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Faedo Valtellino è uno dei più piccoli comuni della provincia, e si trova sul limite orientale dell’ampio versante orobico che scende dal pizzo Meriggio (m. 2346) e dalla punta della Piada (m. 2122), e che separa la val Venina, ad est, dalla valle del Livrio, ad ovest, il medesimo versante che è occupato, nella zona centrale ed occidentale, dal comune di Albosaggia (il termine viene spesso ricondotto all’etico “alpes agia”, cioè “alpe sacra”; probabilmente, però, deriva da una gens romana, l’Albutia). Siamo nel cuore della media Valtellina, e di fronte, sul versante retico, leggermente spostati ad ovest, troviamo Sondrio e l’imbocco della Valmalenco.
Non esiste un nucleo principale: si tratta, piuttosto, di un insieme di frazioni. Il nucleo più antico si trova a livello della media montagna: si tratta del bellissimo maggengo di San Bernardo, a 1052 metri: qui, fino al secolo XVII, venivano sepolti i defunti del comune. Ora il centro del paese è più in basso, ma sempre elevato rispetto alla frazione del Piano: è la frazione S. Carlo, a 557 metri, dove si trova la chiesa parrocchiale di S. Carlo Borromeo, costruita nel 1692 e restaurata nel 1972. Chi ama le escursioni in luoghi poco frequentati, freschi ed ameni, ed ancor più chi cerca circuiti di montain-bike di medio impegno e di sicura redditività, può eleggere proprio Faedo come punto di partenza.
Per raggiungere il punto di partenza, costituito dalla frazione del Piano, a 305 metri, dobbiamo staccarci dalla tangenziale di Sondrio, per chi proceda in direzione di Tirano, all’altezza dell’ultimo svincolo, a destra, appena prima del passaggio a livello in corrispondenza del quale essa termina. Imbocchiamo, così, il largo ponte sull’Adda e la strada che procede in direzione di Boffetto e Piateda. La lasciamo, però, subito, alla prima deviazione a destra, e ci troviamo, in breve, fra le case del Piano.
Qui possiamo cominciare a pedalare, salendo lungo la comoda strada che raggiunge, prima di S. Carlo, le frazioni di Ferula, Ronchi e Scenini. Ai Ronchi troviamo anche una deviazione a destra, che attraversa il basso versante orobico e raggiunge la Moia, in comune di Albosaggia. Dal Piano a S. Carlo, dove si trova il Municipio, ci sono circa 3 chilometri. La chiesa, nel centro del paese, presenta la curiosa caratteristica di affacciarsi ad un’incantevole piazzetta, cui non si può accedere con l’automobile, il che le conferisce un’atmosfera raccolta e suggestiva.
Per proseguire, prendiamo ora, come punto di riferimento, il lavatoio che troviamo sulla strada, a monte della chiesa: pochi metri più avanti troviamo una svolta a sinistra, imboccando la quale raggiungiamo la partenza dell’antica mulattiera per San Bernardo, che possiamo utilizzare se siamo a piedi.
A San Bernardo, però, sale anche una pista in terra battuta, che si interseca in più punti con la mulattiera, e che parte un po’ più avanti, sempre sulla sinistra. Dopo un lungo tratto verso sud-ovest, la pista piega a sinistra (sud-est), alla volta del bellissimo nucleo di baite di Gaggi (m. 777), posto su una piccola rocca presso una splendida conca di prati, una sorta di ameno terrazzo che si affaccia sull’aspro e selvaggio versante occidentale della bassa Val Venina. Qualche strappo impegnativo prima di raggiungere Gaggi rende opportuna una sosta, che ci permette di ammirare un ottimo panorama sul gruppo che va dal Corno di Mara alla vetta di Rhon, sul versante retico, a nord.
Appena a nord dei prati è facilmente raggiungibile, a piedi, la modesta cima arrotondata di quota 783. Sul limite orientale dei prati un cartello indica la partenza del sentiero che taglia l’aspro fianco della valle e scende al Mulino dei Galli, che sfrutta le acque del torrente Venina. Guardando verso il fondo della valle, possiamo vedere la parte più bassa del sentiero, che esce dal bosco e si dirige verso il mulino, a 626 metri.
