Cimaganda-Avero Gualdera-Avero Dalò-Avero Lago dell'Acquafraggia-Avero
Traversata Avero-Dalò Traversata Avero-Acquafraggia Cartina del percorso Galleria di immagini


L'alpe Avero

La val d’Àvero nei documenti del passato, “Vallis Averi” o “Vallis Aueri”) non è fra le più note fra le valli della Valle Spluga, o Valle di San Giacomo, o Valle del Liri (ma da queste parti, e lo si vede sugli autoveicoli, si va fieri della tradizionale denominazione di “Val di Giüst”, valle dei Giusti). Il suo solco si apre ai piedi del versante meridionale del pizzo Stella (m. 3163), che, invece, della Valle Spluga è una delle cime più note. Nella sua parte alta (dove assume anche il nome di valle delle Valene) si presenta come un anfiteatro di pascoli non amplissimo, ma comunque di un certo respiro, mentre nella sua parte bassa si restringe ad un solco incassato ed orrido, che confluisce nella Valle del Liri appena a monte del celebre santuario di Gallivaggio (il nuovo ponte in costruzione nel 2013, dopo la frana dell’inverno precedente, ne scavalca proprio la parte terminale). Accanto alla denominazione invalsa nell’uso, è attestata anche quella di Val Virasca, dal nome del suo torrente principale (toponimo interessante: l’etimo è forse dalla radice “vir-“, che si conserva anche nel verbo “virare”, quindi nel significato di svolta, turbine, ad indicare la forza impetuosa delle acque – “vir”, in latino, significa, appunto, “forza”). Ma, anche qui, il torrente è conosciuto ormai da tutti con la denominazione di “Avero”. Baricentro della valle è il bell’alpeggio di Avero (m. 1678), uno dei più caratteristici dell’intera Valchiavenna (nei documenti del secoli passati veniva chiamato “Avero di Valle”, cioè Avero della Val San Giacomo). Incerto l’etimo: il Sertori Salis ipotizza la derivazione da un germanico “aber-eber” che significa “cinghiale”. Nonostante la sua posizione un po’ decentrata e la non accessibilità agli autoveicoli (anche gli autorizzati arrivano al motto di Bondeno, poi devono traversare, su sentiero, con una cinquantina di minuti di cammino, peraltro su saliscendi poco faticosi), non è luogo solitario, ma d’estate si anima della vita dei residenti stagionali che trovano qui una sorta di oasi sottratta alle noie ed ai fastidi della stressante quotidianità. Ma andarci quando non c’è nessuno regala davvero il senso di una solitudine un po’ malinconica, ma anche dolce e raccolta.

CIMAGANDA-AVERO;
ANELLO CIMAGANDA-AVERO-MOTTO DI BONDENO-GUALDERA-CAMPODOLCINO-CIMAGANDA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cimaganda-Avero
3 h
840
E
SINTESI. Saliamo sulla ss 36 dello Spluga, oltre S. Giacomo-Filippo, a Cimaganda (m. 900), parcheggiando ad una piazzola a destra poco oltre le ultime case. Imbocchiamo il sentiero che sale verso est, su un corpo franoso, con diverse svolte, poi piega a destra e traversa verso sud-est, attraversa una valletta e si porta ad un dosso con croce in legno (m. 1461), sul fianco settentrionale della bassa Val d'Avero. Piegando a sinistra procediamo quasi in piano verso est, tagliando il ripido fianco della Val d'Avero. Il sentiero piega a destra e ci porta a guadare il ramo settentrionale del torrente Avero, raggiungendo poi le baite delle Zoccane (m. 1470). Qui pieghiamo subito a sinistra ed imbocchiamo il sentierino che sale sul filo di un dosso verso est. Giunti ad una radura, pieghiamo a destra e guadiamo anche il ramo meridionale del torrente, per salire infine al limite inferiore dei prati di Avero (m. 1678).

L’itinerario di accesso classico è dal motto di Bondeno, cui giunge una pista che parte da Gualdera ed è chiusa al transito dei veicoli non autorizzati. Gli amanti del trekking, però, forse preferiranno un sentiero assai meno battuto e più faticoso, ma molto interessante, che parte dalla località di Cimaganda (m. 900). Si tratta dell’ultimo nucleo che si incontra salendo lungo la statale 36 dello Spluga, prima della galleria dello Stuzz e di Campodolcino. Se prendiamo come punto di riferimento il santuario di Gallivaggio, annotiamo che, proseguendo verso Campodolcino, incontreremo in nuclei di Lirone, Vho e, appunto, Cimaganda. Facile capire il perché del nome: qui è davvero il trionfo delle gande, perché una gigantesca paleofrana, staccatasi dal fianco occidentale del Motto di Bondeno, ha disseminato il fianco orientale ed il fondo della valle di massi di dimensioni anche ragguardevoli, massi di gneiss molto compatto, davvero allettanti per i cultori del bouldering. Raggiunta Cimaganda, oltrepassiamo le poche case e raggiungiamo, poche decine di metri oltre, una piazzola, a destra della strada ed a lato del muraglione di cemento che delimita l’alveo di un torrente secondario.

