CARTA DEL PERCORSO - ALTRE ESCURSIONI - CARTA DEL PERCORSO 2


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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Our-Granda-Scermendone-Pizzo Mercantelli
2 h e 45 min.
750
EE
SINTESI. Saliti a Buglio in Monte, prima della piazza centrale prendiamo a destra e poi subito a sinistra (indicazione per i maggenghi di Our), salendo su una stradina alla parte alta del paese. Qui prendiamo a sinistra ed imbocchiamo la stradina che sale ad Our. Dopo Nansegolo, ad un bivio stiamo sulla sinistra salendo con un lungo traverso. Poi troviamo una serie di tornanti che ci portano ad Our di fondo. Dopo un tornante sx e lasciamo alle spalle le baite, raggiungendo, dopo un traverso, il successivo tornante dx, dove vediamo una pista che si stacca sulla sinistra (indicazioni rifugio Granda), Parcheggiamo qui (1380 m. circa) e ci incamminiamo sulla pista per Granda che, dopo una serie di tornanti dx-sx, effettua l'ultimo traverso in direzione dell'alpe Granda. Prendiamo a destra e ci portiamo al rifugio Alpe Granda (m. 1680), nascosto dietro una macchia di abeti (m. 1680). Alle spalle del rifugio imbocchiamo (indicazioni per Scermendone) il marcato tratturo che sale nel bosco e procede salendo con andamento regolare verso est-nord-est. Dopo una doppia serie di due brevi tornantini, gli unici della pista, dobbiamo prestare attenzione ad un sentierino (segnalato da un segnavia rosso-bianco-rosso su un sasso) che se ne stacca, sulla sinistra, risale con qualche tornante il ripido il fianco boscoso e porta sul limite sud-occidentale dell'alpe Scermendone, nei pressi del rudere di una baita. Da qui saliamo al crinale e prendiamo a sinistra, in direzione del poggio del monte Scermendone. Con un po' di attenzione scopriamo un sentierino che lo aggira sul lato sinistro, e prosegue verso sud-ovest sul crinale fra bassa Valtellina e Val Masino. La traversata richiede attenzione in alcuni passaggi, perché il crinale è stretto ed in diversi punti esposto. Ad un certo punto vediamo, alla nostra destra, pochi metri più in alto, un curioso spuntone di roccia, dalla forma di fiamma. Subito dopo il sentiero, piegando leggermente a destra, ci conduce ad una porta erbosa che si apre fra le roccette del crinale. Guardando sul versante opposto, quello di Val Masino, abbiamo l'impressione che si debba proseguire appoggiandosi ad esso, perché scorgiamo una debole traccia di sentiero che corre poco più in basso, parallela al crinale. Invece dobbiamo rimanere sul crinale e, sormontato un masso con un breve ed elementare passo di arrampicata, portarci ad una curiosissima conca scavata proprio nel mezzo del crinale. Pochi metri più avanti giungiamo ad una splendida piazzola erbosa. Procediamo ancora per un breve tratto, fino ad un roccione che ci sbarra la strada; qui dobbiamo scendere sulla sinistra, appoggiandoci di nuovo al versante valtellinese e seguendo una debole traccia che corre su una lingua d'erba e passa appena sotto una parete di roccia che scende dal crinale, aggirandola ai piedi. La traccia si fa, quindi, più marcata, sale per un tratto e di nuovo scende, attraversando poi in piano (e qui si fa di nuovo debole) la parte alta di un ripido versante erboso. Giungiamo, così, in vista del cocuzzolo sul quale è posta la bandierina tricolore metallica che sormonta il pizzo Mercantelli (m. 2070).


