ALTRE ESCURSIONI - GALLERIA DI IMMAGINI - CARTA DEL PERCORSO - LA STREGA DI BIANZONE - DON CIRILLO VITALIANI

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Piazzeda-Bratta
45 min.
70
E
SINTESI. Saliamo da Bianzone a Bratta (m. 919), seguendo la carozzabile per i maggenghi (ad un bivio andiamo a destra, seguendo la pista con fondo asfaltato). Passiamo sotto l'edificio dell'ex-scuola elementare e ad uno slargo possiamo parcheggiare l'automobile ed incamminarci: sfruttando il Sentiero del Sole iniziamo la traversata a Bratta per la valle di Bianzone. In molti punti il sentiero è scalinato, e nei punti esposti le corde fisse offrono la necessaria sicurezza. Superiamo così, dopo un primo traverso, la valle delle Gande, per poi raggiungere il solco principale della valle, a quota 861. Attraversato il torrente, dobbiamo sormontare l’aspro fianco di uno speroncino roccioso, aiutati dalle corde fisse, per poi guadagnare gradualmente luoghi più tranquilli, in un bel bosco di castagni, anche se un paio di altri passaggi, resi più insidiosi da microsmottamenti del terreno, sono serviti da corde fisse. Alcuni ruderi di baite precedono il maggengo di Bratta, di cui raggiungiamo le baite più occidentali, a quota 973; da qui scendiamo alla strada asfaltata che sale a Bratta da Bianzone, appena sotto il primo cimitero e le baite della contrada Valbuzzi.

Piazzeda e Bratta sono i due nuclei gemelli di mezza costa a monte di Bianzone, separati dal profondo solco della valle di Bianzone. Meritano entrambi di essere visitati, per atmosfere, colori e suggestioni d'antico che offrono. Possiamo andare a vederli entrambi, con una camminata che può essere prolungata in un interessante anello escursionistico.
Prendiamo come punto di partenza Piazzeda, cui possiamo salire in automobile, procedendo come segue. Saliamo con l’automobile attraversando Bianzone e passando a destra di piazza Vanoni (la piazza del Municipio); ad un bivio seguiamo la direzione indicata dal cartello, con fondo marrone, che indica le località di Nemina, Piazzeda, Bollone e Bratta. Proseguiamo sempre sulla strada principale, evitando deviazioni, fino ad un bivio segnalato da cartelli, che indicano a sinistra Nemina e Piazzeda, a destra Bratta e Campei. Prendiamo a sinistra, scavalcando, su un ponte, il torrente della Valle di Bianzone. Ben presto siamo ad un bivio, al quale dobbiamo prendere a sinistra, effettuando un lungo traverso in un punto panoramico (bel colpo d’occhio su Bianzone), prima di trovare il primo tornante dx. Dopo una sequenza dx-sx-dx-sx-dx-sx, arriviamo all’ultimo tornante dx che ci immette all’ultimo traverso prima di Piazzeda.
Le prime case, antichi rustici con interessanti ballatoi in legno, compaiono alla nostra sinistra; poco più avanti, siamo al nucleo della frazione, dove troviamo un cartello di benvenuto in corrispondenza di una stradina che scende, sulla destra, ad un parcheggio. Fermiamoci per una breve visita a questo incantevole paesino. La chiesetta è più in basso, a 919 metri: da qui ne vediamo il campanile. Scendiamo fra le strette viuzze, fino al sagrato. La chiesa è il più basso degli edifici; le case della frazione, rustici interessanti, si addossano le une alle altre alle sue spalle. Vediamo sulla facciata della chiesa che è stata restaurata nel 2000; il campanile reca l’indicazione che è stato edificato nel 1792. Sul lato opposto, rispetto alla facciata della chiesa, troviamo una splendida fontana, interamente ricavata da un unico blocco di pietra; accanto ad essa, un lavatoio. Tornati all’automobile, riprendiamo a salire. La strada passa sotto un edificio assai più moderno dei rustici del paese, sul quale si legge “Scuola elementare”. Poco più avanti, troviamo un pannello illustrativo del territorio di Bianzone ed alcuni cartelli escursionistici, in corrispondenza di un tornante sx della strada, al quale si stacca, sulla destra, una pista. Alcuni cartelli escursionistici del Sentiero del Sole (numerazione 302), il sentiero che effettua una lunga traversata a mezza costa da Montagna in Valtellina a Tirano, segnalano che prendendo a sinistra ci portiamo, in 2 ore e 20 minuti, alla piana ed in 3 ore a Verdomana (località sopra Teglio), per raggiungere, infine, in 5 ore S. Antonio in Val Fontana; prendendo a destra, invece, sulla pista sterrata, raggiungiamo un sentiero attrezzato che attraversa la Valle di Bianzone e porta in un’ora a Bratta (la località gemella rispetto a Piazzeda), a 2 ore ed un quarto a Stavello, sopra Villa di Tirano, ed in 4 ore e mezza il santuario della Madonna di Tirano.