La Crus

Qui notiamo anche un cartello escursionistico, che segnala la partenza del sentiero B27 e dà Avero ad un’ora e 40 minuti (in realtà ce ne vogliono quasi tre). Lasciata l’automobile alla piazzola (m. 900), imbocchiamo il sentiero, all’inizio poco marcato, poi più evidente, facendo attenzione fin da subito ai massi che posso risultare umidi e molto scivolosi. L'intero percorso è segnalato da segnavia bianco-rossi, ma non ci sono davvero pericoli di perdere il sentiero. Il primo tratto avviene all’ombra di una selva, poi usciamo all’aperto ed iniziamo la faticosa salita verso la croce già visibile da Cimaganda, tenendoci sempre a destra del vallone del torrentello sopra menzionato. Il sentiero procede, con numerose svolte, dapprima in direzione nord-est. Ad un certo punto comincia a tagliare, più volte, il corpo della frana che occupa buona parte del versante, ed abbiamo modo di apprezzare l’imponenza della colata scaricata dal tormentato fianco della valle, ma anche di incontrare da vicino qualche masso ciclopico, che incute un arcano timore. Apprezziamo anche l’eleganza del tracciato, perché in alcuni punti è lastricato con cura. Una cura riservata agli animali, non agli uomini, perché le mucche che salivano all’alpe non rischiassero infortuni dolorosi per loro ma ancor più per i proprietari, che le avrebbero dovute macellare. Proprio quando parrebbe voler scendere nel vallone (attenzione ad un passaggio un po’ esposto), cambia bruscamente idea, e piega a destra (direzione sud-est), proponendo anche, dopo una breve discesa, un tratto ben scalinato. Raggiungiamo, ora, un versante erboso molto ripido: dopo qualche svolta, il sentiero ci porta, alla fine, al modesto poggio che ospita la “Crus” (m. 1461), cioè la menzionata croce in legno che domina dall’alto Cimaganda, e che è stata poggiata nel 1954, a ricordo delle Sante Missioni.


Zoccane

Il poggio (da qui non lo percepiamo) è sospeso su un orrido precipizio. Quello che vediamo chiaramente è il drastico mutamento di scenario. Improvvisamente, eccolo, il solco della val d’Avero, che prima era rimasto interamente nascosto. Ne vediamo anche una parte della testata, il crinale che scende a sud-est dal pizzo Stella. Molto più vicino, sul lato opposto della valle rispetto al nostro, ecco l'orrido spettacolo di uno scuro roccione che scende verticale sul fondo della valle. Il sentiero, sempre ben marcato, procede ora in leggera discesa, assumendo la direzione est. In qualche tratto vediamo, diritta davanti a noi, ma ancora lontana, la verde striscia dei prati di Avero, che interrompe la trama compatta del bosco. Una croce in ferro, sul lato, ricorda il luogo nel quale cadde Alessandro Buzzetti. Stiamo tagliando l'aspro e scosceso fianco settentrionale della valle, ma non ce ne rendiamo conto, perchè siamo circondati da una fascia di ontani. Dopo l'improba fatica della salita (di quasi un paio d'ore) del versante Cimaganda-Croce, ci sembra ora di volare, anche quando la discesa termina e cominci qualche saliscendi, che propone anche l'attraversamento di alcuni piccoli valloni. Ci sorprende, ad un certo punto, un gruppo di baite diroccate (m. 1470), che davvero suscitano l'interrogativo di che cosa potesse dare la montagna in luoghi così selvaggi. Mentre rimuginiamo fra noi e noi, eccoci ad un guado. Il ramo settentrionale del torrente Avero (che si congiunge con quello meridionale più a valle) ci sbarra la strada. Ponti non ce ne sono, per cui bisogna sfruttare i sassi sapientemente disposti. Nel periodo del disgelo o dopo abbondanti precipitazioni è impossibile non bagnarsi i piedi: teniamone conto.


Alpe Avero

Appena oltre il guado, un breve tratto di bosco ci separa dai prati delle Zoccane (m. 1480), un gruppo di stalle e fienili di straordinario interesse. Sono tutti in legno, con tetto in piode, e sono costruiti con la tecnica del “carden”. Si tratta di una tecnica costruttiva importata probabilmente da popolazioni Walser, ed è denominata anche “block-bau”: vi ha un’importanza decisiva, appunto, il legno, in quanto le pareti sono, in parte o totalmente, costituite da travi ricavate da tronchi di larice, abete o castagno, che venivano scortecciati (fienili) o squadrati (abitazioni), per poi essere intrecciati ad incastro (cioè incardinati, da cui “carden”) negli angoli della costruzione (cfr. il bel sito www.viedeicarden.it, dedicato a questo aspetto della civiltà contadina del passato). Visitate le costruzioni, ancora in discreto stato di conservazione, siamo presi da un secondo interrogativo: ma com'è possibile che gli alpigiani di Avero avessero costruito qui, 200 metri di dislivello più in basso rispetto ad Avero, le stalle dove custodire il bestiame? In effetti si tratta di una singolarità che ha poche analogie. Per sperimentare la distanza fra Zoccane ed Avero, dobbiamo rimetterci in cammino. Il sentiero riparte dal limite delle baite al quale siamo giunti (non da quello opposto, dove c'è un sentiero che scende ad una presa che cattura le acque del torrente). Un sasso con una freccia corredata dalla scritta “Avero” ci impedisce di sbagliare. Lasciata alle spalle una simpatica fontana, riprendiamo a salire, immergendoci subito in uno splendido bosco di larici. Ben presto ci rendiamo conto che stiamo procedendo sul filo di un alto dosso che separa i due rami del torrente Avero. La cornice è davvero splendida, perché incontriamo larici di dimensioni ragguardevoli e dal superbo portamento. Il sentiero esce, poi, ad una bella radura, silenziosa, amena, davvero incantevole. Oltrepassata la radura, ecco, sulla destra, il secondo guado, ancora da sinistra a destra: dobbiamo misurarci anche con il secondo ramo del torrente Avero, e valgono le medesime considerazioni espresse per il primo.


