Anelli brevi e lunghi nella Valle del Drogo
Olmo e San Bernardo
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in salita/discesa in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Scanabecco (S. Bernardo)-Bacino del Truzzo-Alpe Prosto-Caurga-S. Bernardo |
6-7 h |
1150 |
E |
Scanabecco (S. Bernardo)-Bacino del Truzzo-Alpe Prosto-Alpe Lendine-Caurga-S. Bernardo |
8 h |
1200 |
E |
Scanabecco (S. Bernardo)-Bacino del Truzzo-Alpe Prosto-Alpe Lendine-S. Bernardo
|
9 h |
1230 |
E |
Scanabecco (S. Bernardo)-Bacino del Truzzo-Alpe Prosto-Alpe Lendine-Zecca-Olmo-S. Bernardo
|
10 h |
1260 |
E |
SINTESI. A San Giacomo-Filippo lasciamo la ss. 36 dello Spluga, imboccando
la strada che se ne stacca sulla sinistra (indicazioni per Olmo e san
Bernardo), e che, superato su un ponte il Liro, comincia a salire, con
diversi tornanti, raggiungendo Olmo (m. 1056).
Proseguendo sulla strada asfaltata, oltrepassiamo la centrale di san Bernardo e passiamo sul versante
opposto della valle (quello settentrionale), dove la strada ci conduce
alle prime case di San Bernardo (m. 1099). Salendo
ancora, oltre la chiesetta, incontriamo un cartello che avverte che
la strada è chiusa alla circolazione dei veicoli non autorizzati.
Lasciata qui l’automobile, quindi, utilizziamo una mulattiera
che sale diritta tagliando i prati, in direzione del nucleo di baite
di Scanabecco (m. 1242), dove troviamo i primi segnavia che ci guidano
nel cuore del paesino, fino alla chiesetta di san Rocco, posta alla
sua sommità.
[Aggiornamento: viene mantenuta la relazione antecedente alla costruzione della strada sterrata che oggi porta da Scanabecco a S. Antonio] Il sentiero che dobbiamo imboccare parte proprio sotto il sagrato della
chiesa, verso sinistra (ovest), ed all’inizio è poco marcato.
[Aggiornamento: viene mantenuta la relazione antecedente alla costruzione della strada sterrata che oggi porta da Scanabecco a S. Antonio]. Attraversato un prato ed una prima selva, si fa più evidente
e comincia una lunga traversata sul fianco settentrionale della valle.
Valichiamo, così, su un ponticello le condutture della centrale,
cominciando, poi, a perdere quota di qualche decina di metri.
Incontriamo i primi prati e le prime baite e giungiamo al nucleo di Sant’Antonio (m. 1213). Proseguiamo e prima dell’alpe Caurga, presso un nucleo di baite
la mulattiera per il bacino del Truzzo (C 25, indicazione per il rifugio Carlo Emilio) si stacca sulla
destra dal sentiero principale. Prendiamo dunque a destra e saliamo sulla mulattiera ben lastricata, inanellando molti tornanti. A quota 1500, il sentiero piega decisamente a sinistra
e, dopo un breve traverso, supera un torrentello che in quel punto forma
una cascatella, per poi risalire proprio il costone, con qualche tratto
esposto (servito da corde fisse).
Segue un traverso a destra ed una nuova serie di serrati tornanti. Lasciamo
alla nostra sinistra un primo nucleo di baite a quota 1664, prima di
raggiungere l’alpe Curt de Lavazz (m. 1751) e proseguire alla
volta dell’alpe Cornera (m. 1920). Raggiungiamo così il piano dove sono collocate le abitazioni dei guardiani
della diga: utilizzando anche alcune scalette,
ci portiamo al culmine del bastione roccioso che delimita il
terrazzo del Truzzo. Raggiungiamo il limite del camminamento che
sovrasta la diga del Truzzo e troviamo un bivio, segnalato da un cartello, al quale prendiamo a sinistra, percorrendo il camminamento ed imboccando il sentiero
che parte dal suo lato opposto. Il sentiero descrive un arco che lo porta a superare
un torrentello che scende al bacino ed alcuni sistemi di roccette arrotondate.
Approdiamo, poi, ad un risalto leggermente più alto rispetto
alla quota del bacino, dove ci attende il lago Nero (m. 2150). Passiamo a destra del lago e, superato un tratto esposto, ci portiamo al rifugio Carlo Emilio del CAI di Dongo (m. 2153).
