APPENDICE (LAGO NEGRO E LAGHI DI TRES)


L'ultimo tratto della salita al passo di Dosdé e la cima Viola

Attorno alla cima Viola, la più alta della Val Grosina, si può disegnare un bell'anello escursionistico che richiede buon allenamento e buone condizioni meteorologiche, ma non presenta particolari difficoltà. Un anello articolato in due giornate. La prima è interamente occupata dalla faticosa salita della selvaggie ed affascinante Valle d'Avedo, in Val Grosina, fino al rifugio Dosdé posto sul passo omonimo (m. 2824). La seconda prevede la discesa lungo la tranquilla Val Cantone di Dosdé, passando per il rifugio Federico in Dosdé, l'ulteriore discesa in un tratto della Val Viola Bormina, la salita della Val Verva e la discesa, per il passo di Val Verva, ad Eita, dove l'anello si chiude.

ANELLO DELLA CIMA VIOLA - PRIMA GIORNATA: PARCHEGGIO DEL PONTE DI GUER - RIFUGIO DOSDE'

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Strada per Eita-Passo di Dosdè
4 h
1220
E
Strada per Eita-Passo di Dosdè-Rifugio Federico in Dosdé
6 h
1220
E
SINTESI. Salendo in automobile in Val Grosina (acquisto del pass giornaliero a Fusino), procediamo in direzione di Eita e passiamo dal lato destro (per noi) a quello sinistro della valle. Superato il ponte di Guer (cartello), troviamo una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx, poi un ampio spiazzo per il parcheggio sulla destra della strada (m. 1620 circa). Lasciamo qui l'automobile e proseguiamo a piedi sulla strada, fino a trovare una pista che se ne stacca sulla sinistra qualche centinaio di metri prima del nucleo di Eita. Passiamo a monte dell'alpe Avedo e, superata la località Stabini (m. 1821), entriamo nella piana di Vermoléra (m. 1927); la pista si è fatta sentiero e si avvicina al torrente, il Roasco (o Rio) di Avedo, che, per un tratto ancora, rimane alla nostra sinistra. Attraversiamo un ponticello e passiamo sul lato opposto della valle, iniziando a salire un gradino di soglia che ci fa approdare alla piana dei laghetti di Tres (m. 2186). Ignorata la deviazione a sinistra del Sentiero Italia, pieghiamo leggermente a destra (nord-ovest), tagliando in diagonale l'ampio versante settentrionale a monte della piana e guadagnando quota con molta gradualità. Al termine della salita, aggiriamo un dosso e si apre di fronte a noi il lungo pianoro che precede un nuovo e modesto gradino, superato il quale, sempre verso ovest-nord-ovest, siamo alla conca che ospita il bellissimo lago Negro (m. 2560). Passiamo alla sua sinistra seguendo la riva meridionale e quella occidentale. Seguiamo ora con attenzione i segnavia e procediamo verso nord-nord-ovest: superato il primo breve gradino, pieghiamo a destra (nord-est), raggiungiamo alcuni modesti specchi d'acqua, e ci accingiamo agli ultimi sforzi, portandoci sul versante sinistro del canalone. Passiamo così proprio ai piedi del terrazzo roccioso al di sopra del quale si mostra il rifugio Dosdè. La salita diretta non è possibile, per cui dobbiamo aggirare l'ostacolo proseguendo verso la sella del passo e lasciando il rifugio alla nostra sinistra, per poi piegare a sinistra e raggiungerlo con un ultimo traverso. In breve raggiungiamo, così, la croce posta sui 2824 metri del passo di Dosdè ("Pas Dosdé") che ospita il rifugio o capanna di Dosdè. Il rifugio viene tenuto sempre aperto, ma se fosse chiuso si può facilmente scendere in Val Cantone di Dosdé, seguendo segnavia ed ometti, lungo una traccia ed un sentiero lineare che ne segue il corso restando presso il torrente di fondovalle, fino al rifugio Federico in Dosdé, che si trova al suo sbocco.


Il lago Negro

Le valli della Val Grosina propongono scenari aperti e luminosi. Tutte tranne una, la Valle d’Avedo, posta proprio nel suo cuore, incastonata com’è fra i suoi due grandi rami, la Valle di Eita ad est e la Val Grosina Occidentale a sud. È stretta, a tratti incassata, non tetra, ma selvaggia ed aspra. Una valle che propone peraltro diverse soluzioni escursionistiche, in quanto possiamo risalirla fermandoci all’incantevole piana dei laghi di Tres, oppure proseguendo fino allo splendido lago Negro o, infine, raggiungendone il fondo dove si collocano il rifugio ed il passo di Dosdé, che si affaccia sulla Val Cantone di Dosdé. Per questa valle passando due importanti traversate in più tappe, il Sentiero Italia Lombardia V (che coincide con una variante dell’Alta Via della Magnifica Terra) e la Via Alpina.
La valle è denominata localmente Val de Avé o anche Val de Vérmulèra. La prima denominazione deriva da quello dell’alpeggio posto al suo ingresso, che a sua volte deriva da “avéd”, cioè “abete”, (la parte inferiore della valle è caratterizzata da fitte abetaie). La seconda denominazione, invece, pare si possa ricondurre all’erba vermulèra, cioè alla scrofularia maggiore, chiamata così perché considerata ottimo rimedio contro i vermi nei bambini.