Avero

Poi, finalmente, eccoli, i prati dell'alpe Avero (m. 1678), di cui raggiungiamo il limite inferiore, più o meno sulla verticale della chiesetta che è posta sul limite inferiore delle baite. Se dovessimo tornare per la medesima via di salita, annotiamo mentalmente un paletto con freccia che indica, per chi sta più in alto, il punto di partenza del sentiero che abbiamo percorso. In estate troveremo il tranquillo pascolo di cavalli, capre e mucche. Salendo verso le baite, notiamo, alla nostra destra, lo scheletro di un larice abbattuto, con un cartello: “Ricordo della valanga aprile 1986”. Si tratta di una rovinosa valanga che distrusse buona parte delle 50 baite di cui era costruito l'alpeggio. Una ferita gravissima, ma non mortale: diverse baite sono state ricostruite, la gente non ha abbandonato questo luogo. Poco distante, un'altalena, un tavolo in legno, una fontana datata 2002 ed una piccola edicola dedicata alla Madonna Signora di Gallivaggio ed il recinto che contorna tutti i lati del nucleo di baite, impedendo l'accesso del bestiame. Procedendo in diagonale verso destra, siamo al cancelletto con segnavia bianco-rosso: oltre la sua soglia, un sentiero scende verso destra e si immerge nel bosco. Si tratta del sentiero, segnalato, che effettua una suggestiva traversata fino a Dalò, passando per l'alpeggio di Olcera (il sentiero è ben segnalato, ma attraversa luoghi davvero orridi con alcuni punti esposti, per cui richiede esperienza escursionistica e buone condizioni di terreno). Passando alti sopra il limite delle baite, verso l'estremo opposto, potremo osservarne la disposizione geometrica. Sul fondo, oltre la soglia della valle, gli alpeggi a monte di Campodolcino ed il crinale sul quale si distinguono due selle, il passo dell'Alpigia, a sinistra, e quello del Servizio, a destra, entrambi aperti sul bacino del Truzzo, che ovviamente da qui resta nascosto.


Baite di Avero

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Avero-Bondeno-Gualdera-Campodolcino-Cimaganda
3 h
150
E
SINTESI. Ci portiamo al limite alto di sinistra (nord-est) delle baite di Avero e troviamo la partenza di un sentiero che supera due rami del torrente e procede con saliscendi in una macchia di larici e su un brullo versante, fino al pianoro del Motto di Bondeno (m. 1786). Seguiamo ora la carozzabile che scende passando a monte di Bondeno di Fuori (m. 1660). Poco più avanti, vediamo, sempre in basso, le baite e la chiesetta di Bondeno di Mezzo (m. 1636) ed infine il nucleo maggiore, Bondeno di Dentro (m. 1635). Poco oltre vediamo sulla sinistra della carozzabile un sentierino che scende per via più diretta. Seguendolo, raggiungiamo la parte alta dei prati di Palù (m. 1434), dove termina anche la pista, innestandosi sulla strada asfaltata che sale da Campodolcino e Gualdera. Seguendo la strada, scendiamo al nucleo di Gualdera (m. 1403). Giunti in vista di una pozza lasciamo la strada e seguiamo il sentiero che la costeggia; lasciando a sinistra un ponticello in legno, volgiano a destra, superiamo una porta fra alcuni massi ed attraversiamo una fascia di prati (attenzione ai segnavia). Entrati nel bosco, scendiamo a lato di un torrentello, fino ad intercettare la strada Campodolcino-Fraciscio. La lasciamo però subito, perché pochi metri più in là, sulla sinistra, il sentiero, largo e ripido, riprende, e così più volte. Alla fine siamo alle case della frazione Tini di Campodolcino. Scendendo lungo la ss 36 dello Spluga (attenzione nella galleria dello Stuzz) ci riportiamo all'automobile.


Sentiero Avero-Motto di Bondeno

Sul lato opposto del nucleo, quello settentrionale, troviamo il punto di arrivo del sentiero utilizzato normalmente per accedere all'alpe, partendo dal Palù di Gualdera o, se siamo autorizzati, dal parcheggio del Motto di Bondeno. Troviamo anche alcuni cartelli escursionistici: il più alto segnala il percorso prima menzionato, che scende a Dalò in 3 ore, a Pianazzola in 3 ore e 45 minuti o a San Giacomo sempre in 3 ore e 45 minuti; segue il cartello del percorso B27, che sale al passo di Avero in 2 ore, traversa a Carmezzano in 2 ore e 20 minuti e scende al lago dell'Acquagraggia in 3 ore; il terzo cartello si riferisce al sentiero che abbiamo percorso, e dà Cimaganda ad un'ora e 20 minuti; il quarto, infine, segnala che percorrendo il sentiero a pochi metri si traversa in 40 minuti al Motto di Bondeno ed in un'ora e 10 minuti a Gualdera.