Rimettiamoci in sella e proseguiamo verso ovest-sud-ovest, passando a monte delle baite di Ca’ dei Giugni, ad 804 metri, ed incontrando un bivio: proseguendo verso destra raggiungiamo il maggengo di Paganoni e saliamo ad intercettare la strada asfaltata che porta a San Giacomo, mentre prendendo a sinistra saliamo direttamente a San Bernardo.
Scegliamo questa seconda soluzione, e, riprendendo la direzione sud-est, dopo alcuni tornanti ci ritroviamo proprio sotto l’antica chiesetta di San Bernardo, nella parte bassa del maggengo, che fu sede della parrocchia fino al 1629. Si tratta di una chiesetta quattrocentesca (e forse anche più antica), che guarda, a nord, al versante retico sopra la valle del Davaglione e la valle di Rhon, ed a sud-est al pizzo di Rodes, che mostra bene, da qui, il suo inconfondibile profilo conico.
Appena a monte della chiesetta si trova un grande masso, fra due castagni, con una piccola edicola (collocata dall’A.N.A. di Faedo per commemorare i propri caduti), masso che contribuisce a rendere ancora più suggestiva l’atmosfera di questi luoghi, soprattutto quando, in autunno od in tarda primavera (prima la neve, persistente, data l’esposizione a nord del versante, rende problematica la salita), la solitudine regala la voce del tempo, che giunge a noi da un’arcana lontananza. Il masso erratico è chiamato “el crapp del diavul”, cioè il sasso del diavolo, ed è uno dei molti esempi di massi legati a leggende che hanno come protagonista il diavolo, vuoi perché li scaglia con l’intento di danneggiare i paesi sottostanti, vuoi perché vi lascia la propria impronta. Ma tutto sembrano evocare questi luoghi, fuorché scenari diabolici.
Volgiamo ora lo sguardo verso sud-sud-ovest, cioè in direzione del bel dosso che, dalla punta della Piada (m. 2122), scende fino alla conca del maggengo, passando per le arrotondate e poco pronunciate elevazioni del dosso della Pioda (m. 1535) e del dosso della Croce (m. 1446).
Abbiamo quasi raggiunto il punto più alto dell’anello: per farlo, però, dobbiamo passare, ora, dal territorio di Faedo a quello di Albosaggia, effettuando una breve traversata (circa 800 metri) verso ovest, alla volta del maggengo gemello di San Giacomo. Qui ci accoglie una nuova chiesetta, diversa, però, nello stile e nella collocazione: è posta, infatti, su un dosso erboso solitario, leggermente a valle rispetto alle baite, a quota 1086. Il luogo è straordinariamente panoramico: alle spalle della chiesetta, infatti, si stagliano i pizzi Fora, Tremoggie, Malenco e Gemelli, che costituiscono la parte occidentale della testata della Valmalenco. La chiesetta di San Giacomo al monte risale al 1648 ed è stata, successivamente, restaurata nel 1872 e nel 1962. A monte della chiesa si trovano le numerose baite del maggengo.
La pista passa a valle di queste baite: seguendola verso ovest, iniziamo la discesa che chiude il circuito e che può essere effettuata con tre varianti.
La più breve passa per il maggengo di Paganoni e riconduce al bivio sopra la località Gaggi. Se la scegliamo, dobbiamo imboccare la strada asfaltata che da San Giacomo effettua la traversata fino ad intercettare la strada Albosaggia-Campelli e che, lasciate alle spalle le baite di San Giacomo, passa a valle delle baite del vicino maggengo di Mantegone, a 1042 metri (da non confondere con l’omonimo maggengo che si trova sempre in territorio del comune di Albosaggia, più ad ovest, a 1022 metri, sopra Albosaggia Vecchia).
Oltrepassato Mantegone, la strada comincia a scendere e propone, in rapida successione, un tornante destrorso ed uno sinistrorso. Poco oltre quest’ultimo tornante dobbiamo prestare attenzione alla nostra destra alla deviazione segnalata da un cartello di legno posto sul tronco di un albero, che segnala il maggengo di Paganoni. Lasciamo, quindi, la strada asfaltata e scendiamo, verso destra, ai prati di Paganoni, passando a monte delle baite (m. 958).
