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Ardenno si ritaglia uno spazio, per quanto modesto, nella storia della letteratura italiana del Novecento grazie ad una poesia di salvatore Quasimodo (Nobel per la letteratura nel 1959), qui di seguito riportata.

La dolce collina


Lontani uccelli aperti nella sera
tremano sul fiume. E la pioggia insiste
e il sibilo dei pioppi illuminati
dal vento. Come ogni cosa remota
ritorni nella mente. Il verde lieve
della tua veste è qui fra le piante
arse dai fulmini dove s’innalza
la dolce collina d’Ardenno e s’ode
il nibbio sui ventagli di saggina.

Forse in quel volo a spirali serrate
s’affidava il mio deluso ritorno,
l’asprezza, la vinta pietà cristiana,
e questa pena nuda di dolore.
Hai un fiore di corallo sui capelli.
Ma il tuo viso è un’ombra che non muta;
(cosi fa morte). Dalle scure case
del tuo borgo ascolto l’Adda e la pioggia,
o forse un fremere di passi umani,
fra le tenere canne delle rive.

Salvatore Quasimodo - nuove poesie


Bassa Valtellina e Colmen

Che ebbe a che fare il poeta siciliano con questa sperduta landa retica? Quasimodo fu assunto come geometra al Genio Civile e trasferito nel 1934 a Milano; di qui, un po’ per punizione, venne assegnato per qualche tempo all’ufficio di Sondrio. La poesia fa riferimento ad un ricordo femminile legato ad Ardenno. Impossibile sapere chi, difficile capire quale sia esattamente il luogo nel quale il ricordo prende corpo. Un luogo sicuramente vicino al fiume Adda, in vista del Culmine di Dazio (questa è con tutta probabilità la “dolce collina”, così qualificata per il suo aspetto arrotondato). Il resto è legato alla suggestione poetica, che si anima dell’indeterminato e trae vita dall’indefinito.

Il Culmine di Dazio, meglio conosciuto come Còlmen, è, effettivamente, uno degli elementi più caratteristici del paesaggio che da sempre chi abita ad Ardenno è abituato a vedere. Il suo panettone boscoso, da sempre, chiude la visuale verso la bassa Valtellina, regalando, forse, l’impressione che la piana di Ardenno sia protetta, almeno verso ovest, da un abbraccio materno, anche se, d’inverno, è proprio la sua mole che le sottrae qualche ultimo raggio di sole al tramonto.
Di essa scrive il Guler von Weineck, già governatore per le Tre Leghe Grigie della Valtellina nel 1587-88, nell'opera "Rhaetia", pubblicata nel 1616: “All’estremo di questa pianura (di Dazio), verso mezzodì, sorge un piccolo monte, detto Colma di Dazio: è dirupato, sterile e roccioso, ma sulla cima ha una piccola pianura; ivi si notano le rovine di un antico castello e parimenti cisterne, cunicoli sotterranei e miniere di ferro abbandonate.”
Purtroppo non rimangono tracce né del castello, né dei misteriosi cunicoli. Resta invece il segno ben visibile, da sud, della miniera d'oro sfruttata fino alla fine del Settecento (miniéra d'òor); di oro si parla ancora in un documento ottocentesco, nel quale si menzionano tracce del prezioso metallo rinvenute nei pressi di Porcido, sempre sul versante sud della Culmen. Una montagna decisamente intrigante e misteriosa. Curiosa è la natura geologica del monte: le rocce della sua sommità sono costituite da un plutone granitico, il cosiddetto “granito di Dazio”, generato dall’intrusione di magma in una preesistente struttura di rocce metamorfiche. Ciò avvenne in tempi antichissimi, prima ancora che la catena alpina si fosse formata. Il monte, dunque, è un vero e proprio vegliardo, al cui cospetto le più alte ed eleganti cime del gruppo del Masino sono ancora giovani pivellini.
L’azione erosiva dei ghiacciai che nel quaternario scesero dalla
Val Masino e dall’alta Valtellina fino alla bassa valle non riuscì, quindi, ad aver ragione di questo monte dal cuore di granito, che rimase, al centro della valle, come segno di tempi remotissimi. Tale azione, però, lo modellò, conferendogli la caratteristica forma arrotondata per la quale è facilmente riconoscibile dai più diversi angoli di visuale della media e bassa Valtellina. Aggiunge pregio alla zona la costituzione di un'area naturalistica protetta. La sua singolarità è legata anche alla profonda differenza dei versanti: quello rivolto a sud è arido, aspro e ripido, mentre quello che guarda a nord ed alla piana di Dazio ha caratteristiche molto simili ai versanti obobici, essendo decisamente più umido ed umbratile. La Culmen ospita fiori d'alta montagna, e vi scorazzano molte specie di animali, anche d'alta quota, come camosci, cervi, lepri, coturnici. Non mancano presenze meno rassicuranti, serpi e vipere.