Bondeno di Mezzo

Ed è proprio questo il sentiero che possiamo sfruttare, se non vogliamo tornare per la medesima via di salita. Questa alternativa richiede un'ora abbondante di cammino in più (3 ore contro 2 scarse), ma offre due vantaggi: ci evita la penosa (per le nostre ginocchia) discesa sul versante di Cimaganda e, cosa di maggior pregio, ci porta a conoscere gli splendidi alpeggi di Bondeno, Palù e Gualdera, vere perle della Val di Giüst. Imbocchiamolo, dunque. La traversata propone diversi saliscendi, ma ha un andamento complessivo a salire, in quanto porta al Motto di Bondeno, che è posto a 1786 metri, quindi più in alto di Avero. Si tratta di un poggio quasi sospeso sull'abisso, come possiamo vedere bene da Avero. Superati due rami del torrente Avero su comodi blocchi e su un bel ponte in pietra (ricordiamoci di richiudere il cancelletto), iniziamo la traversata, nel cui primo tratto restiamo entro il rassicurante abbraccio di un bosco di larici, incontrando anche una fresca fontanella. Il bosco poi gradualmente prende congedo, consegnandoci ad un versante brullo e scosceso. Diverso, qui, sono i passaggi esposti, ma il sentiero è molto largo e corredato da corrimano sul lato esposto o su quello verso monte. Non mancano però i passaggi suggestivi, fra cui il Crot de la Meràas, grande masso-ricovero che, come recita un cartello, costituisce “luogo di sosta e di riflessione per uomini e capre”. Siccome però, per il noto sillogismo dell'escursionista, non siamo capre ma neppure siamo sicuri del nostro essere uomini (come? Non conoscete il sillogismo? Eccolo: il cane è il migliore amico dell'uomo; il cane abbaia furioso contro l'escursionista; l'escursionista, dunque, ...), tiriamo diritti.


Gualdera

Superati alcuni valloni, raggiungiamo infine la spianata dei prati del Motto di Bondeno (m. 1786), dove un ampio parcheggio segnala che qui giunge una carozzabile che parte da Gualdera. E si aprono scenari più dolci, domestici, tranquillizzanti. Si tratta ora di seguire, per un buon tratto, la carozzabile con fondo in cemento che, come detto, è chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati. Dopo aver incontrato, sulla sinistra, la pista che confluisce sulla carozzabile dalla cava di Pianello, vediamo, in basso, sempre a sinistra, un cocuzzolo di prati con un nucleo di baite: è l'alpe di Bondeno di Fuori (m. 1660). Poco più avanti, vediamo, sempre in basso, le baite e la chiesetta di Bondeno di Mezzo (m. 1636) ed infine il nucleo maggiore, Bondeno di Dentro (m. 1635). Guardando davanti a noi, riconosciamo, lontane, a nord-ovest, alcune delle più importanti cime della Val di Giüst, dai gemelli Pizzi Piani, proseguendo in senso orario, ai pizzi Ferrè e Tambò, per finire con il gruppo del Suretta, che si comincia ad intravvedere.


Gualdera

Superata la pista che si stacca dalla carrozzabile per raggiungere le vicine baite di Bondeno di Dentro, troviamo, poco più avanti, la segnalazione di un sentiero che se ne stacca per scendere più diretto verso Palù e Gualdera. Lo imbocchiamo. In diversi punti riaggancia la pista per sganciarsene subito. Alla fine, usciamo dallo splendido bosco di larici nella parte alta dei prati di Palù (m. 1434), dove termina anche la pista, innestandosi sulla strada asfaltata che sale da Campodolcino e Gualdera. Il luogo è splendido e d'estate molto frequentato da villeggianti. Seguendo la strada, scendiamo al nucleo di Gualdera (m. 1403), che superiamo, raggiungendo una zona di terreno torboso con due belle pozze. Appena oltre la seconda, sulla sinistra vediamo un cartello che dà Campodolcino a 40 minuti.


Gualdera

Lasciamo, dunque, la strada ed imbocchiamo un sentierino che costeggia la pozza più grande e, lasciando a sinistra un ponticello in legno, volge a destra, supera una porta fra alcuni massi ed attraversa una fascia di prati (prestiamo attenzione ai segnavia). Entrati nel bosco, scendiamo a lato di un torrentello, fino ad intercettare la strada Campodolcino-Fraciscio. La lasciamo però subito, perché pochi metri più in là, sulla sinistra, il sentiero, largo e ripido, riprende, e così più volte. Chi lo trovasse eccessivamente ripido può, ovviamente, seguire la strada, allungando la discesa di 10-15 minuti. Alla fine, con gran sollievo, siamo alle case della frazione Tini di Campodolcino. Prendendo a sinistra, attraversiamo la parte meridionale del paese, che si distende lungo la statale 36, passando per le frazioni di Pietra e Prestone.


Laghetto di Gualdera

Poco prima di lasciarlo, vediamo, sul lato destro della strada (per chi scende verso Chiavenna) il cartello che segnala la Via Spluga, la quale scende fino al Cimaganda. Se scegliamo di seguirla, calcoliamo 20-30 minuti in più di cammino. Se invece optiamo per la discesa sulla ss 36, ricordiamo che, poco oltre l'uscita dal paese, si trova la galleria dello Stuz (343 metri),ben illuminata e con bordino rialzato su cui camminare, ma pur smepre antipatica da attraversare a piedi. In alternativa, sulla destra si può imboccare un brevissimo tratto della vecchia galleria e della precedente statale, che si ricongiunge con la nuova al termine della galleria (in tal caso passiamo per una palestra di arrampicata della Guardia di Finanza). Dopo lo Stuzz, manca solo un quarto d'ora alla piazzola presso Cimaganda, dove abbiamo parcheggiato l'automobile, che recuperiamo dopo circa 6 ore di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 990 metri).