Torniamo ora indietro, verso la diga del Truzzo, ma, in corrispondenza di un’insenatura del lago, prestando attenzione vediamo, sulla destra, la segnalazione della partenza del sentiero che traversa a mezza costa il versante occidentale della Valle del Drogo, passando per l’alpe Prosto e terminando all’alpe Lendine. Imbocchiamo dunque questo sentiero, segnalato da segnavia bianco-rossi e dalla scritta “Lendine” su un grande masso. Nel primo tratto saliamo in direzione di una selletta, a quota 2129 metri, poi iniziamo a scendere decisamente verso sud, fra rocce e brevi sprazzi erbosi. La traccia va e viene, ma segnavia ed ometti non ci piantano in asso. La discesa termina ad un ripiano con fondo torboso. Qui prestiamo attenzione ad alcuni ometti, pieghiamo leggermente a destra e passiamo a sinistra di una baita, prima di trovare un sentierino che si infila in una bella pecceta, traversando a mezzacosta, in piano e leggera discesa, ad una quota approssimativa di 1700 metri, sempre verso sud. La traccia in qualche tratto è debole, è insidiata dall’erba e corre sul bordo di un versante molto ripido, per cui dobbiamo procedere con attenzione. Attraversata una valletta, pieghiamo leggermente a sinistra ed usciamo ai prati dell’alpe Prosto (m. 1690), arroccata sul filo di un dosso. Qui siamo ad un bivio e dobbiamo decidere se percorrere l’anello più ampio o optare per la versione più breve. Nel secondo caso prendiamo a sinistra, seguendo il sentiero segnalato per la Caurga. Il sentiero resta sul filo del dosso, poi scende deciso verso est, nel fitto bosco, avvicinandosi al bordo settentrionale del vallone centrale della Valle del Drogo. Piegando leggermente a sinistra segue l’andamento del vallone. Attraversata una valletta laterale, esce infine ai prati della Caurga, dove proseguendo in piano verso est ci ricongiungiamo con il sentiero percorso nella prima parte dell’escursione, seguendolo a rovescio. Se invece optiamo per un anello più ampio, al bivio dell’alpe Prosto proseguiamo a destra, sul sentiero che diventa più marcato e tranquillo, rientra nella fresca pecceta ed attraversa il vallone centrale della Valle del Drogo. Poco oltre superiamo una nuova valletta e ci portiamo sul fianco di un ampio dosso, per poi attraversare un nuovo vallone. La traversata a mezza-costa, con qualche saliscendi, prosegue verso sud, ed il marcato sentiero attraversa due nuove vallette prima di uscire sul limite settentrionale dell’ampio ripiano di prati che ospita l’incantevole alpe Lendine (m. 1710). Appena sotto la chiesetta, sul limite basso dell’alpe, vicino al punto dal quale siamo giunti, troviamo la partenza, segnalata, del sentiero per Caurga-Zecca-Olmo. Lo imbocchiamo e cominciamo a scendere verso nord-est, superando una valletta e raggiungendo il ponte di quota 1477, che ci porta a destra di una valletta. Scendiamo ancora, sempre verso nord-est, attraversiamo un piccolo corso d’acqua e giungiamo ad un bivio: mentre il sentiero di destra prosegue la traversata del versante meridionale della Valle del Drogo verso Corseca, Zecca ed Olmo, quello di sinistra scende direttamente al fondovalle e raggiunge Caurga. Sta a noi scegliere di nuovo l’ampiezza dell’escursione ad anello. Se scegliamo per un anello intermedio, prendiamo a sinistra, scendendo decisamente verso nord. Superata una valletta ed il torrente principale della Valle del Drogo, ci affacciamo ai prati della Caurga, dove proseguendo verso est intercettiamo il sentiero utilizzato nella prima parte dell’escursione, seguendolo a rovescio. Se invece vogliamo percorrere l’anello più ampio, al bivio proseguiamo a destra, verso nord-est, scendendo in leggera discesa alle baite di Corseca. Il marcato sentiero piega quindi leggermente a destra e prosegue quasi in piano verso est. Ci raggiunge salendo da sinistra un sentiero che possiamo sfruttare per scendere verso nord al fondovalle, superare il torrente Drogo su un ponte e risalire alla pista sterrata che prresa verso destra riporta a S. Bernardo (terza possibilità di anellodella Valle del Drogo). Se invece optiamo per l'anello più ampio, proseguiamo diritti in breve siamo al ponte di quota 1287, sul quale superiamo un torrentello. Nella cornice di uno splendido bosco di larici riprendiamo la discesa. Ad un bivio stiamo a destra e terminiamo la discesa nel lariceto alle baite di Zecca (m. 1162), dalle quali il sentiero cala rapidamente alle abitazioni di Olmo (m. 1056). Seguendo la carrozzabile, saliamo verso San Bernardo, passando vicino alla centrale idroelettrica di Olmo e sperando su un ponte la forra della Valle del Drogo. |
La valle del Drogo è una delle più interessanti della Valle Spluga ed offre numerose possibilità agli amanti dell'escursionismo.