Qui, ad uno slargo, possiamo aprcheggiare l'automobile ed incamminarci: sfruttando il Sentiero del Sole iniziamo la traversata a Bratta. La valle di Bianzone ha un cuore ombroso ed un po’ inquietante, ma l’attrezzatura del sentiero ci aiuta ad affrontarlo con animo più sereno. In molti punti il sentiero, infatti, è pregevolmente scalinato, e nei punti esposti le corde fisse offrono la necessaria sicurezza. Superiamo così, dopo un primo traverso, la valle delle Gande, per poi raggiungere il solco principale della valle, a quota 861. Attraversato il torrente, dobbiamo sormontare l’aspro fianco di uno speroncino roccioso, aiutati dalle corde fisse, per poi guadagnare gradualmente luoghi più tranquilli, in un bel bosco di castagni, anche se un paio di altri passaggi, resi più insidiosi da microsmottamenti del terreno, sono serviti da corde fisse. Alcuni ruderi di baite, ancora imponenti nel loro orgoglio ferito, annunciano che il maggengo di Bratta non è lontano.
Prima di uscire dal bosco, sediamo un attimo a riposare all'ombra degli antichi castagni, ed ascoltiamo la storia della strega di Bianzone che, si racconta, frequentava un tempo proprio questi boschi. Un giorno un signore, con la sua priala (carro a due ruote usato per trasportare la legna raccolta nel bosco) si accingeva a lasciare il paese per andare nel bosco a raccogliere legna. Sul ciglio della strada notò una vecchina che lo guardava fisso fisso, come se volesse dire qualcosa. La guardò, a sua volta, con espressione interrogativa. E quella: "Non ci andare nel bosco, non ci andare". "E perché mai non ci dovrei andare?" "Perché te lo dico io, non ci andare". Al buon uomo scappò un sorriso un po' beffardo: "Ah, lo dire voi? E chi siete per dirmi di non andare? Cosa mi capiterà se non vi do ascolto?" Allora la vecchina fece uno sguardo truce, ma proprio truce, e sibilò: "Vi pentirete di non avermi dato ascolto: il carro si rovescerà e voi perderete tutta la legna." Poi gli volse le spalle e se ne andò. Rimase, l'uomo, qualche istante, sorpreso, poi scrollò le spalle ed imboccò il sentiero che si addentra nella selva. Caricata la legna, prese la strada del ritorno, ma proprio in mezzo al sentiero vide un grande rovo che gli impediva di passare. "Strano, pensò, non l'ho notato venendo nel bosco." Poi prese la roncola e, assestati due colpi decisi e ben diretti, tranciò a metà il tronco del rovo. Tornato in paese, notò un capannello di persone che parlavano fitte. Si appressò per ascoltare, ed ascoltò una signora raccontare quel che era accaduto: la vecchina, proprio quella che aveva incontrato quella mattina, era stata trovata nel suo letto orribilmente uccisa. Era stata tagliata esattamente a metà. Allora capì cos'era veramente accaduto: la vecchina era una strega, che si era tramutata in rovo per mandarlo a gambe all'aria; tranciato il rovo, aveva tranciato la strega.