Laghetto di Gualdera

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GUALDERA-AVERO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Gualdera-Bondeno-Avero
2 h
270
E
SINTESI. A Campodolcino, dopo la chiesa di S. Giovanni, prendiamo a destra salendo verso Fraciscio. Ad un bivio prendiamo a destra e saliamo a Gualdera, proseguendo fino a Palù (m. 1464), dove parcheggiamo l'automobile. Ci incamminiamo su un sentiero che taglia per due volte la carozzabile, poi, appena prima di Bondeno di Dentro (m. 1635). Ignorata la pista che si porta alle baite, stiamo sulla sinistra e continuiamo a seguire la pista principale, passando alti sopra i nuclei di Bondeno di Mezzo (m. 1636) e il cocuzzolo di Bondeno di Fuori (m. 1660). La pista raggiunge, poi, lo svincolo per la cava di Pianello; ignorato anche questo, restiamo sulla sinistra e raggiungiamo la spianata, con ampio parcheggio, del Motto di Bondeno (m. 1786). Il sentiero, segnalato, parte sul limite di sinistra dell'ampio pianoro, entrando in una macchia di larici, per poi uscirne ed attraversare, con diversi saliscendi, alcuni valloncelli (tratti esposti protetti da corrimano). Entriamo poi in un bel bosco di larici e dopo un ultimo tratto in discesa attraversiamo due torrentelli e raggiungiamo il limite settentrionale dell'alpe di Avero (m. 1678)


Gualdera

L'accesso più tradizionale ad Avero avviene seguendo a rovescio il percorso sopra descritto. In sintesi: a Campodolcino lasciamo la ss 36 dello Spluga, in corrispondenza della chiesa parrocchiale, dove imbocchiamo, sulla destra, la strada per Fraciscio. Prima di raggiungere questa località, però, imbocchiamo, sulla destra, la deviazione segnalata per Gualdera. Superato un ponticello, passiamo per la località di Mottala e siamo alla splendida conca di Gualdera. Proseguendo sulla stradina asfaltata, ci portiamo alla piana di Palù, dove inizia la carozzabile chiusa al transito dei veicoli non autorizzati. Lasciata qui l'automobile (m. 1434), ci incamminiamo sulla pista in cemento, lasciandola, però, non appena troviamo, sulla destra, il sentierino che risale il bosco di larici. Intercettiamo, così, più volte la pista, lasciandola subito dopo, fino a raggiungere l'alpe di Bondeno di Dentro (m. 1635).


Bondeno di Mezzo

Ignorata la pista che si porta alle baite, stiamo sulla sinistra e continuiamo a seguire la pista principale, passando alti sopra i nuclei di Bondeno di Mezzo (m. 1636) e il cocuzzolo di Bondeno di Fuori (m. 1660). La pista raggiunge, poi, lo svincolo per la cava di Pianello; ignorato anche questo, restiamo sulla sinistra e raggiungiamo la spianata, con ampio parcheggio, del Motto di Bondeno (m. 1786). Il sentiero, segnalato, parte sul limite di sinistra dell'ampio pianoro, entrando in una macchia di larici, per poi uscirne ed attraversare, con diversi saliscendi, alcuni valloncelli (tratti esposti protetti da corrimano). Superato il Crot de la Meràas, grande masso-ricovero che, come recita un cartello, costituisce “luogo di sosta e di riflessione per uomini e capre”, entriamo in un bel bosco di larici e passiamo sopra una fontanella. Un ultimo tratto in discesa porta ad attraversare due torrentelli ed a raggiungere il limite settentrionale dell'alpe di Avero (m. 1678), dopo circa due ore di cammino (il dislivello approssimativo in salita è di 270 metri).


Avero

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DALO'-AVERO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Uggia-Dalò-Cassinaccia-Olcera-Val Zerta-Motto-Avero
5 h
1150
EE
SINTESI. Lasciamo la ss. 36 dello Spluga a S. Giacomo-Filippo e saliamo alla parte alta del paese, imboccando la sradina che sale ad Uggia (m. 700). Parcheggiamo qui e roseguiamo seguendo la mulattiera che porta a Dalò (m. 1108). Portiamoci alla piazzetta centrale, dove troviamo una fontana e le indicazioni per l’imbocco del sentiero che sale ad Albareda (m. 1171). Superati due vcalloni, saliamo con rapidi tornantini a Cassinaccia (m. 1488). Attraversiamo poi il vallone di Olcera e saliamo ai pati dell'alpe Olcera (m. 1544). Ignoriamo la deviazione, a destra, per Crespallo e proseguiamo affacciandoci al selvaggio e pauroso circo terminale della Val Zerta. Scendiamo al centro della valle e risaliamo sul fianco opposto, fra ghiaioni e tratti esposti (corrimano), Superato il vallone del Caurgone, ci affacciamo al poggio della Motta Secca, dove si trovano i prati e le baite del Motto (m. 1670). Entriamo così alla Val d’Avero, ed iniziamo la traversata verso est che ci porta al limite meridionale dei prati di Avero (m. 1678) .


Dalò

Esiste una terza, più lunga ed impegnativa via di accesso ad Avero, costituita dalla lunga traversata da Dalò, il nucleo che riposa sul terrazzo posto quasi a spartiacque fra la Val di Giüst e la Val Bregaglia. Si tratta di una traversata che richiede esperienza escursionistica e buone condizioni di terreno. La strada per Dalò parte da San Giacomo Filippo (se saliamo da Chiavenna sulla ss 36 dello Spluga, qui giunti dobbiamo staccarcene, sulla destra, al cartello che annuncia la sua partenza). Il traffico è però aperto a tutti i veicoli solo fino al nucleo di Uggia (m. 700), per cui dobbiamo parcheggiare qui l’automobile e proseguire sulla pista o sulla mulattiera fino al limite die prati di Dalò (m. 1108), dove ci accoglie la graziosa chiesetta dedicata a San Michele e incorniciata dalla tristemente famosa parete nord del pizzo di Prata.