Si tratta di un luogo estremamente panoramico: da qui si domina tutta la media Valtellina occidentale, fino al Culmine di Dazio, e si gode di un ottimo colpo d’occhio sulla testata della Valmalenco, sulla quale appare, a destra ed accanto alle cime già menzionate, il pizzo di Sella. Un cartello della Comunità Montana Valtellina ci avverte che stiamo percorrendo il sentiero delle antiche contrade di Albosaggia: qui, infatti, si trova il cuore antico del paese che deriva il suo nome (da “alpes agia”, cioè alpe sacra) dall’abbondanza di pascoli e dall’antica cristianizzazione che ne ha fatto uno dei primi presìdi del Cristianesimo in Valtellina.
Oltrepassiamo anche Paganoni, proseguendo verso est-nord-est: la pista passa per le baite Bonetti e, attraversata la vallecola del torrente Orsenigo, ci riporta al bivio sopra Gaggi: ripercorrendo a ritroso la strada già percorsa in salita, torniamo quindi, dopo circa due ore, alla frazione del Piano, dove abbiamo lasciato l’automobile. Il dislivello in salita è di circa 780 metri. Chi volesse, invece, percorrere questo anello a piedi, calcoli circa tre ore e mezza di cammino.
Un anello più ampio e, invece, quello che percorre interamente la strada asfaltata che raggiunge la più ampia strada Albosaggia-Campelli. In questo caso da Mantegone proseguiamo sulla strada senza alcuna deviazione, ci infiliamo nel cuore ombroso della valle del torrente Marzigogna, che si è scavato il letto al centro dell’ampio versante orobico, ne attraversiamo il duplice solco che si unisce più a valle, e scendiamo ad intercettare, a circa 850 metri di quota ed a circa 2,2 km da San Giacomo, la strada più larga che, dal centro di Albosaggia, sale verso l’alpeggio di Campelli.
Seguendola, in discesa, raggiungiamo il centro di Albosaggia, dove si trova la casa municipale. Ci troviamo poco sopra la famosa torre Paribella, che ebbe, in origine, funzione di segnalazione, per poi diventare un vero e proprio presidio militare e, infine, nel Cinquecento, abitazione civile. Proseguiamo, poi, la discesa verso est (destra), passando accanto alla bella dimora rurale denominata casa Contrio ed al seicentesco oratorio di S. Antonio, entrambi a lato, sulla sinistra, della strada, e raggiungendo, poco più in basso, la chiesa parrocchiale di S. Caterina, il cui sagrato è sostenuto da poderosi muraglioni. Dalla chiesa, costruita tra il 1354 ed il 1421 ed ampliata fra il 1614 ed il 1680, ottimo è il panorama sulla città di Sondrio.
La discesa può proseguire fino al piano, cioè alla frazione del Porto (a 6,3 km dal punto in cui la strada per San Giacomo si stacca da quella per Campelli, e quindi a circa 8,5 km da San Giacomo), dove, attraversato il ponte sull’Adda, entriamo in Sondrio. Percorsa, poi, la via Vanoni, pieghiamo a destra, percorriamo la via Tonale fino all’edificio del Liceo Ginnasio “G. Piazzi”, oltre il quale svoltiamo a destra, imboccando via Samaden, fino alle rampe da e per la tangenziale di Sondrio. Proseguiamo diritti, passando sotto il ponte del viadotto e proseguendo verso sinistra.
La strada si congiunge con la tangenziale, ma noi deviamo, proseguendo sulla destra e seguendo una pista sterrata. Dopo aver attraversato alcuni campi, giungiamo a fiancheggiare la riserva naturale del bosco dei Bordighi. La pista sterrata conduce, alla fine, alla frazione del Piano di Faedo, dove abbiamo lasciato l’automobile.
Questo più ampio circuito richiede circa due ore e tre quarti, mentre il dislivello in altezza non varia rispetto al primo. C’è, infine, la possibilità di un circuito intermedio: nella discesa dalla chiesa di Albosaggia al Porto imbocchiamo, sulla nostra destra, la strada che, dopo una breve salita, conduce alla Moia, a 409 metri ed a 1,3 km dal bivio.
Al centro delle case si trova la chiesa dei santi Giacomo e Filippo, di origine cinquecentesca. Per chiudere il circuito, dobbiamo proseguire verso est, prendendo, ad un bivio, la strada che scende leggermente, fino a congiungersi con quella che dal Piano sale verso Faedo. L’ultima breve discesa ci riporta, dopo circa due ore e mezza, al punto nel quale abbiamo lasciato l’automobile.

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