Carnale

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Carnale-Croce di Carnale-Stodegarda-Davaglione Piano- Carnale
2 h e 30 min.
530
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina e di qui proseguiamo sulla carozzabile per i maggenghi, prendendo a sinistra al primo bivio e salendo verso San Giovanni. Proseguiamo sulla medesima strada che termina al maggengo di Carnale (m. 1180), dove parcheggiamo. Superiamo le ultime baite ed incontriamo il punto nel quale parte la pista tagliafuoco, tracciata di recente, che piega a destra ed effettua una traversata fino a Stogegarda. La seguiamo per breve tratto ma dopo uno slargo ed un accenno di curva a sinistra, nel punto in cui comincia a salire, vediamo, a sinistra, sul limite di uno splendido bosco di abeti rossi e larici, un accenno di pista che si restringe ed entra nel bosco, facendosi sentiero. Lo seguiamo salendo in pineta, verso nord-est, e fino alla radura della Crus, cioè alla Croce di Carnale (m. 1569). Il sentiero prosegue fino alla poco evidente sommità del Dosso della Foppa, a quota 1629. Dopo un tratto quasi pianeggiante, il sentiero, sempre sul filo del lungo dosso, riprende a salire, verso nord-est. Raggiungiamo, così, a quota 1706, una radura con un bivio segnalato da un cartello: prendiamo a destra (idicazione per Stodegarda) imboccando un sentiero che taglia il fianco boscoso del lungo dosso e traversando ad est ed est-nord-est porta alle baite di Stodegarda (m. 1583). Seguiamo poi una pista sterrata che scende verso sinistra e volgendo a destra porta alle baite di Bedoié (m. 1505), proseguendo verso sinistra e poi volgendo ancora a destra fino alle baite di Davaglione Piano (m. 1425). restiamo sulla pista che volge a destra ed inizia un lungo traverso in direzione sud-ovest, tornando a monte di Carnale. Dopo pochi tornanti la pista riporta a Carnale.


Apri qui una fotomappa del versante a monte di Montagna in Valtellina

Carnale è, oggi, un apprezzatissimo centro di villeggiatura estiva (ma anche invernale), soprattutto per la sua posizione panoramicamente e climaticamente felice, posto, com’è, a 1250 m., quasi a cavallo fra Val di Togno e versante retico mediovaltellinese. In passato, invece, “carnà” aveva un valore soprattutto come maggengo; da qui, alla festa di San Giovanni (21 giugno), i pastori lasciavano il maggengo per scendere alla Madonnina e portarsi all’alpe di Acquanera in Valmalenco (gli alpeggi della Val di Togno erano invece caricati da alpeggiatori di Albosaggia). Ancora oggi, però, la vocazione agricola della località è ben viva, come conferma la presenza di un agriturismo (La Baita del Sole) e di un’azienda agricola.
Carnale può essere punto di partenza di diverse tranquille camminate. La più semplice è quella che descrive un anello che tocca la Croce di carnale ("Crus") ed i maggenghi di Stodegarda, Bedoié e Davaglione Piano, sul versante occidentale della Valle del Davaglione.
Possiamo salirvi a piedi o in automobile, partendo dal centro di Montagna in Valtellina.
Per salire a Montagna in Valtellina dobbiamo entrare in Sondrio ed imboccare la strada provinciale panoramica dei Castelli che, prima di toccare la parte bassa del paese, passa a monte del convento di Colda e del Castel Grumello.
Raggiunto il centro di Montagna, lasciando sulla nostra destra la strada provinciale, troviamo facilmente la strada che conduce da Montagna in Valtellina all’alpe Mara. Imboccandola, incontriamo poi, poco oltre i 900 metri di quota, a circa 4 km dal centro di Montagna, la località Ca’ Zoia, poco prima della chiesa di S. Maria Perlungo. Dalla contrada parte un bel sentiero che si dirige verso ovest e ci porta ad un piccolo mulino, recentemente restaurato, che sfrutta le acque del torrente Davaglione.
Attraversata la valle del Davaglione, il sentiero conduce proprio sotto il dosso erboso sul quale si erge il castello Mancapane, che risale al secolo XIII. Le mura e la torre offrono, nello scenario della valle del Davaglione, uno scenario fortemente suggestivo. L'ingresso al recinto che ospita la torre (alta 21 metri) è sopraelevato, a 4 metri dal suolo, per cui vi si accedeva, per motivi difensivi, attraverso una scala retraibile.