 


Il versante est della Colmen dal ponte della Sirta

DA PILASCO ALLA CIMA DELLA COLMEN

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Pilasco - Piana di Dazio - Cima della Colmen
1 h e 30 min.
420
T
SINTESI. Appena prima (per chi proviene da Milano) della curva dx del ponte degli archi, che introduce al tirone di Ardenno, lasciamo la ss 38 prendendo a sinistra e seguendo la strada che attraversa la frazione di Pilasco, fino al suo termine, presso il quale parcheggiamo, salendo poi sulla ripida stradetta che passa a destra della chiesetta di Pilasco (m. 304). La stradetta volge a sinistra e prosegue, con fondo in cemento ed alcuni tornanti, lasciando poi il posto ad una larga mulattiera che taglia il fianco settentrionale della Colmem (o Culmine di Dazio). Superata una cappelletta, usciamo dal bosco sul limite orientale della piana di Dazio, confluendo in una pista la quale si immette nella strada sterrata Dazio-Regolido.La percorriamo verso sinistra, in direzione di Dazio e ci immettiamo nella provinciale che da Ganda sale a Dazio. Proseguiamo diritti sul lato sinistro della strada, fino a trovare sulla destra la stradetta che scende al cimitero. Proseguiamo su questa stradetta, che diventa una pista che entra nel bosco e comincia a risalire il versante settentrionale della Colmen, piegando a sinistra e passando per il Crotto. Nella successiva salita la pista propone diversi tornanti, che nell'ultimo tratto si fanno più serrati, fino alla pianetta della cima della Colmen (m. 913), dove si trova il rifugio La Casermetta (tel. 3472264390).


