo di nuovo all’aperto, alle soglie della splendida conca di San Sisto (m. 1769). Ci accoglie una cappelletta fatta erigere da Battista Mainetti, “riconoscente a Maria per amorosa assistenza in gravissimi pericoli”, “perché da questa rupe benedica lui, la sua famiglia e Starleggia tutta”. Alle sue spalle, poco più in alto, il singolarissimo campanile di San Sisto, posto a diverse centinaia di metri dalla chiesetta, che si trova più avanti, nel nucleo di baite. La ragione di questa collocazione è che il suono della sua campana poteva così essere udito anche a Starleggia. Il sentiero, superata una fontanella, prosegue fino alle baite del piccolo nucleo, incorniciate dal profilo appuntito del pizzo Quadro. Da sinistra, durante l’estate, potremo udire il vociare di ragazzi che partecipano ai campi estivi organizzati dalla parrocchia di Chiavenna, che utilizza a tal fine un edificio adattato. Sul sentiero troviamo alcuni cartelli della Comunità Montana della Valchiavenna, che segnalano a destra la partenza del sentiero per il Pian dei Cavalli e del Lago Bianco (C20) ed a sinistra la direttrice, su pista sterrata, per l’alpe Morone, il bivacco ed il passo del Servizio (2 ore e 20) ed il lago del Truzzo (3 ore e 40 minuti, B21).


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Prendiamo, dunque, a sinistra, seguendo la pista sterrata che passa a sinistra di una cava e raggiunge un ponticello sul torrente che scende dalla Val Starleggia. Oltrapassato il ponticello, prosgeuiamo fino ad un cartello che segnala, sulla destra, la partenza di un sentierino per la Val Sancia ed il Bivacco Ca‘ Bianca. Cursiosamente, non è menzionata la nostra meta, ma siamo sulla strada giusta. Il sentierino si snoda fra i prati ed è contrappuntato da alcune bandierine rosso-bianco-rosse, talora disegnate su targa metallica fissata ad alcuni massi. In breve siamo alle prime baite dell’alpe Morone (m. 1860). Sullo stipite in legno di una di queste leggiamo la datazione 1793. Spostiamoci ora sulla destra e, lasciate le baite alle spalle, seguiamo i segnavia che ci portano a superare una valletta, verso destra, proseguendo in direzione del nucleo più alto di baite, chiamato Cort Sora. Non ci portiamo, però, a questo nucleo, ma cominciamo a risalire un largo dosso erboso, passando accanto ad una bella fontana con doppia vasca (segnavia boanco-rosso su targa metallica su un masso a pochi metri di distanza). Poco sopra, ecco una seconda fontana, anche questa con doppia vasca. Salendo ancora, troviamo una nuova targa bianco-rossa di un masso erratico sotto il quale è stato ricavato un baitello. Oltrepassato un secondo masso con targa bianco-rossa, giungiamo ad un bivio: mentre il sentiero, che intanto si è fatto largo e marcato, prosegue salendo a sinistra, i segnavia indirizzano ad un sentierino che lo lascia, pianeggiando, sulla destra. Ignoriamoli e proseguiamo sul sentiero principale, che passa accanto ad un casello dell’acqua e prosegue a salire con pendenza decisa, fino ad approdare all’ampi pianoro che introduce alla Val Sancia (o Valle della Sancia), dominata, sull’angolo di sinistra, dall’affilato profilo del pizzo Quadro (m. 3013), che da qui non merita certo la denominazione assegnatagli. Alla sua sinistra il cupolone un po‘ tozzo del Motto Alto (m. 2770). Proseguendo verso sinistra, vediamo una sequenza di roccioni scorbutici e corrugati: ecco la ragione della denominazione di Fil Marsc‘, cioè filo marcio. Dietro quelle rocce si snoda il sentiero che seguiremo. Intanto entriamo nel pianoro superando due paletti in legno che disegnano una porta virtuale.