Apri qui una fotomappa dei sentieri del versante retico da Ardenno a Berbenno

Il pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi) è la seconda elevazione (dopo la cima di Granda) sul grande crinale che separa Valtellina e Val Masino, e che culmina nell'alpe Scermendone e nella cima di Vignone. La via più semplice per raggiungerlo parte dalla strada che congiunge i maggenghi di Our di Fondo e Our di Cima, sopra Buglio.
Saliti a Buglio in Monte, prima della piazza centrale prendiamo a destra e poi subito a sinistra (indicazione per i maggenghi di Our), salendo su una stradina alla parte alta del paese. Qui prendiamo a sinistra ed imbocchiamo la stradina che sale ad Our. Dopo Nansegolo, ad un bivio stiamo sulla sinistra salendo con un lungo traverso. Poi troviamo una serie di tornanti che ci portano ad Our di fondo. Dopo un tornante sx e lasciamo alle spalle le baite, raggiungendo, dopo un traverso, il successivo tornante dx, dove vediamo una pista che si stacca sulla sinistra (indicazioni rifugio Granda), Parcheggiamo qui (1380 m. circa) e ci incamminiamo sulla pista per Granda che, dopo una serie di tornanti dx-sx, effettua l'ultimo traverso in direzione dell'alpe Granda. Prendiamo a destra e ci portiamo al rifugio Alpe Granda (m. 1680), nascosto dietro una macchia di abeti (m. 1680).


Cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro visti dall'Alpe Granda

Possiamo giungere all'Alpe Granda, però, per altra via, percorrendo, cioè, la pista che parte dai Prati di Erbolo, sopra Gaggio.
L’alpe Granda ("alp grènda") è l’alpe di Ardenno, ed il suo punto di massima elevazione è la cima di Granda, quotata 1708 metri (o, secondo alcune carte, 1705 metri). Fino a qualche decennio fa era sfruttata intensamente, e permetteva di caricare 60 capi di bestiame.
Nell'estimo generale della Valtellina del 1531 la valutazione dell'alpeggio è ancora maggiore: 150 mucche caricate, per un valore di 30 lire (una lira corrispondeva a 20 soldi ed a 240 denari).
I suoi prati disegnano una lunga striscia, lungo la direttrice sud-ovest – nord-est, adagiata sul lungo e splendido crinale che, dalla cima di Vignone, passando per l’alpe Scermendone, l’alpe Granda, il Sas del Tii ed i prati di Lotto, scende a dividere l’imbocco della Val Masino dalla piana di Ardenno. Sul limite sud-occidentale dell’alpe si trovava anche il rifugio Alpe Granda (che ha subito due incendi), ora sostituito dal nuovo bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda (m. 1630).


Il bivacco Baita degli Alpini all'Alpe Granda, sullo sfondo del monte Disgrazia

Sul suo limite settentrionale, all'imbocco del tratturo per Scermendone, è stato invece costruito il nuovo rifugio Alpe Granda, di fronte all'incantevole scenario delle cime del gruppo del Masino che si mostrano a nord (da sinistra, pizzo Porcellizzo, cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro. Alla loro sinistra la selvaggia costiera Cavislone-Lobbia e la cima del Desenigo, mentre a destra il monte Arcanzo e la cima degli Alli. Se poi dal rifugio procediamo salendo al vicino cocuzzolo del monte Granda, per poi volgerci indietro, vedremo comparire sua maestà il monte Disgrazia ed alla sua destra anche i Corni Bruciati. Salendo verso il limite del bosco a nord, verso sinistra, noteremo una roccia sulla quale è stata scolpita una Madonna con Bambino.
Tornati al rifugio, potremo gustare il sapore della buona cucina e dell'ancor più squisita cortesia (per prenotazioni si deve telefonare al 347 7566960).


Il rifugio Alpe Granda

La gestione dell'alpeggio, di decisiva importanza per l'economia dei secoli passati, era affidata ad una serie di figure fra le quali si istituiva una gerarchi netta. Al vertice stava il caricatore, cui le famiglie dei "lacée", cioè dei contadini che possedevano mucche, affidavano i capi di bestiame. Veniva, poi, il casaro, alla cui sapiente arte era affidata la confezione dei prodotti d'alpe, formaggi e burro. Seguivano il capo-pastore ed i pastori, che, coadiuvati anche da abili cani, sorvegliavano il bestiame e ne governavano gli spostamenti, stando attenti che nessuna mucca cadesse nei dirupi (il che rappresentava un vero e proprio dramma).