L'alpe Avedo

La valle, tributaria del ramo principale della Val Grosina, o Valle di Eita (nella quale confluisce da ovest poco sotto la piana di Eita), si sviluppa da est ad ovest, scandita da diversi gradini o soglie modellati dai ghiacciaio quaternari. A sud è delimitata dalla costiera che la separa dalla Val Grosina Occidentale e sale dal monte Saline (m. 2631), toccando il monte Alpisella (m. 2756), il Sasso Campana (m. 2913), il passo di Vermolera (m. 2782), il pizzo Matto (m. 2993), il Dosso Sabbione (m. 2980), il Corno di Lago Negro (m. 2927), il pizzo Ricolda (m. 2962) e, al vertice occidentale, la cima Saoseo (m. 3263). Da qui parte, verso est, la costiera settentrionale, che la separa dalla Val Cantone di Dosdé e che propone, ad est del passo di Dosdé (m. 2824), la cima Viola (m. 3374, massima elevazione della valle), la cima di Lago Spalmo meridionale (m. 3291) ed il Sasso di Conca (m. 3150). La salita in valle parte da un parcheggio sulla carrozzabile che risale la Val Grosina fino ad Eita, posto poco prima di Eita. Possiamo transitare su questa carrozzabile acquistando il pass giornaliero ad una macchina erogatrice al parcheggio di Fusino. Ma vediamo più in dettaglio come procedere.


Salendo verso Stabine

Per raggiungere l'imbocco della valle dobbiamo percorrere la strada che da Grosio risale la Val Grosina, superando Ravoledo e Fusino (a 9 km da Grosio: qui dobbiamo acquistare un ticket per il transito). La strada più avanti passa dal lato destro (per noi) a quello sinistro della valle e raggiunge il ponte di Guer (cartello). Oltre il ponte ci attende una sequenza di tornanti sx-dx-sx-dx, poi un ampio spiazzo per il parcheggio sulla destra della strada (m. 1620 circa). Lasciamo qui l'automobile e proseguiamo a piedi sulla strada, fino a trovare una pista che se ne stacca sulla sinistra qualche centinaio di metri prima del nucleo di Eita. I cartelli segnalano che stiamo percorrendo un tratto del Sentiero Italia, che però si separa dal sentiero per il rifugio alla piana dei laghetti di Tres. Si tratta della strada che sale ai prati di Avedo, stretta e ripida.


La piana di Vermolera

La pista, sulla quale all'asfalto si sostituisce ben presto la terra battuta, passa a monte dei ripidi prati dell'alpe di Avedo (m. 1670; si tratta in realtà di un maggese già citato in un documento del 1398), che vediamo alla nostra sinistra, mentre guardando a destra si aprono diversi scorci panoramici su Eita, riconoscibile per il caratteristico campanile. Le baite del maggese rispecchiano le caratteristiche di quelle dell'intera Val Grosina, con tratti intermedi fra la tipologia dell'alta Valtellina e quella della media e bassa valle. Presentano una base in muratura sopra la quale le pareti sono costituite da tronchi di legno con incastro negli angoli, secondo la tecnica chiamata "cardana" o "blockbau". Al pianoterra si trovano stalla e cucina, al primo piano fienile e camera da letto.
Stiamo risalendo il primo dei gradini che la valle, nel suo sviluppo, propone: lo scenario, qui, è ancora quello gentile dei pascoli verdeggianti che hanno permesso, in Val Grosina, quel largo sviluppo della zootecnia per il quale essa è famosa. Superato un piccolo spiazzo che viene utilizzato da qualche audace automezzo come parcheggio, ci avviciniamo alla porta che introduce al secondo gradino, passando per la località Stabine (localmente "i Stabini", m. 1821, nucleo citato in un documento del 1787: "monte alle stabine in Vermolera").


Baitello sul sentiero

La pista approda alla piana di Vermoléra (Pianàsc’), dove si trova l’omonima alpe, già citata in un documento del 1543. La pista si è fatta sentiero e, qui, si avvicina al torrente, il Roasco (o Rio) di Avedo, che, per un tratto ancora, rimane alla nostra sinistra. L'aspetto solitario della piana è mitigato dalle due baite (m. 1927), mentre sul fondo è già ben visibile il successivo gradino che ci impegnerà nella salita (Mot di Spòtuli). Ora, però, attraversiamo un ponticello e passiamo sul lato opposto della valle (c'è anche un sentiero che resta sul medesimo lato, ma è meno agevole), lasciando il torrente alla nostra destra. Il sentiero, ben marcato, si allontana, poi, dal torrente, che scende, alla nostra destra, da una breve gola con una piccola cascata.


Salendo da Stabine ai laghi di Tres

La salita fra i rododendri ed i brevi lembi di pascolo è, in questo tratto, abbastanza ripida, per cui si rende probabilmente necessaria qualche sosta, che ci consente di abbracciare con un colpo d'occhio il percorso effettuato dalla piana di Vermolera. Passiamo anche vicino, passando a sinistra di un curioso manufatto in pietra ad ogiva (sullo stile dei nuraghi). Se ne trovano di simili sul versante retico mediovaltellinese (per esempio appena sotto il nucleo di Campione a monte di Bianzone o all'alpe Lughina sopra Villa di Tirano). Molto probabilmente fungevano da ricovero per i pastori oppure servivano a tenere al fresco il latte.