La sua funzione principale fu, con tutta probabilità, quella di avvistamento e quindi di segnalazione alle truppe ospitate nel ben più poderoso Castel Grumello, che si trova più a valle, fra Montagna e Sondrio. Il recinto interno poteva però anche, all'occorrenza, ospitare persone ed animali che necessitassero di difesa in caso di assedio, ed a tal fine è interessante osservare come le feritoie della torre fossero munite di uno scivolo, che consentiva di riversare sugli assedianti massi ed olio bollente. Un lungo assedio di truppe del comasco, che ridusse allo stremo gli assediati, è forse all'origine della sua denominazione, anche se sussiste una diversa ipotesi: Mancapane potrebbe derivare anche dall'originario nome greco, "Catapani", dei De Capitanei, la potente famiglia guelfa che, dalla seconda metà del secolo XIV, aveva preso possesso del già citato Castel Grumello (o Castello De Piro al Grumello). Guardando dal castello verso nord-ovest, si vede, immerso nel fitto e bellissimo bosco che copre il versante occidentale della valle del Davaglione, il campanile della chiesetta di san Giovanni.
Proseguendo verso ovest, sul sentiero ben curato e segnalato, oltrepassiamo un ponticello ed usciamo dal bosco, raggiungendo la località di Ca’ Bongiascia (m. 923), alla quale giunge anche una strada asfaltata che sale dalle contrada Paini e Ca' Credaro di Montagna (anche Ca' Bongiascia si trova a circa 4 km dal centro di Montagna). Anche qui la sensazione è quella di un angolo sottratto allo scorrere del tempo.
Da Ca’ Bongiascia si prende poi la strada asfaltata, che sale verso la frazione San Giovanni. La strada permette di gustare un ampio panorama orientale, nel quale è ancora ben visibile il castello Mancapane, e raggiunge, a 1002 metri e 7 km circa da Montagna, la chiesa di san Giovanni, che sembra anch’essa essersi ritagliata un angolo fuori del tempo. Qui giunge anche una seconda strada asfaltata, che si stacca sulla sinistra da quella che congiunge Montagna all'alpe Mara ed attraversa la valle del Davaglione: possiamo così, salendo da Ca' Paini in mountain-bike, effettuare un bell'anello di circa 14 km, con discesa sul versante opposto (orientale) della valle, che passa da Ca' Zoia (e quindi ci consente, con un tratto a piedi, di visitare il castello di Mancapane).
Da san Giovanni la strada sale fino alla località Carnale, a circa 1250 metri di quota e ad un chilometro e mezzo da san Giovanni (circa 8,5 km da Montagna). Una stradina in cemento porta alle case superiori di Carnale, dove parte il sentiero per la val di Togno, segnalato da un cartello e da qualche bollo giallo-viola. Da qui si può scorgere anche una parte del versante occidentale della Valmalenco, che include il monte Disgrazia. Il sentiero per la val di Togno è assai interessante: dopo aver guadagnato circa un centinaio di metri di quota, comincia ad abbassarsi gradualmente, tagliando un versante scosceso, fino al corpo di una frana, attraversato il quale raggiunge il fondovalle. Qui troviamo un ponte che ci permette di oltrepassare il torrente Antognasco e di raggiungere il rifugio Val di Togno, a 1317 metri.
Da Carnale parte, però, una secondo e meno conosciuto itinerario escursionistico. Ipotizziamo di essere saliti a Carnale con l'automobile e descriviamolo. Procedendo sempre diritti, giungiamo al termine della strada asfaltata, dove si trova un piccolo parcheggio ed un pannello che propone una carta dei sentieri nel territorio del comune di Montagna. Troviamo anche alcuni cartelli escursionistici, che danno la Croce di Carnale ad un’ora e 10 minuti, il rifugio Val di Togno ad un’ora e 40 minuti ed il rifugio Gugiatti-Sertorelli a 3 ore e 30 minuti.
Lasciata qui l’automobile, iniziamo l'anello Carnale-Stodegarda da una quota di 1180 metri, imboccando una pista con fondo sterrato nel primo tratto, in cemento nel successivo, che si affaccia alla parte bassa dei prati di Carnale (i ciàna) e li risale, volgendo prima a destra, poi a sinistra, e raggiungendo un gruppo di baite con una fontana. Un cartello indica che prendendo a destra ci si porta all’agriturismo Baita del Sole.
Nei pressi della fontana troviamo altri cartelli, che danno la Croce a 50 minuti, il rifugio Val di Togno ad un’ora e 20 minuti ed il rifugio Gugiatti-Sertorelli a 3 ore e 10 minuti. Proseguiamo in direzione opposta a quella dell’agriturismo, mentre davanti a noi si mostra un suggestivo scorcio della Valmalenco: da sinistra distinguiamo i monti Rolla e Canale, di seguito il pizzo Rachele, la cima del Duca, la punta Rosalba ed il monte Senevedo, poi, sul fondo, i pizzi delle Tre Mogge e Malenco e la Sassa d’Entova; quindi, in primo piano, sul crinale che separa Valmalenco e Val di Togno, il monte Foppa e, sul versante opposto, la Corna Mara. Proseguendo in leggera salita, lasciamo alle spalle le ultime baite (i masùn) e giungiamo al punto nel quale la pista volge a destra ed è chiusa da una sbarra, mentre a sinistra parte il sentiero per il rifugio Val di Togno (senté da tùgn), segnalato da un cartello che lo dà ad un’ora e 20 minuti.
Imbocchiamo la nuova pista tagliafuoco, che porta ai maggenghi della media Valle del Davaglione (Davaglione Piano, Bedoiè, Stodegarda), che procede in falsopiano. Dopo uno slargo ed un accenno di curva a sinistra, nel punto in cui comincia a salire, vediamo, a sinistra, sul limite di uno splendido bosco di abeti rossi e larici, un accenno di pista che si restringe ed entra nel bosco, facendosi sentiero. Lo seguiamo e saliamo nella magica cornice di una pecceta di rara bellezza. Dopo breve salita, intercettiamo la pista che sale da destra, lasciandola, però, subito per riprendere il sentiero sul lato opposto. Su un larice alla nostra sinistra e su un sasso alla nostra destra troviamo i primi due segnavia bianco-rossi. Superata una modesta radura che si apre fra i larici alti e diritti, intercettiamo per l’ultima volta la pista, che sale da sinistra.
Ancora una volta ritroviamo il sentiero sul lato opposto della pista. Su un larice un cartello reca scritto “La Crus” e ci conferma della correttezza dell’itinerario, che, infatti, passa per la Croce di Carnale (crus de carnà). Proseguiamo nel bosco e superiamo una radura, giungendo ad un bivio, segnalato da un cartello: il sentiero di destra porta a Davaglione Piano (daunciàn), mentre quello che prosegue diritto va alla Croce. Proseguiamo, ovviamente, diritti, volgendo leggermente a sinistra, poi a destra, con pendenza severa, che poi si addolcisce.