La denominazione non è tranquillizzante, in quanto il toponimo
“drogo” significa forra, orrido; tuttavia essa va riferita
non all’intera valle, ma solo alla parte terminale, dove il torrente
Drogo si guadagna faticosamente lo sbocco al Liro superando una gola
stretta ed incassata. Per il resto, invece, la valle non appare particolarmente
aspra, anzi, regala scorci gentili e, dal punto di vista botanico, assai
interessanti.
A San Giacomo-Filippo, dunque, lasciamo la ss. 36 dello Spluga, imboccando
la strada che se ne stacca sulla sinistra (indicazioni per Olmo e san
Bernardo), e che, superato su un ponte il Liro, comincia a salire, con
diversi tornanti, verso le due frazioni di mezza costa, circondata da
boschi fitti e verdissimi. Poi il bosco si apre e raggiungiamo i bei
prati di Olmo (m. 1056), ottimo terrazzo panoramico, verso est, sulla
testata della val Codera, dietro la quale è possibile scorgere
anche il pizzo Badile, nel gruppo del Màsino.
Proseguendo sulla strada asfaltata, ci addentriamo nel cuore della valle
del Drogo, fino alla centrale di san Bernardo, per poi passare sul versante
opposto della valle (quello settentrionale), dove la strada ci conduce
alle prime case di San Bernardo (m. 1099). Salendo
ancora, oltre la chiesetta, incontriamo un cartello che avverte che
la strada è chiusa alla circolazione dei veicoli non autorizzati.
Lasciata qui l’automobile, quindi, utilizziamo una mulattiera
che sale diritta tagliando i prati, in direzione del nucleo di baite
di Scanabecco (m. 1242), dove troviamo i primi segnavia che ci guidano
nel cuore del paesino, fino alla chiesetta di san Rocco, posta alla
sua sommità.
[Aggiornamento: viene mantenuta la relazione antecedente alla costruzione della strada sterrata che oggi porta da Scanabecco a S. Antonio]. Il sentiero che dobbiamo imboccare parte proprio sotto il sagrato della
chiesa, verso sinistra (ovest), ed all’inizio è poco marcato.
Attraversato un prato ed una prima selva, si fa più evidente
e comincia una lunga traversata sul fianco settentrionale della valle.
Valichiamo, così, su un ponticello le condutture della centrale,
cominciando, poi, a perdere quota di qualche decina di metri, all’ombra
di un fresco bosco, attraversando anche un corpo franoso. Entriamo,
così, nel cuore della valle, ed il versante alla nostra sinistra
si fa sempre meno scosceso.
Incontriamo i primi prati e le prime baite, fino al bel nucleo di Sant’Antonio (m. 1213), dove si trova anche una bella chiesetta, a lato della quale
passa il sentiero. Qui troviamo anche delle croci poste a ricordo dei
contrabbandieri caduti valicando il passo di Léndine (al confine
con il territorio svizzero, e precisamente con la Mesolcina, in Canton
Ticino), più impegnativo del passo della Forcola, e per questo
meno sorvegliato. Furono travolti dalla valanga Marina il 23 gennaio 1910. Si tratta di Paiarola Guglielmo, di 22 anni, Maretoli Battista, di 22 anni, Tomera Celso, di 19 anni e Geronimi Guglielmo, di 19 anni. L’alpe Lendine, sopra la quale si trova il lago
Caprara (m. 2288) ed il passo di Lendine (m. 2324) è una delle
due fondamentali mete escursionistiche praticabili da chi si addentra
in valle del Drogo (C26).