Probabilmente non troveremo alcun rovo sul sentiero e, senza problemi, raggiungeremo le baite più occidentali del paesino, a quota 973; da qui scendiamo alla strada asfaltata che sale a Bratta da Bianzone, appena sotto il primo cimitero e le baite della contrada Valbuzzi.
Termina qui, dopo circa tre quarti d'ora di cammino, questa traversata nel cuore della valle di Bianzone.
Non possiamo, giunti qui, mancare di visitare la bella chiesetta di San Bernardo di Bratta (toponimo che deriva, forse, da "braida", "prato", o da "sbratà", "sgomberare", o, anche, dal germanico "brata", "frasca"), che raggiungiamo salendo sulla strada principale, a 1043 metri. Si tratta di una chiesetta dedicata ai santi Antonio e Bernardo, già citata dal vescovo Ninguarda, nella sua visita pastorale in Valtellina del 1589, ed edificata sicuramente qualche secolo prima. Possiamo anche proseguire alla volta dei prati di Palfrè, ottimo balcone panoramico sulla catena orobica.
Bratta fu centro abitato permanentemente fino agli anni cinquanta; vi funzionava anche una scuola elementare. Ma non possiamo parlare di Bratta senza menzionare una figura che vi ha impresso un'impronta indelebile, don Cirillo Vitalini, nato a S. Antonio Valfurva il 14 dicembre 1915, parroco a Bratta, frazione di Bianzone, dal 1939 al 1957 e poi a Stazzona, insignito nell'aprile 1995, in occasione del cinquantesimo anniversario della liberazione, di un Diploma di benemerenza dal Presidente della provincia di Sondrio Enrico Dioli, per aver salvato tante vite durante la seconda guerra mondiale, ma anche il paese di Bratta da un incendio di ritorsione per il saccheggio della caserma della Guardia di Finanza a Campione. Don Cirillo è morto nel 2003, lasciando un rimpianto vivissimo in quanti lo hanno conosciuto.
Ecco come egli stesso racconta il tragico periodo della guerra: “Il 9 o 10 di settembre 1943 arrivarono i soldati tedeschi a Tirano, silenziosa e mezza deserta; incontrai in bicicletta, al ponte del Poschiavino il primo reparto a piedi e con profondo rammarico pensai: "Ecco che arrivano!". Immediatamente Don Giuseppe Carozzi di Motta mi inviò ottanta Ebrei da Aprica (dove erano confinati da mesi), donne, bambini, uomini con valige da indirizzare in Svizzera. Parlai prima con il Brigadiere della Guardia di Finanza a Campione sopra Bratta. Essi li presero sotto la loro protezione, li accompagnarono e poi, con loro, si rifugiarono tutti oltre confine. Da quel giorno molte persone salirono a Bratta e per espatriare; parecchie bussarono anche alla mia porta di giorno e di notte. Passò anche un nutrito gruppo di ex soldati italiani che si rifugiarono in Svizzera: erano trafelati; mia sorella Maria preparò loro una pentola di thè, che fu molto gradito. Ricordo che, una notte, Zeno Colò, famoso sciatore d'altri tempi, arrivò a casa mia. Anche lui era un ex soldato e fuggitivo…
Poco tempo dopo Don Camillo Valota, Parroco di Frontale, fu arrestato a Bianzone (in località Prada) mentre accompagnava quattro aviatori inglesi, evasi dalle prigioni nazifasciste, che volevano passare in Svizzera. Aveva disubbidito a un mio preciso consiglio, consegnato per iscritto (e nascosto nelle calze) al ragazzo che egli aveva mandato a chiedermi informazioni: “Precedili o seguili e venite per la campagna e i vigneti”. Invece egli travestì gli aviatori con i suoi abiti talari e, sceso dal treno, passò nel centro di Bianzone davanti al Municipio, dove c’era il segretario repubblichino di origine toscana. Egli si accorse che questi giovani non erano preti perchè gli abiti talari del piccolo Don Valota arrivavano loro quasi alle ginocchia: li fece immediatamente seguire e arrestare. Portati a Villa di Tirano, gli aviatori tornarono prigionieri e Don Camillo, dopo il campo di concentramento italiano di Fossoli fu internato nel lager di Mauthausen. Dopo la liberazione Don Valota ricoprì decorosamente per quarant'anni la carica di Cappellano degli italiani emigrati in Francia. Subito dopo questo fatto Don Francesco Cantoni, Parroco di Bianzone, mi disse: “Fuggi in Svizzera, ti cercano!” Dormii per una settimana nel sottotetto della scuola (che aveva la scala retraibile), finchè il buon Zamariola fece sapere che la cosa si era appianata.