Laghi di Tres

Alla fine della salita ecco la piana dei laghetti di Tres ("lach di Trés", m. 2186, chiamati in passato anche "Laghi di Avedo"), posti poco a sud delle baite omonime. Al suo ingresso, ci riportiamo a destra del torrente, che qui defluisce dal più grande dei laghetti. I laghi di Tres, a dispetto del nome, sono due e, nelle belle giornate, raccolgono i colori dei versanti circostanti regalando suggestivi giochi cromatici. Per la verità è probabile che un tempo effettivamente ci fosse un terzo laghetto, oggi interrato, ed allora i conti tornerebbero. Di questo comunque non si preoccupano i pescatori che amano salire fin qui per pescare nelle loro tranquille acque.


Laghi di Tres, sovrastati dal Pizzo Matto e dal Dosso Sabbione

La piana, baricentro della valle, è gentile e bucolica, ma lo scenario comincia a mutare, e la valle comincia a mostrare un aspetto più arcigno. Alla nostra sinistra (sud) è vegliata dal Sasso Campana, mentre ad est si profilano le tre puntute cime del Pizzo Matto. Alla sua destra il cupolone del Dosso Sabbione. A destra (nord), infine, incombe il poderoso versante meridionale del signore della valle, la cima Viola (m. 3374), che qui mostra un volto davvero impressionante, la sua parete meridionale, una parete di durissimo gneiss che precipita per seicento metri sul pianoro del lago Spalmo.


Apri qui una fotomappa della traversata della piana di Tres

Sotto questo versante scende un ripido declivio di magri pascoli e terreno franoso. Si intuisce, alla sua sommità, una conca, che ospita l’invisibile lago Spalmo (lach Spalm, m. 2515), uno specchio d’acqua dal singolare colore grigio lattiginoso (per la grande quantità di terriccio in sospensione), ai piedi della cima di Lago Spalmo (scima del Lach Spalm) e della sua piccola vedretta (vedregia di Scimi del Lach Spalm). Un lago invisibile perché ben pochi si avventurano alla conca che lo ospita, in quanto non c’è sentiero che vi conduca e per raggiungerla bisogna risalire il ripido e faticosissimo versante. Se il lago è per questo “invisibile”, non lo sono le sue acque, che defluiscono a valle lungo una valletta intagliata proprio in questo versante, né lo è il suo nome, che si è riverberato sulle cime assai frequentate soprattutto dagli scialpinisti (che vi salgono però dal versante della Val Viola Bormina).


La piana di Tres

Nei pressi della baita più grande di Tres un cartello segnala che il Sentiero Italia si stacca qui, prendendo a sinistra e salendo al passo di Vermolera, da quello che sale al passo di Dosdè. Noi restiamo su quest’ultimo e pieghiamo leggermente a destra (nord-ovest), tagliando in diagonale l'ampio versante settentrionale a monte della piana (Gras del Maté) e guadagnando quota con molta gradualità. Alto, alla nostra destra, un dossone dal nome gentile di Dosso dei Camosci (Pala di Camosc’, m. 2601).


Il Pian del Frec'

Procediamo diritti verso ovest-nord-ovest e ci accingiamo ad aggirare il dosso che nasconde alla vista il segmento più alto della valle; ci accompagna qualche segnavia bianco-rosso. C'è ancora parecchia strada da fare: al termine della salita, infatti, si apre di fronte a noi il lungo pianoro che precede un nuovo e modesto gradino, un lungo corridodio glaciale con la caratteristica forma ad U. Siamo ormai nel regno della solitudine: il pian del Fréc' presenta tutte le caratteristiche degli scenari di alta quota, dove i pascoli sempre più magri cedono il passo ai massi ed agli sfasciumi. Ci assale, forse, un profondo senso di desolazione, perché l’impressione è che qui non sia più luogo per uomini, ma per spiriti senza quiete. Rabbrividiamo, e paghiamo il giusto tributo al nome della piana (piana del Freddo). Solo i segnavia bianco-rossi ci parlano di qualcosa di umano.


L'aspro versante sud-occidentale della cima Viola visto dal sentiero che sale al lago Negro

La piana ha comunque un andamento assai tranquillo. Il sentiero doo una breve discesa si avvicina al torrente e poco più avanti si riporta alla sua sinistra. Alla nostra destra si impone l'aspro versante sud-occidentale della cima Viola (m. 3374), che da qui appare come un modesto corno che chiude a sinistra il fianco del massiccio. A sinistra è invece il massiccio e caotico versante del Dosso Sabbione a restituire una sensazione velatamente opprimente.