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

Non si trova nel territorio del comune di Ardenno, ma proprio da qui può partire un’interessante escursione ad anello che permette di visitarne la cima, in uno scenario che le ha meritato l’elezione ad oasi naturalistica protetta.
Punto di partenza ed arrivo è la frazione di Pilasco, raggiungibile direttamente dalla ss 38 staccandosene all’altezza dell’albergo-ristorante Isola, oppure da Màsino, attraversando, su una passerella, l’omonimo torrente. Il termine è un aggettivo in "asco" dalla radice "pila", che significa "vaso per l'olio", come suppone l'Olivieri, o, più probabilmente, "macina", "mulino" (cfr. la voce lombarda "pilà", "macinare"). Risalendo la strada che porta alla frazione fino al suo termine, se ci siamo staccati dalla ss 38, oppure appena oltre il ponte sul Màsino, ci ritroviamo all’imbocco di una stradina sale alla chiesetta di san Giuseppe, a 304 metri.
A destra della chiesetta parte una larga mulattiera: si tratta della "strada del pìil", cioè "strada del pelo", perché sui rovi ai suoi lati spesso si trovava il pelo invernale delle volpi, assai numerose. Partiva dal limite orientale di Desco (dove si trova il piccolo cimitero; oggi è chiusa al transito per alcuni movimenti franosi che l'hanno interessata), tagliava la parte bassa del selvaggio fianco orientale del Culmine di Dazio e della Val Fìria ed era anche chiamata la strada dei morti, perché raggiungeva Pilasco e di qui saliva alla piana di Dazio, portandosi, infine, a Caspano, dove venivano spolti i defunti di Desco, che apparteneva, appunto, alla parrocchia di Caspano.
Nel primo tratto si tratta di una pista con fondo in cemento, che, dopo qualche tornante con ripida pendenza, si addentra nel bosco, diventa vera e propria mulattiera ed inizia una lunga traversata che taglia il fianco settentrionale che dalla Colmen scende alla parte terminale della Val Masino. Giunti ad un bivio, dobbiamo scendere leggermente verso destra. Dal sentiero si vede bene, guardando verso nord, il paese di Biolo (termine che deriva da “betulleus”, quindi da betulla), all’imbocco della
Val Masino. Il sentiero prosegue con tracciato diritto, poi si immette in una pista sterrata; seguendola, oltrepassiamo una cappelletta, dove possiamo osservare una Madonna con banbino in precarie condizioni. Alla fine passiamo a sinistra della chiesetta sconsacrata di Sant'Antonio e di un grande traliccio, e ci ritroviamo sul limite orientale della grande piana di Dazio, frutto dell'azione erosiva della colata di ghiacciaio della Val Masino, che non è riuscita ad aver ragione della resistenza del granito del Culmine. La pista diventa stradina in asfalto, che si immette nella strada Dazio-Regolido.
Percorriamo la strada in direzione di Dazio (m. 568), passando accanto ad una seconda cappelletta. Raggiunta la strada provinciale n. 10 dei Cech orientale, proseguiamo verso ovest, in direzione della chiesa parrocchiale di San provino, fino al cimitero, che si trova a sinistra della strada.
La salita al Culmine di Dazio da Dazio inizia, infatti, nei pressi del cimitero, dove parte, in direzione sud, una pista sterrata di origine militare che porta fino alla cima. Sul Culmine, per la sua posizione e la sua panoramicità, era un posto di osservazione strategicamente importantissimo: di qui l’esigenza di edificare una casermetta ed una torretta di osservazione sulla cima, servite da una comoda carrozzabile, che ora è rimasta a disposizione di escursionisti e bikers che vogliano portarsi sul punto più alto del gigante di granito.
La pista parte proprio alla sinistra del cimitero: un cartello segnala il Crotto di Dazio a 500 metri. Raggiunto un bivio (segnalazione a destra per Pra di Scett e Aquate), restiamo sulla pista principale, di sinistra, che passa a destra dei prati del Crotto di Dazio. La pista (di cui, oltre il Crotto, non c’è tratta sulla carta IGM) prosegue piegando leggermente a sinistra: si immerge in un bel bosco di pini silvestri e di castagni e procede con pendenza abbastanza marcata, ma regolare; il fondo è sempre buono, il che agevola chi sale in mountain-bike. Dopo un lungo traverso a sinistra (direzione est), troviamo il primo tornante destrorso, ed iniziamo un traverso in direzione sud-ovest; ogni tanto troviamo, su alcune tronchi, segnavia rosso-bianco-rossi. Al successivo traverso a sinistra il bosco si apre un po’ e vediamo, alla nostra destra, il boscoso crinale terminale del Culmine. Il traverso ci porta ad una pianetta, che ci introduce ad una sorta di terrazzo inclinato che precede l’impennata del versante prima della cima.
Piegando a destra, la pista procede per un tratto diritta verso il crinale, poi propone una serrata serie di tornanti dx-sx-dx-sx-dx, nella quale alcuni tratti hanno il fondo in cemento. Al successivo traverso verso destra la pendenza, per la prima volta, si addolcisce e per un tratto procediamo in falsopiano, fino al tornante sx, al quale ci raggiunge un sentiero che sale da sinistra. La pendenza torna a farsi marcata e passiamo a monte di alcune conche nel bosco, che si aprono alla nostra sinistra. Giunti al tornante dx, vediamo un sentiero che si stacca sulla sinistra dalla pista, e lo ignoriamo. Dopo il successivo tornante sx, il bosco comincia ad aprirsi gradualmente e vediamo alcuni punti nei quali la pista è stata tracciata aprendo una breccia fra le rocce affioranti dal cuore della montagna ed altri in cui il fondo corre rialzato rispetto al fondo del bosco. L’andamento sud-est ci porta nei pressi dello spigolo orientale del Culmine, ed in alcuni tratti la vegetazione si apre, regalando un ottimo colpo d’occhio sulla Media Valtellina (chiuso dal gruppo dell’Adamello) e sullo sbocco della Val Tartano. Poi pieghiamo gradualmente a destra, descrivendo un arco di cerchio verso sud-ovest, fra rocce levigate, piante di rovere e ginestre, dietro le quali si apre, a nord, un ottimo colpo d’occhio sulla Val Masino.
Alla fine siamo alla pianetta sommitale (m. 913) dopo circa un’ora di cammino (il dislivello approssimativo è di 345 metri).
Qui troviamo un ifugio aperto di recente (maggio 2016) e chiamato La Casermetta. Il rifugio nasce dalla ristrutturazione
di una caserma militare costruita nella prima guerra mondiale ma utilizzata anche nella seconda, adibita dal 2006 a casa privata. Il Rifugio è aperto su prenotazione e offre piatti tipici della cucina valtellinese. Non essendovi acqua sulla cima, l'esercizio risulta leggermente difficoltoso ma viene altamente ripagato dalle persone che frequentano il luogo che apprezzano le meraviglie della Colmen. L'intento del rifugio, gestito da Carlo Cadregari (tel. 3472264390; info carlo.cadregari@libero.it) è quello di valorizzare il territorio nel massimo rispetto e nella cura di questo luogo a lungo dimenticato.