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Infine, i più giovani fungevano da cavrèe (pastori di capre) e cascìn (garzoni d'alpe, cui erano affidati i compiti più umili, in genere ragazzini affidati dalle famiglie ai caricatori d'alpe nella stagione estiva). Nella vita d'alpeggio, che iniziava ai primi di giugno e durava 80-83 giorni, due momenti rivestivano un'importanza particolarissima: il ventottesimo ed il cinquantaseiesimo giorno si effettuava la pesa, cioè si pesava il latte prodotto da ciascuna mucca, alla presenza del proprietario, per pattuire, su tale base, il compenso che a questi andava corrisposto.


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L'alpeggio costituisce oggi la meta di una facile e molto remunerativa escursione, per la sua posizione estremamente panoramica, sul confine fra Val Masimo, a nord, e bassa Valtellina, a sud. Gli appassionati della geologia vi potranno trovare più di un elemento di interesse. Passa di qui, infatti, nelle profondità della terra, la faglia che separa la falda Margna dalla falda Sella. Siamo sul limite settentrionale dellla falda paleoafricana. Tutto ciò, ovviaente, sfugge al nostro sguardo, come pure, probabilmente, sfugge la diversa natura delle rocce dell'alpe, antichissimi gneiss, micascisti e vene di quarzo, rispetto alle molto più giovani rocce del gruppo del Masino, il cosiddetto plutone Masino-Bregaglia, di cui vediamo un'interessante sezione a nord (testata della Val Porcellizzo, costiera Arcanzo-Remoluzza, monte Disgrazia).


