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ANELLO DEL DOSSO BRUCIATO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Alpe Mara-Dosso Bruciato-Alpe Rogneda-Boirolo-Alpe Mara
4 h
670
E
SINTESI. Saliamo da Sondrio a Montagna in Valtellina ed appena sopra la chiesa di San Giogrio ad un bivio andiamo a destra, seguendo le indicazioni per l'alpe Mara e proseguendo sulla carozzabile che porta ad un secondo bivio. Anche qui prendiamo a destra (indicazioni per l'alpe Mara) e percorriamo interamente la strada asfaltata (nell'ultima parte sterrata) che porta, dopo breve discesa, allo slargo-parcheggio presso l'alpe Mara (m. 1740). Parcheggiata qui l'automobile, torniamo indietro per breve tratto, al punto in cui termina la salita della pista, per salire su un largo sentiero che se ne stacca, sulla sinistra, in corrispondenza di un singolare fusto di larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (m. 1951). Pochi metri sopra intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici, oltre la quale, dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-rifugio Gugiatti-Sertorelli. Al primo tornante dx della pista la lasciamo prendendo a destra e salendo, su traccia di pista, alla bocchetta (m. 2176) a sinistra del Dosso Bruciato (m. 2186). Dalla bocchetta seguiamo il sentiero che traversa verso est il ripido versante (attenzione; evitare in presenza di neve) a sud del Dosso Liscio, fino ad un piccolo dosso erboso oltre il quale ci affacciamo all'ampia alpe Rogneda. Pieghiamo leggermente a sinistra, attraversiamo una pietraia e scendendo verso destra intercettiamo, poco a valle del baitone di Rogneda, un marcato sentiero che seguiamo scendendo verso destra fino al guado del torrente Rogna. Sul lato opposto intercettiamo la pista sterrata che seguiamo in discesa, passando per la chiesetta di S. Stefano (m. 1806) ed il ripiano di Biazza (m. 1683) e raggiungendo la parte alta dei prati di Boirolo (m. 1585). Alle spalle della baita più alta ad ovest (un po' più in alto, alla nostra destra, m. 1617) troviamo il sentiero che si addentra nella valle della Rogna, tagliandone il fianco orientale fino al ponticello sul torrente Rogna (m. 1679, cartello della Comunità Montana di Sondrio). Il sentiero riprende salendo nella pecceta, fino al punto nel quale termina una pista sterrata. La seguiamo in leggera salita. La pista termina confluendo nell'ultimo tratto della carrozzabile per l'alpe Mara. Procedendo diritti in breve siamo alla discesa che porta allo slargo-parcheggio dove abbiamo lasciamo l'automobile.