Dalò

Dobbiamo, ora, portarci alla piazzetta centrale, dove troviamo una fontana e le indicazioni per l’imbocco del sentiero. Nel primo tratto risaliamo i prati a monte delle baite, verso nord, entrando in una bella pecceta. Il sentiero è qui largo e ben segnalato. Dopo un primo tratto quasi in piano, superiamo il nucleo di Albareda (m. 1172) e due avvallamenti (Valle Rovinone e Valle del Ciri). Iniziano le serrate serpentine in ripida salita, con tratti elegantemente scalinati, che ci portano ai 1488 metri dei prati di Cassinaccia. L’andamento, che mantiene la direzione nord, torna quasi pianeggiante e ci porta alla Valle di Olcera, e qui scendiamo a superare il torrente omonimo su un ponte dal quale si può ammirare una cascata. Sul versante opposto torniamo a salire, fino a raggiungere un grande masso aggettante sotto il quale stanno quasi accovacciate due baite.


Apri qui una fotomappa della traversata da Dalò al Motto

Sono il primo segno dell’alpe di Olcera (m. 1544), ai cui prati approdiamo salutati da una croce in legno posta presso un grande masso. Poco sopra, le baite dell’alpe, terrazzo estremamente panoramico sulla bassa Val Chiavenna. Ignoriamo la deviazione, a destra, per Crespallo e proseguiamo affacciandoci al selvaggio e pauroso circo terminale della Val Zerta, Sito di Interesse Comunitario dell’Unione Europea. Inizia la discesa verso il fondovalle, con una diagonale in direzione nord-est che taglia alcuni aspri valloni, che scaricano slavine e sassi nel periodo del disgelo (sconsigliato). Dal fondo della valle comincia la risalita, dapprima su ghiaioni, poi su lembi di boscaglia sospesi su paurosi salti di roccia. Il sentiero, che descrive un arco di cerchio in senso antiorario, è qui accuratamente scalinato, ma esposto, ed il corrimano alla nostra destra sembra quanto mai opportuno. Superato il vallone del Caurgone, torniamo su terreno più rassicurante, cioè al poggio della Motta Secca, dove si trovano i prati e le baite del Motto (m. 1670). Ci affacciamo così alla Val d’Avero, e vediamo, al suo centro, la verde striscia di Avero. Raggiungiamo il suo limite meridionale percorrendo l’ultimo tratto della traversata, in una bella pecceta, con qualche saliscendi. Al momento di tirare le somme registriamo almeno 5 ore di cammino, necessarie per superare un dislivello approssimativo di 1150 metri.


Olcera

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TRAVERSATA ACQUAFRAGGIA-AVERO PER IL PASSO DELL’AVERO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Lago dell'Acquafraggia-Passo dell'Avero-Avero
2 h e 30 min.
300
EE
SINTESI. Dal lago dell'Acquafraggia procediamo verso ovest, fino a giungere in vista del laghetto di Piangesca e dell'omonimo alpeggio (m. 2097). Qui lasciamo alla nostra sinistra l'itinerario per il lago e l'alpe dell'Acquafraggia, e prendiamo a destra, in direzione ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi. Procediamo piegando leggermente a sinistra, in direzione sud-ovest e, risalito un valloncello, lo attraversiamo verso sud; sul lato opposto, pieghiamo a sinistra (sud-est), tornando per breve tratto in direzione del lago di Acquafraggia. Raggiunto il filo di un dosso, pieghiamo a destra, procedendo a sud-ovest ad attraversando un secondo vallone. Sul lato opposto, dopo un breve tratto pieghiamo a ncora a destra, raggiungendo il filo del crinale che scende dal promontorio quotato 2384 metri. Piegando a destra (ovest), tagliamo in diagonale il ripido versante erboso dell'alta Valle dell'Acqua Calda, esposto a sud, perdendo leggermente quota. Dopo leggera risalita, doppiamo un costone che ci fa accedere all'alta valle di Carmezzano e passiamo poco a monte delle baite di Carmezzano (m. 2121). Raggiunto il centro della valle, procedendo sempre con attenzione (i versanti sono ripidi ed insidiosi), affrontiamo, sul versante opposto, la breve salita che ci porta al passo d'Avero (m. 2332). Dall'ampia sella del passo cominciamo la facile discesa in Val d’Avero, tenendo più o meno il centro di un ampio canalone (direzione nord-ovest), finché, giunti in vista di un masso centrale, quotato 1890 metri, pieghiamo a sinistra e passiamo alla sua sinistra, procedendo su un terreno di massi e macereti. I segnavia dettano il percorso più comodo, che comunque mantiene la direzione ovest. Superata una fascia di larici, siamo in vista della parte alta delle baite Avero (m. 1678), che raggiungiamo scendendo l'ultima fascia di prati.

Se ci troviamo al lago dell'Acquafraggia (o al bivacco Chiara e Walter) possiamo sfruttare una quarta possibilità di accesso ad Avero, questa volta dall'alto, per il passo dell'Avero, sul sentiero B27 (primo tratto dell'ultima tappa del Trekking della Valle Spluga). Il cartello al punto di arrivo del sentiero Savogno-Acquafraggia dà Carmezzano ad un'ora ed un quarto, il passo d'Avero ad un'ora e 40 minuti ed Avero a 2 ore e 45 minuti.
Prendiamo, dunque, a sinistra (con faccia a monte, cioè ad ovest), passando per il laghetto di Piangesca e l'omonimo pascolo (m. 2097). Lasciando alla nostra destra l'itinerario per il Passo di Lei, che prosegue alle spalle delle cascine, attraversiamo il pascolo, restando sul lato sinistra. Seguendo i segnavia bianco-rossi, pieghiamo a sinistra (sud) e, risalito un valloncello, lo attraversiamo verso sud e, sul lato opposto, pieghiamo a sinistra (est), tornando in direzione del lago di Acquafraggia.