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Il sentiero porta al piccolo sbarramento che cattura le acque della valle (m. 2010). Ora dobbiamo volgere a sinistra (est) e seguire la strada sterrata che costituisce la copertura del canale di gronda, un buon tratto pianeggiante, fin quasi al suo termine. Poco prima del suo termine, infatti, guardando a destra vediamo, su un masso, disegnata la classica bandierina rosso-bianco-rossa, ed in aggiunta un ometto. Traversando un breve prato, ci portiamo al masso, nei cui pressi parte un sentierino che risale il ripido versante che ci sta di fronte. Dopo pochi tornantini (attenzione all’ultimo tratto, un po‘ esposto), siamo in cima al versante, e ci ritroviamo su un filo di cresta un po‘ deprimente, perché si fa via via più ripido ed è ampiamente colonizzato da macereti. Seguendo il sentierino che comincia a risalirlo, scopriamo, però, che questo, dopo il primo tratto, lo lascia sulla destra, tagliandone il fianco. È il punto che richiede la maggiore attenzione, perchè il sentierino, come dice spesso la gente di montagna, è „ben magro“ (anche se ben marcato) e parecchio esposto sul lato destro: l’attenzione, dunque, si impone. Dopo un tratto non lungo, eccoci finalmente ad un terreno più tranquillo, un declivio per il quale si risale al filo del dosso che abbiamo lasciato. Siamo, ora, ad una sella erbosa. Alle nostre spalle (cioè a nord-est) vediamo l’arrotondata cima erbosa di quota 2170 (quella stessa che abbiamo visto davanti al naso al culmine del crinale che pensavamo di dover risalire interamente).


Sentiero

Davanti a noi, il già citato e lungo crestone chiamato Fil Marsc‘, a ridosso del quale si sviluppa l’itinerario di salita al bivacco (che già, con un po‘ d’occhio, vediamo, là in fondo, a sud-ovest). Ci raggiunge qui il sentiero di direttissima dall’alpe Bocci, un’alternativa che permette di guadagnare una quarantina di minuti rispetto a quella raccontata, ma che è molto meno panoramica. Se siamo interessati ad essa, invece di lasciare l’automobile a Starleggia, proseguiamo sulla pista che sale a San Sisto fino alla piazzola oltre la quale è vietato l’accesso ai non autorizzati. Proseguendo a piedi fino all’alpe Bocci, troviamo il cartello che segnala la partenza del sentiero per il bivacco del Servizio. Dopo un lungo tratto nel bosco di larici, il sentiero esce sotto la cima erbosa quotata 2170 metri e raggiunge infine la sella alla quale siamo rimasti. Ora il sentiero va e viene, ma la salita non è problematica. Nel primo tratto restiamo quasi a ridosso dei salti che cadono sulla Val Sancia, poi traversiamo a sinistra fino ad una fascia di rocce che superiamo risalendo un comodo corridoio traversale. I segnavia non sono abbondantissimi, ma non piantano mai veramente in asso. Proseguiamo superando altre facili roccette, mentre alla nostra sinistra si apre l’ampio scenario dei pascoli alti a monte dell’alpe del Servizio (vediamo, in particolare, più in basso, una pozza adagiata in un catino di rocce ed un laghetto, chiamato lago Bianco del Servizio).