Il lago Negro

Dopo il lungo tratto diritto, saliamo con qualche serpentina un ulteriore modesto gradino glaciale, che ci fa accedere alla conca del bellissimo lago Negro (lac Négru, m. 2560, il più grande, con i suoi 124.000 mq, della Val Grosina, chiamato in passato anche "Lago Scuro"). Lo specchio d’acqua, di un blu intenso, unito ai corrugati contrafforti della cima Viola, regala uno dei più affascinanti scorci di alta montagna del versante retico valtellinese. Anche qui, a stagione avanzata, si può trovare qualche pescatore che attende, perso nei suoi pensieri, che qualche pesce abbocchi. Solo a stagione avanzata, però, in quanto può capitare che anche nella seconda metà di luglio sia ricoperto di ghiaccio.
Il sentiero percorre buona parte del perimetro del lago, di origine morenica. Passiamo alla sua sinistra e ci portiamo sul lato suo occidentale, dal quale si mostra in tutta la sua ampiezza e bellezza. Alla nostra sinistra (ovest) si eleva fiero il pizzo Ricolda, ed alla sua destra la grande mole del Sauseu, la cima di Saoseo (m. 3263, termine che deriva forse dal tedesco “see”, lago, o, secondo l’antica lezione “Sasseo”, da “sasso”), che chiude la valle.


Il lago Negro

Lo scenario è ancora mutato. Non più il malinconico deserto della piana del Freddo, ma un mare caotico di massi di ogni dimensione, increspato da onde pietrificate, piccole colline moreniche, un luogo che incute timore, la probabile cornice del supplizio dei confinati, cioè di quelle anime che né cielo né inferno vogliono, e che qui scontano la loro spregevole esistenza dando di mazza, durante la notte, ai massi, frantumati senza pausa e senza perché. Eppure lo scenario più grandioso è proprio qui: la cima Viola si mostra finalmente in tutta la sua eleganza, con la sua sommità acuminata ed il ghiacciaietto che la presidia.


Apri qui una fotomappa dell'ultimo tratto di salita al rifugio ed al passo di Dosdè

Ci sono ancora un paio di gradini da risalire, prima di guadagnare il passo. Il sentiero si lascia alle spalle il lago e sale verso nord-nord-ovest, con una traccia che si fa sempre più labile, per cui dobbiamo prestare molta attenzione ai segnavia ed agli ometti, per evitare fatiche inutili nel caotico dedalo dei massi di ogni dimensione che occupano il versante che ci separa dal passo. Superato il primo breve gradino, pieghiamo a destra (nord-est), raggiungiamo alcuni modesti specchi d'acqua e ci accingiamo agli ultimi sforzi. Ci portiamo sul versante sinistro del canalone, passando proprio ai piedi del terrazzo roccioso al di sopra del quale si mostra il rifugio. La salita diretta non è possibile, per cui dobbiamo aggirare l'ostacolo proseguendo verso la sella del passo e lasciando il rifugio alla nostra sinistra, per poi piegare a sinistra e raggiungerlo con un ultimo traverso.


Apri qui una panoramica sulla Valle d'Avedo dal passo e dalla capanna di Dosdé

In breve raggiungiamo, così, la croce in legno posta sui 2824 metri del passo di Dosdè ("Pas Dosdé"), ed il rifugio, o capanna di Dosdè ("Capàna Dusdé"), del CAI di Bormio. Interessante la storia di questa struttura, costruita nel 1890 dalla sezione di Milano del CAI, con una spesa complessiva di 2200 lire, grazie all’interessamento dell’alpinista cavalier Antonio Cederna, presidente della sezione valtellinese del CAI e poi di quella milanese. Fu ristrutturata nel 1955 e poi, a cura del CAI di Bormio che l’aveva acquistata, nel 1982. Attualmente è sempre aperta, e quindi funziona come bivacco, ma è sempre bene informarsi sulle condizioni di apertura presso il CAI di Bormio. (tel. 0342 903300). Vi troviamo 12 posti letto, materassi e coperte, un tavolo, panche, un fornello, una bombola di gas, stoviglie ed una cassetta di pronto soccorso. Si può trovare acqua di fusione sulla morena attraversata dal percorso di salita al passo.


Apri qui una panoramica sulla Val Cantone di Dosdè dal passo di Dosdé

La posizione del rifugio è strategica non solo in funzione delle ascensioni alpinistiche, ma anche delle lunghe traversate che passano da questo passo. Sul versante opposto del passo si apre l’alta Val Cantone di Dosdé, presidiata dal gigantesco Corno di Dosdé, cima, come vuole un’antica leggenda, di giganti, in una terra di giganti. “Dosdé”, come “Dusdei” (nome di famiglia e di un vicolo a Sondrio), deriva dal latino “domus dei” (casa di Dio: in effetti una leggenda parla proprio del Dio Dosdé e del monte che da lui prende il nome).
Qui si conclude la prima giornata dell'anello della Cima di Verva. Se però il rifugio fosse chiuso, possiamo facilmente ed in tempi relativamente brevi (meno di due ore) scendere lungo la Val Cantone di Dosdé fino al rifugio posto al suo sbocco, il rifugio Federico in Dosdé, come raccontato nella seconda giornata.