L'alpe Mara

Con l’automobile, saliamo, da Sondrio, lungo la strada provinciale Panoramica dei Castelli, superando la località Colda ed entrando nel territorio del comune di Montagna. Percorsa la via S. Francesco, percorriamo un buon tratto della via Pace, fino a raggiungere, ad un semaforo, lo svincolo, sulla sinistra, per il centro di Montagna. Prendiamo, dunque, a sinistra, salendo lungo via Barella e via Bonini, fino al tornante dx al quale si stacca, sulla sinistra, la via Madonnina, che sale all’omonima contrada (madunìnna). Noi, però, volgiamo a destra e seguiamo la strada principale (via Roma), passando sotto il muraglione che sostiene un campo di calcio. Una coppia di tornanti dx ed sx ci portano ad un bivio a monte della chiesa parrocchiale di San Giorgio (san giörsc): ignorate le indicazioni di sinistra (San Giovanni e Carnale), prendiamo a destra (indicazioni per l’alpe Mara), passando sul ponte che scavalca il torrente Davaglione (davaiùn) e passando a sinistra del cimitero (qui ignoriamo una deviazione che scende verso destra, la via Caparoni - caparùn).
Proseguiamo, ora, salendo lungo le vie Farina, Paolina e Vervio, ed attraversando la contrada Ca’ Vervio (cà vèrf, m. 700), che contava, secondo il censimento del 1861, 30 abitanti e che mostra ancora alcuni rustici interessanti. Superata la contrada, proseguiamo seguendo la via per Santa Maria che, con diversi tornanti, conduce a Santa Maria Perlungo. Al primo tornante sx ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra, la via Surana, e che scende all’omonima contrada a monte di Poggiridenti.  Dopo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx giungiamo al tornante destrorso dal quale si stacca, sulla sinistra, una stradina che, dopo pochi metri, porta alle case della contrada Ca’ Zoia (cà zöija, m. 900) assai importante in passato, ma soggetta a progressivo spopolamento nel secolo scorso (vi si contavano 74 abitanti nel 1861, ridotti ora a 2). Impegnato il tornante dx, proseguiamo passando a sinistra della chiesetta di Santa Maria Perlungo (santa marìa a pérlùnch, m. 913, a circa 4,2 km dal centro di Montagna), cuore della quadra di Santa Maria. Si tratta di una chiesetta il cui nucleo originario risale al secolo XV, ma che venne ristrutturata fra il 1588 ed il 1616. Questa zona è di grande interesse storico, dal momento che vi venne ritrovata una lapide nord-etrusca, o retica, ora conservata nel Museo Civico di Sondrio. Al successivo tornante sx, ignoriamo la strada che se ne stacca sulla destra e sale alla località Foppe (fòppa) e continuiamo a salire verso l’alpe Mara. Dopo un lungo traverso in direzione nord-ovest, raggiungiamo il successivo tornante dx, poco oltre il quale siamo al maggengo di Roncaglia (runcàija, m. 1000), dove si trova un nuovo bivio: la strada di sinistra attraversa la valle del Davaglione e porta a S. Giovanni ed a Carnale, mentre quella di destra prosegue per l’alpe Mara.
Seguendo questa seconda indicazione, saliamo ancora, fino al successivo tornante sx, cui segue un lungo traverso in direzione nord-ovest, seguito da una rapida serie di tornanti dx-sx-dx, che ci portano alla località Scessa (scèssa, m. 1272). Proseguendo, ci portiamo al successivo tornante sx, dove, sulla destra, si stacca la pista per Nesarolo e dove termina la strada con fondo in asfalto, sostituita da una carozzabile con fondo sterrato che sale fino all’alpe Mara (il fondo, in diversi punti, non è buono) e prosegue, più stretta, fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli. Segue una rapida sequenza di tornanti dx-sx; al successivo tornante dx, troviamo un cartello che segnala un largo sentiero che se ne stacca sulla sinistra e porta a Davaglione Piano (dauncìan), Bedoié (beduié), Stodegarda (studegàrda) e Croce di Carnale (crùs de carnà), tutte località sul versante opposto (occidentale) della valle del Davaglione (val del davaiùn). Segue una nuova rapida sequenza di tornanti sx-dx-sx, ed un lungo traverso in direzione nord. L’ultima sequenza di tornanti dx-sx porta, infine, alle baite del maggengo di Arcino (arcìn, m. 1748). Poco oltre le baite, giungiamo al punto nel quale la carozzabile scende ad un parcheggio appena prima del guado del torrente Davaglione (vi si trova anche un pannello con la carta dei sentieri nel territorio del comune di Montagna).