Il rifugio La Casermetta (foto di Carlo Cadregari, per gentile concessione)

Poco oltre, sulla sinistra, scendiamo ad una pianetta che costituisce un bel balcone panoramico verso nord: sulla sinistra vediamo la sezione orientale della Costiera dei Cech, solcata dalla Val Toate ed incoronata dalla cima di Malvedello (m. 2640) e del Desenigo (m. 2845), con i paesi di Dazio, Cadelpicco, Cadelsasso, Chempo, Naguarido, Caspano e Roncaglia. Al centro la bassa Val Masino, nella quale confluisce da sinistra la valle di Spluga, sul cui fondo vediamo una sezione delle cime del gruppo del Masino, con i pizzi del Ferro (chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”, pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca, m. 3267, pizzo del Ferro centrale, m. 3287, il torrione del Ferro, m. 3070 ed il pizzo del Ferro orientale, m. 3200), la poderosa cima di Zocca (m. 3175), la cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri) e la punta Rasica (rèsga, m. 3305). Più a destra, dietro il crinale che dai Prati di Lotto sale all’alpe Granda, la costiera Arcanzo-Alli-Remoluzza, che separa la Val di Mello dalla Valle di Preda Rossa (che però da qui non si vedono); seguono il monte Disgrazia (m. 3678) ed i Corni Bruciati (punta settentrionale, m. 3097, e punta centrale, m. 3114), che emergono dalla lunga striscia verde dell’alpe Scermendone. Con l’esile profilo del pizzo Bello (m. 2743) torniamo sul crinale della media Valtellina.
Nei pressi del tavolino della cima ci sono anche due cartelli, entrambi rivolti alla direzione nella quale procede il sentiero che si sostituisce alla pista (ovest), che danno Dazio a 45 minuti, Porcido a 40 minuti e Paniga ad un’ora e 10 minuti.
Il pianoro della cima, dove troviamo anche un tavolino, sembra immerso, soprattutto in autunno ed in inverno, in un’atmosfera magica.
Non possiamo, infine, non allungare l'escursione percorrendo, su sentiero segnalato da segnavia bianco-rossi, il crinale, verso ovest, con qualche saliscendi, fino ad incontrare, annunciato da un cartello, una splendida pozza-laghetto, cirondata dal bosco, il lègùunc', letteralmente "lago unto", per il colore oleoso delle sue acque stagnanti. Una piccola perla, inattesa, splendida. Se saremo fortunati, potremo scorgere anche il volo dell'acquila, che nidifica fra le aspre e solitarie rocce dell'alto versante meridionale.