Apri qui una panoramica dell'Alpe Granda e del rifugio Alpe Granda

Il valore panoramico dell'alpe è impreziosito da uno splendido colpo d'occhio sulla catena orobica, a sud, che mostra in tutta la sua bellezza un'ampia sezione della Val Gerola e, sul limite destro, il caratteristico corno del monte Legnone. Il rifugio Alpe Grande costituisce, infine, un possibile punto di appoggio o di ristoro.
Vediamo ora come salire a Scermendone.
Una volta raggiunta l'alpe (possiamo salirvi anche con l'automobile, ma lo slargo al termine della pista è piuttosto ridotto, per cui potremmo trovare problemi di parcheggio), prendiamo a destra (nord-est), raggiungendo il nuovo rifugio Alpe Granda (non lo vediamo subito, in quanto è nascosto da una macchia di abeti) ed imboccando il tratturo per l'alpe Scermendone, che sale dal rifugio verso nord-est, immergendosi subito nel bosco.
Descriviamo, così, una lunga diagonale, che ci porta, superata una croce in legno, ad una doppia serie di due brevi tornantini, gli unici della pista. Poco oltre il secondo, dobbiamo prestare attenzione ad un sentierino (segnalato da un segnavia rosso-bianco-rosso su un sasso) che se ne stacca, sulla sinistra, risale con qualche tornante il ripido il fianco boscoso e porta sul limite sud-occidentale dell'alpe Scermendone, nei pressi del rudere di una baita. Salendo sul crinale dell'alpe, ci appare lo splendido scenario del monte Disgrazia e dei Corni Bruciati. Per raggiungere il pizzo, dobbiamo procedere non verso l'alpe (alla nostra destra), ma verso sinistra (sud-ovest), salendo oltre una conca, fino a trovare, sulla sinistra, un sentierino che percorre il crinale che separa la Val Masino dalla media Valtellina, fino alla cima del pizzo Mercantelli. Fermiamoci, per ora, qui, raccontando come possiamo raggiungere questo punto per una diversa e più avventurosa via.
Un secondo interessante itinerario per raggiungere questo crinale, che però richiede esperienza escursionistica, parte, infatti, dalla località Valbiore (valbiórch, m. 1234), di fronte alla grande frana (alla quale si sale in automobile sulla strada che, da Filorera, appena oltre Cataeggio, si stacca sulla destra dalla ex ss. 404, ora strada provinciale, della Val Masino - indicazioni per i rifugi Scotti e Ponti). Incamminiamoci, dunque, sulla pista sterrata che sale verso la valle di Sasso Bisolo, sul lato destro (per noi) della valle. Dopo un buon tratto, raggiungeremo una galleria, che dovremo percorrere munendoci di una torcia elettrica, perché nel punto centrale la visibilità è azzerata, e di un casco, perché parte della copertura della volta è, in alcuni punti, caduta.
Poco oltre l’uscita dalla galleria, attraversiamo su un ponte il torrente che scende dalla valle, e ci portiamo sul suo lato sinistro (per noi). Poi la strada sterrata intercetta la strada asfaltata (interrotta più a valle dalla frana): seguendola, raggiungiamo la bellissima piana della valle di Sasso Bisòlo, uno degli angoli più gentili della severa ed aspra Val Masino. All’inizio della piana troveremo, sulla sinistra della strada, il rifugio Scotti (m. 1500). Qui la valle mostra un volto gentile, bucolico.
Senza addentrarci nella piana, scendiamo, ora, dalla strada verso destra, cioè verso il suo lato opposto, raggiungendo, in breve, un ponte che ci porta ai piedi dell'ombroso fianco di sud-est della valle: qui troviamo una baita, alla cui destra parte il ben visibile sentiero che sale in un bel bosco di abeti, in direzione sud-ovest, fino al prato di Prada ("prèda", m. 1710), suggestivo e solitario terrazzo panoramico sulla selvaggia costiera Cavislone-Lobbia, che separa la Val Masino dalle valli della Merdarola e di Spluga. Alla nostra destra, appare un breve scorcio della più estesa alpe Granda, posta più o meno alla stessa quota.