L'alpe Mara

Lasciata l’automobile al parcheggio, torniamo indietro per un breve tratto, fino al termine della salita, ed imbocchiamo una pista che si stacca sulla sinistra dalla carozzabile (cartello escursionistico che dà il rifugio Gugiatti-Sertorelli ad un’ora ed un quarto, la bocchetta di Mara ad un’ora e 40 minuti e l’alpe Rogneda a 2 ore),  seguiamola per un breve tratto, lasciandola, poi, per imboccare un largo sentiero (in realtà ciò che resta del tratturo, oggi inerbito e chiamato chiamato “stràda véggia da màra”,  che portava all’alpe prima della costruzione della carozzabile), che se ne stacca, sulla sinistra, in corrispondenza di un singolare fusto di picco larice, incenerito. Il sentiero, segnalato da radi segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi, corre per un tratto verso sinistra, poi volge a destra, salendo parallelo, ma più alto rispetto alla pista che abbiamo lasciato, poi piega di nuovo a sinistra, attraversa una brevissima macchia di larici e, con un’ultima svolta a destra, raggiunge la solitaria casera di Mara (casìnna de màra, ai pascoli detti anticamente graséi, oggi alpe Mara, m. 1951). L’alpeggio riveste ancora oggi una certa importanza, e viene caricato da 140 capi di bestiame, che però, per una parte della stagione, vengono trasferiti anche nell’alpe gemella di Rogneda, nel territorio del comune di Tresivio.
L’alpeggio riveste ancora oggi una certa importanza, e viene caricato da 140 capi di bestiame, che però, per una parte della stagione, vengono trasferiti anche nell’alpe gemella di Rogneda, nel territorio del comune di Tresivio. Ottimo il panorama che si gode da qui: verso sud di nuovo la catena orobica, che propone, da sinistra, in primo piano il pizzo del Diavolo di Tenda, seguito dal più modesto pizzo Campaggio e dalle dorsali che separano valle del Livrio, val Cervia, Val Madre, val di Tartano e Val Gerola. A chiudere la catena, ad ovest, l’inconfondibile corno del monte Legnone, alla cui destra si intravede uno spicchio delle alpi Lepontine, chiuso, ad ovest, dai monti Rolla e Canale, presidio occidentale della bassa Valmalenco. Poi lo sguardo è chiuso dal lungo crinale che scende verso sud-ovest dalla Corna Mara fino a Carnale (il fil de la ciugèra).


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Salendo pochi metri sopra il piano della casera intercettiamo la carozzabile che da Arcino sale fino al rifugio Gugiatti-Sertorelli, e la seguiamo per un brevissimo tratto: sulla verticale della casera, infatti, vediamo, a sinistra della carozzabile, la ripartenza della vecchia gippabile, che per un tratto corre parallela alla carozzabile, poi volge a sinistra e sale verso una fascia di larici. Usciti dalla breve fascia, vediamo proprio diritta ed alta davanti a noi la Corna Mara; dopo una svolta a destra, intercettiamo per la seconda volta la carozzabile Arcino-Rifugio Gugiatti-Sertorelli, che sale da destra verso sinistra. La seguiamo, salendo per un breve tratto, fino a trovare, sulla destra, la partenza di un largo sentiero che punta in direzione dell’evidente sella (chiamata localmente "cuncalèt" o "cuncalét", cioè "piccola conca") che, ad est (alla nostra destra) separa il più modesto Dosso Bruciato, a destra (sud), dal ben più imponente Dosso Liscio, a sinistra (nord). In pochi minuti siamo alla bocchetta del Dosso Bruciato (m. 2167), che si affaccia ai versanti scoscesi del fianco occidentale dell’alta Valle della Rogna (costituiti dalla valle del Solco, tributaria della Valle della Rogna). Sul lato opposto parte un sentiero che taglia i ripidi versanti (sconsigliabilissimo in presenza di neve) e porta all’alpe Rogneda.