 

Apri qui una panoramica sulla media Valtellina e la Val Tartano dalla Colmen

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DALLA CIMA DELLA COLMEN A PILASCO PER CERMELEDO E CAMPOVICO (ANELLO LUNGO DELLA COLMEN)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cima della Colmen - Piana di Dazio - Categno - Campovico - Paniga - Desco - Pilasco
3 h e 30 min.
40 (700 in discesa)
T
SINTESI. Dalla cima della Colmen torniamo alla piana di Dazio per la medesima via di salita, procedendo sulla strada provinciale verso sinistra, scendendo cioè verso Morbegno. Ignorate due prime stradelle che se ne staccano sulla sinistra, troviamo la deviazione, sempre sulla sinistra, segnalata per Cermeledo, piccolo nucleo sul cui limite di destra troviamo una stradella che scende con tornanti regolari alla chiesa parrocchiale di Campovico. Scendiamo alla provinciale Valeriana e percorriamola, ignorando la deviazione a destra a Paniga e proseguendo fino alla salitella finale che porta a Desco. Dal cimitero di Desco percorriamo (se è aperta) la pista sterrata che porta al Chiosco del Ponte. Di qui percorriamo per breve tratto sul lato sinistro la ss 38 dello Stelvio, fino alla deviaizone per Pilasco, che ci riporta all'automobile.

Giunto il momento del ritorno, possiamo optare per la medesima via di salita, oppure per un largo giro che passa per Campovico, Paniga e Desco. In questo caso dobbiamo, però, preventivare altre due-tre ore di cammino. Torniamo comunque, nell’un caso e nell’altro, al cimitero di Dazio, tornando sulla strada principale. Mentre se vogliamo ripercorrere la via della salita dobbiamo volgere a destra, per completare l’anello dobbiamo dirigerci a sinistra, seguendo per un lungo tratto la strada che, percorsa la parte occidentale della piana, comincia a scendere verso Morbegno.
Abbiamo ignorato la deviazione, sulla sinistra, per l’agriturismo di Categno ed oltrepassato il torrente Toate; ora, però, dobbiamo prestare attenzione alla deviazione, sempre sulla sinistra, per Cermeledo, un bel gruppo di case immerso nella frescura dei castagni. Dal lato occidentale del nucleo di case parte una bella mulattiera, che scende con numerosi tornanti e che, più in basso, muta il suo fondo in asfalto, terminando proprio sul sagrato della chiesa di Campovico (m. 257).
Dalla chiesa, passando per il cimitero, scendiamo al centro del paese e, armandoci di grande pazienza, cominciamo la parte più noiosa dell’escursione: seguendo la strada, dobbiamo infatti raggiungere Panìga e proseguire fino al bel paesino di Desco (m. 290), raccolto su una rocca naturale che precipita su un’ansa dell’Adda. Sembra un paese insignificante, ma la sua posizione naturale, un tempo strategica, giustifica la sua importanza storica.


