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Il pizzo Emet (chiamato Timùn sulle carte svizzere) è la più alta elevazione della lunga dorsale che separa la Val di Lei, ad est, dall'elvetica Val di Niemet e l'italiana Val Scalcoggia, ad ovest. Si tratta di una cima molto ambita e frequentata da alpinisti che in genere si appoggiano al vicino rifugio Bertacchi, ma la sua salita propone un passaggio delicato, che supera le capacità dell'escursionista, per quanto esperto. A titolo di consolazione questi può programmare, in 3 o 4 giorni, una bella escursione ad anello che vi gira attorno, toccando scenari e paesaggi davvero molto belli ed in parte inusuali. In 4 giorni con tutta la calma del caso ma anche in 3, riunendo in una sola giornata, se ben allenati, le prime 2 tappe) possiamo, infatti, da Fraciscio salire al rifugio Chiavenna, traversare il passo dell'Angeloga, percorrere l'intera Val di Lei, scendere ad Innerferrera e risalire per l'intera Val Nieme, rientrare in Italia per il passo di Emet, passare per il rifugio Bertacchi e ridiscendere infine a Fraciscio. L'anello non propone difficoltà tecniche e neppure particolari difficoltà di orientamento: richiede solo, ovviamente, un buon allenamento fisico.

ANELLO DEL PIZZO EMET - 1 - FRACISCIO-RIFUGIO CHIAVENNA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Soste (Fraciscio)-Rifugio Chiavenna
2h
600
E
SINTESI. Alla chiesa di S. Giovanni Battista di Campodolcino lasciamo la ss 36 dello Spluga prendendo a destra e salendo a Fraciscio. Proseguiamo portandoci oltre la parte alta del paese, fino al parcheggio di Soste (m. 1442). Incamminiamoci su una pista che lascia il posto ad un sentiero e ad un bivio andiamo a sinistra, risalendo verso nord-est il versante settentrionale della Val Rabbiosa. Dopo monti tornanti pieghiamo a destra (in direzione sud-est), per superare le ultime gole che ci separano dall’alpe. Oltrepassato un torrentello (attenzione ai massi bagnati), ci infiliamo nella gola dalla quale scende uno dei torrentelli che confluiscono nel torrente Rabbiosa. Nell’ultimo tratto passiamo proprio a lato del torrente, prima che questo precipiti in una cascata, e, dopo l’ultimo tratto, ci affacciamo ai pascoli dell’alpe Angeloga. Passando a sinistra del lago omonimo ci portiamo al rifugio Chiavenna (m. 2044), presso le baite dell'alpe.


Fraciscio e la Val Rabbiosa

Il rifugio Chiavenna, che si raggiunge da Fraciscio, è un ottimo punto di appoggio non solo per l’ascensione al pizzo Stella (m. 3163), l’elegante cima che domina il paesaggio alpino di questi luoghi, ma anche per una facile traversata dalla valle Rabbiosa alla Val di Lei, dove si può trovare un secondo punto di appoggio al bivacco Pian del Nido.
Per salire a Fraciscio bisogna staccarsi dalla ss. 36 dello Spluga all’altezza di Campodolcino (m. 1062): la deviazione si trova, sulla destra, immediatamente dopo la chiesa parrocchiale. Percorsi tre chilometri, con numerosi tornanti, su una strada larga ed agevole, ed ignorata la deviazione, a destra, per Gualdera, raggiungiamo così il paese (m. 1341), la cui fama è legata al fatto di aver dato i natali al beato Luigi Guanella. Le case di Fraciscio sono disposte sul lato settentrionale della valle Rabbiosa, il cui nome rimanda al corso tormentato e selvaggio dell’omonimo torrente.