Un nuovo strappo verso sinistra è seguito da un tratto con andamento quasi pianeggiante, che conduce ad una radura (segnavia bianco-rosso su un sasso). Il sentiero comincia, poi, a volgere gradualmente a destra ed a salire nel bosco che si fa più fitto. Alla fine approdiamo alla radura sul cui limite superiore è posta la Croce di Carnale (Crus de Carnà, m. 1569). Sul limite inferiore, invece, un cartello segnala nella direzione dalla quale veniamo Carnale, mentre proseguendo diritti, senza piegare verso la Croce, viene segnalato il sentiero per Davaglione Piano. Nella direzione della croce, infine, due cartelli segnalano il rifugio Gugiatti-Sertorelli e le località Stodegarda, Beduié e Mara.


Carnale

L’antica croce in legno, che, essendo la radura ben più ampia, si vedeva fin dal centro di Montagna ed è ora conservata nella chiesa di San Giovanni, era già citata nel secolo XVIII, ma è stata sostituita dall’attuale croce in metallo in occasione del Giubileo dell’anno 2000. Una targa invita a pregare con queste parole: “O Dio, Creatore del cielo e della terra, che tutto hai creato per amore e in Gesù Cristo, tuo Figlio, ti sei rivelato Padre, che hai posto il creato nelle nostre mani, ti preghiamo: rendici fedeli e degni della fiducia che hai riposto in noi. Ci hai scelto per essere sacerdoti del creato, per cantare Te, onnipotente Signore. Fa’ che scopriamo e rispettiamo l’armonia, l’ordine, la bontà che ci circondano. Le nostre montagne sono un invito a elevarci a Te, le nostre acque ci dissetano, portano vita e sono segno di Te, acqua per la vita eterna. Il nostro spirito vibri ed esulti di gioia, di riconoscenza e di lode a Te che a noi hai fatto dono della tua presenza onnipotente.” Segue una citazione dal salmo 120: “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto. Il nostro aiuto viene dal Signore”. Il luogo è particolarmente caro agli abitanti di Montagna, e, secondo un’antichissima tradizione, qui il parroco celebra la Messa all’inizio dell’estate (vicino alla croce è stato edificato un piccolo altare). Ai piedi della Croce, infine, un utile pannello in legno ci aiuta ad individuare le cime che la catena orobica, a sud, ci mostra: da sinistra, il pizzo di Coca (m. 3052), il Dente di Coca (m. 2920), il gruppo Scais-Redorta nascosto dal pizzo di Scotes (m. 2975), il pizzo di Rodes (m. 2810), il pizzo del Diavolo di Tenda (m. 2914), il pizzo Campaggio (m. 2502), il Corno Stella (m. 2620) ed il monte Vespolo (m. 2385). Dopo aver letto l’incisione sulla croce (“Christus heri, hodie, semper”, cioè “Cristo ieri, oggi e sempre”), riprendiamo a salire, rientrando nel bosco; dopo un breve tratto, due cartelli segnalano un nuovo bivio: il sentiero di destra porta a Beduié, quello che prosegue diritto al rifugio Gugiatti-Sertorelli.