Sentiero

Stanchezza? Nessun problema. Una sosta non è tempo perso, visto il superbo scenario che si disegna alle nostre spalle (sostanzialmente lo stesso che godremo dal bivacco, e che ci mostra gran parte delle celebri cime che sono la gloria della Valle Spluga. Sul versante delle Lepontine, a nord, ecco i gemelli Pizzi Piani, l’affilatissimo pizzo Ferrè ed il poderoso pizzo Tambò. Passando al versante retico, distinguiamo il gruppo del Suretta ed a seguire, in senso orario, l’affilato pizzo di Emet, il monte Mater, la slanciata e regolarissima piramide del pizzo Groppera ed il maestoso cupolone del pizzo Stella, ad est. E se questo non bastasse, proseguendo verso destra scorgiamo le cime del gruppo del Masino, in Val Bregaglia, con i celeberrimi pizzi Badile e Cengalo. Ed ancora, la testata della Val Schiesone, chiusa dal pizzo di Prata. Ma la bellezza dello scenario non è legata solo alle cime: dominiamo gli Andossi e Madesimo (ad un certo punto compare anche il lago di Montespluga), la Motta e la Madonna d’Europa, Fraciscio e la Val Rabbiosa, la sequenza crescente degli alpeggi di Gualdera, Bondeno ed Avero, nell’omonima valle.
Superato un grande ometto (m. 2390), proseguiamo su terreno di erbe e roccette, approdando, dopo breve discesa, alla sella di quota 2423, dove troviamo un cartello danneggiato. Possiamo, comunque, individuare le indicazioni del sentiero che percorriamo, il C21: il bivacco del Servizio è dato a 45 minuti ed il rifugio Carlo Emilio (nel bacino del Truzzo) a 2 ore e 15 minuti. Qui ci raggiunge, da sinistra (segnavia rosso-bianco-rossi: attenzione a non seguirli al ritorno!), il sentiero che sale dall’alpe del Servizio di Campodolcino. Ora pieghiamo a sinistra (sud), tagliando il fianco orientale del Motto Alto, zigzagando su terreno di sfasciumi, con pendenza media (nella prima metà di luglio si possono ancora trovare diversi nevaietti). A sud-est vediamo, in primo piano, lo slanciato profilo del pizzo Truzzo (m. 2723), che, a dispetto del nome, appare cima elegante.


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Giunti in prossimità dell’ampia depressione del passo, piegando ancora a sinistra procediamo in piano fino al bivacco del Servizio. Siamo in cammino da circa 4 ore ed abbiamo superato un dislivello in salita di 1000 metri (metro più, metro meno). L’escursione, però, non può terminare qui: ammirato di nuovo il superbo panorama sotto descritto, ci dirigiamo al vicinissimo passo del Servizio (m. 2584), salendo alle spalle del rifugio. Qui giunti, procediamo verso destra, salendo ancora di poco, fino ai 1600 metri di un pianoro chiamato Pian di Valsèn a sud-ovest del Motto Alto. Di qui possiamo dominare buona parte del bacino del Truzzo. In primo piano, davanti al nostro naso, il pizzo Quadro (m. 3013), che da qui giustifica il suo nome, con la cima, appunto, squadrata. Alla sua sinistra il pizzo Sevino (m. 3025) ed il pizzo Forato (m. 2967). In fondo alla vallata, il bacino del Truzzo (meglio, la sua parte superiore); più in alto, il lago del Fermo. I segnavia ci guidano fino alla soglia oltre la quale il sentiero comincia a scendere nella vallata. Noi, però, dobbiamo pensare al ritorno, che avviene per la medesima via di salita (con l’accortezza, riiscesi alla sella con il cartello rovinato, di non proseguire in piano, ma salire per breve tratto sul motto del crinale).



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CAMPODOLCINO-ALPE DEL SERVIZIO-LAGO BIANCO-BIVACCO PASSO DEL SERVIZIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Campodolcino (Pietra)-Servizio-Alpe Servizio-Bivacco passo del Servizio
5h e 30 min.
1500
E

Per completezza, riferiamo anche sinteticamente della via di accesso al bivacco da Campodolcino (via più lunga ed impegnativa). Qui dobbiamo portarci alla frazione Pietra (m. 1062), attraversando il ponte sul torrente Liro, procedendo per breve tratto sulla strada verso destra (nord). Dopo una svolta a sinistra, troviamo l’indicazione della partenza della comoda mulattiera che risale il ripido versante boscoso a monte del paese, in direzione ovest.