Val Rabbiosa e Testa di Garibaldi

Salendo lungo la strada che attraversa il paese, raggiungiamo la contrada più alta di Soste (m. 1442) e, poco sopra, una piazzola dove è possibile parcheggiare l’automobile, presso un bar-ristoro. Qui parte una pista, carrozzabile, nel primo tratto, fino ad una seconda piazzola, che rimane sul lato settentrionale della valle (cioè sul lato sinistro, per chi sale). Poi la pista diventa sentiero, che comincia ad inerpicarsi sul fianco montuoso. Incontriamo, così, sul nostro cammino un curioso ed imponente monolito, alla cui ombra è collocato un crocifisso, in una cornice resa meno severa dalla presenza di qualche rado larice.
Poco oltre, a quota 1624, ecco un bivio: mentre una traccia più debole prosegue inoltrandosi nella valle, il sentiero principale piega a sinistra (dalla direzione est alla direzione nord-est) ed inizia una faticosa risalita, con numerosi tornanti, sul versante montuoso che, fra due valloni, ci separa dalla bella conca dell’alpe Angeloga (termine che deriva da “angolo”, con riferimento alla forma o alla piega che la valle assume). Nulla, per ora, fa presagire che oltre gli aspri contrafforti della valle si celi un alpeggio ameno: per ora dobbiamo faticosamente guadagnare metro dopo metro, inizialmente all’ombra di un rado bosco, poi in un terreno scoperto, gettando qualche occhiata al pizzo Stella, che si intravede alla nostra destra (sud-est). Si tratta della cima più famosa della Valchiavenna, conquistata nel 1865 da John Ball, scalatore inglese che fu fra i primi ad esplorare queste montagne.
Per attenuare la fatica, pensiamo ad una curiosa leggenda ispirata a questa cima e riportata dall'alunno Buzzetti Lino in un ciclostilato prodotto dalla scuola media Bertacchi di Chiavenna, nel 1959. Sfondo storico della leggenda, la disastrosa alluvione del torrente Rabbiosa nel 1927. Pare che il parroco avesse relegato sulla cima del pizzo Stella, nella festività dell'Assunta, tre anime di persone che erano morte nella condizione di scomunicati. Queste anime, però, si trasformarono in un masso, in un grosso tronco ed in un fascio di fieno: questa fu l'origine della rovinosa alluvione che portò le acque del torrente Rabbiosa a devastare la Val S. Giacomo. Solo quando masso, tronco e fieno furono rimossi, le acque del torrente tornarono, miracolosamente, dentro l'antico alveo.
La salita si sviluppa per circa trecento metri, finché, dopo una serie più serrata di tornantini, pieghiamo a destra (in direzione sud-est), per superare le ultime gole che ci separano dall’alpe. Oltrepassato un torrentello, ci infiliamo, infatti, nella gola dalla quale scende uno dei torrentelli che confluiscono nel torrente principale, e che corre alla nostra destra. Su uno spuntone di roccia, che cade a precipizio sulla forra del torrente, un crocifisso, come accade spesso nei luoghi montani più aspri, sorveglia i nostri passi.
Nell’ultimo tratto passiamo proprio a lato del torrente, prima che questo precipiti in una cascata, e, dopo l’ultimo tratto, eccoci consegnati ad uno scenario più ampio e gentile, quello dei verdeggianti pascoli dell’alpe Angeloga, riposta dolcemente in un’ampia conca. Nel cuore dell’alpe, poi, è riposto l’omonimo laghetto (m. 2036), che guarda alle baite disposte a ridosso del limite settentrionale dei pascoli. Accanto alle baite, a 2044 metri, il rifugio Chiavenna, presso il cui muricciolo di cinta sostano spesso, in estate, alcuni cavalli.


Il lago di Angeloga

Da Soste al rifugio sono necessarie sono necessarie un’ora e mezza o due di cammino, per superare i circa 600 metri di dislivello. Dalla piana dell'Angeloga possiamo osservare, a destra del pizzo Stella, la lunga e sassosa cresta del Calcagnolo: non è difficile indovinare che la via che sale alla vetta del pizzo (ascensione non difficile) attraversa la vasta ganda ai piedi del suo versante occidentale, per guadagnare una boccettina sul crinale di di ovest-sud-ovest, e seguirlo fino alla cima. Lontano, infine, oltre l’apertura della valle Rabbiosa, possiamo intravedere alcune importanti cime del versante occidentale della Valle di Spluga, i pizzi Forato, Sevino e Quadro.


Rifugio Chiavenna

Il rifugio Chiavenna (m. 2044; cfr. www.rifugiochiavenna.it; info rifugio.chiavenna@libero.it; tel.: 339 6246881 - Mario Barelli), di proprietà del CAI di Chiavenna, è uno dei rifugi storici della Valle Spluga. Fu inaugurato il 6 luglio 1924, alla presenza del poeta Giovanni Bertacchi, appassionato cantore di questi scenari alpini. Non fu però il primo rifugio all'alpe Angeloga: prima del 1928, infatti, esisteva un un Rifugio privato gestito da Battista Trussoni, prima, Paolin Trussoni, poi, punto di appoggio per la salita al pizzo Stella, una delle più ambite e celebrate negli anni pioneristici dell'alpinismo in questo angolo occidentale delle Alpi Retiche. La sua struttura è ancora visibile accanto a quella del rifugio. Durante la seconda guerra mondiale il rifugio Chiavenna fu danneggiato dagli scontri fra forze partigiane e nazi-fasciste, che culminarono nella battaglia di Angeloga, il 26 aprile 1945, quando già Milano era stata liberata. Per questo dal 1949 il CAI di Chiavenna mise in atto lavori di ristrutturazione che ne ripristinarono l'agibilità. Fu interessato da ampi lavori di rustrutturazione fra il 1995 ed il 2004 e dispone attualmente (2017) di 68 posti letto, 70 posti pranzo e 50 posti tavola esterni. E' dotato di un annesso locale invernale con 5 posti.

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Anche le carte sopra riportate sono estratti della CNS. Apri qui la carta on-line

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