La seconda, che qui considereremo, è quella più frequentata
e panoramicamente più interessante: si tratta della salita all’ampio
terrazzo che ospita il bacino del Truzzo, fino al rifugio Carlo Emilio
(C25). Per alcune centinaia di metri oltre S. Antonio i due sentieri
coincidono; poi, prima dell’alpe Caurga, presso un nucleo di baite
la mulattiera per il bacino del Truzzo si stacca dal sentiero sulla
destra, segnalata da un cartello (indicazione per la Capanna Carlo Emilio).
Ci
si può staccare anche un po’ prima, in corrispondenza di
un sentiero segnalato dalla scritta “Truzzo” su un grande
masso. Questo sentiero, disegnata una diagonale, intercetta la mulattiera
che comincia un’inesorabile sequenza di tornanti per vincere i
circa 800 metri di dislivello che separano i prati del fondovalle dal
bordo superiore del grande gradino roccioso ben visibile sul fianco
nord della valle.
La fatica della salita è però temperata da diversi elementi.
Innanzitutto la bellezza e l’eleganza della mulattiera, un piccolo
gioiello di ingegneria alpina, costruita negli anni venti del secolo
scorso per servire il cantiere allestito per costruire lo sbarramento
artificiale del Truzzo. Nella parte più alta, dove supera una
fascia di grossi massi scesi dal selvaggio versante meridionale del
pizzo Camosciè (m. 2467), la mulattiera è interamente
lastricata con grossi blocchi di sasso con geometrie che, viste dall’alto,
si apprezzano con un vivo senso di ammirazione.
Il secondo elemento di interesse è botanico: osservando il lato
opposto della valle, possiamo notare, dal fondovalle fino alla conca
dell’alpe di Lendine, riconoscibile per il nutrito nucleo di baite,
bellissimi boschi di larici, con piante che superano i 20 metri di altezza.
L’intera valle, grazie alla sua posizione che le garantisce una
felice situazione climatica (clima umido e temperato), presenta una
vegetazione rigogliosa. Sul versante che stiamo risalendo, infatti,
osserviamo, oltre ad un imponente monolito, che troviamo nella prima
parte della salita, una grande ricchezza di rododendri, ginestre, frassini,
abeti, larici.
Nel primo tratto il bosco accompagna con la sua fresca compagnia le
nostre fatiche (risalire questo versante d’estate ci espone, infatti,
ad una certa sofferenza da calura), poi si va sempre più diradando.
Ad un certo punto osserviamo, alla nostra sinistra, un selvaggio promontorio
roccioso, con un’inquietante cavità alla sua base, che
dà l’impressione che il costone della scroccare da un momento
all’altro. Poco
più avanti, a quota 1500, il sentiero piega decisamente a sinistra
e, dopo un breve traverso, supera un torrentello che in quel punto forma
una cascatella, per poi risalire proprio il costone, con qualche tratto
esposto (servito da corde fisse). Alla fine ci ritroviamo proprio alla
sua sommità, e ci viene spontaneo cercare di procedere con passo
leggero: non si sa mai…
Segue un traverso a destra ed una nuova serie di serrati tornanti. Lasciamo
alla nostra sinistra un primo nucleo di baite a quota 1664, prima di
raggiungere l’alpe Curt de Lavazz (m. 1751) e proseguire alla
volta dell’alpe Cornera (m. 1920).
Lo scenario è ormai
mutato: diversi massi si dispongono caoticamente sul declivio posto
ai piedi dell’aspra costiera della Camoscera, che va dal pizzo
Camoscera, a destra, alle gotiche Guglie dei Caurgh, che comprendono
il pizzo Camosciè, a sinistra.
Eccoci, infine, dopo aver lasciato sui bei lastroni della mulattiera
molto sudore, al piano dove sono collocate le abitazioni dei guardiani
della diga: ancora qualche sforzo, utilizzando anche alcune scalette,
prima di raggiungere il culmine del bastione roccioso che delimita il
terrazzo del Truzzo. Portiamoci, ora, sul limite del camminamento che
sovrasta la diga del Truzzo, ed ammiriamo l’ampio bacino (m. 2080,
18 milioni e mezzo di metri cubi d’acqua circa), nel quale si
riflettono i severi versanti rocciosi che lo circondano, con interessanti
effetti di specchio.