L'alpe del Servizio

L'alpe del Servizio

L'alpe del Servizio

L'alpe del Servizio

L'alpe del Servizio

L'alpe del Servizio

Tagliati i primi prati, entriamo nel bosco, salendo spediti con diversi tornanti, per poi uscire ai prati del Servizio (m. 1575). Rientrati nel bosco, proseguiamo sempre verso ovest, salendo decisi, uscendone di nuovo e definitivamente in prossimità delle baite dell’alpe del Servizio (m. 1923). Ora dobbiamo prestare molta attenzione ai segnavia, perché il sentiero diventa molto meno evidente. Il tracciato canonico piega a sinistra (sud-ovest), approdando alla conca del già menzionato lago Bianco del Servizio. Di qui volgiamo a destra, salendo, senza percorso obbligato, al crinale del Fil Marsc‘. I segnavia, come detto, ci portano ad intercettare il sentiero dalla Valle di Starleggia alla sella quotata 2423 metri.


Il lago Bianco all'alpe del Servizio

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Il pizzo Quadro (a destra)

BIVACCO PASSO DEL SERVIZIO - PIZZO QUADRO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Bivacco del Servizio-Pizzo Quadro
3 h
660
PD
SINTESI: Lasciato il bivacco, ci portiamo, su traccia di sentiero, al vicinissimo passo del Servizio (m. 2584), salendo alle spalle del rifugio. Qui giunti, procediamo verso destra, salendo ancora di poco, fino ai 1600 metri di un pianoro chiamato Pian di Valsèn a sud-ovest del Motto Alto. I segnavia ci guidano fino alla soglia oltre la quale il sentiero comincia a scendere nell'ampio bacino del Truzzo. Seguendo i segnavia, cominciamo a scendere ad un pianoro sassoso (stiamo percorrendo il Trekking della Valle Spluga), a sud ovest del Motto Alto alla nostra destra. Dopo aver perso circa cinquanta metri di dislivello, ad un bivio lasciamo il Trekking della Valle Spluga, che prosegue scendendo alla nostra sinistra, per i suoi segnavia, per imboccare, a destra, un marcato sentiero che taglia il ripido versante, superando canaloni e ghiaioni esposti. E' consigliabile percorrere questa via a stagione inoltrata, quando la neve si è sciolta, e comunque con grande attenzione. Passiamo poco sotto i roccioni del crinale, ed a monte di acuni saltini di roccia. Procedendo diritti, giungiamo in vista di un'evidente sella tra la frastagliata cresta che scende dal Motto Alto, a destra, e la cresta est-nord-est del Pizzo Quadro, a sinistra. Procedendo su terreno meno esposto ma sempre ripido ci portiamo alla sella, ad una quota di circa 2800 metri. Qui pieghiamo a sinistra e, seguendo una visibile traccia ed i numerosi ometti, cominciamo a salire lungo la cresta est-nord-est del Pizzo Quadro, fino ad una pianetta, che precede l'ultimo e più impegnativo strappo. Ci attende infatti una cresta costituita da blocchi di roccia, fra i quali ci muoviamo con facili passi di arrampicata (II° grado), che però richiedono la massima attenzione perché sono a tratti esposti. La pazienza viene in breve premiata quando tocchiamo il pianoro della vetta del pizzo Quadro (m. 3103), con la sua croce.


Apri qui una fotomappa del percorso dal passo del Servizio al pizzo Quadro

Pizzo Quadro: sembra una contraddizione in termini, ma nella realtà è il nome di una delle più famose cime del versante occidentale della Valle Spluga, quello delle alpi Lepontine. E non senza ragione, perché a seconda delle prospettive la sua cima appare ora come elegante punta di una larga piramide, ora come piatto ripiano su base squadrata. Prospettive che si mostrano dalle tre valli sulle quali si affaccia, la valle della Sancia a nord, il bacino del Truzzo a sud-est e la Valle Mesolcina ad ovest. È soprattutto dalla Mesolcina che la cima si mostra nella forma caratteristicamente quadrata, ed il suo nome qui suona “Cima de Pian Guarnei”. La prima ascensione turistica risale al 10 giugno 1892 e venne effettuata da Ludwig Darmstädtler insieme a Johann e Jörg Stabeler.