Raggiungiamo, ora, la sommità del prato, dominato da una surreale solitudine (solo i resti di un calec testimoniamo di una vita consegnata da un lontano passato): superata una fascia boscosa, troviamo un secondo prato, quello dell’Acquafredda. Dal suo limite superiore di sinistra inizia, quindi, una salita a vista: raggiunta, infatti, una piccola pianetta superiore (sopra il limite superiore sinistro del prato), dobbiamo cercare la via meno impervia per guadagnare il crinale dell’alpe Scermendone (presso il suo limite sud-occidentale), rimanendo leggermente a sinistra del ripido crinale che scende all’Acquafredda. L'ultimo tratto della salita è il più ripido e sfrutta un piccolo canalino, che conduce al crinale, a sinistra della cima quotata 2127 metri: dobbiamo prestare, quindi, un po' di attenzione, ed evitare di effettuare questa escursione in presenza di ghiaccio, neve e terreno bagnato.
Come già detto, possiamo raggiungere agevolmente questo punto salendo a Scermendone dall'alpe Granda.
Ora procediamo così. Pieghiamo per un breve tratto a sinistra (cioè verso l'alpe, nord-est) ed affacciamoci sul versante che guarda alla media Valtellina. Cerchiamo, a destra, il sentiero (marcato, ma non segnalato da segnavia) che, rimanendo leggermente più basso rispetto alla linea del crinale, procede verso destra (sud-ovest) e si addentra, quasi pianeggiante, nella fascia boscosa che guarda al versante valtellinese.
Raggiungiamo, così, in breve una prima radura: qui, con breve fuori-programma, possiamo lasciare il sentiero per attaccare il ripido versante erboso che sta alla nostra destra, raggiungendo, in breve, il crinale in corrispondenza della cima di quota 2127 metri (chiamata anche monte Scermendone): si tratta di un punto di osservazione di eccezionale valore panoramico. Verso ovest e nord-ovest, possiamo distinguere, da sinistra, il corno di Colino e la cima del Desenigo, in valle di Spluga, la severa ed impressionante costiera Cavislone-Lobbia, che incombe sopra Cataeggio, le cime della Merdarola (sciöme da merdaröla), testata della valle omonima, il monte Spluga, il pizzo Ligoncio, la punta della Sfinge ed i pizzi dell'Oro, testata delle valli Ligoncio e dell'Oro, la costiera del Barbacan, le cime d'Averta ed i pizzi Badile, Cangelo e Gemelli, nella testata della val Porcellizzo. Verso est e nord-est possiamo, invece, ammirare, da destra, le valli Terzana e di Preda Rossa, il pizzo Bello, il passo di Scermendone, i Corni Bruciati, il monte Disgrazia e le cime della costiera Remoluzza-Arcanzo, che separa la valle di Preda Rossa dalla Val di Mello. Per non parlare dell'eccellente panorama orobico verso sud. Insomma, uno scenario che non dobbiamo esitare a definire superbo.
Scendiamo, quindi, di nuovo al sentiero e seguiamolo verso sinistra; questo prosegue, appena sotto il crinale, in direzione sud-ovest. Scendiamo, leggermente, perché il pizzo si trova ad una quota più bassa rispetto al limite dell'alpe Scermendone. Ad un certo punto vediamo, alla nostra destra, pochi metri più in alto, un curioso spuntone di roccia, dalla forma di fiamma. Subito dopo il sentiero, piegando leggermente a destra, ci conduce ad una porta erbosa che si apre fra le roccette del crinale. Guardando sul versante opposto, quello di Val Masino, abbiamo l'impressione che si debba proseguire appoggiandosi ad esso, perché scorgiamo una debole traccia di sentiero che corre poco più in basso, parallela al crinale. Invece dobbiamo rimanere sul crinale e, sormontato un masso con un breve ed elementare passo di arrampicata, portarci ad una curiosissima conca scavata proprio nel mezzo del crinale. Pochi metri più avanti giungiamo ad una splendida piazzola erbosa, che ci invita irresistibilmente ad una sosta.