Qui
troviamo un bivio, segnalato da un cartello. Prendendo a destra proseguiamo
nella prima tappa del Trekking della Valle di Spluga (che abbiamo fin
qui percorso), e risaliamo il versante ad est del bacino, alla volta
del passo dell’Alpigia (m. 2370), dato a tre quarti d’ora
di cammino. Se, invece, scegliamo la seconda soluzione, per il rifugio
Carlo Emilio, dobbiamo percorrere il camminamento ed imboccare il sentiero
che parte dal suo lato opposto, descrivendo un arco che lo porta a superare
un torrentello che scende al bacino ed alcuni sistemi di roccette arrotondate.
Approdiamo, poi, ad un risalto leggermente più alto rispetto
alla quota del bacino, dove ci attende il lago Nero (m. 2150, anch’esso
sbarrato, dalla capienza di 200.000 metri cubi d’acqua circa),
dall’aspetto, però, tutt’altro che lugubre. Dal limite
orientale del laghetto possiamo già vedere la meta, il rifugio,
posto sull’angolo opposto. Per raggiungerlo dobbiamo superare
un passaggino un po’ esposto (attenzione a non scivolare).
Alla fine, eccoci al piccolo rifugio (m. 2153), costruito nel 1911 e dedicato alla memoria di Carlo Piatti ed Emilio Castelli, morti durante l'ascensione al Pizzo Badile. Teniamo però presente che il rifugio non è gestito, per cui se vogliamo fruirne dobbiamo chiedere le chiavi a Pierino Geronimi di Chiavenna (tel. 0343 33069 - 347 4687115) oppure ad Ivo Geronimi a Prosto di Piuro (tel. 0343 34540). Da qui partono diverse possibilità di escursione
ed ascensione, ai laghi del Forato (a sud-ovest) e forato (ovest-sud-ovest),
ed ai pizzi Forato (o Pombi, m. 2967), Sevino (o Corbet, m. 3025) e
Quadro (m. 3013).
Sentiero Truzzo-Lendine
Torniamo ora indietro, verso la diga del Truzzo, ma, in corrispondenza di un’insenatura del lago, prestando attenzione vediamo, sulla destra, la segnalazione della partenza del sentiero che traversa a mezza costa il versante occidentale della Valle del Drogo, passando per l’alpe Prosto e terminando all’alpe Lendine. Imbocchiamo dunque questo sentiero, segnalato da segnavia bianco-rossi e dalla scritta “Lendine” su un grande masso. Nel primo tratto saliamo fra roccioni in direzione di una selletta, a quota 2129 metri, poi iniziamo a scendere decisamente verso sud, fra rocce e brevi sprazzi erbosi. La traccia va e viene, ma segnavia ed ometti non ci piantano in asso.
Alpe Prosto
La discesa termina ad un ripiano con fondo torboso. Qui prestiamo attenzione ad alcuni ometti, pieghiamo leggermente a destra e passiamo a sinistra di una baita, prima di trovare un sentierino che si infila in una bella pecceta, traversando a mezzacosta, in piano e leggera discesa, ad una quota approssimativa di 1700 metri, sempre verso sud.
La traccia in qualche tratto è debole, è insidiata dall’erba e corre sul bordo di un versante molto ripido, per cui dobbiamo procedere con attenzione. Attraversata una valletta, pieghiamo leggermente a sinistra ed usciamo ai prati dell’alpe Prosto (m. 1690), arroccata sul filo di un dosso.
Partenza del sentiero Truzzo-Lendine |
Alpe Lendine vista dal sentiero Truzzo-Lendine |
Verso l'alpe Lendine |
Sentiero Truzzo-Lendine |
Alpe Lendine |
Baita all'alpe Lendine |
Qui siamo ad un bivio e dobbiamo decidere se percorrere l’anello più ampio o optare per la versione più breve. Nel secondo caso prendiamo a sinistra, seguendo il sentiero segnalato per la Caurga. Il sentiero resta sul filo del dosso, poi scende deciso verso est, nel fitto bosco, avvicinandosi al bordo settentrionale del vallone centrale della Valle del Drogo. Piegando leggermente a sinistra segue l’andamento del vallone. Attraversata una valletta laterale, esce infine ai prati della Caurga, dove proseguendo in piano verso est ci ricongiungiamo con il sentiero percorso nella prima parte dell’escursione, seguendolo a rovescio.