Sella di quota 2384

Sella di quota 2384 e pizzo Somma Valle

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Discesa dal passo d'Avero

Discesa dal passo d'Avero

Discesa dal passo d'Avero

Raggiunto il filo di un dosso, pieghiamo a destra, procedendo a sud-ovest ad attraversando un secondo vallone. Sul lato opposto, dopo un breve tratto pieghiamo a ncora a destra, raggiungendo il filo del crinale che scende dal promontorio quotato 2384 metri. Piegando a destra (ovest), tagliamo in diagonale il ripido versante erboso dell'alta Valle dell'Acqua Calda, esposto a sud, perdendo leggermente quota. Dopo leggera risalita, doppiamo un costone che ci fa accedere all'alta valle di Carmezzano e passiamo poco a monte delle baite di Carmezzano (m. 2121).
Raggiunto il centro della valle, procedendo sempre con attenzione (i versanti sono ripidi ed insidiosi), affrontiamo, sul versante opposto, la breve salita che ci porta al passo d'Avero (m. 2332). Dall'ampia sella del passo cominciamo la facile discesa in Val d’Avero, tenendo più o meno il centro di un ampio canalone (direzione nord-ovest), fihché, giunti in vista di un masso centrale, quotato 1890 metri, pieghiamo a sinistra e passiamo alla sua sinistra, procedendo su un terreno di massi e macereti. I segnavia dettano il percorso più comodo, che comunque mantiene la direzione ovest. Superata una fascia di larici, siamo in vista della parte alta delle baite Avero (m. 1678), che raggiungiamo scendendo l'ultima fascia di prati.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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AVERO-LAGO DELL'ACQUAFRAGGIA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Avero-Passo dell'Avero-Val Carmezzano-lago dell'Acquafraggia
3 h e 30 min.
600
EE


Valle dell'Avero

Da Avero esiste solo una possibilità di traversare alti, sfruttando il passo d’Avero (m. 2332) e percorrendo a rovescio la traversata descritta sopra.
Un cartello posto all’ingresso settentrionale di Avero dà il passo di Avero a 2 ore, Carmezzano a 2 ore e 20 minuti ed il lago (sottinteso: dell’Acquafraggia) a 3 ore (sentiero B27). Seguendo i segnavia bianco-rossi, dalla parte superiore delle baite cominciamo a salire in direzione di una fascia di larici, che superiamo, sempre restando al centro della valle e procedendo in direzione est. Raggiungiamo, così, il masso quotato 1890 metri e passiamo alla sua destra, per poi volgere a destra (direzione sud-est) ed imboccare l’ampio vallone per il quale si accede senza fatica alla ben visibile sella del passo d’Avero (m. 2332).


Salendo al passo d'Avero

Salendo al passo d'Avero

Salendo al passo d'Avero

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Traversata della Val Carmezzano

Sella di quota 2384 e pizzo Somma Valle

Sella di quota 2384

Ci affacciamo, così, ai ripidi versanti della Val Carmezzano e vediamo, più basse, le baite dell’alpe omonima (m. 2121). Procedendo quasi in piano, ci portiamo al centro della valle, e proseguiamo ignorando la deviazione a destra che scende all’alpe Carmezzano. La traversata, quindi, procede su un versante molto ripido (i pendii detritici detti dei Marsc’), e richiede dunque attenzione costante. Raggiunto il filo di un costone, scopriamo… l’Acqua Calda (intesa come Valle dell’Acqua Calda, scenario molto simile al circo terminale della Val Carmezzano). Dobbiamo, quindi, ancora procedere su un terreno simile, con qualche saliscendi lungo alcuni canali di detriti e magri pascoli, fino alla sella quotata 2384 metri, che ci apre lo splendido scenario dell’ampia conca che ospita il lago dell’Acquafraggia.


Discesa al lago dell'Acquafraggia

Discesa al lago dell'Acquafraggia

Alpe Piangesca

Alpe Piangesca

Alpe Piangesca

Laghetto della Piangesca

Con facile discesa, dettata dai segnavia, siamo al laghetto ed alle baite dell’alpe Piangesca (m. 2097), dalla quale il passaggio al lago dell'Acquafraggia è breve. Qui si conclude, dopo circa 3 ore e mezza, la bella traversata (dislivello approssimativo: 600 metri).
A questo punto dobbiamo scegliere se salire al bivacco Chiara e Walter al passo di Lei (tenendo presente che però dispone solo di 9 posti e non è sicuro che vi si possa trovare posto), oppure iniziare la lunghissima discesa a Savogno (dove si trova l’omonimo rifugio) ed a Borgonuovo di Piuro.

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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AVERO-DALO'