Il pizzo Quadro dalla Valle della Sancia

La meno difficile via di salita al pizzo Quadro parte proprio dal bivacco Passo del Servizio (m. 2550).
Lasciato il bivacco, ci portiamo, su traccia di sentiero, al vicinissimo passo del Servizio (m. 2584), salendo alle spalle del rifugio. Qui giunti, procediamo verso destra, salendo ancora di poco, fino ai 1600 metri di un pianoro chiamato Pian di Valsèn a sud-ovest del Motto Alto. Di qui possiamo dominare buona parte del bacino del Truzzo. In primo piano, davanti al nostro naso, il pizzo Quadro (m. 3013), che da qui giustifica il suo nome, con la cima, appunto, squadrata. Alla sua sinistra il pizzo Sevino (m. 3025) ed il pizzo Forato (m. 2967). In fondo alla vallata, il bacino del Truzzo (meglio, la sua parte superiore); più in alto, il lago del Fermo.


Panorama orientale dal pizzo Quadro (clicca qui per aprire)

I segnavia ci guidano fino alla soglia oltre la quale il sentiero comincia a scendere nell'ampio bacino del Truzzo. Seguendo i segnavia, cominciamo a scendere ad un pianoro sassoso (stiamo percorrendo il Trekking della Valle Spluga), a sud ovest del Motto Alto alla nostra destra. Dopo aver perso circa cinquanta metri di dislivello, ad un bivio lasciamo il Trekking della Valle Spluga, che prosegue scendendo alla nostra sinistra, per i suoi segnavia, per imboccare, a destra, un marcato sentiero che taglia il ripido versante, superando canaloni e ghiaioni esposti. E' consigliabile percorrere questa via a stagione inoltrata, quando la neve si è sciolta, e comunque con grande attenzione.


Il pizzo Quadro (al centro) visto dalla Val Starleggia

Passiamo poco sotto i roccioni del crinale, ed a monte di acuni saltini di roccia. Procedendo diritti, giungiamo in vista di un'evidente sella tra la frastagliata cresta che scende dal Motto Alto, a destra, e la cresta est-nord-est del Pizzo Quadro, a sinistra. Procedendo su terreno meno esposto ma sempre ripido ci portiamo alla sella, ad una quota di circa 2800 metri.


Il pizzo Quadro (a destra)

Qui pieghiamo a sinistra e, seguendo una visibile traccia ed i numerosi ometti, cominciamo a salire lungo la cresta est-nord-est del Pizzo Quadro, fino ad una pianetta, che precede l'ultimo e più impegnativo strappo. Ci attende infatti una cresta costituita da blocchi di roccia, fra i quali ci muoviamo con facili passi di arrampicata (II° grado), che però richiedono la massima attenzione perché sono a tratti esposti. La pazienza viene in breve premiata quando tocchiamo il pianoro della vetta del pizzo Quadro (m. 3103), con la sua croce.


Pizzo Quadro: panorama verso sud

Ampio e spettacolare il panorama. Ad est in primo piano si mostra la costiera del bacino del Truzzo con le cime dei Caürgh che si specchiano nell’ampio bacino del Truzzo. A sud domina in primo piano il pizzo Sevino, alle cui spalle si intravvede il pizzo Forato. Ad ovest lo sguardo precipita nel profondo solco della Valle Mesolcina. Alle sue spalle, lontani, il gruppo del Monte Rosa, le montagne del Vallese e dell’Oberland bernese. Guardando a nord e procedendo verso destra (est) si vede, lontano, il passo del San Bernardino, sovrastato dal pizzo Uccello, il possente piz de la Lumbreida, i più vicini pizzi Piani, il pizzo Ferrè ed alle sue spalle il pizzo Tambò, la maggiore elevazione della Valle Spluga.


Pizzo Quadro: panorama verso nord-est

Lo sguardo raggiunge poi il passo dello Spluga ed il massiccio del Suretta. Procedendo sempre in senso orario si distinguono fra le altre cime il pizzo di Emet l’elegante pizzo Stella, alle cui spalle emergono, lontane, le bianche cime del gruppo del Bernina. Ed ancora, un bello scorcio del versante di Val Bregaglia del gruppo del Masino e, in primo piano, i pizzi di Prata e Ligoncio. Verso sud-est ecco poi la piana della Valchiavenna, chiusa sul fondo dal monte Legnone e dal Grignone.  