Panorama settentrionale dalla Colmen

Dal paese parte la già citata strada del pìil (attualmente, però, chiusa al transito per pericolo di caduta massi; speriamo nella riapertura) che, seguendo il fianco sud-orientale della Colmen, raggiunge la piazzola del Chiosco del Ponte, nei pressi del viadotto del Tàrtano. Non manca molto alla conclusione delle nostre fatiche: seguendo per un tratto la ss 38 in direzione di Ardenno, ci ritroviamo allo svincolo per Pilasco, dove l’anello si chiude.
Giova ricordare che questo anello può anche essere un ottimo percorso di mountain-bike: in questo caso, però, conviene percorrerlo a rovescio.
Segnaliamo un’interessantissima variante per chi lo percorre a piedi, destinata però ad escursionisti con un po’ di esperienza. Torniamo alla piana di Dazio: percorrendo la strada principale verso sud-ovest, prima ancora della deviazione per il crotto di Categno, troviamo una pista sterrata, seguendo la quale ci ritroviamo ad un sentiero che porta al bellissimo e nascosto nucleo di Porcido, dove si trova anche un’incantevole chiesetta. Attraversato il paese, cerchiamo con attenzione i segnavia rossi-bianco-rossi che indicano un sentiero poco evidente: il sentiero, superato un terrazzamento, piega a sinistra e si cala arditamente fra le rocce di un vallone, perdendo rapidamente quota e conducendo, dopo una nuova svolta a sinistra, a Desco. Chi volesse sfruttare questa interessante variante dovrebbe, prudentemente, prima percorrerla in salita.

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DALLA CIMA DELLA COLMEN A PILASCO PER IL SENTIERO DI CRESTA EST (ANELLO BREVE DELLA COLMEN)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cima della Colmen - Sentiero di Cresta Est - Pilasco
1 h
- (700 in discesa)
EE
SINTESI. Dalla cima della Colmen ridiscendiamo lungo la pista sterrata, fino al secondo tornante sx, al quale troviamo il pannello che segnala la partenza del sentiero di Cresta Est. Lasciamo la pista scendendo verso est e seguendo con attenzione i segnavia ed agli ometti che dettano il percorso sul filo di cresta (attenzione ai salti sul lato destro). Più in basso il sentiero piega a sinistra ed entra nel bosco, scendendo fino ad un bivio segnalato, al quale pieghiamo a sinistra (indicazione per "Dazio-Crotto"). Procediamo quasi in piano, fino ad un nuovo bivio, al quale prendiamo la direzione per S. Antonio, che ci fa scendere alla pista Pilasco-Piana di Dazio. Prendendo a destra torniamo alla mulattiera che più in basso ridiventa tratturo e che termina a Pilasco.


Media Valtellina dalla cresta est

Se però non manca l'esperienza escursionistica ma fa difetto il tempo, la via più breve per tornare a Pilasco (ancora più breve di quella che ripercorre i passi di salita) è quella che sfrutta il sentiero di Cresta Est, inaugurato nel maggio del 2012 a cura dell'Associazione Colmen – la Montagna Magica (sio web: www.associazionecolmen.it). Si tratta di un sentiero che con buone condizioni di terreno non comporta problemi, ma richiede comunque costante attenzione, perché la traccia è debole ed assediata da una vegetazione invadente, ed in alcuni tratti c'è una pericolosa esposizione sul lato meridionale (di destra). Va quindi percorso prestando costante attenzione ai segnavia.