Il bivacco Dosdé

ANELLO DELLA CIMA VIOLA - SECONDA GIORNATA: - RIFUGIO DOSDE' - PARCHEGGIO DEL PONTE DI GUER


Scendendo in Val Cantone di Dosdé

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Rifugio di Dosdé-Val Cantone di Dosdé-Bate Paluetta-Val Verva-Eita-Parcheggio del ponte di Guer
5-6 h
410
E
Rifugio Federico in Dosdé-Baite Paluetta-Val Verva-Eita-Parcheggio del ponte di Guer
7-8 h
410
E
SINTESI. La seconda giornata inizia con la facile discesa dal rifugio Dosdé in Val Cantone di Dosdé, agevolata da segnavia ed ometti. La valle viene percorsa interamente fino alla sua confluenza nella Val Viola Bormina, dove si trova il rifugio Federico in Dosdé. Nella prima parte della discesa dal passo ci muoviamo, con tutta la dovuta attenzione, fra blocchi, sfasciumi e nevaietti, poi raggiungiamo una più tranquilla traccia che scende gradualmente fra magri pascoli e pietrame. Siamo sul lato di sinistra (per noi) della valle e ne assecondiamo l'andamento volgendo gradualmente a destra. Raggiunto il punto mediano della passiamo da sinistra a destra del torrente che corre al suo centro, raggiungendo la malandata Baita del Pastori (m. 2361). Qui ignoriamo la deviazione a destra per il bivacco Caldarini e seguendo le indicazioni di un cartello proseguiamo sul largo sentiero che scende gradualmente a destra del torrente, verso nord. A quota 2225 un ponte ci riporta sul lato sinistro della valle e procediamo in direzione dell'alpe Dosdè. Alla nostra destra, leggermente rialzato, il rifugio Federico in Dosdè, al quale possiamo portarci per pernottare se abbiamo trovato chiuso il rifugio Dosdé. Dal rifugio Federico in Dosdé imbocchiamo la pista che con una leggera salita ci porta ad intercettare la pista principale della Val Viola. La percorriamo scendendo verso destra e passando per il nucleo di Altumeira, prima di raggiungere il parcheggio di Altumeira. Proseguiamo oltre il parcheggio seguendo per 2 km la stradina della Val Viola, fino al parcheggio di parcheggio di Verva, che è posto poco a valle, sulla destra, rispetto alla strada. Lasciamo, dunque, qui la strada della Val Viola ed iniziamo a percorrere una stradina che parte dal limite del parcheggio e scende verso il fondovalle. Ignorata la pista che a destra si dirige al rifugio Viola, scendiamo ad una conca, dove termina la discesa, in località Baite Paluetta (m. 1938). Dopo una leggera salita, troviamo, sulla sinistra, una pista sterrata che se ne stacca e comincia a scendere fino al ponte sul torrente Viola. Sul lato opposto della valle troviamo la pista che comincia a salire giungendo all'imbocco della Val Verva e cominciando ad inoltrarsi in essa, sul suo lato destro (per noi). Passiamo così a destra della Cascina di Verva (m. 2123) ed a sinistra del Sasso di Castro. Proseguendo sulla pista raggiungiamo il passo di Verva (m. 2301), dal quale, sempre rimanendo sulla pista sterrata, scendiamo lungo la Valle di Eita fino ad Eita (m. 1701). Seguendo la carrozzabile della Val Grosina scendiamo infine al parcheggio sopra il ponte di Guer, dove l'anello si chiude.

Discesa dal passo di Dosdè

Discesa dal passo di Dosdè

Discesa dal passo di Dosdè

La seconda giornata inizia con la facile discesa dal rifugio Dosdé in Val Cantone di Dosdé, agevolata dasegnavia ed ometti. La valle viene percorsa interamente fino alla sua confluenza nella Val Viola Bormina, dove si trova il rifugio Federico in Dosdé.
Nella prima parte della discesa dal passo ci muoviamo, con tutta la dovuta attenzione, fra blocchi, sfasciumi e nevaietti, poi raggiungiamo una più tranquilla traccia che scende gradualmente fra magri pascoli e pietrame. Siamo sul lato di sinistra (per noi) della valle e ne assecondiamo l'andamento volgendo gradualmente a destra.


Discesa dal passo di Dosdè

Discesa in Val Cantone di Dosdè

Val Cantone di Dosdè

Raggiunto il punto mediano della passiamo da sinistra a destra del torrente che corre al suo centro, raggiungendo la malandata Baita del Pastori (m. 2361). Qui ignoriamo la deviazione a destra per il bivacco Caldarini e seguendo le indicazioni di un cartello proseguiamo sul largo sentiero che scende gradualmente a destra del torrente, verso nord.


Apri qui una panoramica della discesa dal passo di Dosdè

A quota 2225 un ponte ci riporta sul lato sinistro della valle e procediamo in direzione dell'alpe Dosdè. Alla nostra destra, leggermente rialzato, il rifugio Federico in Dosdè, al quale possiamo portarci per pernottare se abbiamo trovato chiuso il rifugio Dosdé.


Il rifugio Federico in Dosdè (clicca qui per ingrandire)

Se preferiamo il rifugio Val Viola, proseguiamo verso le baite dell'alpe Dosdé (m. 2129). Seguiamo poi la stradella che supera il torrente di Val Viola e sale ad intercettare la pista principale che risale l'intera Val Viola Bormina. Seguendola verso sinistra, saliamo gradualmente al ripiano terminale, poco sotto il passo di Val Viola, che ospita i laghi di Val Viola ed il rifugio Val Viola (m. 2315).
Dal rifugio Federico in Dosdé imbocchiamo la pista che con una leggera salita ci porta ad intercettare la pista principale della Val Viola. La percorriamo scendendo verso destra e passando per il nucleo di Altumeira, prima di raggiungere il parcheggio di Altumeira. Proseguiamo oltre il parcheggio seguendo per 2 km la stradina della Val Viola, fino al parcheggio di parcheggio di Verva, che è posto poco a valle, sulla destra, rispetto alla strada.