Bacino del Truzzo dal sentiero per il pizzo Quadro

Verso la sella fra pizzo Quadro e Motto Alto

Verso la sella fra pizzo Quadro e Motto Alto

Salita alla cima del pizzo Quadro

Croce di cima del pizzo Quadro

Panorama settentrionale dal pizzo Quadro

Panorama settentrionale dal pizzo Quadro

Panorama settentrionale dal pizzo Quadro

Panorama settentrionale dal pizzo Quadro

Luigi Brasca, nella monografia “Le montagne di Val San Giacomo”, così descrive il pizzo Quadro: “A qualcuno è sembrata ridicola l’idea di un pizzo … che sia quadro; ma invece è proprio così: visto da nord è pizzo, visto da est o da ovest è quadro. … La sezione di Milano del C. A. I. diresse a queste cime i suoi sguardi, in una gita sociale, coll’ascensione del Quadro, compiuta il 24 luglio 1904 da sei soci… Venne percorso forse per la prima volta il ripidissimo crestone NE che cala dal Quadro al Passo del Servizio e prosegue al pizzo Truzzo… Si prese da Campodolcino il solito sentiero per Starleggia (ma si poteva salire direttamente dalle Alpi del Servizio), lo si abbandonò prima di Splughetta, salendo il faticoso erto pendio fino a 2000 metri, poi costeggiando, fino al bocchetta 2434 e di lì al passo del Servizio m. 2602, ancora chiazzato di neve. Discesi nel vallone del Truzzo…  finalmente raggiungemmo il colletto 2757 sotto la vetta. Da qui, scalando le ertissime rocce (fino a 45 gradi), colti anche dal nevischio, superiamo i 250 metri di dislivello del crestone, e ci troviamo intorno all’ometto della cima, immaginando il panorama che le nubi ci tolgono (ore 6,30 da Campodolcino).”


Panorama verso il gruppo del Suretta

Il pizzo Sevino

Il pizzo Cavregasco

La cima del pizzo Quadro

APPROFONDIMENTO: STARLEGGIA E SAN SISTO


Starleggia e, sullo sfondo, Campodolcino

Starleggia, nel comune di Campodolcino, è uno dei nuclei più caratteristici della Valle di San Giacomo, sul suo versante occidentale, cioè delle Alpi Lepontine. Lo si raggiunge grazie ad una carrozzabile che, all'uscita da Campodolcino verso il passo dello Spluga, si stacca a sinistra dalla strada per Isola (la quale, a sua volta, si stacca a sinistra dalla strada per Madesimo). La carrozzabile, in alcuni punti un po' stretta, si inerpica, con diversi tornanti, su un ripido versante coperto da dense e splendide peccete, passa per i nuclei di Coetta (m. 1100) e Splughetta (m. 1360) prima di raggiungere la case e le baite di Starleggia (m. 1565), posta su un terrazzo straordinariamente panoramico sullo Spluga, gli Andossi, il gruppo del Suretta, i pizzi Emet, Stella e Groppera. In passato questo era il nucleo di "Starleggia inferiore", mentre "Starleggia superiore" coincideva con l'attuale San Sisto (m. 1760), gruppo di baite posto poco oltre la soglia dello splendido ripiano glaciale a monte di Starleggia raggiunto da una larga mulattiera che parte dai prati alti alle spalle delle baite del paese.