Media Valtellina dalla cresta est

Scendendo dalla cima della Colmen sulla medesima pista di salita, al secondo tornante sx troviamo un pannello che annuncia la partenza del sentiero. Lasciamo dunque la pista prendendo ad est, per portarci, dopo breve tratto in piano fra roccioni affioranti e felci, ad un cartello che dà Desco ad un'ora e 20 minuti. Poco più avanti scendiamo ad un curioso roccione, che sembra un pulpito che guarda in direzione della media Valtellina aperta davanti ai nostri occhi, fino al lontano gruppo dell'Adamello. Scendiamo poi verso sinistra, in un oceano di felci, a destra del limite del bosco di pini silvestri. E' di rigore non perdere d'occhio i segnavia rosso-bianco-rossi su massi o piccoli ometti.
Nel primo tratto zigzaghiamo fra roccette, poi Scendiamo ad un crinale più ampio brullo, saliamo su un piccolo poggio e torniamo a scendere su un sentierino che si vede appena. Siamo sempre in prossimità dei salti di roccia del versante meridionale, ed il colpo d'occhio sulla piana di Ardenno e sulla bassa Val Tartano è davvero suggestivo. Superato un ometto su un roccione, troviamo più in basso un segnavia su un uovo di drago. Tale è, infatti, secondo un'antichissima leggenda, ogni masso erratico che si trovi in una posizione difficile da spiegare con le normali dinamiche naturali. Non di masso si tratta, allora, ma di uovo pietrificato di drago, deposto nei tempi remoti nei quali i draghi erano signori anche delle Alpi Retiche, come leggiamo anche in S. Agostino.


Uovo di drago

Scendiamo ancora, a poca distanza dal limite del bosco, raggiungendo un punto nel quale si vede con ottima panoramica dall'alto lo sbarramento artificiale sul fiume Adda al limite sud-occidentale della piana di Ardenno. Dopo un evidente segnavia su un ometto, pieghiamo un po' a sinistra, procedendo nella boscaglia. Ci immergiamo gradualmente nel bosco, il crinale è ormai alle nostre spalle, e, dopo qualche tornantino, siamo ad un bivio: prendendo a destra si imbocca il sentierino che taglia tutta la parte medio-bassa del versante est della Colmen, terminando alle baite a monte di Desco,che un cartello dà a 40 minuti. Si tratta di un sentiero suggestivo e panoramicissimo, con tratti scavati nella roccia, esposti e protetti. Noi prendiamo invece a sinistra (indicazioni per Dazio-Crotto, dato a 50 minuti), e procediamo quasi in piano o in leggera discesa, fino ad un nuovo bivio, al quale seguiamo l'indicazione per S. Antonio (anche perché dall'altra parte si va a Prè dei Carr ed al Piazz dela Merda, località dal nome non propriamente allettante).


Pè del Signur

Poco più avanti un cartello della Pro Loco di Dazio segnala un masso chiamato “Pe del Signur”, perché un'antica leggenda vuole che vi sia impressa proprio l'orma del Signore. Non è l'unico esempio del genere in bassa Valtellina: un analogo “Pè dul Signur” si trova nei boschi sopra Buglio ed in quelli sopra Sirta. Procediamo fino ad un terzo bivio, quello S.Antonio-Gusmara, al quale prendiamo la direzione per S. Antonio. La traversata termina intercettando la pista che dalla chiesetta sconsacrata di S. Antonio porta alla piana di Dazio. Prendendo a destra, torniamo alla mulattiera per la quale ridiscendiamo a Pilasco.

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DALLA CIMA DELLA COLMEN A PORCIDO PER IL SENTIERO DI CRESTA OVEST
(ANELLO MEDIO DELLA COLMEN)

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Cima della Colmen - Sentiero di Cresta Ovest - Porcido - Desco - Pilasco
3 h
- (700 in discesa)
EE
SINTESI. Dalla cima della Colmen procediamo verso ovest, seguendo i segnavia bianco-rossi e passando accanto a diverse pozze, fino alla radura del Lègunc'. Il sentiero scende poi leggermente e giunge ad un bivio: il sentiero di destro scende sul versante nord della Colmen, nel bosco, fino alla piana di Dazio, mentre quello di sinistra procede in un bosco di betulle, scendendo ad una fascia di rocce fra le quali serpeggia volgendo a sinistra (tratto atrezzato da corde fisse; direzione sud-ovest). Dopo un ultimo tratto nel bosco, intercettiamo la pista sterrata e la seguiamo salendo a destra, intercettando la strada provinciale Ganda-Dazio. la seguiamo fino alla curva a sinistra, alla quale la lasciamo per prendene a destra e procedere verso Regolido, fino alla pista che se ne stacca sulla destra, fino alla mulattiera che scende a Pilasco.