Apri qui una panoramica della Val Cantone di Dosdé

Lasciamo, dunque, qui la strada della Val Viola ed iniziamo a percorrere una stradina che parte dal limite del parcheggio e scende verso il fondovalle. All’inizio siamo all’ombra di una fresca pecceta e, sul fondo, si staglia il profilo inconfondibile del Corno di Dosdé, una delle icone più caratteristiche della valle. La discesa termina all’alpe Campo, dove troviamo anche alcune baite costruite con la parte inferiore in muratura e quella superiore in legno, con la tecnica del block-bau o cardana (incastro dei tronchi negli angoli). La strada qui assume un andamento pianeggiante. Dopo una breve salita, scendiamo ancora, lasciando alla nostra destra, in corrispondenza di una cappelletta, una pista secondaria che si inoltra nella valle (indicazioni per la Val Viola ed il rifugio Viola). Alla fine giungiamo alla conca dell’alpe Campo, dove termina la discesa, in località Baite Paluetta (m. 1938).


Salita in Val Verva

Qui la strada si porta in prossimità di un’area di campeggio. Dopo una leggera salita, troviamo, sulla sinistra, una pista sterrata che se ne stacca e comincia a scendere. Dopo poche decine di metri, nel punto in cui la pista viene raggiunta da una seconda pista pianeggiante che proviene dall’ingresso della pista, si trova un cartello escursionistico che dà l’alpe Verva ad un’ora e venti ed Arroga a 45 minuti. Proseguiamo nella discesa, sul sentiero numerato 201, fino al fondovalle, dove un ponte (a quota 1850 metri) ci permette di passare dal versante settentrionale a quello meridionale. Sul lato opposto la pista inizia a salire, verso sinistra. Una breve discesa ci porta ad un pannello che illustra le caratteristiche del bosco misto di latifoglie; segue un tratto pianeggiante, poi la salita riprende. Guardando a sinistra notiamo, con un po’ di disappunto, che dopo una buona mezzora di cammino siamo ancora più bassi del parcheggio dal quale siamo partiti. Ma, come si dice, la pazienza è la virtù dei forti. Raggiungiamo una sequenza di tornanti dx-sx; guardando oltre l’imbocco della Val Viola, vediamo, sul fondo, le cime della Val Fraele ed il monte delle Scale. La pista descrive poi un arco verso destra e raggiunge un bel poggio erboso: vediamo, ora, davanti a noi l’imbocco della Val Verva e passiamo nei pressi di un gruppo di baite (Baite Verva di sotto), che lasciamo alla nostra destra.


Val Verva e passo di Verva

La pista ora assume un andamento costante sud-sud-est, risalendo la valle sul suo versante occidentale (destro per noi), con pendenza media ed in qualche tratto accentuata. Ignorate un paio di piste secondarie che si staccano sulla nostra destra, cominciamo a vedere, sul fondo della Val Verva, il Sasso Maurigno, posto a sud-est del passo di Verva, fra Val Verva e Val Grosina. Incontriamo anche un cartello dell’Alta Via della Magnifica Terra, che dà, sul sentiero 201, il passo di Verva ad un’ora, il rifugio Falck ad un’ora e 50 minuti ed Eita a 2 ore e 20 minuti. Un diverso itinerario, invece, porta, sul lato opposto della valle al bivacco Ferrario ad un’ora e mezza, il bivacco cantoni a 2 ore e mezza e l’alpe Boron a 3 ore. Un terzo itinerario, che si dirige in direzione opposta, cioè verso l’interno della Val Viola, sul suo versante sud-orientale, porta al lago di Selva in un’ora e trenta, al rifugio Federico al Dosdè in 2 ore e mezza ed al rifugio Viola in 3 ore e 40 minuti.


Apri qui una panoramica sulla valle di Eita e sul passo di Verva

Poco più avanti, siamo all’alpe Verva ed una pista che si stacca sulla sinistra porta alla Cascina di Verva (m. 2123), nella quale, d’estate, possiamo trovare ristoro, perché l’alpe è caricata. Se guardiamo in alto, alla nostra destra, vediamo una caratteristica torre di roccia; alla sua destra, una cima scoscesa: si tratta della cima di Verva che, da qui, sembra inaccessibile (ma sul versante opposto ha un aspetto decisamente meno repulsivo). Proseguiamo superando una successione di tre gobbe. Alla nostra destra, ora, precipita, con pareti scure e verticali, il Sasso di Castro (oltre la sua sommità si apre un versante di pascoli per il quale passeremo). Il passo di Verva sembra sempre lì, a portata di mano, mentre in realtà è ancora abbastanza lontano. Sulla nostra sinistra vediamo un bel pianoro paludoso, con un pannello che ne illustra le caratteristiche.
Manca ancora più di un chilometro, superato il quale siamo alla facile sella del passo di Verva (m. 2301): davanti a noi si apre l’ampio corridoio dell’alta Val Grosina; la pista sterrata lo percorre in discesa, con andamento regolare, e termina ad Eita (m. 1703).