I boschi sopra Carnale

Vediamo, ora, come proseguire l'escursione, passando per l'alpe Mara e tornando a Carnale per una diversa via, chiudendo un bell'anello fattibile soprattutto se ci siamo portati con l'automobile a Carnale. Continuiamo, quindi, a salire sul filo del lungo dosso, chiamato “fil de la ciugèra”, che scende verso sud-ovest dalla cima della Corna Mara. La salita porta ad una splendida radura, contornata da larici ma anche da qualche pino mugo. Tre cartelli segnalano il quarto bivio: il sentiero di destra porta a Stodegarda ed all’alpe Mara, mentre proseguendo diritti si va al rifugio Gugiatti-Sertorelli. Sempre diritti, dunque: in effetti l’intera salita si effettua seguendo il filo del dosso. Rientrati nel bosco, saliamo per breve tratto, poi proseguiamo in piano ed in leggera discesa, che porta ad una pianetta nel cuore del bosco, fra larici, abeti rossi e pini silvestri. Poco più avanti il sentiero lascia per la prima volta, ma solo per breve tratto, il crinale, scendendo leggermente sulla sinistra. Siamo al Dosso della Foppa (dòs de la fòppa, m. 1629), punto nel quale il fil de la ciugèra smorza l’andamento ascendente.


La Croce di Carnale

Proseguendo diritti, raggiungiamo, a quota 1706, una radura con un bivio segnalato da un cartello: prendiamo a destra (idicazione per Stodegarda) imboccando un sentiero che taglia il fianco boscoso del lungo dosso e traversando ad est ed est-nord-est porta alle baite di Stodegarda (m. 1583). Camminiamo in uno splendido bosco di abeti, su un versante un po' ripido, ma con traccia sempre ben marcata.


Il bivio con il sentiero per Stodegarda a destra

usciamo dal bosco in vista delle baite di Stodegarda. Il nome è di probabile derivazione dalla voce longobarda "stodigard", "recinto per cavalli". In effetti qui in passato l'allevamento dei cavalli dovette essere molto sviluppato: più a monte, ai piedi della Corna Mara, il monte che domina la Valle del Davaglione, si trova una piana chiamata "Pian dei cavalli".


Stodegarda

Seguiamo poi una pista sterrata che scende verso sinistra e volgendo a destra porta alle baite di Bedoié (m. 1505). Si tratta di un maggengo già citato in un documento del 1441 come "Bedoiedo", termine che deriva dalla voce dialettare "bedujia", cioè "betulla".
La pista prosegue verso sinistra e poi volgendo ancora a destra fino alle baite di Davaglione Piano (Daunciàn, m. 1425). Splendido il panorama verso sud, cioè sul versante orobico, che mostra, a sinistra, il gruppo delle sue cime più alte, i tre tremila, i pizzi di Scais, Redorta e Coca. In basso la valle si chiude in fitti boschi che l'immaginario popolare vuole territorio del diavolo. Del resto le formazioni erosive costituite da massi sospesi sulla cima di pilastri di terra sono stati popolarmente chiamati "cappello del diavolo".


Davaglione piano

Stiamo dunque camminando in una terra di mezzo, fra quella del diavolo, più in basso, e quella dei draghi, più in alto. Sì, perché a monte di questi maggenghi si stende l'alpe Mara, il cui nome rimanderebbe proprio ai draghi, se è vero quel che ipotizza Remo Bracchi, quando scrive, a proposito dell'alpe Mara, che il toponimo "nasconde forse la raffigurazione di un drago primordiale" (da "Inventario dei Topinimi Valtellinesi e Valchiavennaschi - Montagna"): esso deriverebbe, infatti, dalla radice prelatina "mara", che ha generato nomi di diversi insetti con caratteristiche demoniache, e che si trova anche in voci europee che significano "incubo" ("nightmare", in inglese, "cauchmare", in francese, "mara" nell'alto tedesco). Ma i draghi, da tempo immemorabile hanno lasciato i cieli delle valli alpine. Dove si nascondono? Ormai solo i nomi, forse, ne custodiscono le ultime labili tracce.


La pista Davaglione Piano-Carnale

Il nostro giro invece non insegue labili tracce, ma prosegue sul percorso ben tracciato della pista sterrata. Ignorata la pista che volge a sinistra ed attraversa la Valle del davaglione, restiamo sulla pista che volge a destra ed inizia un lungo traverso in direzione sud-ovest, tornando a monte di Carnale. Dopo pochi tornanti la pista riporta a Carnale.


I boschi sopra Carnale


CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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