Il 13 settembre 1944 i soldati tedeschi che occupavano la Caserma della Finanza a Campione sopra Bratta, si spostarono momentaneamente a Teglio. A caserma vuota qualcuno ne approfittò: sparirono una trentina di coperte e altrettante lenzuola. I pastorelli (e con loro molti altri), trovate aperte le porte, completarono il saccheggio. Approfittando del telefono che collegava la caserma alla Tenenza di Tresenda i ragazzi misero sull’attenti la Guardia di Finanza che avvisò le autorità nazifasciste. Il giorno dopo giunse voce a Bratta che soldati tedeschi da Campione e repubblichini da Bianzone sarebbero arrivati nella frazione per incendiarla. Fu un fuggi fuggi generale, chi verso la Svizzera in località "Bonget”, chi verso il basso. La frazione era deserta.
Restò solo il parroco; chiesa, casa, archivio e le umili casette con la segale come alimento invernale. Che fare? Ultima risorsa: affrontare i potenziali incendiari tedeschi e fascisti! “Non ci sono partigiani, non sono stati loro” avrei detto “ma ragazzi irresponsabili”. Sapevo che quelli non scherzavano. Ma raccomandatomi a Lui, il Signore, e forte del buon fine che avevo, partii verso la caserma di Campione. Sbucato dal bosco sul prato sotto la caserma vidi una decina di soldati tedeschi, con i mitra spianati contro di me, con l'intenzione di fare fuoco: mi avevano scambiato per un partigiano. Qualcuno li trattenne; “Sentiamo che dice”. Poteva essere stato Nemesio Pasquale che era lassù con la “priala” (carro a due ruote usato nelle strade selciate di montagna) incaricato di portare giù i resti del saccheggio. Lo ringrazio e prego per lui, morto da due anni. Fui accolto dall'ufficale tedesco con una sola frase: “ Scendere e sparare! Scendere e sparare!”. Quando spiegai al soldato interprete, quello che intendevo dire, capirono, si guardarono, si consolarono e scendemmo tranquilli verso Bratta, dove fecero niente di niente; vollero solo il risarcimento del danno. Una loro frase però mi colpì: “Noi siamo della Whermacht (esercito regolare tedesco) ma se ci fossero le SS sarebbe diverso”. Pensai che anche loro fossero credenti, umani. Le SS no; la barbarie maggiore venne da loro. La faccenda durò una decina di giorni, su e giù da Bratta a Bianzone a piedi, finchè riuscii a raggranellare come estrema ratio le 70.000 lire richieste (50.000 lire alla Bratta e 20.000 lire a Piazzeda), oltre alla restituzione della parte recuperata del saccheggio.
Il 29 gennaio 1945 ci fu il bombardamento degli Alleati alla stazione ferroviaria di Bianzone: quattro aerei bombardarono la linea senza gravi conseguenze, poi tornarono a bassa quota e mitragliarono la stazione. Tre persone morirono all’istante: un certo Resta di Villa, una signora di Piazzeda e un’altra di Ardenno; ferirono un certo Battaglia e la signorina Lucia Mazza, maestra a Motta, che era sorella di un mio compagno di sacerdozio, Don Angelo. Ero a Tirano all'Istituto Santa Croce dove studiava mia sorella Amalia; sentito il bombardamento mi precipitai con la bicicletta verso Bianzone sospinto da una leggera tormenta di neve. Sul posto era già presente il Prevosto di Bianzone, Don Francesco Cantoni, che assistette il Battaglia; la maestra Mazza, ormai agonizzante, appena mi vide ebbe un sussulto: forse mi aveva scambiato per il suo fratello prete. Purtroppo, morirono entrambi, dopo aver ricevuto l'Estrema unzione.