Pista per il passo di Verva. Foto di Massimo Dei Cas www.paesidivaltellina.it
Discesa dal passo di Verva

Questo passo merita una breve presentazione che renda giustizia della sua importanza storica, poco conosciuta. L’origine del nome stesso può segnalarne l’importanza: deriva, forse, dal nome personale “Vervinius” che, a sua volta, contiene una radice etrusca simile a quella di “Berbenno” (anche se non è da escludere l’origine da “vevra”, “spineto”). Per la sua accessibilità relativamente facile (è posto a 2301 metri) e la sua posizione strategica (si apre fra il gruppo della cima Piazzi, ad est, ed il gruppo Cima Viola-Punta di Dosdè ad ovest), il passo rappresentò, in passato, una valida via alternativa di accesso al livignasco ed alle regioni di lingua tedesca, rispetto a quella che passava per il fondovalle valtellinese.


Apri qui una panoramica sulla Val Verva e sulla cima Piazzi

Immaginiamo un mercante veneziano di 4 o 5 secoli fa, che dal bresciano (Brescia, dal Quattocento alla fine del Settecento, apparteneva ai domini della Repubblica di Venezia), volesse valicare le Alpi: la via più breve sarebbe stata quella di risalire la Valcamonica, valicare il Mortirolo, scendere a Grosio, risalire l’intera val Grosina fino al passo di Verva (per il quale passava una buona mulattiera), scendere lungo la breve Val Verva, che confluisce nella Val Viola Bormina, percorrere quest’ultima fino ad Arnoga e raggiungere il Livignasco per il passo del Foscagno.
La zona del passo, che ora segna il confine fra i comuni di Grosio e Valdidentro, in passato fu oggetto di contesa, per i preziosi pascoli, fra il comune di Grosio e quello di Bormio, contesa che portò anche ad un fatto di sangue nel 1375 e che venne definitivamente composta con un atto notarile del 1547, che sanciva i confini degli alpeggi di “Verva et Davoxde”, del comune di Bormio, e di “Cassaurolo et Verva”, del comune di Grosio.
Ma
accadde anche di peggio. Galeazzo Visconti, deciso a riaffermare la propria signoria sulla ribelle Bormio, allestì una spedizione guidata dal capitano di ventura Giovanni Cane. Questi, invece di cercare di forzare le difese bormine alle torri di Serravalle, erette nella naturale strettoia al confine meridionale della contea con la Valtellina, le aggirò. Approfittò, infatti, dell’appoggio di Grosio e, il 30 novembre 1376, risalì l’intera Val Grosina, scendendo quindi per la Val Verva e la Val Viola, per piombare, infine, sulla piana di Bormio, che fu messa a ferro e fuoco.


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A completare il quadro suggestivo concorre anche il mistero del Sasso di Castro (da "castrum", cioè fortificazione), cima che la carta IGM colloca a metà della Val Verva, ma che in realtà è posta più in alto, proprio sul versante occidentale del passo. Questo toponimo rimanda molto probabilmente, a riprova dell'importanza strategica del passo, ad una fortificazione successiva all'anno Mille, di cui però si è persa ogni traccia. Così come di queste antiche contese si è persa anche l’eco.
In un passato più recente, cioè nel secolo scorso, il passo divenne scenario di una partita che si ripeteva ad intervalli regolari sull'intero arco alpino di confine, quella fra contrabbandieri e finanzieri. I primi, che venivano dall'elvetica Val di Campo o dal livignasco, dovevano cercare di approfittare delle ore di luce più scarsa per eludere la sorveglianza dei finanzieri di stanza nella caserma di Eita, per transitare presso il passo e traversare in Val Campaccio (per il colle di Piazzi) o l'alpe Zandila (per il passo di Zandila) e scendere infine al fondovalle. Quando ormai da una ventina d'anni l'attività di contrabbando si era esaurita, la quiete del passo venne turbata da un nuovo epocale evento, l'immane frana della Val Pola, precipitata la mattina del 28 luglio 1987, che interruppe i collegamenti di fondovalle per Bormio. Durante quella tremenda estate il passo, raggiunto da una carrozzabile, fu utilizzato per transitare in alta Valtellina partendo da Grosio.
Ristabilito il collegamento di fondovalle, il passo tornò al suo antichissimo silenzio, interrotto solo dalla presenza di tranquilli bovini, di pochi escursionisti e di un discreto numero di bikers, che lo frequentano percorrendo uno dei più begli anelli di mountain-bike dell’intera Valtellina, l’anello della Cima Piazzi (Arroga-Bormio-Grosio-Val Grosina-Passo di Verva-Arnoga).