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Avero-Motto-Val Zerta-Olcera-Cassinaccia-Dalò
4 h
270
EE
SINTESI. Dall limite alto delle baite dell'Avero (m. 1678) procediamo, ora, a ridosso del recinto in legno, scendendo verso sinistra (per chi guarda verso valle), fino a trovare un cancelletto ed il sentiero segnalato segnalato che scende, sempre verso sinistra (direzione sud), ad una valletta e prosegue piegando a destra, in direzione ovest-sud-ovest, immergendosi nel bosco e traversando, con qualche saliscendi, all’alpe del Motto (m. 1670). Qui la direzione cambia, volgendo a sinistra (sud). Una brevissima salita ci porta, ora, ad affacciarci alla selvaggia Val Zerta, di cui dobbiamo tagliare l’intero circo terminale. Il sentiero si cala verso il centro della valle, con un lungo tratto scalinato ed esposto (corrimano aiutano a procedere in sicurezza ed a vincere la repulsione ingenerata dai salti rocciosi che si aprono alla nostra destra). Descritto un arco in senso antiorario, pieghiamo a destra ed assumiamo di nuovo l’andamento verso sud. Superato l’ultimo tratto su terreno smosso, ci portiamo sul versante meridionale della valle, dove comincia la ripida salita su terreno battuto da slavine ed interessato da smottamenti (la traversata è sconsigliabile non solo con neve e ghiaccio, ma anche in periodo di disgelo, essendo frequente la caduta di sassi). Ci affacciamo così ai prati dell’alpe di Olcera (m. 1513). Ignorata la deviazione a sinistra per il Crespallo e superato il nucleo di baite e la grande croce presso un grande masso, salutiamo anche l’ultima coppia di baite rinserrate sotto un grande roccione aggettante e riprendiamo la discesa in direzione sud-sud-est. Attraversiamo poi la Val Olcera, superandone il torrente grazie ad un ponte, presso una cascata. Risalendo sul versante opposto, passiamo per i ruderi del nucleo di Cassinaccia per poi scavalcare la terza e meno pronunciata delle valli, la Val dei Ciri. Proseguiamo, ora, nel cuore di una splendida pecceta, alternando tratti di dolce discesa ad altri nei quali il sentiero scende ben più ripido, con serrate serpentine, sempre in direzione sud, passando per le baite di Albareda (m. 1172) e sbucando, infine, nella parte mediana dei prati di Dalò (m. 1108). Una scalinata li taglia in discesa e ci porta alla piazzetta centrale del nucleo. La discesa da Dalò a San Giacomo-Filippo (m. 522), sul fondovalle può seguire la carozzabile che passa per Uggia oppure una mulattiera segnalata che accorcia di molto i tempi e la monotonia della strada.


Alpe Avero

Se disponiamo di due automobili ed adeguata esperienza escursionistica, possiamo decidere di affrontare la traversata che da Avero scende a Dalò, l’ampio terrazzo posto quasi a spartiacque fra la soglia della Val di Giüst e quella della Val Bregaglia. Si tratta dell'ultima parte dell'ultima tappa del Trekking della Valle Spluga. A Dalò giunge una carrozzabile che sale da San Giacomo Filippo, ed è comunque agevole la discesa a San Giacomo o a Chiavenna, passando per Pianazzola.
Il punto di partenza si trova all’estremo opposto delle baite di Avero rispetto a quello raggiunto dal sentiero che giunge dal Motto di Bondeno. Se siamo giunti da Bondeno, dunque, restiamo sul limite alto delle baite, procedendo a ridosso del recinto in legno, fino all’estremo opposto, dove troviamo un cancelletto ed il sentiero segnalato che scende ad una valletta e prosegue in direzione ovest-sud-ovest,  immergendosi nel bosco e traversando, con qualche saliscendi, all’alpe del Motto (m. 1670). Qui la direzione cambia, volgendo a sinistra (sud).


Apri qui una fotomappa della traversata dal Motto a Dalò

Una brevissima salita ci porta, ora, ad affacciarci alla selvaggia e cupa Val Zerta, di cui dobbiamo tagliare l’intero circo terminale. Sarà anche un Sito di Interesse Comunitario dell’Unione Europea, ma la valle mostra un volto poco amichevole. Il sentiero, senza complimenti, si cala verso il fondovalle, con un lungo tratto scalinato ed esposto (corrimano aiutano a procedere in sicurezza ed a vincere la repulsione ingenerata dai salti rocciosi che si aprono alla nostra destra). Descritto un arco in senso antiorario, pieghiamo a destra ed assumiamo di nuovo l’andamento verso sud. Superato l’ultimo tratto su terreno smosso, ci portiamo sul versante meridionale della valle, dove comincia la ripida salita su terreno battuto da slavine ed interessato da smottamenti (la traversata è sconsigliabile non solo con neve e ghiaccio, ma anche in periodo di disgelo, essendo frequente la caduta di sassi).


Olcera

Con grande sollievo usciamo, infine, da questo girone dantesco e ci affacciamo ai gentili prati dell’alpe di Olcera (m. 1513). Davanti a noi vediamo ora un ampio scorcio della bassa Valchiavenna, sorvegliato, sul lato sinistro, dalla parete settentrionale del Pizzo di Prata. Ignorata la deviazione a sinistra per il Crespallo e superato il nucleo di baite e la grande croce presso un grande masso, salutiamo anche l’ultima coppia di baite rinserrate sotto un grande roccione aggettante, e riprendiamo la discesa in direzione sud-sud-est. Questa volta c’è da attraversare la Val Olcera, superandone il torrente grazie ad un ponte, presso una cascata. Risalendo sul versante opposto, passiamo per i ruderi del nucleo di Cassinaccia per poi scavalcare la terza e meno pronunciata delle valli, la Val dei Ciri. Proseguiamo, ora, nel cuore di una splendida pecceta, alternando tratti di dolce discesa ad altri nei quali il sentiero scende ben più ripido, con serrate serpentine, sempre in direzione sud, passando per le baite di Albareda (m. 1172) e sbucando, infine, nella parte mediana dei prati di Dalò (m. 1108). Una scalinata li taglia in discesa e ci porta alla piazzetta centrale del nucleo. Se vogliamo scendere a Pianazzola dobbiamo salire in direzione della grande croce che domina Chiavenna, cercando, un po’ più in alto, a sinistra, la larga mulattiera che scende alla frazione. Se, invece, abbiamo lasciato una seconda automobile ad Uggia (m. 700), dove il transito dei veicoli non autorizzati termina, la recuperiamo percorrendo la pista che da Uggia sale, appunto, a Dalò.


Dalò

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Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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