Qualche giorno prima della fine della guerra, verso sera, arrivarono a Bratta (lo facevano spesso) sei o sette repubblichini. Si fermarono da me, chiedendomi di entrare a far cuocere alcune uova e mangiare un boccone; li accolsi. Nel frattempo giungeva mia sorella Maria che era andata verso “la bassa“ (pianura padana) a comperare un po’ di farina e riso. Annunciò con poca discrezione che la guerra stava per finire. Il gruppetto di militi impallidì, affrettò la cena, ringraziò e poi scomparve. Verso dove? Forse verso la Svizzera, se erano in tempo ad essere accolti. Il 28 aprile, con la battaglia di Tirano e la resa dei nazifascisti, segnò la fine di quel lungo incubo.”
(citato da http://ricordidiguerra.blogspot.com/1995/08/don-cirillo-vitalini.html). Ecco perché affermate che lo spirito di don Cirillo abita ancora questi luoghi è affermare cosa verissima.
Bratta è anche il punto di partenza di un bellissimo anello escursionistico, che vale la pena di raccontare. Saliamo, seguendo la strada sterrata e superando Palfrè, fino al suo termine, cioè alle baite di Campione, a 1634 metri. Qui imbocchiamo la pista che parte da una piazzola adibita a parcheggio, e, ad un bivio, prendiamo a destra, raggiungendo una bella radura, che attraversiamo verso destra, fino a trovare la partenza di un sentiero che sale nel bosco in direzione est-sud-est, fino ad una bella pianeta. Qui svoltiamo a sinistra e saliamo, decisi, verso nord, in un bel bosco di larici. Raggiunti i prati più alti, proseguiamo tagliandoli verso il limite alto, fino a sormontare il limite della fascia boschiva ed a guadagnare il limite inferiore dei dossi erbosi dei laghetti (vi si trovano, infatti, in alcuni momenti dell’anno, dei piccoli specchi d’acqua).
Salendo a vista, giungiamo ad intercettare il Sentiero Italia che, aggirato il fianco del pizzo Cancano, scende verso le baite dell’alpe Frantelone e di qui all’alpe Lughina. Seguiamolo in direzione opposta, cioè verso sinistra, fin sotto l’evidente e facile sella del Colle (o Collo) d’Anzana (m. 2224), passo per il quale si accede alla val Saiento, in territorio svizzero.
Torniamo ora sul Sentiero Italia e seguendo le indicazioni di un cartello, posto su un pianoro erboso a valle del passo, volte le spalle al passo, scendiamo per breve tratto verso sinistra, fino a trovare due sassi con altrettanti segnavia bianco-rossi. Siamo ad un bivio: continuando a sinistra imbocchiamo il sentiero,
segnalato, che torna a Campione, mentre prendendo a destra scendiamo agli alpeggi di Nemina. Andiamo, dunque, a destra, portandoci, dopo poche decine di metri, ad un abete alla cui base vediamo un sasso con un nuovo segnavia. Parte da qui un sentiero che scende, diretto, sul ripido fianco occidentale della Valle di Bianzone, superando alcune vallecole, fino a confluire, a quota 2090 circa, nel punto terminale di una pista sterrata.
Seguendola, tocchiamo gli alpeggi di Nemina di mezzo (m. 1571) e Nemina bassa (m. 1338), luoghi veramente splendidi. Da Nemina bassa proseguiamo la discesa sulla pista, fino al bivio di quota 1120 circa (Sentiero del Sole); qui, invece di prendere a destra (pista per i maggenghi sopra Teglio), restiamo sulla pista principale, che effettua un tornante a sinistra. Dopo una coppia di tornanti dx-sx, il fondo della pista si fa asfaltato e, concluso un lungo traverso, ci ritroviamo alla parte alta dei prati di Piazzeda, alle spalle dell'ex-scuola elementare, nel punto in cui parte la pista (Sentiero del Sole) che porta al sentiero il quale effettua la già descritta traversata a Bratta. Qui ritroviamo l'automobile. Si chiude così questo interessante quanto impegnativo anello, che comporta un dislivello di circa 1100 metri e circa sei ore di cammino.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
Apri qui la carta on-line


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