Dosso Liscio visto dal dosso Bruciato

Non lo seguiremo, ma faremo due cose: dapprima, imboccando un sentierino a sud, che volge a destra, ci porteremo, con brevissima salita, sulla cima erbosa del Dosso Bruciato (dòs brüsàt, m. 2184), dal quale si gode di un ottimo panorama.Dal poggio si mostra, verso est, in tutta la sua bellezza, l’ampio scenario dell’alpe Rogneda. Ottimo il panorama. Partendo da nord e procedendo in senso orario vediamo la Corna Mara (còrna màra, 2807), la Corna Rossa (còrna rùssa, m. 2916), la Corna Nera (corna négra, m. 2926) e la Corna Brutana (còrna brütàna, m. 3059), sul crinale che separa l’alpe Rogneda dalla Val di Togno (val de tùgn). Resta, invece, nascosta dietro la Corna Brutana la Vetta di Ron (m. 3137). Procedendo verso destra, vediamo il profilo slanciato della Cima dei Motti e, alle sue spalle, il pizzo Combolo. Poi lo sguardo fugge all’orizzonte orientale, dove raggiunge il gruppo dell’Adamello. Dominiamo da qui l’intera catena orobica, ed in particolare vediamo, in primo piano, la sezione centrale, dal pizzo del Diavolo di Malgina, leggermente a sinistra, ai pizzi di Coca, Scais e Redorta, i “tremila” orobici, più a destra; ed ancora, il pizzo Brunone ed il pizzo del Diavolo di Tenda e, a seguire, una teoria di cime che solo l’occhio esperto distingue, fino al corno del monte Legnone, che chiude la catena ad ovest. Alla sua destra si intravede uno spicchio delle alpi Lepontine, chiuso, ad ovest, dai monti Rolla e Canale, presidio occidentale della bassa Valmalenco, che si elevano alle spalle del lungo crinale che scende verso sud-ovest dalla Corna Mara fino a Carnale (il fil de la ciugèra). Più a destra spiccano le cime gemelle dei Corni Bruciati ed il monte Disgrazia, con un profilo insolitamente slanciato e torreggiante.


Apri qui una fotomappa della traversata dalla selletta del Dosso bruciato all'alpe Rogneda

Tornati, poi, alla selletta, prendiamo a destra (est), seguendo un sentiero marcato che attraversa il ripido versante a sud del dosso Liscio, solcato da numerosi valloncelli. Inizia così la traversata dal bacino del Davaglione a quello del torrente Rogna, traversata da evitare in caso di neve, perché i ripidi valloni a monte tendono a scaricare slavine che costituiscono un pericolo di non poco conto. Il sentiero è ben marcato, ma in alcuni punti esposto, per cui anche il terreno bagnato cossituisce un'insidia da non sottovalutare. Con tutte le cautele del caso, dunque, procediamo verso est. Alla nostra destra il selvaggio versante sembra precipitare verso il limite dei boschi di abeti e più in basso si vede il pnto nel quale i valloni si riuniscono nell'unico solco del torrente Rogna. Nome non simpatico (anche se pare derivi dal meno cupo medievale "aurongia"), ma azzeccato, almeno a giudicare da come si mostra da qui.


Apri qui una fotomappa sul bacino di Rogneda

Al termine della traversata ci approssimiamo ad un dosso erboso presso il quale il sentiero sembra perdersi. Senza difficoltà saliamo sul filo del modesto dosso, che si affaccia sull'ampio bacino di Rogneda (Rugnéda). Siamo passati dal territorio di Montagna in Valtellina a quello di Tresivio. Lo scenario si ingentilisce decisamente e lo sguardo si perde nell'amplissimo degradare di facili balze che scandiscono uno dei più ampi alpeggi del versante retico della media Valtellina. Mentre lo sguardo si perde in questo dedalo verde, possiamo ricordare una curiosa leggenda che ci riporta alla caduta dell'Impero Romano (d'Occidente) ed alla calata dei barbari, o popolazioni germaniche che dir si voglia. Su Tresivio calarono i Goti, scendendo proprio da Rogneda, e pare che il loro capo sia morto e sia stato sepolto più in basso, al Dos del Cavalié.


Discesa sulla pista Rogneda-Boirolo

Ad aver tempo si potrebbe divagare nella sua esplorazione senza una meta fissa, ma volendo procedere spediti nella traversata dobbiamo procedere piegando a destra (nord-est) e tagliando una fascia di pietrame, fino ad intercettare un marcato sentiero che sale verso il baitone dell'alpe Rogneda (m. 2186; si tratta della Casera di Acqua, il nucleo che storicamente si è unito a Tresivio per formare un unico comune), che vediamo un po' più in alto alla nostra sinistra. Raggiunto il sentiero proseguiamo però in direzione opposta, scendendo verso destra (sud-est), fra pascoli e pietrame. Dopo poche svolte il sentiero ci porta al centro della valle dove, a quota 1995, guadiamo il torrente Rogna ed intercettiamo la pista sterrata che da Boirolo sale fin qui. Una breve sosta ci permette di passare in rassegna la bella teoria di cime che incornicia la valle. Da sinistra il Corno di Mara (m. 2807), la Corna Rossa (m. 2916), la Corna Nera (m. 2926), la dominante Corna Brutana (m. 2989) e la defilata vetta di Ron (m. 3137), regina del gruppo.