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Una curiosità, per concludere: lo spartiacque fra Valle di Eita e Val Verva non costituiva, come ci si potrebbe aspettare, il confine fra il territorio del comune di Grosio (Terziere superiore della Valtellina) e quello della Contea di Bormio, in quanto esso seguiva una linea immaginaria congiungente il Sasso di Castro (elevazione posta immediatamente ad ovest del passo) al Corno Sinigaglia. Rientrava, quindi, nel territorio di Grosio una piccola porzione dell’alta Val Verva, e precisamente la parte alta della valle che si apre ai piedi della Vedretta di Verva, cioè della Val de Valù. Non potendo costringere gli armenti a rispettare questo criterio altimetrico, rimase fissata la consuetudine secondo la quale il bestiame degli alpeggiatori della Val Grosina pascolava sul lato sinistro della valle, quello degli alpeggiatori della Valdidentro sul lato destro.
Torniamo ora al racconto della traversata.

Scendiamo lungo la valle, verso sud, restando nel primo tratto a sinistra del Rio di Verva. Ci portiamo alla sua destra presso l’alpeggio delle Crote (“I Cròti”, m. 2175), ricavati sfruttando massi aggettanti ai piedi del severo pendio ai piedi del versante sud-occidentale del Sasso Maurignino (“Sas Mauregnìn”, m. 2673): tutto qui richiama l’essenzialità e gli stenti della vita d’alpeggio.
Proseguiamo diritti nella discesa
e dopo un buon tratto incontriamo, sul lato destro della pista, un altarino ed un’edicola dedicata alla Madonna del Lago, eretta il 16 agosto 1995, in ricordo della visita come pellegrino di Sua Eminenza l’allora Cardinale di Milano Carlo Maria Martini.
Siamo a destra dell’ampio pianoro della località delle Acque Sparse (Acqui Spèrsi), dove l’acqua di numerose sorgenti che confluiscono nel Rio di Verva (Ruasch de Vèrba) dà origine, grazie ad uno sbarramento di massi, ad un incantevole laghetto (laghetto della Acque Sparse, m. 2024), incorniciato da una splendida pecceta e dal massiccio Sasso Maurigno (“Sas Maurégn”, m. 3062). Sul lato opposto, cioè alla nostra
destra (ovest) si mostra il fianco orientale del Sasso Colosso (“Sas Calòs”, m. 2532).


Acque Sparse

La pista si affaccia poi all’ampia conca di Eita, alla quale scende prendendo un andamento più ripido, sempre verso sud. Nella discesa troviamo, alla nostra sinistra, la deviazione (sentiero) segnalata per il rifugio Falck, che potrebbe costituire il unto di appoggio per il pernottamento. Se lo scegliamo, lasciamo la pista per Eita e scendiamo a sinistra su un largo sentiero che in breve ci porta ad un ponticello sul Roasco di Verva o di Eita (Ruàsch de Verba o Ruàsch de Eita). Passiamo così sul versante orientale della soglia della Valle di Eita e, dopo breve salita, giungiamo in vista dell'edificio del rifugio Falck (m. 1960; per informazioni, telefonare allo 0341 851013), seminascosto dai pini mughi che in questa zona la fanno da padrone.

Rifugio Falck

Il rifugio venne costruito fra il 1961 ed il 1963 per iniziativa del CAI di Dervio, ed è dedicato al senatore ingegner Enrico Falck, nativo di Dongo e fondatore delle celebri acciaierie Falck con sede principale a Sesto San Giovanni. Si trova sul limite di un'incantevole radura, ed è anche legato ad alcuni curiosi equivoci. Innanzitutto su molte importanti carte viene erroneamente posizionato più a nord e più in alto (a quota 2005 m.). Non è raro, poi (ad iniziare dal cartello sopra citato) trovare la grafia erronea "Falk". Il rifugio non è gestito, per cui bisogna ritirarne le chiavi a Grosio. La sua struttura è disposta su tre piani, con acqua corrente e 18 cuccette.


Il rifugio Eita e la chiesetta della B. V. Immacolata di Lourdes ad Eita

In caso contrario proseguiamo sulla pista, che termina proprio all’ampia spianata di Eita (éita, m. 1701), presso la chiesetta dedicata alla Madonna Immacolata di Lourdes, con il caratteristico campanile staccato. Nei suoi pressi troviamo anche il rifugio di Eita ed un’ampia spianata che ci consente di parcheggiare l’automobile. Il luogo, ameno e tranquillo, è meta di soggiorno estivo di un buon numero di grosini e villeggianti. Non facile capire quale sia l’etimologia del nome, che forse rimanda all’alto tedesco “ahto” o all’inglese “eight”, che significano “otto”.


Eita

A ridosso della chiesa troviamo il rifugio Eita, punto di appoggio per un eventuale pernottamento (tel. 0039 338.2782447 - 0039 347.6722485; cfr. per maggiori infornazioni il sito http://www.rifugioeita.it/it/il-rifugio.html).
Da Eita scendiamo lungo la carrozzabile della Val Grosina, ed in breve ci ritroviamo al parcheggio sopra il Ponte di Guer, dove abbiamo lasciato il giorno precedente l'automobile e dove l'anello si chiude.

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

   

ALTRE ESCURSIONI IN VAL GROSINA

APPENDICE: Viene qui di seguito riportata la relazione di Paolo Pero, professore di Storia Naturale al Liceo “G. Piazzi” di Sondrio, sul lago Nero e sul lago di Tres (nella raccolta “I laghi alpini valtellinesi”, Padova , 1894)




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