Alpe Lendine |
Alpe Lendine |
Se invece optiamo per un anello più ampio, al bivio dell’alpe Prosto proseguiamo a destra, sul sentiero che diventa più marcato e tranquillo, rientra nella fresca pecceta ed attraversa il vallone centrale della Valle del Drogo. Poco oltre superiamo una nuova valletta e ci portiamo sul fianco di un ampio dosso, per poi attraversare un nuovo vallone. La traversata a mezza-costa, con qualche saliscendi, prosegue verso sud, ed il marcato sentiero attraversa due nuove vallette prima di uscire sul limite settentrionale dell’ampio ripiano di prati che ospita l’incantevole alpe Lendine (m. 1710).
Appena sotto la chiesetta, sul limite basso dell’alpe, vicino al punto dal quale siamo giunti, troviamo la partenza, segnalata, del sentiero per Caurga-Zecca-Olmo. Lo imbocchiamo e cominciamo a scendere verso nord-est, superando una valletta e raggiungendo il ponte di quota 1477, che ci porta a destra di una valletta. Scendiamo ancora, sempre verso nord-est, attraversiamo un piccolo corso d’acqua e giungiamo ad un bivio: mentre il sentiero di destra prosegue la traversata del versante meridionale della Valle del Drogo verso Corseca, Zecca ed Olmo, quello di sinistra scende direttamente al fondovalle e raggiunge Caurga.
Alpe Lendine |
Alpe Lendine |
Alpe Lendine |
Sta a noi scegliere di nuovo l’ampiezza dell’escursione ad anello. Se scegliamo per un anello intermedio, prendiamo a sinistra, scendendo decisamente verso nord. Superata una valletta ed il torrente principale della Valle del Drogo, ci affacciamo ai prati della Caurga, dove proseguendo verso est intercettiamo il sentiero utilizzato nella prima parte dell’escursione, seguendolo a rovescio. Se invece vogliamo percorrere l’anello più ampio, al bivio proseguiamo a destra, verso nord-est, scendendo in leggera discesa alle baite di Corseca.
Il marcato sentiero piega quindi leggermente a destra e prosegue quasi in piano verso est. Ci raggiunge salendo da sinistra un sentiero che possiamo sfruttare per scendere verso nord al fondovalle, superare il torrente Drogo su un ponte e risalire alla pista sterrata che prresa verso destra riporta a S. Bernardo (terza possibilità di anellodella Valle del Drogo). Se invece optiamo per l'anello più ampio, proseguiamo diritti in breve siamo al ponte di quota 1287, sul quale superiamo un torrentello. Nella cornice di uno splendido bosco di larici riprendiamo la discesa.
Nella cornice di uno splendido bosco di larici riprendiamo la discesa. Ad un bivio stiamo a destra e terminiamo la discesa nel lariceto alle baite di Zecca (m. 1162). Nessun riferimento al fastidioso e pericoloso parassita che purtroppo infesta anche alcune zone di Valtellina e Valchiavenna: il nome deriva probabilmente da "Séca", "secca", con riferimento ad una certa aridità del versante. Del resto stando al Dubiu'n siamo appena sopra la Mota séc'ia (Motta secca: tale era la denominazione di Olmo).
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Sentiero per l'alpe Lendine |
Le baite di Zecca |
Da Zecca il sentiero cala rapidamente alle abitazioni di Olmo (m. 1056). Olmo non è un paese qualunque: è uno dei nuclei più singolari della Valle Spluga. Per diversi motivi. Il principale è il Dubiu'n (probabilmente "doppione"), una parlata gergale che si differenzia dal dialetto pubblico e che veniva usata nei secoli passati per non farsi capire dai forestieri, soprattutto in occasione dei mercati, quando informazioni e commenti "riservati" potevano decidere di un buon affare. Il rimpianto prof. Luigi Festorazzi, appassionato cultore dei dialetti, ne ha scritto in un articolo su "Clavenna" del 1965. In un successivo articolo ha segnalato il singolare costume locale di offrire a tutti (ma proprio a tutti, bambini compresi) dell'acquavite in occasione dei matrimoni.
Seguendo la carrozzabile, saliamo verso San Bernardo, passando vicino alla centrale idroelettrica di Olmo e sperando su un ponte la forra della Valle del Drogo.
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