Starleggia ed il pizzo Stella

Sterleggia, nome antico del paese, rende evidente il suo etimo da “sterl”, voce dialettale che significa “sterile”: qui venivano, infatti, portati al pascolo le bestie sterili.
Giovanni De Simoni nel suo bel volumetto “Toponimia dell’alta valle Spluga” (CCIAA, Sondrio, 1966), propone però un’ipotesi diversa: “Sterla = sterile (a. lomb.) sterilis lat. È voce alpina the indica l'animale sterile o giovane (e, in particolare, dicesi di bovini), nota con poche varianti in tutta la Valtellina (stérla in Arigna, sterle a Lanzada, stèrla a Grosotto, Ponte, Cataeggio: v. Pontiggia op. cit., pag. 68) e in Valchiavenna. In Engadina lo sterler o starler è il guardiano dei vitelli. Come toponimo non sta affatto ad indicare (per quanto mi risulta nei luoghi dove ho potuto fare un riscontro personale) localita sterili…, ma località pascolative di malagevole accesso o in notevole pendenza, perciò riservate ai giovenchi. Ricordo: Pra di sterli sulle pendici meridionali del M. Rolla (Castione Andevenno). Certi pascoli di Stampa (Bregaglia) son detti starlogia e un analogo Starleggia e frazione di Campodocino su versante assai ripido alla destra del Liro; ambedue questi nomi sono derivabili da una forma starlögia che, per vero, l'Olivieri (521) attribuisce genericamente a sterilità del terreno.


Starleggia

Antichissime le testimonianze della presenza umana su questi versanti. Un pannello illustrativo infatti reca scritto: “In un'ora di cammino da S. Sisto si raggiunge il cuore del Pian dei Cavalli, l'altopiano calcareo sul quale sono state scoperte le più antiche tracce di presenza dell'uomo nel centro delle Alpi. II visitatore percorra l'altopiano immaginando gli antichissimi cacciatori dell’Età della Pietra che vi misero piede circa 10.000 anni fa, ritiratosi il ghiacciaio. Per molti secoli essi salirono d'estate fino a oltre 2200 metri a cercare animali ed emozioni in questo mondo alpino sconosciuto. Sull’altopiano sono in corso lavori scientifici. Si prega di mantenere intatti il paesaggio e i siti della ricerca.”


San Sisto

Venendo a tempi decisamente più prossimi, negli atti amministrativi del comune di Chiavenna di epoca medievale "Starlezia" viene menzionata come alpe. Probabilmente i primi insediamenti, forse Walser, risalgono al tempo medievale (i Walser si erano insediati nel Rheinwald ed avevano varcato lo Spluga colonizzando diversi alpeggi della Valle di San Giacomo). Nel medesimo periodo (fine del secolo XII) il più basso nucleo di Coetta (in passato "Pratomerlano" o "Fontana Merla") era nominato come "prato", quindi come insediamento permanente, dove risiedeva il gastaldo che amministrava i beni di questi alpeggi, allora di proprietà del Monastero di S. Maria di Dona a Prata Camportaccio. Nei secoli successivi inizia l'insediamento permanente dei nuclei più alti da parte dei pastori che ne fruiscono. Alla fine del Quattrocento risultano permanentemente abitate sia Stambillone (l'attuale Starleggia) che Starleggia (San Sisto). Sono attestate anche le prime cascine di località poco più in alto, agli alpeggi di Gusone, Morone e Togliana, sempre nella caratteristica forma di abitazioni in legno con tetto in piode. Nella prima metà del Seicento a Starleggia (oggi San Sisto) vivevano venti famiglie, e si sentì l'esigenza di costruire la chiesetta (m. 5x11,50) di San Sisto o della Trasfigurazione, benedetta il 6 agosto del 1613. Il suo campanile fu costruito ad una certa distanza dalla chiesa, sul ciglio del salto che si affaccia su Stambillone (Starleggia), perché qui già verso la fine del Seicento risiedeva il numero maggiore di famiglie, e con il suono della campana era possibile comunicare da Starleggia di Sopra a Starleggia di Sotto.