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Procediamo ancora per un breve tratto, fino ad un roccione che ci sbarra la strada; qui dobbiamo scendere sulla sinistra, appoggiandoci di nuovo al versante valtellinese e seguendo una debole traccia che corre su una lingua d'erba e passa appena sotto una parete di roccia che scende dal crinale, aggirandola ai piedi. La traccia si fa, quindi, più marcata, sale per un tratto e di nuovo scende, attraversando poi in piano (e qui si fa di nuovo debole) la parte alta di un ripido versante erboso. Giungiamo, così, in vista del cocuzzolo sul quale è posta la bandierina tricolore metallica che sormonta il pizzo Mercantelli. La traccia scende, ora, alla parte alta di un ripido canalone erboso, per poi risalire ad una selletta posta appena sotto la cima, che raggiungiamo, infine, senza difficoltà.
Il panorama che si apre è simile a quello della cima quotata 2127 metri. Sotto di noi, verso sud-ovest, il crinale scende ripido per un tratto, passando per la cima di roccette denominata "sas dal camosc", appena più bassa, che costituisce il punto di incontro dei confini dei comuni di Val Masino, Ardenno e Buglio. Poi si fa boscoso e si addolcisce, allargandosi infine ai prati dell'alpe Granda. L'intero crinale percorso, così come l'alpe Scermendone, rientrano nel comune di Buglio in Monte. Così come rientra nel territorio di Buglio l'ampio solco della Val Primaverta, che si può osservare bene dalla cima guardando verso sud (a sinistra dell'alpe Granda). Uno sguardo, ora, alle cime osservabili dal pizzo.
Guardando ad ovest, distinguiamo la cima del Desenigo (m. 2845), alla cui destra si aprono i passi gemelli di Primalpia (pàs de primalpia, m. 2477) e della bocchetta di Spluga o di Talamucca (bochèta de la möca, m. 2532), che congiungono l’alta Valle di Spluga alla Valle dei Ratti. Procedendo verso destra, notiamo, alle spalle della massiccia e severa costiera Cavislone-Lobbia, l’affilata cima del monte Spluga o Cima del Calvo (m. 2967), posto all’incontro di Valle di Spluga, Val Ligoncio e Valle dei Ratti. I più modesti pizzi Ratti (m. 2919) e della Vedretta (m. 2909) preparano l’arrotondata cima del pizzo Ligoncio (Ligunc’, m. 3038), che si innalza sopra una larga base di granito, nel catino glaciale che si apre sopra i Bagni di Masino (Val Ligoncio e Valle dell’Oro). Alla sua destra, la punta della Sfinge (m. 2802) precede la larga depressione sul cui è posto il passo Ligoncio (m. 2575), fra la valle omonima e la Valle d’Arnasca (Val Codera). A nord del passo si distinguono i modesti pizzi dell’Oro (meridionale, m. 2695, centrale, m. 2703 e settentrionale, m. 2576), seguiti dall’affilata punta Milano (m. 2610), che precede di poco la costiera del Barbacan, fra Valle dell’Oro e Val Porcellizzo, la quale culmina nella cima del Barbacan (m. 2738).
Proseguendo verso nord, la testata della Val Porcellizzo propone le poco pronunciate cime d’Averta (meridionale, m. 2733, centrale, m. 2861 e settentrionale, m. 2947), alla cui destra si eleva il più massiccio pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075), nascosto, però, dietro la cima del Cavalcorto, sulla costiera del Cavalcorto(sciöma da cavalcürt, m. 2763). Si intravedono, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195), ed il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367).
Le rimanenti cime del gruppo del Masino sono nascoste dalla lunga costiera Remoluzza-Arcanzo, che separa la Val di Mello dalla valle di Sasso Bisolo-Preda Rossa, e che presenta, da sinistra (limite di sud-ovest) il massiccio monte Piezza (sciöma da pièsa, m. 2287), la cima d’Arcanzo (m. sciöma dè narchènz, m. 2715), cima degli Alli (sciöma dei äl, m. 2758), il pizzo Vicima (sciöma da veciöma, m. 2687), il pizzo dell’Averta (sciöma da vertàla, m. 2853), dietro cui restano nascosti il pizzo della Remoluzza (sciöma da remolöza, m. 2814) e la bocchetta Roma (m. 2898), che congiunge l’alta Val Cameraccio all’alta Valle di Preda Rossa. Segue, in questa carrellata in senso orario, il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678), che chiude la Valle di Preda Rossa. Le due cime, pur così vicine, sono geologicamente separate, in quanto appartengono a mondi diversi: dal grigio granito del monte Pioda si passa al rosseggiante serpentino del monte Disgrazia. A destra di questa cime si distinguono i due maggiori Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114). Alla loro destra si apre la Val Terzana (chiamata anche Valle di Scermendone: così, per esempio, nella carta della Val Masino curata dal conte Lurani, nel 1881-1882, che confluisce, da nord-est, nella Valle di Sasso Bisòlo, la più orientale delle valli che costituiscono la Val Masino), sul cui fondo si individua il passo di Scermendone (m. 2593) e, alla sua destra, il pizzo Bello (m. 2743).
Ad est, sud e sud-ovest si mostra nella sua interezza la catena orobico, sulla quale l'occhio esperto può distinguere le più importanti cime: la chiude, a sud-ovest, l'inconfondibile corno del monte Legnone. Un panorama che ripaga certamente le tre ore circa necessarie per raggiungere il pizzo da Valbiorch (il dislivello approssimativo è di 840 metri).

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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