Il Lègunc'

Esiste anche un sentiero che percorre il crinale opposto della Colmen, quello ovest, e può essere sfruttato per chiudere un anello intermedio rispetto a quelli sopra descritti. Se vogliamo percorrerlo, dalla cima della Colmen dobbiamo procedere verso ovest, ignorando le indicazioni del cartello che segnala alla nostra sinistra la partenza del “Sentée del Tarci” (il cartello dà Porcido a 40 minuti e Paniga ad un'ora e 10 minuti).
Incamminiamoci su una debole traccia che passa accanto a due piccole pozze. Poco oltre troviamo altri cartelli, che segnalano, nella direzione nella quale procediamo, Dazio, mentre a sinistra è segnalato di nuovo il Sentée del Tarci. Procedendo sul largo crinale della Colmen, guidati dai segnavia bianco-rossi, troviamo altre pozze. Procediamo nella boscaglia, ma ben presto usciamo ad una larga radura che ospita una pozza di maggiori dimensioni, quasi un microlaghetto, chiamato “Lègunc'”, letteralmente “lago unto”, perché le sue acque stagnanti non sono limpide. Sul lato opposto della radura ritroviamo il sentiero che scende in una sorta di corridoio, passando a sinistra di un roccione che mostra una curiosa cavità.


Il sentiero della cresta ovest

Poco oltre, un bivio segnalato da un cartello: a destra parte il sentiero che scende a Dazio, serpeggiando sul versante settentrionale della Colmen, mentre procedendo diritti ci dirigiamo alla località Portatia. Possiamo scegliere entrambe le soluzioni, tenendo presente che la prima abbrevia di molto i tempi, ma la seconda è più panoramica e suggestiva, anche se propone qualche passaggio non banale. Raccontiamo questa seconda opzione.
Procedendo verso ovest-nord-ovest, ed il bosco gradualmente muta: ora sono le felci e le betulle a fare la parte del leone. Il bosco più aperto comincia a regalare bellissimi scorci sulla bassa Valtellina, con Morbegno e l'imbocco della Val Gerola in primo piano. La traccia poi esce dalla boscaglia e si porta ad una fascia di roccioni. Camminiamo tenendo sempre d'occhio segnavia ed ometti, cominciando a scendere fra facili rocce scalinate, con alcuni tratti esposti sul lato sinistro (da evitare in caso di rocce bagnate). Ben presto siamo ad un tratto attrezzato con corda fissa, che ci assiste nel punto in cui il sentiero piega a sinistra, scendendo per una sorta di canalino.


Il sentiero della cresta ovest

Poi le difficoltà sono finite: procediamo in un tranquillo bosco di betulle, in direzione sud-ovest, anche se gli arcani roccioni della Colmen non cessano di far sentire la loro presenta alla nostra destra. Al termine della discesa intercettiamo la pista sterrata che scende a sinistra verso Porcido (data a 30 minuti, mentre Paniga è data ad un'ora). Noi invece procediamo in direzione opposta, cioè verso destra (il cartello dà Dazio a 10 minuti), seguendo la pista fino al punto nel quale intercetta la provinciale Ganda-Dazio (possiamo anche, in alternativa, prendere un sentiero che se ne stacca prima sulla destra e corre a ridosso del versante della Colmen, fino ad uscire dalla selva alla via per Porcido. In entrambi i casi ci ritroviamo nella zona del cimitero di Dazio e procediamo sulla provinciale fino al punto in cui curva a sinistra. Qui procediamo diritti, verso Regolido, fino al punto in cui troviamo a destra la pista sterrata che passa a destra della chiesetta di sant'Antonio e cede il posto alla mulattiera che scende a Pilasco.

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