San Sisto

Nella seconda metà del Settecento a Stambillone vivevano settanta famiglie, per cui si decise nel 1768 di costruire anche qui una chiesa, che fu dedicata a San Filippo Neri ed alla Madonna del Buon Consiglio. La nuova Starleggia soppiantò quindi la vecchia come centro di insediamento permanente, e si divise in squadre, che assumevano il nome della famiglia che vi risiedeva (Scaramella, Pavioni, Sterlocchi, Zaboglio, Bossi, Barilani ed altre). Dopo l'Unità d'Italia Starleggia superiore risultava disabitata, con 18 case vuote, mentre a Starleggia inferiore vivevano 145 persone (27 famiglie), in 31 case, di cui 9 vuote. A Splughetta, infine, vivevano 39 persone, 25 uomini e 14 donne, in 6 famiglie ed 11 case, di cui 5 vuote. Nei decenni successivi, fino alla Prima Guerra Mondiale, gli abitanti di Starleggia aumentarono costantemente passando dai 225 del 1871 ai 232 del 1881, ai 267 nel 1901 ed ai 297 nel 1911. Su una parete della chiesa di Starleggia una lapide ricorda i caduti di “Sterleggia” nella prima guerra mondiale, Scaramella Antonio, Mainetti Pietro, Mainetti Lorenzo, Barilani Alessandro, Lombardini Giacomo, Scaramella Giorgio, Scaramella Felice, Scaramella Guglielmo e Barilani... (illeggibile il nome).


Gruppo del Suretta e pizzo Spadolazzo da Starleggia

Nel periodo fra le due guerre vi fu invece una leggera flessione della popolazione, con 285 nel 1921 e 272 nel 1931. Nel 1961 si registra una cifra ancora maggiore, quella di 340 abitanti. La vicina cava di beola fu sicuramente un elemento che consolidò l'economia locale. Nel secondo dopoguerra a Starleggia giunse la carrozzabile, che favorì lo spostamento di molte famiglie a Campodolcino: Starleggia da allora si ripopola da maggio a novembre. Nel 1946 il vescovo di Como Alessandro Macchi costituì la parrocchia autonoma di Cristo Re a Starleggia; nel 1986, però, a causa del progressivo spopolamento, la parrocchia si riunì a quella di Campodolcino.


Il campanile di San Sisto

Oggi sono molti gli escursionisti che salgono a Starleggia e proseguono per il Pian dei Cavalli o la Valle della Sancia, attratti dagli splendidi itinerari che vi si possono disegnare e dalla bellezza della Piana di San Sisto, di cui un pannello dice: “Questa bella conca prativa è una "valle pensile" di modellamento glaciale, il cui più antico norme documentato e il medioevale Sterlezia, da cui l'attuale Starleggia, mentre la denominazione di San Sisto è venuta con la fondazione della locale chiesa nel 1613. La conca è sospesa di 700 m sul fondovalle di Campodolcino, sul quale si affaccia con una netta scarpata, la cui soglia è accentuata dal dosso isolato del monte Orfano (Mot Orfan, m 1801). Da qui si accede alle località preistoriche di quota elevata che esistono nei dintorni. In un'ora di percorso da San Sisto si raggiunge verso nord il Pian dei Cavalli, suggestivo altopiano di calcari e marmi, sul quale sono state poste in luce alcune delle più antiche tracce dell'uomo nelle Alpi interne (circa 8000 a.C.). Uomini circolarono su questi rilievi tra Valle Spluga e Val Mesolcina nei successivi millenni, alla fine dell'Età della Pietra e in quella dei metalli., isolati ritrovamenti del 4°-3° millennio a.C. sono stati fatti all'Alpe Böcc’, il piastrone calcareo che domina la conca sul fianco meridionale, e più oltre all'Alpe Servizio. Il Pian dei Cavalli offre un paesaggio carsico punteggiato di doline e inghiottitoi e dotato di grotte, una delle quali si apre poco sopra San Sisto presso l'Alpe Toiana (grotta della Ciairina).”
Per saperne di più, possiamo consultare l'articolo di Tarcisio Salice, Starleggia in Val San Giacomo, pubblicato sulla rivista del Centro di Studi Storici Valchiavennaschi, Clavenna, del 1977.


Starleggia

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GALLERIA DI IMMAGINI

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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