Santo Stefano

Inizia ora la facile discesa verso Boirolo, che segue la comoda pista, in qualche tratto un po' ripida. La pista scende infatti diritta verso sud, , in uno splendido bosco di larici, passando, ad una radura, a destra di un piccolo crocifisso, alla raduta di quota 1860. La pista corre sul versante destro dello stretto dosso che delimita ad est il bacino della Rogna. Usciamo una seconda volta all'aperto in corrispondenza del poggio erboso che ospita la chiesetta di Santo Stefano (San Stèfen, m. 1806), presso la quale è stato ricavato un picco rifugio dal Gruppo Alpini di Tresivio.


Corna Nera e Corna Brutana da Santo Stefano

La chiesetta, al di là dell'attuale aspetto dimesso, rivestiva in passato considerevole importanza: già citata in un documento del 1548, viene menzionata anche nella relazione del vescovo di Como Feliciano Ninguarda, che visitò la Valtellina sul finire del medesimo Cinquecento. Dalla sua relazione risulta che la chiesetta era dotata di beni e che accanto ad essa si trovava una piccola canonica. La sosta presso la chiesetta permette di godere dell'ottimo colpo d'occhio sulle Orobie centrali, a sud, mentre a nord, oltre la linea dei larici, occhieggia sorniona la Corna Brutana.


Pista che scende a Boirolo

La pista prosegue nella decida discesa verso sud, poi piega leggermente a destra e dopo due tornanti esce al ripiano prativo di Biazza (giàza, sgiàza o biàza, m. 1683), con un grande masso erratico al centro. Il luogo ha un che di fascinoso; la forma "labiazza", attestata in un documento del 1538, ci può far ipotizzare che il toponimo derivi dalla forma dialettale "lavazz", che indica la caratteristica vegetazione che si sviluppa su terreno con abbondante concimazione animale.


Boirolo

La pista qui piega a sinistra, poi torna decisamente verso destra e raggiunge la parte alta dei prati di Boirolo (Buirö, m. 1585), lo splendido e luminoso alpeggio a monte di Tresivio. Si trova attestato, in diverse forme, in documenti molto antichi: "Boerollo" nel 1177, "Boarolo" nel 1197, "Bouaijrollo", "Bovaiirollo" e "Bovirolo" negli estimi del 1538. Il nome trae origine dalla destinazione dei prati, che venivano utilizzati per il pascolo delle mandrie prima e dopo la stagione dell’alpeggio nella più alta valle di Rogneda, e per la fienagione: l’etimo, infatti, è da “boeu”, voce dialettale lombarda che significa “bue”.


Sentiero Boirolo-Mara

Dobbiamo ora stare attenti ed individuare le baite più alte alla nostra destra, cioè verso ovest, un po' più in alto rispetto a noi. Alle spalle della baita più alta ad ovest troviamo il sentiero che si addentra nella valle della Rogna, verso nord, tagliandone il fianco orientale, in piano e graduale salita, in un bosco di abeti e larici. Il silenzio fiabesco del bosco viene interrotto da uno scroscio sempre più distinto: siamo al ponticello in legno sul torrente Rogna (m. 1679, cartello giallo della Comunità Montana di Sondrio).


Ponticello sul torrente Rogna

Ripassiamo dunque, questa volta da destra a sinistra, il torrente Rogna. Sul lato opposto il sentiero riprende verso nord-ovest, salendo nella pecceta, fino al punto nel quale raggiunge lo slargo al quale termina una pista sterrata. La seguiamo in leggera salita, circondata da splendidi abeti, verso ovest e sud-ovest. La pista termina poco oltre una sbarra, confluendo nell'ultimo tratto della carrozzabile per l'alpe Mara. Procedendo diritti in breve siamo alla discesa che porta allo slargo-parcheggio dove abbiamo lasciamo l'automobile.


Pista per l'alpe Mara

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della tavola di Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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